UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

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20.05.2013 Views

Il profilo particolarmente interessante riguarda la circostanza per cui le sanzioni sono adottate dal datore di lavoro, benché le regole violate non siano poste nel suo interesse, bensì nell’interesse di terzi (ossia gli utenti del servizio). Si tratta di una situazione anomala, tanto che in passato ci si era chiesti per quale motivo il datore di lavoro avrebbe dovuto essere obbligato ad applicare le sanzioni disciplinari se le regole della legge n. 146/1990 sono poste a difesa dell’interesse pubblico. Sul punto è intervenuta la legge n. 83/2000, secondo cui compete alla Commissione di garanzia valutare il comportamento dei soggetti collettivi che hanno proclamato lo sciopero e, ove essa rilevi violazioni della legge, prescrivere l’adozione di sanzioni disciplinari al datore di lavoro (art. 13, 1° co., lett. i). Se i datori di lavoro non adottano le sanzioni disciplinari, sono assoggettati a loro volta a sanzioni (art. 4, 4° sexies co.). Per contro nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori che proclamano uno sciopero, o ad esso aderiscono, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 2 , sono previste, vuoi sanzioni di ordine patrimoniale (sospensione dei permessi sindacali retribuiti ovvero dei contributi sindacali comunque trattenuti dalle retribuzioni dei lavoratori per un ammontare economico complessivo oggi non inferiore a € 5.000 e non superiore a € 50.000), vuoi la sanzione dell’esclusione dalle trattative per la stipulazione dei contratti collettivi, in quanto vi partecipino, per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento. Si tratta di sanzione ipotizzabile solo per il settore del pubblico impiego, ove è disciplinato il procedimento di contrattazione collettiva e si configura in capo ai sindacati legittimati a stipulare contratti un vero e proprio diritto di trattare. Nel caso di impossibilità di applicare le suddette sanzioni poiché le organizzazioni sindacali non fruiscono dei citati benefici di ordine patrimoniale o non partecipano alle trattative, la Commissione di garanzia 142 Le sanzioni nei confronti delle organizzazioni sindacali

delibera in via sostitutiva una sanzione amministrativa pecuniaria a carico di coloro che rispondono legalmente per l’organizzazione sindacale responsabile, pari all’importo di cui sopra (cfr. art. 4, 4° bis co.). Infine, anche in capo ai dirigenti delle amministrazioni e ai legali rappresentanti delle imprese che violano gli obblighi posti a loro carico (dalla garanzia delle prestazioni indispensabili, ai diversi obblighi di informazione vuoi all’utenza, vuoi alla Commissione di garanzia) si configura l’applicazione, da parte della Commissione, di una sanzione amministrativa pecuniaria per un ammontare, oggi, da € 5.000 a € 50.000 (art. 4, co. 4). 4.8. La serrata. La serrata consiste nella chiusura dell’azienda, con il conseguente rifiuto delle prestazioni offerte dai lavoratori. Essa è considerata la tradizionale forma di “lotta sindacale” dei datori di lavoro. La serrata può essere totale o parziale, a seconda che l’attività lavorativa venga sospesa totalmente o solo in parte. Da un punto di vista soggettivo, la serrata può essere individuale o collettiva: è individuale se è ad iniziativa di un solo datore di lavoro; è collettiva se attuata da più datori di lavoro concordemente e contestualmente per un fine comune. La serrata è per sua natura uno strumento di sospensione dell’attività lavorativa di tipo temporaneo; in caso contrario, si ricadrebbe nella diversa fattispecie della cessazione della attività dell’impresa. 143 Le sanzioni in capo ai dirigenti delle amministrazioni e ai legali rappresentanti delle imprese

Il profilo particolarmente interessante riguarda la circostanza per cui le<br />

sanzioni sono adottate dal datore di lavoro, benché le regole violate non<br />

siano poste nel suo interesse, bensì nell’interesse di terzi (ossia gli utenti<br />

del servizio). Si tratta di una situazione anomala, tanto che in passato ci si<br />

era chiesti per quale motivo il datore di lavoro avrebbe dovuto essere<br />

obbligato ad applicare le sanzioni disciplinari se le regole della legge n.<br />

146/1990 sono poste a difesa dell’interesse pubblico.<br />

Sul punto è intervenuta la legge n. 83/2000, secondo cui compete alla<br />

Commissione di garanzia valutare il comportamento dei soggetti collettivi<br />

che hanno proclamato lo sciopero e, ove essa rilevi violazioni della legge,<br />

prescrivere l’adozione di sanzioni disciplinari al datore di lavoro (art. 13, 1°<br />

co., lett. i). Se i datori di lavoro non adottano le sanzioni disciplinari, sono<br />

assoggettati a loro volta a sanzioni (art. 4, 4° sexies co.).<br />

Per contro nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori che proclamano<br />

uno sciopero, o ad esso aderiscono, in violazione delle disposizioni di cui<br />

all’art. 2 , sono previste, vuoi sanzioni di ordine patrimoniale (sospensione<br />

dei permessi sindacali retribuiti ovvero dei contributi sindacali comunque<br />

trattenuti dalle retribuzioni dei lavoratori per un ammontare economico<br />

complessivo oggi non inferiore a € 5.000 e non superiore a € 50.000), vuoi<br />

la sanzione dell’esclusione dalle trattative per la stipulazione dei contratti<br />

collettivi, in quanto vi partecipino, per un periodo di due mesi dalla<br />

cessazione del comportamento. Si tratta di sanzione ipotizzabile solo per il<br />

settore del pubblico impiego, ove è disciplinato il procedimento di<br />

contrattazione collettiva e si configura in capo ai sindacati legittimati a<br />

stipulare contratti un vero e proprio diritto di trattare.<br />

Nel caso di impossibilità di applicare le suddette sanzioni poiché le<br />

organizzazioni sindacali non fruiscono dei citati benefici di ordine<br />

patrimoniale o non partecipano alle trattative, la Commissione di garanzia<br />

142<br />

Le sanzioni<br />

nei confronti<br />

delle<br />

organizzazioni<br />

sindacali

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