Matteo Imbriani alla Camera per la difesa dei diritti civili e delle ...
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Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
di Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
Il 2 settembre 2001 è caduto il centenario del<strong>la</strong> morte d’<strong>Imbriani</strong>, dopo quasi<br />
esattamente quattro anni d’infermità e dolorosa immobilità paralizzante, che<br />
emblematicamente lo aveva colpito mentre inaugurava in piazza del<strong>la</strong> Lizza a Siena,<br />
all’ombra dialetticamente “tirannica” del<strong>la</strong> fortezza medicea, e non lungi dalle memorie<br />
cateriniane del S. Domenico, il monumento a Giuseppe Garibaldi 1 .<br />
Il ricordo dell’oblio in cui Mi<strong>la</strong>no, <strong>per</strong> non dire l’Italia, hanno fatto cadere<br />
l’analoga ricorrenza <strong>per</strong> Cavallotti (6 marzo 1898) nonostante certe profondissime<br />
affinità ambientali che si è avuto modo di segna<strong>la</strong>re in nota, mi ha indotto a riprendere<br />
in mano gli appunti di una conversazione tenuta a Trani nel novembre 1990,<br />
che <strong>la</strong> cortesia di quei cittadini rese affol<strong>la</strong>ta e partecipe, e che mi giovò allora, e più<br />
mi giova oggi, <strong>per</strong> ridestare e rinfrescare amori giovanili attorno ai quali i decenni<br />
trascorsi, malgrado le benemerenze, troppo conosciute <strong>per</strong> essere dettagliate, di<br />
Giovanni Spadolini ed Alessandro Ga<strong>la</strong>nte Garrone, non hanno apportato davvero<br />
luce soverchia.<br />
<strong>Imbriani</strong> si trova poi in una posizione partico<strong>la</strong>rmente delicata e defi<strong>la</strong>ta<br />
nei confronti di Cavallotti, che si è potuto, con gli opportuni distinguo, collocare<br />
e mantenere <strong>al<strong>la</strong></strong> meglio nell’ambito di quel radicalismo a cui gli studiosi, ed una<br />
certa esigua pattuglia di epigoni, hanno dedicato un’attenzione non trascurabile,<br />
con esiti critici ragguardevoli, come in quelli di Giovanni Bovio, che viceversa, ed<br />
assai lodevolmente, è stato abbastanza presente <strong>al<strong>la</strong></strong> memoria civile e scientifica<br />
pugliese, se non del tutto a quel<strong>la</strong> napoletana, sì da presentare oggi un bi<strong>la</strong>ncio<br />
soddisfacente tanto sotto il profilo culturale quanto sotto quello strettamente politico.<br />
1 Ho creduto opportuno soffermarmi con qualche cura sul<strong>la</strong> localizzazione specifica dell’evento del 20<br />
settembre 1897 (davanti al monumento è ancor oggi <strong>la</strong> <strong>la</strong>pide dell’antica sede del<strong>la</strong> società o<strong>per</strong>aia dove <strong>Imbriani</strong><br />
fu trasportato e Cavallotti fu il primo ad accorrere al capezzale dell’amico) a causa del<strong>la</strong> sua sempre rilevantissima<br />
rappresentanza simbolica, così come lo è, ovviamente, <strong>la</strong> data prescelta, quel<strong>la</strong> stessa nel<strong>la</strong> quale, due anni<br />
prima, il Crispi presidente del Consiglio aveva inaugurato con un importante discorso il Garibaldi del Gallori<br />
sul Gianicolo. Esso era una rivendicazione con iudicio del<strong>la</strong> <strong>la</strong>icità irrinunziabile dello Stato risorgimentale a<br />
suggello del<strong>la</strong> proc<strong>la</strong>mazione del<strong>la</strong> data, nel suo venticinquennio, come festa nazionale, secondo che ricorda<br />
orgogliosamente a Gallipoli l’epigrafe dettata <strong>per</strong> il proponente, all’epoca deputato del collegio, Nico<strong>la</strong> Vischi,<br />
l’antico patrizio di Trani e “proconsole” giolittiano in Terra d’Otranto. Non a caso Mi<strong>la</strong>no avrebbe<br />
contrapposto al 20 settembre del conformismo ufficiale il 3 novembre di Mentana e del “fossato” da essa<br />
scavato tra <strong>la</strong> nazione e <strong>la</strong> monarchia nel<strong>la</strong> suggestiva immagine di Agostino Bertani, <strong>per</strong> affidare l’inaugurazione<br />
del suo Garibaldi ad uno <strong>dei</strong> più smaglianti e complessi discorsi extrapar<strong>la</strong>mentari di Felice Cavallotti.<br />
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<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
E questa delicatezza dipende dall’essere stato <strong>Imbriani</strong> irrigidito, e sostanzialmente<br />
esaurito, nelle secche di una protesta tanto generosa quanto esteriore e<br />
dec<strong>la</strong>matoria nell’ambito che genericamente può chiamarsi meridionale, se non propriamente<br />
meridionalistico, nonché, e più gravemente, a livello nazionale, in quelle<br />
di un irridentismo enunciativo, fine a se stesso quando non incoerente e contraddittorio.<br />
Gli equivoci e le ambiguità di Raffaele Cotugno quale più o meno legittimo<br />
erede politico del Nostro e, più impegnativamente, curatore e prefatore, nel<br />
1923, <strong>dei</strong> suoi discorsi par<strong>la</strong>mentari 2 sono senza dubbio <strong>al<strong>la</strong></strong> base di questa rapida<br />
e sommaria mancanza d’interesse critico, non sanata certo da quel che è venuto<br />
dopo soprattutto in ambito regionale pugliese, un nome <strong>per</strong> tutti, Michele<br />
Viterbo.<br />
Le pagine che seguono, dunque, sull’onda sentimentale dell’occasionale circostanza<br />
accennata, e sul<strong>la</strong> base modestissima di una rilettura del saggio di Cotugno<br />
e di una rivisitazione, come si suol dire, dell’attività par<strong>la</strong>mentare intensissima di<br />
<strong>Imbriani</strong> nei pochi anni in cui egli di fatto sedette <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>, si propongono con<br />
tutta semplicità di cominciare a far conoscere, se non altro, lo spessore di testimone<br />
del liberalismo ottocentesco che il Nostro riveste nel passaggio dal Risorgimento<br />
al post Risorgimento, ed in quello egemonico d<strong>al<strong>la</strong></strong> plenitudine crispina<br />
al prologo giolittiano, in quanto portavoce di una determinata, e sensibilissima,<br />
coscienza par<strong>la</strong>mentare, che in quegli anni decisivi fu messa severamente <strong>al<strong>la</strong></strong> prova.<br />
Si tratta, come sempre, di studiare e di approfondire, dopo aver conosciuto<br />
di massima: ma questo è un compito che, guardandomi indietro 3 posso serenamente<br />
<strong>la</strong>sciare ad altri.<br />
Elemento centrale e determinante di tutta <strong>la</strong> vicenda umana e politica di<br />
<strong>Matteo</strong> Renato è senz’altro <strong>la</strong> sua nascita a Napoli, il 28 novembre 1843, nel cuore<br />
profondo, <strong>per</strong> così dire, del<strong>la</strong> “famiglia di patrioti” di crociana memoria <strong>la</strong> cui<br />
vicenda andrebbe oggi ri<strong>per</strong>corsa con sguardo più scaltrito e spregiudicato sul<br />
retroterra provinciale “rampante” settecentesco degli <strong>Imbriani</strong> nel<strong>la</strong> valle Caudina<br />
2 Non si trascuri ovviamente, <strong>la</strong> data di quell’edizione, che segnava una tappa ulteriore di avvicinamento al<br />
fascismo da parte di Cotugno radicale, interventista e nittiano, il tutto con gran numero di virgolette, del<br />
ventennio precedente (naturalmente, <strong>la</strong> singo<strong>la</strong>re levatura soprattutto intellettuale del <strong>per</strong>sonaggio attende<br />
ancora una ricostruzione a tutto tondo: ma qui egli ci interessa essenzialmente quale responsabile di uno<br />
snodo critico all’interno del quale <strong>Imbriani</strong> è rimasto impigliato senza scampo).<br />
3 Mi si consenta, proprio a conferma di questa chiave introduttiva autobiografica, l’auto citazione del<strong>la</strong><br />
recensione che dedicai in “Belfagor” 1959 estratto di pp. 25 col titolo L’Italia in Africa da Assab ad Adua a La<br />
prima guerra d’Africa del compianto Roberto Battaglia, che in conseguenza mi divenne carissimo amico “Noto<br />
con piacere come l’A. riservi all’<strong>Imbriani</strong> un’attenzione non condizionata dal consueto cliché protestatario ed<br />
irredentista e borghese proprio del patriota napoletano. <strong>Imbriani</strong> è senza dubbio una figura schiettamente<br />
risorgimentale, in senso generico e culturale, senza troppe precisazioni politiche, e quindi già anacronistica<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> fine dell’Ottocento. Ma <strong>la</strong> sua funzione liberale, <strong>la</strong> sua ispirazione popo<strong>la</strong>re e <strong>la</strong> sua aggressiva onestà si<br />
rive<strong>la</strong>rono più volte insostituibili, connesse come erano con una severa preparazione dottrinaria e sia pure<br />
