UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...
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favore per il lavoratore. Se è successivo il contratto nazionale, prevarrà il contratto nazionale; se è successivo il contratto aziendale, si applicherà siffatto contratto. Per la verità, anche questo criterio si presta, di per sé, a critiche. Infatti, solo se il contratto aziendale succede ad un contratto nazionale è possibile supporre una volontà dei contraenti a livello aziendale di modificare la disciplina del contratto nazionale. Altra cosa è, invece, quando un contratto nazionale difforme succede ad un contratto aziendale, giacché appare dubbio affermare l’esistenza di una volontà modificativa delle disposizioni del contratto aziendale da parte dei contraenti nazionali. Il fondamento della prevalenza della fonte normativa successiva nel tempo riposa proprio sulla volontà del soggetto, che ha prodotto l’atto normativo successivo, di modificare o sostituire la disciplina precedente. Ma assai difficilmente i contraenti a livello nazionale conosceranno quella particolare regolamentazione di livello aziendale; e perciò non si potrà ravvisare una loro volontà modificativa. Per tali ragioni, in dottrina si è osservato che il principio della posteriorità nel tempo risulta inapplicabile quando non vi sia identità tra i soggetti stipulanti. In dottrina, con ormai significative adesioni da parte della giurisprudenza (Cass. 12 luglio 1986 n. 4517), è stata proposta l’utilizzazione del criterio della specialità (o di “specializzazione” o di “prevalenza della fonte più vicina al rapporto da regolare”). In tal modo si è affermata la prevalenza della disciplina speciale rispetto alla disciplina generale e, di conseguenza, la prevalenza in ogni caso del contratto aziendale, sia esso migliorativo o peggiorativo, quale fonte di disciplina più vicina ai rapporti di lavoro e agli interessi che si intendono regolare. 96 Il criterio di specialità
L’importante conclusione attinta dall’evoluzione giurisprudenziale – e ciò, sia che si utilizzi il criterio della posteriorità nel tempo, sia che si utilizzi il criterio di specialità – è che il contratto aziendale può derogare anche in peius al contratto collettivo nazionale. Viene dunque smentita l’esistenza di un supposto principio di favore, secondo cui - come riteneva erroneamente la giurisprudenza negli anni ’60 del secolo scorso - dovrebbe sempre prevalere la disciplina più favorevole per il lavoratore. Un siffatto principio di favor in realtà non esiste, se non nel caso dei rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale. *** Per verità, il problema del conflitto tra contratti collettivi di diverso livello è sembrato ridimensionarsi, soprattutto dopo la stipulazione del Protocollo del 23 luglio del 1993. Tale accordo ha infatti inteso riordinare i rapporti tra i diversi livelli della contrattazione collettiva, prevedendo che il contratto aziendale non potesse riguardare la stessa materia e gli stessi istituti già regolati dal contratto nazionale. In particolare, per quanto riguarda la retribuzione, si prevedeva che il contratto aziendale disciplinasse (solo) elementi retributivi legati alla redditività ed alla produttività dell’impresa. L’accordo quadro del 22 gennaio 2009 e il successivo accordo del 15 aprile 2009 a loro volta prevedono che “la contrattazione di secondo livello si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge e deve riguardare materie ed istituti che non siano già stati negoziati in altri livelli di contrattazione, secondo il principio del ne bis in idem”. In più, gli accordi del 2009 hanno previsto che i contratti nazionali di categoria consentano ai contratti aziendali di derogare anche in peius per i lavoratori alle proprie previsioni. E ciò soprattutto in presenza di situazioni 97 Il contratto aziendale può derogare anche in peius al contratto nazionale Le regole negoziali in ordine al riparto di competenze e le conseguenze della loro violazione
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