UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

esservi spazio per la contrattazione individuale. Si aggiunga quanto
previsto dall’art. 45, 2° co., vale a dire che le pubbliche amministrazioni
garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale.
Parte della dottrina ha tuttavia fatto notare che, se la norma prevede parità
di trattamento contrattuale, aggiunge “e comunque trattamenti non inferiori
rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi”. Da questa angolazione,
l’avverbio “comunque” non si spiegherebbe se non si ammettesse una
diversificazione di trattamento. Il principio di parità di trattamento non
esclude, del resto, trattamenti differenziati, purché essi rispondano a
giustificazioni oggettive. In tale prospettiva deroghe migliorative in sede di
contrattazione individuale sarebbero ammissibili purché obiettivamente
giustificate.
Anche in tal modo emerge, tuttavia, la differenza rispetto al settore del
lavoro privato, dove non esiste un principio di parità di trattamento e,
dunque, eventuali “superminimi” possono essere previsti in sede di
contratto individuale, senza alcuna possibilità di controllo della loro
congruità in sede giurisdizionale.
3.13. L’art. 28 St. lav.: la repressione della condotta antisindacale del
datore di lavoro.
L’art. 28 della l. 20 maggio 1970 n. 300, una delle norme baricentriche del
cd. Statuto dei lavoratori, è considerata generalmente norma di chiusura del
sistema in quanto garantisce l’effettività dei diritti sindacali, sia quelli
sanciti dal titolo III della legge sia quelli desumibili da altre fonti.
Esso prevede un particolare procedimento giurisdizionale improntato
all’informalità e alla celerità, all’esito del quale, in caso di accertamento
della condotta antisindacale, il giudice con un decreto motivato e
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L’art. 28
come
norma di
chiusura