UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

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20.05.2013 Views

medesima conclusione, pur divergendo per le argomentazioni utilizzate per affermarla. *** Una volta stabilito che, nei rapporti tra contratto collettivo - ovviamente applicabile tra le parti - e contratto individuale, la regola è quella della derogabilità in melius e della inderogabilità in peius, si pone il problema di stabilire, in concreto, se, in caso di disciplina difforme del contratto individuale rispetto a quello collettivo, questa sia migliorativa ovvero peggiorativa per il lavoratore. Astrattamente, il raffronto potrebbe essere effettuato in due diversi modi: si potrebbe procedere ad un raffronto del contenuto dei due contratti nella loro interezza; ovvero procedere ad un confronto analitico clausola per clausola. Entrambi i metodi di raffronto sono criticabili. Il primo criterio, quello del confronto globale, è impraticabile perché vorrebbe mettere a confronto disposizioni del tutto eterogenee e quindi incommensurabili (ad es., misura della retribuzione e durata delle ferie). Il secondo criterio, quello del raffronto clausola per clausola, è, a sua volta, inappagante, poiché cogliendo il fior da fiore, cioè cumulando il meglio del contratto collettivo con il meglio del contratto individuale, finisce per costruire un regolamento di interessi non voluto né dai contraenti collettivi né dai contraenti individuali. Non a caso è dunque prevalso un criterio intermedio: il raffronto va effettuato istituto per istituto. Non si procede, dunque, ad un raffronto tra l’intero contenuto dei due contratti, né un raffronto clausola per clausola, ma per l’insieme omogeneo di clausole che costituiscono “un istituto” (ad es. la malattia). 80 I criteri di raffronto tra contratto collettivo e contratto individuale Raffronto istituto per istituto

Col che non si sono risolti tutti i problemi perché incerti sono anche i confini di ciò che si deve intendere per istituto. Prendiamo ad esempio la retribuzione. La struttura della retribuzione, così come viene determinata dai contratti collettivi, è complessa, essendo essa composta da diversi elementi. Alla retribuzione base si affiancano una serie di emolumenti e di indennità di natura retributiva, variamente denominate (ad es. tredicesima mensilità, supplemento per lavoro festivo, indennità di turno, supplemento per il lavoro straordinario, ecc.). Si pone, pertanto, il problema di stabilire se la retribuzione nel suo complesso debba considerarsi come un istituto unico oppure se le singole componenti siano esse stesse da considerarsi come istituti distinti (con la conseguenza che, se si ritenesse, ad esempio, il compenso per lavoro straordinario come un istituto autonomo, non si potrebbe compensare l’eventuale minor supplemento per lo straordinario previsto dal contratto individuale con altri elementi retributivi migliorativi). La tesi assolutamente prevalente è che la retribuzione nel suo complesso sia un istituto unico: ciò che rileva è che la retribuzione complessivamente dovuta in base al contratto individuale non sia inferiore alla retribuzione complessivamente prevista sulla base del contratto collettivo. Il rilievo di tale orientamento è evidente rispetto al problema del cd. assorbimento dei superminimi. Supponiamo che il contratto collettivo preveda, a fronte dello svolgimento di una determinata mansione, una retribuzione pari a 100, mentre il contratto individuale preveda una retribuzione pari a 120. La differenza, pari a 20, costituisce il cd. superminimo, cioè la quota della retribuzione ottenuta in sede di negoziazione individuale, che si aggiunge a quella minima inderogabile dovuta sulla base del contratto collettivo. Se, a seguito del rinnovo del contratto collettivo, la retribuzione ivi prevista viene portata a 110, il lavoratore conserverà il superminimo di 20 (con 81 La regola del riassorbimento dei superminimi retributivi

medesima conclusione, pur divergendo per le argomentazioni utilizzate per<br />

affermarla.<br />

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Una volta stabilito che, nei rapporti tra contratto collettivo - ovviamente<br />

applicabile tra le parti - e contratto individuale, la regola è quella della<br />

derogabilità in melius e della inderogabilità in peius, si pone il problema<br />

di stabilire, in concreto, se, in caso di disciplina difforme del contratto<br />

individuale rispetto a quello collettivo, questa sia migliorativa ovvero<br />

peggiorativa per il lavoratore.<br />

Astrattamente, il raffronto potrebbe essere effettuato in due diversi modi: si<br />

potrebbe procedere ad un raffronto del contenuto dei due contratti nella<br />

loro interezza; ovvero procedere ad un confronto analitico clausola per<br />

clausola.<br />

Entrambi i metodi di raffronto sono criticabili. Il primo criterio, quello del<br />

confronto globale, è impraticabile perché vorrebbe mettere a confronto<br />

disposizioni del tutto eterogenee e quindi incommensurabili (ad es., misura<br />

della retribuzione e durata delle ferie).<br />

Il secondo criterio, quello del raffronto clausola per clausola, è, a sua volta,<br />

inappagante, poiché cogliendo il fior da fiore, cioè cumulando il meglio del<br />

contratto collettivo con il meglio del contratto individuale, finisce per<br />

costruire un regolamento di interessi non voluto né dai contraenti collettivi<br />

né dai contraenti individuali.<br />

Non a caso è dunque prevalso un criterio intermedio: il raffronto va<br />

effettuato istituto per istituto. Non si procede, dunque, ad un raffronto tra<br />

l’intero contenuto dei due contratti, né un raffronto clausola per clausola,<br />

ma per l’insieme omogeneo di clausole che costituiscono “un istituto” (ad<br />

es. la malattia).<br />

80<br />

I criteri di<br />

raffronto tra<br />

contratto<br />

collettivo e<br />

contratto<br />

individuale<br />

Raffronto<br />

istituto per<br />

istituto

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