libresca, ed una spiccata sensibilità par<strong>la</strong>mentare”.<br />
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Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
del<strong>la</strong> S. Martino tanto cara al Nostro e <strong>dei</strong> Poerio dell’ormai remota ed estranea<br />
Taverna.<br />
Tale elemento si rende poi più ravvicinato e coinvolgente se si colloca <strong>Matteo</strong><br />
Renato come fratello mezzano tra due <strong>per</strong>sonalità parimenti d’eccezione, Vittorio,<br />
su cui non ci sono da spendere molte parole, e Giorgio, caduto nel gennaio 1871, a<br />
ventidue anni, a Digione, al pari di Giuseppe Cavallotti, il fratello di Felice, ma<br />
assai più e meglio di lui essendosi già messo in luce tra le figure più vigorose dell’intransigenza<br />
repubblicana napoletana in chiave garibaldina che si era saputa serbare<br />
indenne dalle suggestioni bakuniste.<br />
Non si trascuri <strong>per</strong>altro, specie sotto l’angolo visuale che attualmente ci<br />
concerne, ciò che gli zii materni abbiano potuto rappresentare e significare <strong>per</strong> il<br />
giovane che non a caso, a differenza di Vittorio, volle costantemente accompagnare<br />
il cognome Poerio a quello paterno, forse soprattutto Alessandro, di cui<br />
sintomaticamente si leggeva un motto poetico in epigrafe a “L’Italia degli Italiani”<br />
di cui parleremo tra breve, un motto nel quale è in nuce il rapporto sempre<br />
tormentosamente dialettico, e tormentosamente avvertito, tra forma e contenuto<br />
del<strong>la</strong> democrazia: “A che le leggi provvide E ’l frequente Senato E di suffragi<br />
gravide L’urne e il pensiero amato E <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> libera E <strong>la</strong> comun città… se mancano<br />
Virtude e libertà?”.<br />
<strong>Matteo</strong> Renato veniva dunque a rappresentare, non soltanto dal punto di<br />
vista anagrafico, una sorta di quid medium tra gli opposti estremismi, diciamo così,<br />
che si sarebbero configurati in Vittorio ed in Giorgio, e ciò, almeno in parte, anche<br />
a causa del<strong>la</strong> vocazione, o scelta che fosse, schiettamente militare che lo contraddistingue<br />
fin dall’indomani dell’infantile esilio del 1850 al seguito di Paolo Emilio e di<br />
Carlotta Poerio suoi genitori, nel 1855 il collegio militare di Asti, quindi l’accademia<br />
di Torino, infine, nel 1859, <strong>la</strong> partecipazione <strong>al<strong>la</strong></strong> guerra agli ordini di un conterraneo<br />
meridionale, il generale Carlo Mazzacapo.<br />
Il richiamo garibaldino sarebbe stato comunque prevedibilmente irresistibile<br />
al pari che <strong>per</strong> Cavallotti, di solo un anno più anziano (lo era anche Giolitti, ma<br />
quale differenza! ed è un dato di fatto, il signum di un altro mondo), l’imbarco con<br />
Medici, <strong>la</strong> presenza <strong>al<strong>la</strong></strong> battaglia di Mi<strong>la</strong>zzo con decorazione sul campo e promozione<br />
da parte di Enrico Cosenz 4 , quel<strong>la</strong> assai più drammatica, a fianco di Pi<strong>la</strong>de<br />
Bronzetti, e con una breve prigionia nel campo borbonico, a Castelmorrone, nel<br />
difficile tentativo di coprire Caserta tra Maddaloni e S. Maria Capua Vetere durante<br />
<strong>la</strong> battaglia del Volturno.<br />
Che quel<strong>la</strong> del Nostro, come si è accennato in nota, fosse all’epoca una posi-<br />
4 È appena il caso di avvertire fin d’ora che tutt’e tre i militari fin qui nominati avrebbero rivestito uffici<br />
altissimi nell’Italia unitaria e monarchica, non sappiamo se ed in quale misura mantenendo contatti col Nostro,<br />
che ribadisce comunque fin qui un’ortodossia garibaldina che, e lo vedremo, può tingersi di repubblicano,<br />
ma nul<strong>la</strong> deve specificamente a Mazzini, né tanto meno a Cattaneo, e questo in forte diversificazione<br />
rispetto a Cavallotti e a Bovio.<br />
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<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
zione politicamente alquanto sorvegliata sembra confermato dal suo allineamento,<br />
come aiutante di campo, accanto al Cosenz divenuto generale divisionario dell’esercito<br />
regio nel<strong>la</strong> campagna del 1866 mentre Vittorio e Giorgio entrambi, ed è significativo<br />
di una fase biografica destinata tra breve a divaricarsi con forza, si arruo<strong>la</strong>vano<br />
tra i volontari di Garibaldi.<br />
La rottura, come <strong>per</strong> tanti altri rispetti, anche questo lo abbiamo segna<strong>la</strong>to<br />
in nota, si sarebbe verificata soltanto a Mentana, allorché <strong>Matteo</strong> Renato, dopo<br />
un arduo di <strong>la</strong>ceramento vissuto a Firenze dinanzi <strong>al<strong>la</strong></strong> fol<strong>la</strong> che tumultuava sotto<br />
pa<strong>la</strong>zzo Riccardi, sede all’epoca del vacil<strong>la</strong>nte gabinetto Rattazzi, sarebbe entrato<br />
a far parte, senza dubbio sotto l’influsso preponderante di Giorgio, dello stato<br />
maggiore di Giovanni Nicotera, nel<strong>la</strong> sua scriteriata avventura ciociara, donde gli<br />
inevitabili arresti in fortezza, a Palmanova, ma, si noti, non l’abbandono del<strong>la</strong><br />
carriera militare, nel<strong>la</strong> quale l’<strong>Imbriani</strong> tenente <strong>dei</strong> granatieri <strong>per</strong>siste, pur in un<br />
iter esistenziale sempre più arruffato ed aggrovigliato, che lo avrebbe sospinto in<br />
polemiche giornalistiche costel<strong>la</strong>te da querele ed a duelli con i principali esponenti<br />
del giornalismo conservatore di quegli anni, Arturo Co<strong>la</strong>utti ed il giovane<br />
Michele Torraca.<br />
Ancora una volta, ed ora definitivamente ed in modo tragico, <strong>la</strong> rottura sarebbe<br />
stata determinata da Giorgio, <strong>la</strong> sua morte a Digione, <strong>la</strong> scena melodrammatica<br />
del<strong>la</strong> salma vegliata da Jessie White Mario nel<strong>la</strong> cripta <strong>dei</strong> Cappuccini e di <strong>Matteo</strong><br />
Renato che getta nel<strong>la</strong> bara <strong>la</strong> propria medaglia al valore e scrive le proprie dimissioni<br />
dall’esercito.<br />
Il matrimonio con Irene Scodnik, l’esule dalmata che tanta parte avrebbe<br />
avuto nel<strong>la</strong> sua vita e tanta responsabilità nell’inaridirne <strong>la</strong> memoria nel più angusto<br />
irredentismo, ratifica e suggel<strong>la</strong> <strong>la</strong> svolta, che implica anche una freddezza ormai<br />
<strong>per</strong>manente ed insu<strong>per</strong>abile con Vittorio ed un sempre più assiduo coinvolgimento<br />
politico culminato, sempre in chiave essenzialmente garibaldina, ancora <strong>al<strong>la</strong></strong> vigilia<br />
del<strong>la</strong> “rivoluzione par<strong>la</strong>mentare”, nel gennaio 1876, con l’assunzione, a fianco di<br />
Giuseppe Avezzana, del<strong>la</strong> vicepresidenza del comitato direttivo dell’associazione<br />
<strong>dei</strong> su<strong>per</strong>stiti <strong>delle</strong> patrie battaglie, donde, il 10 marzo successivo, nel<strong>la</strong> ricorrenza<br />
non puramente formale del<strong>la</strong> morte di Mazzini, l’uscita de “L’Italia degli Italiani<br />
monito quotidiano politico morale ed eco scientifica”, il pedagogismo paternalistico<br />
e positivista al potere, si potrebbe dire con una battuta, con tutte le luci e le ombre<br />
non lievi che ciò comporta.<br />
La presa di distanza nettissima nei confronti del Nicotera ministro dell’Interno<br />
bastava da so<strong>la</strong> a fornire chiaramente <strong>la</strong> cifra politica di tale pedagogismo, che<br />
veniva ad esemplificarsi in novembre, in occasione <strong>delle</strong> elezioni generali del 1876,<br />
con <strong>la</strong> prima <strong>delle</strong> diciotto candidature di <strong>Imbriani</strong> prima dell’elezione del maggio<br />
1889, ma forse, al di là <strong>dei</strong> 46 voti racimo<strong>la</strong>ti, <strong>la</strong> più significativa di tutte, quel<strong>la</strong><br />
presentata, e che sarebbe stata più volte reiterata, a San Severo, che era stato il collegio<br />
del<strong>la</strong> “sinistra giovane” di De Sanctis e del progressismo essenzialmente<br />
intellettualistico di Zuppetta, e <strong>per</strong>ciò, ambientalmente par<strong>la</strong>ndo, il passaggio d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
democrazia post giacobina del Subappennino del comunitarismo e degli usi collet-<br />
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Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
tivi <strong>al<strong>la</strong></strong> democrazia presocialista del libertarismo anarchicheggiante del Tavoliere e<br />
