UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA - Giurisprudenza - Università ...
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lavoratori appartenenti al comparto di riferimento, indipendentemente dalla affiliazione o meno ai sindacati che lo hanno stipulato. Non esiste invero un’affermazione esplicita in tal senso nel decreto n. 29/1993 e nelle sue successive integrazioni e modificazioni. Esistono però una serie di norme che inducono a questa conclusione. Prima fra tutte, quella che dispone che, in sede di stipulazione del contratto collettivo nazionale di comparto, le Pubbliche Amministrazioni siano tutte necessariamente rappresentate dall’ARAN (sul versante del datore di lavoro il contratto collettivo ha quindi sicuramente efficacia erga omnes). Nel decreto n. 29/1993 v’è poi una norma (ora art. 40, 4° co., T.U. n. 165/2001) in cui esplicitamente si prevede che “le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti”. Dal che si può desumere l’obbligo di applicare il contratto collettivo a tutti i lavoratori (indipendentemente dall’iscrizione ai sindacati stipulanti). Obbligo che risulta poi ribadito anche da un’altra disposizione (art. 45, 2° co. del Testo Unico), che impone di prevedere parità di trattamento economico-retributivo tra tutti i dipendenti. Sulla base dei dati normativi che precedono si può affermare che l’efficacia erga omnes del contratto collettivo sia indubitabile. Per questo motivo, taluno ha sostenuto che il contenuto del decreto del ’93, poi confluito nel T.U. del 2001, nella parte in cui attribuisce (o presuppone) l’efficacia erga omnes al contratto collettivo nel settore pubblico, sarebbe incostituzionale per violazione della seconda parte dell’art. 39 Cost. (che, come noto, tipizza il meccanismo attraverso il quale può essere attribuita efficacia erga omnes ai contratti collettivi). 108 Efficacia erga omnes del contratto collettivo e problemi di legittimità costituzionale
La Corte costituzionale, con sentenza 16 ottobre 1997, n. 309, ha respinto l’eccezione di incostituzionalità, argomentando che il decreto legislativo n. 29/1993 non attribuisce espressamente efficacia erga omnes al contratto collettivo: l’efficacia erga omnes deriverebbe solo indirettamente dalle norme richiamate, in particolare dell’obbligo imposto alle pubbliche amministrazioni di osservare gli impegni assunti con i contratti collettivi. Si tratta di un meccanismo che non realizzerebbe l’efficacia erga omnes di cui all’art. 39, 4° co. Cost.: infatti “può dirsi che l’osservanza, da parte delle amministrazioni degli obblighi assunti con i contratti collettivi rappresenta il conseguente e non irragionevole esito dell’intera procedura di contrattazione, la quale prende le mosse dalla determinazione dei comparti e si conclude con l’autorizzazione governativa alla sottoscrizione delle ipotesi di accordo, che, almeno sin quando verrà esercitata la delega ex lege n. 59 del 1997, interessa a sua volta molteplici profili, non solo di controllo ma anche di verifica della compatibilità finanziaria”. 3.12.2. L’inderogabilità del contratto collettivo nel settore pubblico. Nel pubblico impiego, scontata l’inderogabilità in peius del contratto collettivo da parte del contratto individuale, si è posto il problema se esso possa essere derogato in melius (ciò che, come si è visto, costituisce la regola nel settore privato). La tesi prevalente è nel senso che l’inderogabilità sia assoluta (in peius e in melius); e questo sulla base di molteplici indici normativi. In particolare, l’art. 45, 1° co., del d. lgs. n. 165/2001 dispone che i contratti collettivi stabiliscono il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei pubblici dipendenti. Dal che si dovrebbe desumere non 109 L’inderogabi- lità (assoluta?) del contratto collettivo da parte del contratto individuale
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