UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...
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isultanti dai contratti collettivi” indipendentemente dalla loro iscrizione ai sindacati. Trattasi in definitiva di un’altra ipotesi di estensione dell’efficacia dei contratti collettivi oltre gli appartenenti alle associazioni sindacali stipulanti. In questo caso, però, non si pone il problema di costituzionalità: con riferimento all’art. 36 St. lav. non si può parlare di efficacia obbligatoria del contratto collettivo, perché l’art. 36 non fonda un obbligo in capo a soggetti non iscritti alle associazioni sindacali di applicarlo: l’applicazione di trattamenti non inferiori a quelli stabiliti dai contratti collettivi costituisce, infatti, solamente un onere per l’imprenditore che voglia accedere a questi benefici o aggiudicarsi l’appalto. La tecnica di estensione de facto (indiretta) dell’efficacia del contratto collettivo è stata applicata nel tempo anche in altri casi (ad es., in determinati periodi, per la fiscalizzazione degli oneri di previdenza sociale a carico del datore di lavoro). 3.5. Inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale. Per capire come il contratto collettivo spieghi efficacia sul contratto individuale si è fatto ricorso al meccanismo della rappresentanza (le associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo sarebbero rappresentanti dei singoli datori di lavoro e lavoratori). Se utilizziamo l’istituto della rappresentanza, dobbiamo però concludere che il singolo lavoratore ed il singolo datore di lavoro, pur essendo iscritti alle rispettive associazioni sindacali, possono, stipulando il contratto individuale di lavoro, regolare diversamente il loro rapporto rispetto a 76
quanto stabilito dal contratto collettivo, perché, essendo i rappresentati i domini negotii, hanno la piena titolarità del potere contrattuale. Così verrebbe, però, del tutto vanificata la funzione economico-sociale del contratto collettivo (che consiste, come più volte ribadito, nel rimuovere la debolezza negoziale dei lavoratori uti singuli nei confronti dei datori di lavoro). L’insufficienza di questa soluzione, fondata sul solo istituto civilistico della rappresentanza, ha portato prima la dottrina e poi la giurisprudenza a negarne la validità e a cercare di fondare comunque, con diverse argomentazioni, l’inderogabilità in peius del contratto collettivo da parte del contratto individuale. In un primo tempo, un civilista, Francesco Santoro Passarelli ha fatto riferimento alla normativa sul mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi, ex art. 1723, 2° co., c.c. Questa dottrina si è basata sull’irrevocabilità del mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi per argomentare l’inderogabilità del contratto collettivo. Poiché, in base all’art. 1723 c.c., il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi “non si estingue per revoca del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca”, se ne è inferita la superiorità dell’interesse collettivo sull’interesse individuale e, dunque, l’inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale. Altra dottrina (A. Cessari) ha elaborato la teoria della dismissione dei poteri negoziali: i lavoratori e i datori di lavoro, nel momento in cui si iscrivono al sindacato, dismetterebbero il proprio potere di regolazione autonoma del rapporto contrattuale. Ammettendo che ciò sia vero - vale a dire che l’iscrizione al sindacato possa essere interpretata come dismissione del proprio potere di regolazione autonoma del rapporto di lavoro - ne 77 Il fondamento della inderogabilità in peius La normativa sul concordato collettivo e la prevalenza dell’interesse individuale su quello collettivo La teoria della dismissione dei poteri
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quanto stabilito dal contratto collettivo, perché, essendo i rappresentati i<br />
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verrebbe, però, del tutto vanificata la funzione economico-sociale del<br />
contratto collettivo (che consiste, come più volte ribadito, nel rimuovere la<br />
debolezza negoziale dei lavoratori uti singuli nei confronti dei datori di<br />
lavoro).<br />
L’insufficienza di questa soluzione, fondata sul solo istituto civilistico della<br />
rappresentanza, ha portato prima la dottrina e poi la giurisprudenza a<br />
negarne la validità e a cercare di fondare comunque, con diverse<br />
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del contratto individuale.<br />
In un primo tempo, un civilista, Francesco Santoro Passarelli ha fatto<br />
riferimento alla normativa sul mandato conferito anche nell’interesse del<br />
mandatario o di terzi, ex art. 1723, 2° co., c.c. Questa dottrina si è basata<br />
sull’irrevocabilità del mandato conferito anche nell’interesse del<br />
mandatario o di terzi per argomentare l’inderogabilità del contratto<br />
collettivo. Poiché, in base all’art. 1723 c.c., il mandato conferito anche<br />
nell’interesse del mandatario o di terzi “non si estingue per revoca del<br />
mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di<br />
revoca”, se ne è inferita la superiorità dell’interesse collettivo sull’interesse<br />
individuale e, dunque, l’inderogabilità del contratto collettivo da parte del<br />
contratto individuale.<br />
Altra dottrina (A. Cessari) ha elaborato la teoria della dismissione dei<br />
poteri negoziali: i lavoratori e i datori di lavoro, nel momento in cui si<br />
iscrivono al sindacato, dismetterebbero il proprio potere di regolazione<br />
autonoma del rapporto contrattuale. Ammettendo che ciò sia vero - vale a<br />
dire che l’iscrizione al sindacato possa essere interpretata come dismissione<br />
del proprio potere di regolazione autonoma del rapporto di lavoro - ne<br />
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Il fondamento<br />
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