del Gargano settentrionale 5 .<br />
Trasformando il giornale in settimanale nel luglio 1877 con una rubrica specifica<br />
dedicata all’Italia irredenta 6 <strong>la</strong> caratterizzazione del Nostro in quest’ultimo<br />
senso appare tanto rapida quanto probabilmente strumentale, l’esigenza di ritagliarsi<br />
uno spazio tutto proprio all’interno del<strong>la</strong> democrazia e, più <strong>la</strong>tamente, dell’estrema<br />
orma non più ministeriale, attraverso l’associazione centrale <strong>per</strong> le provincie<br />
del Mezzodì dell’Italia irredenta, di cui Garibaldi è “preside”, Avezzana presidente,<br />
Bovio vice ed <strong>Imbriani</strong> segretario e pratico factotum, un uffucio che lo<br />
autorizza a trattare Crispi da “cittadino indegno e pessimo italiano” <strong>per</strong> l’incontro<br />
con Bismarck da cui l’irredentismo si mostra <strong>al<strong>la</strong></strong>rmato non meno di quanto faccia<br />
<strong>la</strong> sensibilità liberale e par<strong>la</strong>mentare dinanzi all’autoritarismo di Nicotera, tanto<br />
poco estremista, quel<strong>la</strong> sensibilità, da indurre il Nostro a deporre una corona al<br />
Pantheon sul<strong>la</strong> fresca tomba di Vittorio Emanuele ed a sostenere in proposito una<br />
vivace polemica con l’inflessibile Alberto Mario 7 .<br />
L’exploit irredentista si sarebbe in effetti, obiettivamente, verificato nell’estate<br />
1878, com’è noto, col congresso di Berlino ed in seguito con Italicae res di<br />
Haymerle, a cui <strong>Imbriani</strong> aveva replicato con Pro Patria introdotto da Bovio e Luigi<br />
Mazzacapo, il fratello del suo antico generale, e già ministro del<strong>la</strong> Guerra, col<br />
Quid faciendum, una ventata di comizi che, dal Sannazaro di Napoli a Mi<strong>la</strong>no,<br />
attraverso il Politeama di Roma, scuoteva l’opinione pubblica, il Nostro sempre in<br />
primissima fi<strong>la</strong>, Garibaldi esortante all’insurrezione <strong>per</strong> gli irredenti ed <strong>al<strong>la</strong></strong> guerra<br />
partigiana sulle montagne, <strong>la</strong> nazione armata e il suffragio universale quali presupposti<br />
ed obiettivi ad un tempo un po’ di tutta l’agitazione.<br />
5 Mi <strong>per</strong>metto di richiamare in merito a quanto ne dico in Sansevero collegio elettorale di De Sanctis: luci<br />
ed ombre del<strong>la</strong> Sinistra giovane in Francesco De Sanctis un secolo dopo a cura di Attilio Marinari, Laterza,<br />
1985, II 355-432, Da De Sanctis al socialismo attraverso <strong>Imbriani</strong> in Studi <strong>per</strong> una storia di San Severo, San<br />
Severo 1989, II, 605-672, L’attività politica di Luigi Zuppetta dopo l’unità in “Archivio Storico Pugliese”,<br />
1989, pp. 375-415. <strong>Imbriani</strong> sarebbe stato candidato ancora nel maggio 1880 con un plebiscito a Castelnuovo,<br />
<strong>la</strong> patria di Zuppetta, in quanto scambio dell’eredità e <strong>delle</strong> consegne, senza alcuna base organizzata sociale,<br />
ma scarsissimi risultati nel resto del collegio, nell’ottobre 1882 nel secondo collegio di Foggia a scrutinio di<br />
lista con 1218 voti complessivi ed il plebiscito trasferito a Rodi, nel<strong>la</strong> prospettiva delineata nel testo, nel<br />
maggio 1886 con un forte incremento in città, tra i ceti artigiani ed o<strong>per</strong>ai, a segnare il configurarsi di una vera<br />
e propria democrazia radicale, appunto <strong>per</strong> questo essenzialmente urbana nei confronti del ministerialismo<br />
trasformista e più tardi crispino (nel 1890, quando il Nostro era già <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>, egli, benché sconfitto nel<br />
collegio, raccoglieva in Sansevero città <strong>la</strong> maggioranza assoluta <strong>dei</strong> voti: e si noti, ad illuminare i costumi<br />
dell’epoca, che proprio e soltanto quell’anno, nel maggio, <strong>Imbriani</strong> era apparso <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta fisicamente<br />
a Sansevero, di passaggio nel recarsi a Castelnuovo <strong>per</strong> commemorarvi Zuppetta nel primo anniversario del<strong>la</strong><br />
morte).<br />
6 È appena il caso di segna<strong>la</strong>re l’opportunità imprescindibile di uno studio specifico sull’<strong>Imbriani</strong> giornalista<br />
e talent-scout, si pensi <strong>al<strong>la</strong></strong> successiva col<strong>la</strong>borazione del giovanissimo Salvatore Di Giacomo al foglio di<br />
Trinità Maggiore <strong>la</strong> cui <strong>la</strong>pide commemorativa, allo sbocco sul Gesù Nuovo, è diventata pressoché illeggibile.<br />
7 Ancora l’11 aprile 1897, <strong>al<strong>la</strong></strong> vigilia del dramma di Siena, nel corso di richiami “ideologici” che avremo<br />
modo di riprendere più avanti, <strong>Imbriani</strong> difendeva Vittorio Emanuele dalle critiche di Napoleone Co<strong>la</strong>janni<br />
<strong>per</strong>ché, rispetto alle tradizioni repubblicane naturali in Italia (ed è interessante questa che è constatazione più<br />
che rivendicazione) “il voler disconoscere ciò che hanno o<strong>per</strong>ato altri, con sacrifici anche nobili ed alti, mi<br />
parrebbe ingiustizia”.<br />
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<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
Costretto, con un opuscolo sereno ed equilibrato intorno al regicidio, a polemizzare<br />
indirettamente col fratello Vittorio che col velenoso È ga<strong>la</strong>ntuomo il<br />
Cairoli? aveva preso spunto dall’attentato Passanante <strong>per</strong> una tirata schiettamente<br />
reazionaria, <strong>Imbriani</strong> manifestava in tal modo duttile prontezza nel passare dall’atmosfera<br />
arroventata dell’irredentismo nazionalistico e fine a sé stesso a quel<strong>la</strong> più<br />
artico<strong>la</strong>ta, ed accentrata sul<strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> statutari, che avrebbe condotto nell’aprile<br />
1879 a quel<strong>la</strong> Lega del<strong>la</strong> Democrazia, con omonimo bril<strong>la</strong>ntissimo giornale<br />
affidato <strong>al<strong>la</strong></strong> direzione di Alberto Mario, in cui si suole oggi a ragione avvisare il<br />
primo nucleo dell’estrema radicale e democrativa definitivamente identificatasi nei<br />
confronti del<strong>la</strong> Sinistra storica dopo <strong>la</strong> caduta di Cairoli 8 .<br />
Significativamente il ritorno al potere di quest’ultimo, sia pure sul<strong>la</strong> piattaforma<br />
sgradevolmente regionalista dell’abolizione parziale del macinato, avrebbe<br />
suggerito anche a Garibaldi più miti consigli nei confronti di Italicae res e ad <strong>Imbriani</strong>,<br />
nell’ottobre 1879, l’accennato dignitoso equilibrio di Pro Patria, una prova di più<br />
che l’irredentismo, almeno a sinistra, non era ormai che uno <strong>dei</strong> tasselli di un mosaico<br />
assai più ampio e complesso, il cui provvisorio suggello, nel febbraio 1881, è<br />
fornito da quel comizio <strong>dei</strong> comizi a Roma <strong>la</strong> cui gestazione ed il cui svolgimento<br />
andrebbero ricostruiti con cura come una <strong>delle</strong> maggiori mobilitazioni d’opinione<br />
dell’epoca, ed il cui ordine del giorno conclusivo, <strong>Imbriani</strong> al suo posto<br />
nell’umanimità che lo sancisce, “invita il popolo a riconquistare il suffragio universale<br />
9 come uno <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> costitutivi di quel<strong>la</strong> sovranità da cui sorga <strong>la</strong> legge del<strong>la</strong><br />
vita nuova italiana”.<br />
Proprio <strong>la</strong> morte di Garibaldi, <strong>per</strong>altro, nel giugno 1882, a mezzo tra <strong>la</strong><br />
conclusione del<strong>la</strong> Triplice ed il bombardamento di Alessandria, un rinnegamento<br />
vistoso del principio di nazionalità che avrebbe dato modo <strong>per</strong>altro ad <strong>Imbriani</strong><br />
di elogiare il Mancini ministro degli Esteri <strong>per</strong> non avervi voluto prender parte (si<br />
ricordino le contemporanee, e successive, veementi recriminazioni di Crispi e di<br />
tutto il successivo nazionalismo patriottardo, da De Zerbi a Corradini!) accantonandosi<br />
<strong>per</strong> il momento le conseguenze di ogni genere che <strong>la</strong> Triplice avrebbe<br />
potuto esercitare anche e soprattutto sul risvolto costituzionale del<strong>la</strong> politica interna<br />
italiana, <strong>la</strong> morte di Garibaldi, dicevamo, accolta dai democratici francesi,<br />
in testa Georges Clemenceau, con ampie esibizioni di solidarietà, offriva il destro<br />
