UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...

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continua ad essere riservata alla competenza statale esclusiva la materia dell’ “ordinamento civile” e che il contratto e i rapporti di lavoro attengono indubbiamente a questa materia, si tende ad attribuire all’espressione “tutela e sicurezza del lavoro” un significato più ristretto, coerente con la esperienza di decentramento amministrativo attuato con la cd. legge Bassanini (legge 15 marzo 1997, n. 59). Secondo tale più condivisibile opinione, oggetto di potestà legislativa concorrente Stato-Regioni è la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento del mercato del lavoro; mentre le materie dell’istruzione e della formazione professionale sarebbero riservate alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni. La materia lavoristica risulta così ripartita nell’area di competenza statale esclusiva, nell’area di competenza concorrente Stato-Regioni, nell’area di competenza regionale cosiddetta esclusiva. La logica che presiede a tale organizzazione non appare del tutto congruente, sembrando essa piuttosto il frutto della stabilizzazione di assetti normativi precedenti, cui si accompagnano nuovi innesti non del tutto meditati. Basti pensare ad esempio che, alla stregua di siffatta organizzazione, i contratti di lavoro cd. formativi (apprendistato, contratto di inserimento) finiscono per coinvolgere “verticalmente” sia la competenza esclusiva dello Stato, sia la competenza concorrente Stato-Regioni, sia infine la competenza esclusiva delle Regioni. I nessi esistenti, peraltro, tra la materia tipicamente di competenza regionale esclusiva, l’istruzione e la formazione professionale, ed altre materie – che sono ora in dominio della legislazione esclusiva statale, ora in regime di legislazione concorrente, ad esempio, il mercato del lavoro – inducono a ritenere che questa competenza esclusiva finisca per essere in realtà fortemente condizionata. Per quanto riguarda più specificamente il diritto sindacale, la legislazione ordinaria è scarsa non dal punto di vista quantitativo, ma dal punto di vista 10 Legge ordinaria e Costituzione
della sua organicità. Le uniche leggi organiche sono la l. 12 giugno 1990, n. 146, così come modificata dalla l. 11 aprile 2000, n. 83 sullo sciopero nei pubblici servizi e il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (confluito nel testo unico approvato con d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165) che disciplina la contrattazione collettiva nel pubblico impiego. Ci sono poi numerosi riferimenti normativi al sindacato e all’attività sindacale, senza che però venga disciplinato compiutamente il fenomeno dei rapporti sindacali e della contrattazione collettiva. Le norme fondamentali del diritto sindacale si ritrovano nella Costituzione e sono rappresentate dagli artt. 39, 40, 46. Tutte e tre queste norme (espressamente gli artt. 40 e 46, implicitamente l’art. 39) rinviano a leggi ordinarie per la loro attuazione. Sennonché leggi ordinarie organiche di attuazione non sono state emanate per nessuna delle tre norme; anche se recentemente tale situazione di anomia è stata parzialmente corretta per lo sciopero (v. la legge n. 146 del 1990, sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, infra, cap. IV, par. 7) e per il contratto collettivo aziendale e territoriale (v. art. 8, d.l. 13 agosto 2011, n. 138 conv. nella l. 14 settembre 2011, n. 148: infra, cap. III, par. 10). Questa peculiarità del diritto del lavoro e, segnatamente, del diritto sindacale italiano, che si dice cresciuto “all’insegna dell’informalità”, lo rende accostabile per certi versi ad esperienze di Paesi di common law (in particolare al diritto sindacale inglese). Evidentemente, la mancanza di leggi ordinarie che dessero un’attuazione organica ai principi costituzionali in materia di diritto sindacale ha enfatizzato il ruolo della giurisprudenza. 11 Il ruolo fondamentale della giurisprudenza
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