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UNIVERSIDADE FEDERAL DE SANTA CATARINA - PGET - UFSC

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Già Roberto Schwarz ha il merito di aver, per primo, accentuato<br />

l‘importanza della forma come sintesi profonda del movimento storico,<br />

in opposizione alla relativa superficialità della riproduzione<br />

documentaria. Dice inoltre che lettura estetica e globalizzazione storica<br />

sono parenti (SCHWARZ, 1987, p. 135), ossia che la giunzione tra<br />

romanzo e società si fa attraverso la forma, la quale è primieramente<br />

prodotta dal processo sociale per poi essere intuita dal romanziere (p.<br />

141). Le opere di Machado sono pertanto realiste nel senso di raccontare<br />

fatti storico-politico-sociali non secondo la scuola del naturalismo, visto<br />

negativamente con l‘appellativo di poetica dell’inventario, ma in modo<br />

che la ―storia‖ debba esser letta attraverso intesti (citazioni, allusioni,<br />

parodia, pastiche, parafrasi) mimetizzati in una trama lineare,<br />

identificabili molte volte in successive e più attente letture. Questo non<br />

vuol dire che anche nella lettura che si può chiamare ―superficiale‖ non<br />

ci siano rimandi interessantissimi che il lettore può con più facilità<br />

riconoscere e con esso gioirsene e divertirsi, ma Machado va più in là,<br />

utilizza altri livelli di letture di cui la prima è un mezzo piacevole di<br />

travestimento, e tutte esse sono, naturalmente, valide. Ma può il lettore<br />

straniero di una traduzione, per esempio, Don Casmurro, intendere<br />

questi aspetti della ―genialità‖ machadiana a cui si è arrivati dopo anni<br />

ed anni di studi e ricerche, senza che in qualche modo gli venga<br />

esplicitato nei metatesti? È giusto tradurre Machado abbandonando il<br />

lettore a se stesso, lasciando che la critica straniera da sola, senza basi<br />

solide da cui partire, riesca ad interpretarlo come già è avvenuto in<br />

Brasile? Sono questioni che comunque fanno riflette.<br />

Infine, è dovere ricordare le poche parole che Machado de Assis<br />

ha lasciato, come critico, sul racconto:<br />

No gênero dos contos à maniera de Henri Muger,<br />

ou à de Trueba, ou à de Ch. Dickens, que tão<br />

diversos são entre si, tem havido [no Brasil]<br />

tentativas mais ou menos felizes, porém raras,<br />

[...]. É gênero difícil, a despeito da sua aparente<br />

facilidade, e creio que essa mesma aparência lhe<br />

faz mal, afastando-se dele os escritores, e não lhe<br />

dando, penso eu, o público toda a atenção de que<br />

ele é muitas vezes credor (ASSIS, 1953, p. 140).<br />

Un‘auto-profezia sulla sua narrativa breve che, negli ultimi anni<br />

viene riscoperta e apprezzata nella sua totalità, alla ricerca di una visione

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