<strong>per</strong> un’iniziativa c<strong>la</strong>morosa del<strong>la</strong> quale il Nostro sarebbe stato al centro. Giovanni<br />
Bovio, infatti, che aveva sempre mantenuto, prima e dopo Tunisi, l’atteggia-<br />
8 Non a caso proprio al Nostro pochi giorni prima dell’assemblea romana, il 15 aprile 1897 (Biblioteca<br />
Nazionale di Napoli, Archivio <strong>Imbriani</strong>, XX, II, 62) si era rivolto Napoleone Co<strong>la</strong>janni auspicando “una<br />
estrema sinistra non docile, gesuitica e forse aspirante al potere sotto <strong>la</strong> monarchia come <strong>la</strong> vorrebbe il Bertani…<br />
ma battagliera ed intransigente come quel<strong>la</strong> francese sotto l’Im<strong>per</strong>o” formu<strong>la</strong> felicissima, quest’ultima, e che<br />
<strong>Imbriani</strong> avrebbe fatto sostanzialmente propria, <strong>la</strong> tribuna par<strong>la</strong>mentare come mezzo di comunicazione col<br />
paese e di propaganda presso l’opinione pubblica, in prospettiva genericamente repubblica.<br />
9 Chiaro riferimento al grosso e decisivo equivoco costituzionale <strong>dei</strong> plebisciti, donde il mito crispino<br />
del<strong>la</strong> “monarchia democratica” e l’utopia di Mario intorno ai p<strong>la</strong>cidi tramonti” determinati fisiologicamente,<br />
<strong>per</strong> così dire dal suffragio universale.<br />
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Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
mento più conciliativo ed a<strong>per</strong>to verso i repubblicani transalpini d’estrema, inviava<br />
a Parigi, come rappresentante del<strong>la</strong> “democrazia meridionale” <strong>per</strong> l’anniversario<br />
del<strong>la</strong> presa del<strong>la</strong> Bastiglia, il nostro <strong>Imbriani</strong>, dando alle stampe, insieme<br />
con Federico Salomone, un manifesto <strong>per</strong> annunziare <strong>la</strong> ripresa del<strong>la</strong> tradizione<br />
degli scambi politici italo-francesi, interrotti nel novembre 1880, e <strong>la</strong> cui cronistoria<br />
andrebbe pur ricostruita sotto il profilo culturale e civile del “mito” del<strong>la</strong> repubblica<br />
10 .<br />
Il soggiorno parigino di <strong>Imbriani</strong> si sarebbe protratto parecchi giorni, salvo<br />
ripetersi poco più tardi, sempre nel nome di Garibaldi, nel settembre 1882, all’Hotel<br />
de Ville ed al Grande Oriente, una compromissione massonica pressoché inevitabile<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> quale <strong>Imbriani</strong> non poteva che acconciarsi, sul<strong>la</strong> traccia di Bovio, nonostante<br />
l’estraneità di fondo che, al pari di Cavallotti, lo teneva lontano d<strong>al<strong>la</strong></strong> formidabile<br />
associazione <strong>dei</strong> liberi muratori 11 .<br />
L’episodio Oberdan piomba su questo clima a divaricare con violenza le posizioni<br />
del<strong>la</strong> democrazia, da un <strong>la</strong>to <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> d’ordine di Bertani, suggestionato da<br />
Crispi ed iso<strong>la</strong>to un po’ in tutta l’estrema, Bovio, Cavallotti, il neo eletto Andrea<br />
Costa, “bando ai sospetti, mano alle riforme”, dall’altro il “piombo e sangue” freneticamente<br />
invocato da <strong>Imbriani</strong>, con sullo sfondo <strong>la</strong> sottoscrizione <strong>per</strong> migliaia di<br />
carabine da depositarsi, con patetico donchisciottismo, presso gli studi del pittore<br />
Saverio Altamura e dello scultore Francesco Jerace 12 , più in là <strong>la</strong> candidatura a<br />
Belluno, sul limite <strong>delle</strong> Alpi “contese”, dove già sono stati eletti i radicali Carlo<br />
Tivaroni ed Emilio Morpurgo ma dove <strong>Imbriani</strong>, pur raccogliendo circa tremi<strong>la</strong><br />
voti in successione al progressista Giuriati, in un intreccio di populismo ed<br />
irredentismo difficilmente districabile, deve cedere il passo al generale Ricci, candidato<br />
ministeriale.<br />
Malgrado tutto, il discorso si spostava in realtà, concretamente, sulle riforme,<br />
stavolta il suffragio universale amministrativo, anch’esso attraverso una serie di<br />
comizi che andrebbe ricostruita con diligenza e che si sarebbe conclusa a Napoli,<br />
nel dicembre 1883, al teatro S. Ferdinando, con una grande manifestazione in cui<br />
<strong>Imbriani</strong> sarebbe stato al fianco di Bovio e di Costa, non più che una salvazione<br />
d’anima, a dire il vero, al pari del<strong>la</strong> firma apposta al manifesto elettorale dell’estrema<br />
nel 1886 o del<strong>la</strong> partecipazione al comizio napoletano anti africanista del luglio<br />
10 “I popoli che hanno <strong>delle</strong> affinità – si leggeva nel manifesto del 1882, da leggersi, ovviamente, nel<strong>la</strong><br />
prospettiva del 1914 – se vogliono vivere liberi, non debbono separare i loro <strong>diritti</strong>, i loro interessi, i loro fini:<br />
e debbono ricordare ciò ai rispettivi governi che, separati, dimenticano le cause disastrose che alimentano le<br />
tenebrose Sante Alleanze sulle rovine <strong>delle</strong> nazioni e del<strong>la</strong> libertà”.<br />
11 Molto più obiettivamente interessante <strong>la</strong> parabo<strong>la</strong> politica e culturale di Pro Patria, il motto che avrebbe<br />
dato origine all’omonimo quotidiano sorto nel settembre 1882 dalle ceneri del “L’Italia degli Italiani” e che si<br />
sarebbe mantenuto in vita fino al marzo 1883, redattore capo, sempre a Napoli, uno scienziato e repubblicano<br />
federalista di ferro come Arcangelo Ghisleri, le mille miglia distante da <strong>Imbriani</strong>, <strong>la</strong> cui <strong>per</strong>sonalità ne rimane<br />
<strong>per</strong>altro inseparabile.<br />
12 Si porrebbe a questo punto, naturalmente, l’affascinante tema del<strong>la</strong> compromissione “sovversiva” <strong>delle</strong><br />
arti figurative nel Mezzogiorno prima e dopo il Quarantotto e l’unità, tema che non è ovviamente il nostro ma<br />
che non può andar sottovalutato in una storia civile e politica dell’intellettuale meridionale.<br />
191
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
1887, un primo approccio del Nostro ad un tema che in seguito, in chiave di nazionalità,<br />
gli sarebbe stato partico<strong>la</strong>rmente caro. Il <strong>per</strong>sonaggio che dunque, il 24<br />
marzo 1889, viene eletto deputato nel secondo collegio di Bari contro Riccardo<br />
Spagnoletti in una suppletiva <strong>per</strong> morte di Fabio Carcani, l’illustre patrizio di<br />
Trani che condivideva, abbastanza scialbamente, <strong>per</strong> <strong>la</strong> verità, <strong>la</strong> sfumatura<br />
progressista pentarchica del Panunzio a Molfetta, quel <strong>per</strong>sonaggio, dicevano, è<br />
un gentiluomo ormai attempato, che ha tenuto una posizione politica essenzialmente<br />
garibaldina e tardorisorgimentale assai coerente, che in Puglia a San Severo,<br />
come si è visto in nota, sta im<strong>per</strong>versando ed egemonizzando un’interessante<br />
transizione democratica urbana, e che <strong>per</strong>ciò può apparire in grado di fare efficacemente<br />
da portavoce così <strong>per</strong> i disagi che <strong>la</strong> guerra doganale sta apportando in<br />
partico<strong>la</strong>re <strong>al<strong>la</strong></strong> Puglia come <strong>per</strong> <strong>la</strong> sensibilità liberale di una certa opinione pubblica<br />
ormai non più disposta a farsi coinvolgere indiscriminatamente nel clima<br />
plebiscitario di aspettazione messianica che aveva accolto l’avvento di Francesco<br />
Crispi.<br />
<strong>Matteo</strong> Renato <strong>Imbriani</strong> avrebbe risposto a questa fiducia in modo memorabile<br />
e c<strong>la</strong>moroso fin dal suo esordio par<strong>la</strong>mentare del 10 maggio successivo, un<br />
contributo decisivo <strong>al<strong>la</strong></strong> compiutezza morale dell’estrema, una significativa affermazione<br />
dell’elettorato meridionale sul “deputato del popolo” imponente e tonante<br />
col suo cappel<strong>la</strong>ccio e <strong>la</strong> sua valigia di documenti, ma anche un valore spirituale<br />
assolutamente inestimabile, l’onestà, il disinteresse, una corrucciata grandezza morale,<br />
spinta fino <strong>al<strong>la</strong></strong> pignoleria, che lo rendeva una sorta di spauracchio <strong>per</strong> qualsiasi<br />
ministero, un estremo soffio del romanticismo garibaldino sul<strong>la</strong> democrazia italiana.<br />
Le pagine che seguono aspirano a documentare come questo ritratto, ormai<br />
definitivamente e magari oleograficamente acquisito fino a ieri (oggi, l’abbiamo visto,<br />
del tutto dimenticato) veda arricchito con sfumature liberali e democratiche, e<br />
