UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

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20.05.2013 Views

Una legge ordinaria di attuazione dell’art. 39 non è però mai stata emanata, tanto che in dottrina si è anche arrivati a prospettare l’opportunità di abrogare i commi 2°, 3° e 4°, attraverso il meccanismo di revisione costituzionale. Da ultimo, i fenomeni di contrapposizione registratisi tra le principali organizzazioni sindacali hanno indotto il legislatore ad individuare condizioni e modalità per l’attribuzione di efficacia erga omnes ai contratti collettivi “aziendali e territoriali”. Dei problemi di legittimità costituzionale di siffatta normativa si tratterà infra (v. infra, cap. III, par. 10). 1.5. Le ragioni della mancata attuazione dell’art. 39 Cost., seconda parte. Le ragioni della mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., seconda parte, sono diverse. Si tratta di ragioni di carattere politico e di carattere tecnico. Sul piano politico, le motivazioni sono sintetizzabili nell’avversione sindacale, manifestata dapprima da una componente dei nostri sindacati, ma poi condivisa anche dalle altre, nei confronti dell’idea dell’attuazione costituzionale. E’ stata inizialmente la CISL a manifestare tale avversione. E ciò per ragioni pratiche (trattandosi, infatti, di un sindacato minoritario rispetto alla tradizionale rivale, la CGIL, nel meccanismo di rappresentanza unitaria costituita proporzionalmente al numero degli iscritti essa avrebbe finito per occupare una posizione di minoranza) e teoriche (è stata la CISL ad elaborare la teoria del cd. pan-contrattualismo, volta a privilegiare, nella tutela dei lavoratori, l’attività sindacale rispetto all’intervento dello Stato). 18 L’inattuazione della II parte dell’art. 39 Cost Ragioni di carattere politico

Peraltro, anche la CGIL ha in seguito fatto proprio l’atteggiamento di avversione nei confronti di una legge attuativa dell’art. 39 Cost., per il timore che da essa scaturissero forme di ingerenza e di controllo dello Stato sull’attività sindacale. Per comprendere meglio tale atteggiamento del sindacato bisogna ricordare che, all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, e per tutti gli anni cinquanta del secolo scorso, vi fu un intenso dibattito su come l’art. 39 Cost. avrebbe dovuto essere attuato. Il dibattito, dottrinale e politico-sindacale, ha riguardato i possibili contenuti della legge sindacale che avrebbe attuato la seconda parte dell’art. 39 Cost. In discussione erano diversi profili: quali uffici dovessero provvedere alla registrazione dei sindacati; se la registrazione dovesse essere condizionata ad una consistenza numerica minima, onde evitare la registrazione di sindacati di totale non rappresentatività o addirittura di “comodo”; se la personalità del sindacato dovesse essere di diritto privato o di diritto pubblico, con i conseguenti penetranti controlli da parte dello Stato; secondo quali criteri (ad es., quello di maggioranza ovvero di unanimità) si sarebbero dovuti comporre gli eventuali contrasti all’interno della rappresentanza unitaria. Evidentemente, la mancata attuazione dell’art. 39 Cost. scaturì dal timore dei sindacati che una legge di attuazione potesse essere fortemente invasiva delle loro libertà ed autonomia interna ed esterna. Certo, sarebbe stata possibile anche un’attuazione rispettosa di esse, ma la prospettiva storico- sociale in cui bisogna inserire il dibattito è quella del periodo immediatamente successivo al regime corporativo, con la conseguente vischiosità di un passato ancora troppo recente. Quanto alle ragioni di carattere tecnico, occorre segnalare che l’attuazione dell’art. 39 avrebbe comportato (e comporterebbe) la soluzione di problemi 19 Ragioni di carattere tecnico

Peraltro, anche la CGIL ha in seguito fatto proprio l’atteggiamento di<br />

avversione nei confronti di una legge attuativa dell’art. 39 Cost., per il<br />

timore che da essa scaturissero forme di ingerenza e di controllo dello Stato<br />

sull’attività sindacale.<br />

Per comprendere meglio tale atteggiamento del sindacato bisogna ricordare<br />

che, all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, e per tutti gli<br />

anni cinquanta del secolo scorso, vi fu un intenso dibattito su come l’art. 39<br />

Cost. avrebbe dovuto essere attuato.<br />

Il dibattito, dottrinale e politico-sindacale, ha riguardato i possibili<br />

contenuti della legge sindacale che avrebbe attuato la seconda parte<br />

dell’art. 39 Cost. In discussione erano diversi profili: quali uffici dovessero<br />

provvedere alla registrazione dei sindacati; se la registrazione dovesse<br />

essere condizionata ad una consistenza numerica minima, onde evitare la<br />

registrazione di sindacati di totale non rappresentatività o addirittura di<br />

“comodo”; se la personalità del sindacato dovesse essere di diritto privato o<br />

di diritto pubblico, con i conseguenti penetranti controlli da parte dello<br />

Stato; secondo quali criteri (ad es., quello di maggioranza ovvero di<br />

unanimità) si sarebbero dovuti comporre gli eventuali contrasti all’interno<br />

della rappresentanza unitaria.<br />

Evidentemente, la mancata attuazione dell’art. 39 Cost. scaturì dal timore<br />

dei sindacati che una legge di attuazione potesse essere fortemente invasiva<br />

delle loro libertà ed autonomia interna ed esterna. Certo, sarebbe stata<br />

possibile anche un’attuazione rispettosa di esse, ma la prospettiva storico-<br />

sociale in cui bisogna inserire il dibattito è quella del periodo<br />

immediatamente successivo al regime corporativo, con la conseguente<br />

vischiosità di un passato ancora troppo recente.<br />

Quanto alle ragioni di carattere tecnico, occorre segnalare che l’attuazione<br />

dell’art. 39 avrebbe comportato (e comporterebbe) la soluzione di problemi<br />

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Ragioni di<br />

carattere<br />

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