UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

categorie di lavoratori autonomi. Si pensi agli agenti i cui contratti
collettivi (denominati Accordi economici collettivi) risalgono al periodo
corporativo. Essi vengono tuttora stipulati per regolare istituti importanti
del rapporto di agenzia (ad es. le provvigioni) ed, anzi, la normativa
civilistica sul contratto di agenzia (artt. 1742 ss. c.c.) rinvia ampiamente
proprio alla disciplina contenuta negli accordi economici-collettivi. Anche
per altre categorie di lavoratori, cd. parasubordinati, si conoscono
esperienze di vera e propria contrattazione collettiva.
L’aggettivo “collettivo” sta a significare che il contratto viene stipulato da
due soggetti collettivi. Tipicamente, si tratta delle associazioni sindacali
che rappresentano i lavoratori, da un lato, e di quelle che rappresentano i
datori di lavoro, dall’altro; ma anche il contratto aziendale stipulato dalle
RSA o da sindacati provinciali di categoria con il singolo
imprenditore/datore di lavoro si considera un contratto collettivo.
Agli albori del fenomeno sindacale, i contratti collettivi avevano quale
contenuto tipico ed esclusivo la determinazione dei livelli di retribuzione
dei lavoratori (di qui la denominazione di “concordati di tariffa”). Con il
passare del tempo, i contratti collettivi di lavoro si sono arricchiti di
contenuti ulteriori (per es., la durata delle ferie, dell’orario di lavoro, del
preavviso in caso di licenziamento, ecc.), sempre attinenti alla disciplina
del rapporto individuale di lavoro subordinato. In seguito, accanto a queste
clausole (dette normative), sono comparse le clausole cd. obbligatorie, che
regolano, non già le condizioni dei singoli rapporti individuali di lavoro,
bensì i rapporti tra i soggetti collettivi stipulanti (ad es. la costituzione di
commissioni paritetiche, le clausole procedurali relative al rinnovo del
contratto collettivo, ecc.).
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Contratto
collettivo e
lavoro
autonomo
Evoluzione
dei contenuti
del contratto
collettivo