<strong>per</strong>ciò propriamente politiche, che fanno di <strong>Imbriani</strong> non soltanto un <strong>per</strong>sonaggio<br />
ma un’autentica <strong>per</strong>sonalità par<strong>la</strong>mentare 13 .<br />
L’interpel<strong>la</strong>nza “sulle cause che hanno prodotto <strong>la</strong> miseria e lo squallora<br />
nelle oneste e <strong>la</strong>boriose popo<strong>la</strong>zioni <strong>delle</strong> Puglie” va inquadrata sullo sfondo di<br />
due avvenimenti di vasta risonanza ad essa immediatamente precedenti, all’interno<br />
<strong>la</strong> costituzione definitiva di una opposizione di Destra capeggiata dal Rudini e<br />
quanto mai conciliante e sfumata un po’ su tutti i principali temi politici sul tappeto,<br />
ma strutturata in prevalenza intorno al moderatismo lombardo nel<strong>la</strong> sua<br />
13 Vale <strong>la</strong> pena di ricordare che <strong>Imbriani</strong> ottenne nel collegio circa 7500 voti, un paio di migliaia in più di<br />
Spagnoletti, <strong>per</strong> il quale ultimo furono compattamente <strong>la</strong> nativa Andria, <strong>la</strong> Trani di Giambattista Beltrani,<br />
Giovinazzo e Bisceglie, mentre Cafiero e Pansini fecero confluire su <strong>Imbriani</strong> rispettivamente Barletta e<br />
Molfetta, e Bovio il suo vecchio collegio uninominale di Minervino e Spinazzo<strong>la</strong>, anche Terlizzi e soprattutto<br />
Corato votando in maggioranza <strong>per</strong> l’estrema, quel<strong>la</strong> squadratura municipalistica <strong>dei</strong> risultati elettorali in cui<br />
è tanta parte del<strong>la</strong> storia politica non soltanto del Mezzogiorno e che attende ancora di essere studiata e<br />
spiegata a dovere.<br />
192
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
fase di transizione all’imprenditorialità industrialistica che l’avrebbe sempre meglio<br />
caratterizzato e reso egemonico, all’estero <strong>la</strong> morte in battaglia, a Metemmà,<br />
del negus Giovanni, che parve <strong>per</strong> un attimo, aprire seducenti prospettive alle<br />
ambizioni <strong>dei</strong> circoli im<strong>per</strong>ialistici, <strong>delle</strong> quali <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> si rese prontamente<br />
interprete Edoardo Arbib vivacemente confutato da Bonghi con <strong>la</strong> consueta alternativa<br />
del “l’Africa che abbiamo in casa”, <strong>la</strong> prospettiva bonificatrice e colonizzatrice,<br />
nel<strong>la</strong> circostanza coinvolgente il suo antico collegio elettorale di<br />
Agnone, simile a “<strong>la</strong> più selvaggia parte dell’Africa” donde uno strepitoso e famoso<br />
incidente, da cui Bonghi uscì vittoriosamente. Non solo: ma i grandi scio<strong>per</strong>i<br />
agricoli in Lombardia, i tumulti o<strong>per</strong>ai a Mi<strong>la</strong>no, G<strong>al<strong>la</strong></strong>rate e Terni con numerosi<br />
feriti e dozzine di arresti, fornivano bene <strong>la</strong> misura di un malessere diffuso<br />
nell’intero paese, dinanzi al quale il governo non solo sospendeva le promesse<br />
economie sul bi<strong>la</strong>ncio dell’Africa (<strong>la</strong> commissione del bi<strong>la</strong>ncio, che cercava d’imporgliele,<br />
sarebbe stata indotta a dimezzarsi attraverso una raffica di dimissioni)<br />
ma si appel<strong>la</strong>va al diritto statutario regio sul<strong>la</strong> guerra e sul<strong>la</strong> pace <strong>per</strong> rifiutare <strong>la</strong><br />
richiesta di una legge speciale in proposito.<br />
Il “novello Mirabeau”, come “Il Diritto” definiva <strong>Imbriani</strong> con una i<strong>per</strong>bole<br />
giustificativa d<strong>al<strong>la</strong></strong> concitazione dell’ora, artico<strong>la</strong>va <strong>per</strong>tanto il suo intervento attorno<br />
a quattro nuclei fondamentali:<br />
1) l’esigenza organizzativa del <strong>la</strong>voro, che nel<strong>la</strong> circostanza rimane fine a se<br />
stessa ma che è all’origine di un lungo discorso tipicamente pugliese (il contadino di<br />
Ruvo che inneggia <strong>al<strong>la</strong></strong> fame “<strong>per</strong>ché <strong>la</strong> fame ci <strong>per</strong>mette di affermarci e di raggiungere<br />
certi ideali” donde il commento del Nostro: “Questo grido schietto di popolo,<br />
o signori, è sublime. E chi non sa comprenderlo né valutarlo non ha mai vissuto fra<br />
il popolo”);<br />
2) il rifiuto, che rimarrà costantissimo in <strong>Imbriani</strong>, del catastrofismo del “tanto<br />
peggio tanto meglio” nel definire, contro Bonghi, in realtà partiti d’ordine i cosiddetti<br />
partiti “sovversivi” “<strong>per</strong>ché, sentinelle avanzate, indichino al governo, che pare<br />
sordo, i mali che poi dovrà finire <strong>per</strong> toccar con mano. Se noi fossimo davvero<br />
sovversivi, <strong>la</strong>sceremmo che questi <strong>per</strong>icoli sovrastassero, si accav<strong>al<strong>la</strong></strong>ssero e schiacciassero<br />
tutto”;<br />
3) il rifiuto, ovviamente altrettanto costante, del<strong>la</strong> politica estera segreta, che<br />
trascende <strong>la</strong> contingenza del<strong>la</strong> Triplice e va a toccare l’art. 5 dello Statuto anche qui<br />
nell’ambito di un lungo discorso che culminerà col Giolitti “bolscevico dell’Annunziata”<br />
nel programma diciannovista del Dronero (“Io non conosco i vostri patti<br />
segreti, non li conosce <strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, non li conosce il popolo. Ma appunto <strong>per</strong>ché<br />
sono segreti egli li crede immani”);<br />
4) il Par<strong>la</strong>mento, inteso come mezzo di mobilitazione del<strong>la</strong> pubblica opinione<br />
(“Noi da questa tribuna parliamo all’Italia”).<br />
Non a caso l’apulitas del problema sarebbe stata fatta subito propria, in una<br />
squadratura senza mezzi termini, da Antonio Sa<strong>la</strong>ndra, così come era stato lui, al<br />
suo esordio par<strong>la</strong>mentare, a far<strong>la</strong> propria quale re<strong>la</strong>tore sull’innalzamento del dazio<br />
sul grano.<br />
193
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
Il deputato di Lucera, il presidente del Consiglio, il ca<strong>la</strong>brese Miceli ministro<br />
dell’Agricoltura, lo stesso Bonghi, che aveva interpel<strong>la</strong>to in senso <strong>la</strong>rgamente analogo<br />
a quello d’<strong>Imbriani</strong>, facevano a gara <strong>per</strong> minimizzare e sdrammatizzare gli<br />
avvenimenti (a parte l’ultra africanismo enfatizzato da Sa<strong>la</strong>ndra) una volta che essi<br />
sembravano poter assumere un colorito politico protestatario di massa troppo spiccato,<br />
e non sanato certo dalle 20 mi<strong>la</strong> lire stanziate <strong>per</strong> i comuni maggiormente<br />
colpiti in Terra di Bari, che il Nostro contrapponeva nel<strong>la</strong> replica alle 400 mi<strong>la</strong> spese<br />
<strong>per</strong> il treno reale il Romagna, nel settembre precedente, <strong>al<strong>la</strong></strong> “conquista”, in gran<br />
parte fallita, di quelle roccaforti repubblicane e socialiste col pretesto <strong>delle</strong> grandi<br />
manovre.<br />
Organizzatore di quel viaggio era stato il vecchio mazziniano Alessandro<br />
Fortis, ora sottosegretario all’Interno, ed era a lui che si rivolgeva il 28 maggio<br />
<strong>Imbriani</strong> con pronto e calco<strong>la</strong>to s<strong>la</strong>rgamento nazionale del<strong>la</strong> sua tematica, gli arresti<br />
arbitrari a Mi<strong>la</strong>no ed i quattro morti in provincia, a Corbetta, “e lo chiedo – aggiungeva<br />
il Nostro con chiara fissazione <strong>delle</strong> responsabilità – all’autorità politica <strong>per</strong>ché<br />
dall’autorità politica sono partite le informazioni e sono stati dati gli ordini<br />
all’autorità giudiziaria… I governi si servono <strong>dei</strong> procuratori generali e <strong>dei</strong> procuratori<br />
regi loro dipendenti <strong>per</strong> legittimare tutti gli arbitri, essi non rifuggono da<br />
tutti gli artifici, da tutti i mezzi”.<br />
Ammonendo a non identificare l’energia con <strong>la</strong> repressione fine a se stessa,<br />
<strong>Imbriani</strong> sollevava nel<strong>la</strong> replica a Fortis un’esigenza di distinzione rigorosa tra legis<strong>la</strong>tivo<br />
ed esecutivo, così come aveva già fatto implicitamente <strong>per</strong> il giudiziario, che<br />
sarebbe restata tenatce in lui 14 e presupponeva una chiarificazione preliminare grazie<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> quale l’opinione pubblica fosse posta in grado di scegliere (“Non so di quale<br />
