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20.05.2013 Views

con un sindacato, che sia genuino, non integra la fattispecie del sindacato di comodo e non può essere considerata condotta antisindacale. Resta infine da verificare se la trattativa condotta dal datore di lavoro con i singoli lavoratori, scavalcando le associazioni sindacali, costituisca condotta antisindacale. Si ipotizzi che il sindacato rivendichi un aumento salariale per i lavoratori o l’introduzione di un premio di produzione aziendale ed il datore di lavoro rifiuti la trattativa sindacale, privilegiando trattative svolte direttamente con i singoli lavoratori. Una volta negata l’esistenza di un obbligo generale di trattare con le associazioni sindacali, se ne dovrebbe inferire logicamente la possibilità di trattare direttamente con i singoli, escludendo le associazioni sindacali. Eppure la giurisprudenza (Cass. 23 marzo 2006, n. 6429) talora ritiene che il datore di lavoro, pur restando libero di non trattare affatto, debba rivolgersi necessariamente all’interlocutore collettivo nel momento in cui decide di trattare. La bontà di tale conclusione risulta però, come si è anticipato, pregiudicata da un salto di carattere logico, poiché, se è vero che non esiste un obbligo di trattare e vi è la libertà del datore di rifiutare la trattativa col sindacato, non si vede come possa essere repressa la trattativa diretta con i singoli lavoratori. 118 La trattativa con i singoli lavoratori

4.1. Il diritto di sciopero. Capitolo IV IL CONFLITTO Nonostante l’art. 40 della Costituzione disponga che “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”, non esiste in Italia una disciplina generale dello sciopero (cioè del mezzo di lotta sindacale dei lavoratori) e della serrata (tradizionalmente considerata la “tipica” forma di lotta sindacale dei datori di lavoro, attuata tramite la chiusura dell’azienda ed il rifiuto delle prestazioni lavorative dei dipendenti). Il fatto che non esista una disciplina di carattere generale – ad esclusione, come vedremo, del settore dei servizi pubblici essenziali – non significa tuttavia che il vuoto normativo sia assoluto. Qualche indicazione può essere ricavata dalla Costituzione: mentre lo sciopero è menzionato e riconosciuto come diritto, nell’art. 40, nessun riferimento viene fatto alla serrata, con la conseguenza che essa non è qualificabile quale diritto come lo sciopero. Nel corso dei lavori preparatori della Costituzione, si era proposto di rendere lo sciopero oggetto di una formula categorica, del tipo “è assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero” oppure “tutti i lavoratori hanno diritto di sciopero”. Invece, ne è scaturito un testo compromissorio, ove l’accento è posto, più che sul riconoscimento del diritto di sciopero, sul preannuncio delle leggi che ne dovrebbero regolare l’esercizio. L’art. 40 Cost., è scomponibile in due proposizioni normative: lo sciopero è un diritto; il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano. Quali sono le conseguenze giuridiche della qualificazione dello sciopero come diritto? 119 Lo sciopero come diritto

con un sindacato, che sia genuino, non integra la fattispecie del sindacato di<br />

comodo e non può essere considerata condotta antisindacale.<br />

Resta infine da verificare se la trattativa condotta dal datore di lavoro con i<br />

singoli lavoratori, scavalcando le associazioni sindacali, costituisca<br />

condotta antisindacale. Si ipotizzi che il sindacato rivendichi un aumento<br />

salariale per i lavoratori o l’introduzione di un premio di produzione<br />

aziendale ed il datore di lavoro rifiuti la trattativa sindacale, privilegiando<br />

trattative svolte direttamente con i singoli lavoratori.<br />

Una volta negata l’esistenza di un obbligo generale di trattare con le<br />

associazioni sindacali, se ne dovrebbe inferire logicamente la possibilità di<br />

trattare direttamente con i singoli, escludendo le associazioni sindacali.<br />

Eppure la giurisprudenza (Cass. 23 marzo 2006, n. 6429) talora ritiene che<br />

il datore di lavoro, pur restando libero di non trattare affatto, debba<br />

rivolgersi necessariamente all’interlocutore collettivo nel momento in cui<br />

decide di trattare. La bontà di tale conclusione risulta però, come si è<br />

anticipato, pregiudicata da un salto di carattere logico, poiché, se è vero che<br />

non esiste un obbligo di trattare e vi è la libertà del datore di rifiutare la<br />

trattativa col sindacato, non si vede come possa essere repressa la trattativa<br />

diretta con i singoli lavoratori.<br />

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La trattativa<br />

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singoli<br />

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