UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

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20.05.2013 Views

Rispetto alle modalità attuative, la serrata si distingue in offensiva e difensiva: si definisce offensiva quando è diretta a sostenere una rivendicazione del datore di lavoro; è difensiva quando il datore reagisce ad una iniziativa dei sindacati dei lavoratori (un esempio rilevante di serrata difensiva è la cd. serrata di ritorsione; mentre un esempio di serrata di carattere offensivo, è la serrata di solidarietà). Così come lo sciopero, anche la serrata può essere diretta nei confronti delle controparti contrattuali o nei confronti della pubblica autorità ed avere dunque un fine politico (si pensi alla serrata di protesta dei piccoli esercenti). 4.8.1. Qualificazione e disciplina della serrata dal punto di vista penale… Nel codice penale Rocco del 1930 la serrata è posta sullo stesso piano dello sciopero; nel codice penale adottato nel periodo corporativo fascista sia la sospensione dell’attività lavorativa ad opera dei lavoratori, sia la sospensione dell’attività lavorativa, con la chiusura dei locali dell’azienda, da parte dei datori di lavoro, erano considerate reati contro l’economia nazionale. Come si è già visto, l’ordinamento corporativo non si fondava sul principio di libertà sindacale, bensì sul principio del sindacato unico (con personalità giuridica e con rappresentanza legale degli appartenenti alla categoria). In tale sistema di contrattazione collettiva con efficacia erga omnes le controversie, sia giuridiche sia economiche, erano risolte dallo Stato attraverso la Magistratura del lavoro. 144

La Costituzione, entrata in vigore nel 1948, prevede come diritto lo sciopero (art. 40), ma nulla dice della serrata. Proprio da questo deve desumersi che la serrata, non menzionata dal Costituente, non sia da considerare diritto al pari dello sciopero. Sia la dottrina, sia la giurisprudenza hanno ricondotto il diritto di sciopero, non solo all’art. 40 Cost., ma anche all’art. 3 Cost. 2° co., configurandolo quale strumento diretto a garantire l’eguaglianza sostanziale dei cittadini. Se il diritto di sciopero ha la finalità di consentire ai lavoratori subordinati di raggiungere l’uguaglianza sostanziale, alla serrata, strumento di lotta sindacale dei datori di lavoro, non può essere riconosciuta la natura di diritto. Sulla base di queste argomentazioni parte della dottrina sostiene che nemmeno il legislatore potrebbe elevare a rango di diritto la serrata. Se la serrata non è un diritto, ci si può interrogare sulla sua qualificazione giuridica. Su tale profilo è intervenuta la Corte costituzionale con tre sentenze. La prima è la sentenza del 4 maggio 1960, n. 29, relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 502 del c.p. Esso puniva la serrata, al pari dello sciopero, per fini contrattuali: “Il datore di lavoro che, col solo scopo di imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a lire due milioni”. La serrata per fini contrattuali è quella che si rivolge alla controparte contrattuale, lavoratori e sindacati dei lavoratori, per fini attinenti alla disciplina del contratto di lavoro. La Corte costituzionale, nella sentenza del 1960, ha affermato che l’art. 502 c.p. si inserisce nella logica del periodo corporativo, nel contesto del quale 145

La Costituzione, entrata in vigore nel 1948, prevede come diritto lo<br />

sciopero (art. 40), ma nulla dice della serrata. Proprio da questo deve<br />

desumersi che la serrata, non menzionata dal Costituente, non sia da<br />

considerare diritto al pari dello sciopero.<br />

Sia la dottrina, sia la giurisprudenza hanno ricondotto il diritto di sciopero,<br />

non solo all’art. 40 Cost., ma anche all’art. 3 Cost. 2° co., configurandolo<br />

quale strumento diretto a garantire l’eguaglianza sostanziale dei cittadini.<br />

Se il diritto di sciopero ha la finalità di consentire ai lavoratori subordinati<br />

di raggiungere l’uguaglianza sostanziale, alla serrata, strumento di lotta<br />

sindacale dei datori di lavoro, non può essere riconosciuta la natura di<br />

diritto. Sulla base di queste argomentazioni parte della dottrina sostiene che<br />

nemmeno il legislatore potrebbe elevare a rango di diritto la serrata.<br />

Se la serrata non è un diritto, ci si può interrogare sulla sua qualificazione<br />

giuridica. Su tale profilo è intervenuta la Corte costituzionale con tre<br />

sentenze.<br />

La prima è la sentenza del 4 maggio 1960, n. 29, relativa alla legittimità<br />

costituzionale dell’art. 502 del c.p. Esso puniva la serrata, al pari dello<br />

sciopero, per fini contrattuali: “Il datore di lavoro che, col solo scopo di<br />

imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a<br />

modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa<br />

applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro<br />

nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a<br />

lire due milioni”.<br />

La serrata per fini contrattuali è quella che si rivolge alla controparte<br />

contrattuale, lavoratori e sindacati dei lavoratori, per fini attinenti alla<br />

disciplina del contratto di lavoro.<br />

La Corte costituzionale, nella sentenza del 1960, ha affermato che l’art. 502<br />

c.p. si inserisce nella logica del periodo corporativo, nel contesto del quale<br />

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