democrazia voglia par<strong>la</strong>re. Egli ha detto che se ne appellerà agli elettori. Già con <strong>la</strong><br />
legge che ha vietato il verdetto degli elettori allorquando si viene assunti a ministro<br />
o segretario generale egli si è sottratto a questo verdetto”).<br />
L’accennata crisi del<strong>la</strong> giunta del bi<strong>la</strong>ncio riproponeva <strong>per</strong>altro in primissima<br />
linea all’ordine del giorno il tema <strong>delle</strong> economie, ed era ad esse che si appel<strong>la</strong>va il 4<br />
giugno Crispi <strong>per</strong> non far prendere in considerazione una proposta d’<strong>Imbriani</strong>,<br />
Bovio ed altri deputati pugliesi <strong>per</strong> una partecipazione statale del 20% <strong>al<strong>la</strong></strong> spesa<br />
occorrente <strong>al<strong>la</strong></strong> fornitura di acque salubri <strong>al<strong>la</strong></strong> regione pugliese, un primo nucleo<br />
concettuale del futuro acquedotto, spesa che Alfredo Baccarini già ministro <strong>dei</strong><br />
Lavori Pubblici valutava in 80 milioni e che il presidente del Consiglio riteneva<br />
su<strong>per</strong>flua sotto il profilo igienico, rimettendosi <strong>per</strong> il resto all’iniziativa privata, una<br />
“democrazia dal basso” che trovava il Nostro tutt’altro che sfavorevole (“Io non<br />
ho aspettato dal governo grandi benefici <strong>per</strong>ché i grandi benefici debbono i popoli<br />
procurarseli da loro, non aspettarli come manna che discende dal cielo”) ma, nel-<br />
14 Il 27 giugno 1891, criticando <strong>la</strong> legge che esonerava dal sorteggio degli impiegati dello Stato eletti <strong>al<strong>la</strong></strong><br />
<strong>Camera</strong> i ministri ed i sottosegretari, <strong>Imbriani</strong> escludeva a priori che impiegato potesse essere il presidente<br />
del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, e il 9 giugno 1892, dinanzi <strong>al<strong>la</strong></strong> richiesta di sei mesi di esercizio provvisorio avanzata da Giolitti<br />
fresco presidente del Consiglio, insisteva <strong>per</strong>ché ministri e sottoministri si sottoponessero a nuove elezioni.<br />
194
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
l’insieme, una sensibilità economica ed imprenditoriale anacronistico, è tutt’altro<br />
che sveglia.<br />
La chiusura del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> chiamava intanto il Nostro, a fianco di Antonio<br />
Maffi, il deputato o<strong>per</strong>aio di Mi<strong>la</strong>no, e del romagnolo Pietro Turchi, ad una difficile<br />
o<strong>per</strong>a di mediazione in seno al diciassettemi congresso che si teneva a Napoli tra il<br />
20 ed il 24 giugno 1889, nel senso di una stretta connessione fra l’organizzazione<br />
sociale e <strong>la</strong> propaganda politica, che Antonio Fratti annacquava nel<strong>la</strong> formu<strong>la</strong> <strong>delle</strong><br />
“necessità dell’unità di <strong>la</strong>voro”, <strong>per</strong> su<strong>per</strong>are l’opposizione intransigente degli<br />
astensionisti, uno <strong>dei</strong> tanti compromessi che avrebbero reso il congresso praticamente<br />
inconcludente, a parte il rifiuto, netto ma non schiacciante, e nel quale <strong>Imbriani</strong><br />
si trovava senza dubbio cordialmente d’accordo, <strong>delle</strong> proposte socialisticheggianti<br />
di Errico De Marinis e Giuseppe De Felice <strong>per</strong> l’abolizione del diritto di eredità e<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> proprietà collettiva inalienabile.<br />
Il centenario del<strong>la</strong> rivoluzione e l’esposizione universale, ma anche <strong>la</strong> visita<br />
di solidarietà ai due esuli dell’estrema, Andrea Costa ed Amilcare Cipriani, richiamavano<br />
a fine agosto <strong>Imbriani</strong> a Parigi, dove era stato preceduto dai protagonisti<br />
del congresso, Fratti e Felice Albani, e dove era atteso da un significativo spiegamento<br />
del<strong>la</strong> massoneria par<strong>la</strong>mentare e dal ricevimento del sindaco Chautemps in municipio.<br />
Al suo discorso il Nostro replicava in termini tanto vaghi quanto compromettenti<br />
(“Noi abbiamo una causa comune nel campo del<strong>la</strong> civiltà come abbiamo<br />
sventure comuni in quello del<strong>la</strong> patria. La vostra frontiera è squarciata <strong>al<strong>la</strong></strong> mercé<br />
del Tedesco come <strong>la</strong> nostra è squarciata a posta <strong>al<strong>la</strong></strong> mercé dell’Austria. È <strong>la</strong> grande<br />
idea <strong>la</strong>tina che ci unisce. È questa idea <strong>la</strong>tina che spaventa i nostri nemici”) che<br />
Fratti si sarebbe incaricato di compromettere ulteriormente con l’auspicare senz’altro<br />
l’alleanza italo-francese e <strong>la</strong> guerra all’Austria, donde una polemica vivacissima,<br />
padroneggiata <strong>al<strong>la</strong></strong> meglio da Cavallotti col rifiuto tanto di una eventuale “ingiusta”<br />
aggressione da parte del<strong>la</strong> Francia quanto di una guerra “infame e scellerata” contro<br />
di essa, <strong>la</strong> repubblica non potendo venire in Italia se non <strong>per</strong> virtù di plebisciti.<br />
Ma <strong>Imbriani</strong> non defletteva, malgrado il vivissimo turbamento suscitato dall’attentato<br />
di Emilio Caporali a Crispi a via Caracciolo a Napoli 15 e si <strong>la</strong>sciava anzi<br />
andare anche lui all’auspicio di una guerra di liberazione franco-italiana <strong>per</strong> l’Alsazia<br />
Lorena, che costringeva Cavallotti ad una presa di distanza definitiva col <strong>la</strong>sciare<br />
<strong>la</strong> questione “<strong>al<strong>la</strong></strong> coscienza <strong>dei</strong> due popoli che stanno di fronte” 16 .<br />
15 Si disse subito, ed era vero, che il Caporali fosse conosciuto da <strong>Imbriani</strong> e soprattutto da Bovio, che lo<br />
aveva anche raccomandato in quanto oriundo del suo collegio pugliese. I telegrammi del Nostro e di Cavallotti<br />
al presidente del Consiglio non cancel<strong>la</strong>vano <strong>per</strong>ciò i sospetti di cui si era reso interprete il Codronchi prefetto<br />
di Napoli col par<strong>la</strong>re di arruo<strong>la</strong>menti di volontari <strong>per</strong> <strong>la</strong> Dalmazia promossi proprio dai due uomini politici.<br />
16 Per tutto l’argomento si vedano i resoconti e le corrispondenze de “Il Secolo” in partico<strong>la</strong>re 3, 11, 15, 16<br />
e, 30 settembre, 6 ottobre 1889, con un’importante partecipazione di Luigi Ferrari, il giovane e bril<strong>la</strong>nte<br />
deputato di Rimini (il tutto va visto sullo sfondo <strong>delle</strong> elezioni generali del 23 settembre in Francia, che<br />
avevano segnato il tramonto definitivo del fenomeno Bou<strong>la</strong>nger).<br />
195
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
L’abbraccio affettuoso tra <strong>Imbriani</strong> e Crispi, che suggel<strong>la</strong>va <strong>la</strong> seduta inaugurale<br />
del<strong>la</strong> nuova sessione del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, allietata da un discorso del<strong>la</strong> Corona partico<strong>la</strong>rmente<br />
a<strong>per</strong>to a tendenze democratiche, concludeva formalmente e patriotticamente<br />
l’impasse, ma non senza che il clima politico fosse stato messo a rumore<br />
dall’esilio <strong>delle</strong> elezioni amministrative del 10 novembre, le prime indette a norma<br />
del<strong>la</strong> nuova legge comunale e provinciale di cui il presidente del Consiglio era stato<br />
artefice e protagonista, i radicali primi a Mi<strong>la</strong>no <strong>per</strong> numero di voti, i ministeriali di<br />
Baccelli con un sol seggio di maggioranza a Roma ed appena qualcuno in più a<br />
Napoli ed a Bologna, ma poi un autentico plebiscito democratico in Romagna (tutti<br />
i comuni eccetto Rimini), nelle Marche e nell’Umbria, anche lì con l’eccezione<br />
quasi solitaria di Perugia, a non par<strong>la</strong>re di Verona, Parma e Genova dove i radicali<br />
era stati determinanti nel provocare <strong>la</strong> sconfitta <strong>dei</strong> conservatori e <strong>dei</strong> clericali.<br />
In questo scenario di “regioni inferme che hanno bisogno di una pronta cura<br />
ricostituente”, <strong>per</strong> rubare l’espressione <strong>al<strong>la</strong></strong> “Nuova Antologia” 1 dicembre 1889 va<br />
inquadrata <strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssica questione di libertà e di diritto par<strong>la</strong>mentare sottoposta il 5<br />
dicembre <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>, <strong>la</strong> scarcerazione di Pietro Sbarbaro eletto deputato di Pavia<br />
al posto di Benedetto Cairoli, e di cui <strong>la</strong> giunta <strong>per</strong> le elezioni proponeva <strong>la</strong> convalida.<br />
<strong>Imbriani</strong>, che in luglio aveva visto proibita una sua conferenza proprio a Pavia<br />
<strong>per</strong> sospetto d’irredentismo, è fermamente al suo posto in <strong>difesa</strong> <strong>delle</strong> prerogative<br />
par<strong>la</strong>mentari (“Si tratta del<strong>la</strong> sovranità nazionale delegata <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>… ben più<br />
alta, ben più in su di quanto non sia quel<strong>la</strong> <strong>dei</strong> tribunali”).<br />
Se il governo non ha scarcerato prima del<strong>la</strong> convalida, argomenta il Nostro,<br />
vuol dire che se ne rimette <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> “potere politico sovrano”, <strong>la</strong> convalida escludendo<br />
che Sbarbaro sia tra i condannati esclusi a loro volta d<strong>al<strong>la</strong></strong> rappresentanza<br />
nazionale.<br />
<strong>Imbriani</strong> rammenta Crispi, che ne era stato discusso protagonista, <strong>la</strong> questione<br />
Lobbia, nel senso di far garantire dal controllo par<strong>la</strong>mentare il principio del<strong>la</strong><br />
separazione <strong>dei</strong> poteri, dal momento che “il potere legis<strong>la</strong>tivo ha il diritto di darei<br />
<strong>dei</strong> moniti al potere esecutivo quante volte esso influisca sul potere giudiziario”.<br />
Egli accetta <strong>per</strong>ciò <strong>la</strong> proposta del presidente Biancheri <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> questione<br />
sia sottoposta ad una specifica commissione ed iscritta all’ordine del giorno, rifiuta<br />
quel<strong>la</strong> Baccarini sollecitante il governo a far scarcerare Sbarbaro, <strong>per</strong>ché in tal caso<br />
non sarebbe il Par<strong>la</strong>mento a decidere, esclude l’opinione del guardasigilli Zanardelli<br />
che <strong>la</strong> <strong>Camera</strong> chieda in questo modo al sovrano una sorta di grazia, ricorda nuovamente<br />
a Crispi che l’anno prima si è sospesa <strong>la</strong> seduta a Westminster <strong>per</strong>ché un<br />
ministro aveva privato <strong>per</strong> due ore una donna del<strong>la</strong> libertà <strong>per</strong>sonale, conclude,<br />
dinanzi alle esitazioni ministeriali, che avrebbero fatto trascinare <strong>la</strong> questione <strong>per</strong><br />
parecchi mesi: “Forse verrà un’altra <strong>Camera</strong> <strong>la</strong> quale sarà più gelosa <strong>delle</strong> proprie<br />
prerogative”.<br />
Tra queste ultime ve ne era <strong>per</strong> <strong>la</strong> verità una che Crispi rimetteva <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima<br />
volta in onore, quel<strong>la</strong> di discutere l’indirizzo di risposta al discorso del<strong>la</strong> Corona<br />
secondo <strong>la</strong> vecchia consuetudine liberale e par<strong>la</strong>mentare subalpina.<br />
196
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
<strong>Imbriani</strong> il 6 dicembre se ne compiace, giacché di tutti gli atti del<strong>la</strong> Corona è<br />
responsabile il ministero, donde l’opportunità di un’ampia discussione di politica<br />
generale 17 a cominciare d<strong>al<strong>la</strong></strong> lodevole iniziativa di abolizione del<strong>la</strong> tariffa differenziale<br />
18 “<strong>per</strong>ché è una <strong>delle</strong> poche volte in cui il governo raccoglie il voto popo<strong>la</strong>re,<br />
manifestato con <strong>la</strong> voce potente del<strong>la</strong> nazione. Questa è veramente vittoria democratica”<br />
(<strong>la</strong> pubblica opinione specialmente pugliese che rifiuta <strong>la</strong> guerra doganale e<br />
si afferma sul Par<strong>la</strong>mento e, attraverso esso, sul governo).<br />
Tutt’altro è purtroppo da dirsi <strong>per</strong> <strong>la</strong> garanzia ministeriale che si è creduto di<br />
poter dare ad un prestito di quattro milioni al nuovo negus Menelik in vio<strong>la</strong>zione<br />
<strong>delle</strong> prerogative par<strong>la</strong>mentari su cui il Nostro torna a distendersi con un nuovo<br />
meno co<strong>per</strong>to accenno all’art. 5 dello Statuto ma aderendo anche al basi<strong>la</strong>re concetto<br />
crispino, dal quale in seguito sarebbe rinvenuto, del potere costituente insito<br />
organicamente, e <strong>per</strong>ciò costantemente, nell’attività del Par<strong>la</strong>mento (già qui vi è<br />
<strong>per</strong>altro un sintomatico spostamento, anch’esso nel gusto di Crispi, in direzione<br />
<strong>dei</strong> plebisciti, ben al di là del<strong>la</strong> “camicia di forza” dello Statuto semplice barriera<br />
che impedisce di retrocedere all’assolutismo) identificando nell’esecutivo <strong>la</strong> responsabilità<br />
esclusiva dell’iniziativa politica.<br />
“Non doveva anche il ministero, costituzionalmente, nell’<strong>al<strong>la</strong></strong>rgare <strong>la</strong> sua sfera<br />
d’azione, ottenere il pieno consenso del Par<strong>la</strong>mento?” si chiede preliminarmente<br />
<strong>Imbriani</strong>: e prosegue: “Io credo che siamo nel diritto nostro par<strong>la</strong>mentare di<br />
modificazioni da apportarsi a quell’articolo dello Statuto che conferisce <strong>al<strong>la</strong></strong> Corona<br />
il diritto di pace e di guerra… È stato riconosciuto che le assemblee legis<strong>la</strong>tive<br />
sono assemblee costituenti in <strong>per</strong>manenza, che lo Statuto è una barriera che non ci<br />
<strong>per</strong>mette di andare indietro ma ci <strong>la</strong>scia indefinito il campo <strong>per</strong> andare avanti. Quindi<br />
questa questione, che sarà parte essenziale del programma del<strong>la</strong> democrazia, sarà<br />
portata in quest’au<strong>la</strong>, sarà decisa dal consenso <strong>dei</strong> legis<strong>la</strong>tori. Ma finché questo non<br />
avvenga io vi domando che rispettiate almeno le prerogative che i c<strong>la</strong>ustri del vostro<br />
Statuto ci <strong>la</strong>sciano 19 , che rispettiate almeno queste prerogative e ci chiediate<br />
almeno i denari quando dovete s<strong>per</strong><strong>per</strong>arli. Vi potrebbero essere negati. Almeno<br />
non ci sia questa menzogna inaudita, questo <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> voi stessi, <strong>per</strong> le vostre<br />
istituzioni (sic!) di vedere che il popolo attribuisce tutto il danno alle assemblee<br />
legis<strong>la</strong>tive mentre il danno deriva unicamente da coloro che ma<strong>la</strong>mente ci governano.<br />
Il popolo italiano fu chiamato in una solenne circostanza a fare atto di sovranità<br />
quando ebbe a pronunziare i suoi plebisciti. Da allora in poi non so che egli sia stato<br />
consultato <strong>per</strong> compiere quegli atti di solenne sovranità <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> stessa legge elettorale<br />
che abbiamo adesso è monca, e preclude il voto a una quantità infinita di<br />
turbe, mentre poi si par<strong>la</strong> di orizzonti democratici raggiunti”.<br />
Non è privo d’interesse, specialmente dal nostro attuale punto di vista,<br />
soffermarci sul<strong>la</strong> letterale seque<strong>la</strong> di colpi di spillo con <strong>la</strong> quale <strong>al<strong>la</strong></strong> ria<strong>per</strong>tura del<strong>la</strong><br />
17 Ancora il 19 giugno 1895 <strong>Imbriani</strong> avrebbe sostenuto <strong>la</strong> natura essenzialmente politica dell’indirizzo di<br />
risposta al discorso del<strong>la</strong> Corona.<br />
18 Che tuttavia, avrebbe ricordato il Nostro già il 20 dicembre, era stata l’Italia a mettere, e non <strong>la</strong> Francia.<br />
197
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
<strong>Camera</strong> nel 1890 dopo le vacanze natalizie, proprio sul terreno squisitamente liberale<br />
<strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong>, armonicamente da lui prediletto accanto a quello <strong>delle</strong> più gelose<br />
prerogative par<strong>la</strong>mentari e statutarie. <strong>Imbriani</strong> <strong>per</strong>seguitasse il ministero e ad<br />
<strong>per</strong>sonam Crispi nell’e<strong>la</strong>borazione di quel<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione ordinaria a cui a buon diritto<br />
oggi si suol raccomandare il suo nome, a cominciare, il 5 febbraio, dall’ordinamento<br />
del <strong>per</strong>sonale di pubblica sicurezza e del re<strong>la</strong>tivo rego<strong>la</strong>mento, nel cui art. 40<br />
che autorizzava ad invitare a comparire “<strong>per</strong> necessità” il Nostro scorgeva il <strong>per</strong>icolo<br />
di una prevenzione di<strong>la</strong>tata fino all’arbitrio.<br />
“Per tutte le libertà quel<strong>la</strong> individuale è <strong>la</strong> prima ed ha <strong>per</strong> unica garanzia l’autorità<br />
giudiziaria” egli esordiva programmaticamente: e proseguiva: “Dovunque c’è il<br />
generico c’è l’arbitrio. La libertà va interpretata <strong>la</strong>rgamente. Io non sono intollerante<br />
né restrittivo <strong>per</strong> nessuno. Una legge deve essere garanzia di libertà <strong>per</strong> tutti, cominciando<br />
dal prete e finendo a chi porta il berretto rosso. Ma il <strong>per</strong>icolo di questa legge<br />
sta appunto nel<strong>la</strong> sanzione legale. So bene che l’o<strong>per</strong>a di un ufficiale di pubblica sicurezza,<br />
quando fa un atto di conciliazione, è o<strong>per</strong>a santa, ma quell’ufficiale <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua<br />
o<strong>per</strong>a non ha bisogno che di autorità morale… come quel<strong>la</strong> che ha il rettore dell’università<br />
e il nostro presidente del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>… Non concilierete due individui che non<br />
si vogliono conciliare se non li avrete convinti con <strong>la</strong> forza morale… Manette, sempre<br />
manette! Con un po’ meno di manette si regolerebbero le cose molto meglio e si<br />
camminerebbe molto meglio… Ma voi con quest’articolo m’imponete! È dunque<br />
nel<strong>la</strong> sanzione legale che io trovo <strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> libertà” 20 .<br />
La libertà come conquista incessante e diuturna, quindi, che in quanto<br />
tale si concretizza, e formalizza nel<strong>la</strong> legge, dall’individuo passandosi agevolmente<br />
ai comuni quali raggruppamenti primordiali in grado di dialogare direttamente<br />
con lo Stato ed invece “soffocati d<strong>al<strong>la</strong></strong> legge comunale e provinciale”<br />
che aveva mantenuto improvvidamente in vita le provincie (7 e 8 febbraio 1890),<br />
19 Si noti che <strong>Imbriani</strong>, nonostante quest’a<strong>per</strong>tura in apparenza schiettamente repubblicana, non aveva<br />
mai sollevato il problema del giuramento al bene inseparabile del re e del<strong>la</strong> patria, tanto cara invece, com’è<br />
noto, a Cavallotti, e dal quale, il 5 febbraio 1890, il Nostro sembra <strong>per</strong>altro prescindere nel commemorare di<br />
propria iniziativa il Falleroni “che non esercitò il mandato di deputato ma ne fu rivestito”, il risultato irrecusabile<br />
del<strong>la</strong> sovranità popo<strong>la</strong>re, insomma, che trascende <strong>la</strong> mancata prestazione del giuramento e <strong>per</strong>ciò il<br />
mancato esercizio del mandato, come si era verificato, è ben noto, il 30 novembre 1882, con l’uscita spontanea<br />
dall’au<strong>la</strong>, nonostante <strong>la</strong> reiterata invocazione del<strong>la</strong> forza, del neo eletto deputato di Macerata.<br />
20 A questo punto <strong>Imbriani</strong> ricorda di essere andato più volte di <strong>per</strong>sona e spontaneamente dal questore di<br />
Napoli “da gentiluomo a gentiluomo” senza che ciò gli restringesse <strong>la</strong> libertà, evocava a Zanardelli il “reprimere<br />
non prevenire” del 1878, aveva un gustoso scambio di battute con Cripi che bofonchiava sull’eccesso di<br />
libertà: “Ce <strong>la</strong> dà Lei <strong>la</strong> libertà o l’abbiamo conquistata noi? – L’abbiamo d<strong>al<strong>la</strong></strong> legge – L’abbiamo conquistata<br />
noi e <strong>per</strong>ciò è diventata legge – È sancita d<strong>al<strong>la</strong></strong> legge – Non è una <strong>la</strong>rgizione, è una conquista nostra” battute<br />
sulle quali, se avesse ancora frequentato <strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, avrebbe avuto qualche cosa da dire, naturalmente, anche<br />
sotto il profilo terminologico, Silvio Spaventa, a non par<strong>la</strong>re del rigoroso ragionamento legalistico che avrebbe<br />
di lì a poco svolto Sa<strong>la</strong>ndra quale re<strong>la</strong>tore sull’autorizzazione a procedere contro Andrea Costa, e malgrado<br />
che anche in quell’occasione <strong>Imbriani</strong> gli ricordasse che “è il Par<strong>la</strong>mento che fa le leggi”. Già il 22 febbraio<br />
1890, intanto, con una <strong>delle</strong> sue consuete alzate d’ingegno paradossali, il Nostro si era dichiarato favorevole a<br />
concedere i pieni poteri al governo in materia di circoscrizione giudiziaria esclusivamente in caso di guerra<br />
all’Austria (sic!).<br />
198
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
un’evoluzione <strong>al<strong>la</strong></strong> quale, <strong>per</strong> <strong>la</strong> verità, com’è noto, Crispi stava già pensando<br />
<strong>per</strong> conto suo 21 .<br />
Quando alle associazioni, quelle cattoliche di Napoli ed il comitato romano<br />
del<strong>la</strong> Trento e Trieste, sciolte entrambe nel corso dell’estate 1889, esse trovavano il<br />
22 febbraio successivo in <strong>Imbriani</strong> il promesso imparziale patrocinatore “<strong>per</strong>ché<br />
avrete sciolto un’associazione prima che da essa si facesse alcun atto e non l’avete,<br />
sciogliendo<strong>la</strong>, deferita al potere giudiziario sotto un titolo di reato” dal momento<br />
che “non si deve par<strong>la</strong>re di partiti sovversivi di piazza là dove è l’esercizio del<strong>la</strong><br />
pubblica franchigia”: ed al presidente Biancheri, il quale prevedibilmente restringeva<br />
tale esercizio nei limiti del<strong>la</strong> legge, il Nostro replicava (“Noi prepariamo il terreno<br />
<strong>per</strong> poter disfare le male leggi”) con un richiamo a quell’opinione pubblica quale<br />
atmosfera formativa <strong>per</strong> e<strong>la</strong>borare <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione che già era stata al centro del suo<br />
esordio par<strong>la</strong>mentare.<br />
E lo sarebbe stata ancor più e meglio nel viluppo inscindibile tra politica<br />
estera e politica africana (“Io desidero sa<strong>per</strong>e se vi sono ispirazioni straniere…”)<br />
allorché quest’ultima, il 5 marzo 1890, tornava all’ordine del giorno del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>,<br />
<strong>Imbriani</strong> affiancandosi ad Achille Plebano nel denunziare le violenze e le repressioni<br />
dell’autorità militare, ma poi proseguendo su una via che abbiamo individuato<br />
come partico<strong>la</strong>rmente sua (“Ormai <strong>la</strong> coscienza nazionale è urtata da questa continuazione<br />
di politica segreta nel<strong>la</strong> quale i fatti nostri sono affidati ai segreti degli<br />
altri… Ora, poiché questo è veramente lo spirito pubblico in un paese che vive di<br />
opinione pubblica – sic! – esso deve imporsi al governo quale che esso sia e deve<br />
richiamarlo <strong>al<strong>la</strong></strong> giusta considerazione <strong>delle</strong> cose ed ai veri interessi del paese… Mi<br />
pare davvero di essere tornato ai tempi di Augusto: allora nelle sue mani l’im<strong>per</strong>io<br />
<strong>delle</strong> legioni, il tribunato del<strong>la</strong> plebe, egli censore, egli pontefice massimo e quindi?<br />
quindi <strong>la</strong> servitù… Ma in questo modo io credo che ci avviciniamo di troppo a quel<br />
governo <strong>per</strong>sonale che sotto l’ombra di una <strong>difesa</strong>, di un’egida indiscutibile, finirà<br />
poi <strong>per</strong> schiacciarci”).<br />
Il ruere in servitium di tacitiana memoria ed il fantasma di Bismarck di cui<br />
non poteva prevedersi l’imminente caduta sembravano così coniugarsi in un’<strong>al<strong>la</strong></strong>rmante<br />
connubio su cui i tardi e precipitosi provvedimenti del ministro Miceli sul<br />
Banco di Napoli e su quello di Sicilia <strong>per</strong> eccesso illegale di circo<strong>la</strong>zione gettavano<br />
l’ombra ulteriore del crack finanziario (“Siamo mezzo falliti! – gridava <strong>Imbriani</strong> –<br />
21 Col presidente del Consiglio <strong>Imbriani</strong> aveva avuto un fatto <strong>per</strong>sonale tanto c<strong>la</strong>moroso quanto futile<br />
allorché, l’8 marzo 1890, lo aveva tacciato di gesuitismo quanto allo scioglimento del Consiglio comunale di<br />
Terni ed al divieto di commemorare Mazzini a Livorno, senza che Biancheri gli togliesse <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>. Costretto<br />
alle dimissioni d<strong>al<strong>la</strong></strong> vivacissima protesta di Crispi, il presidente del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> era stato rieletto all’unanimità.<br />
Più consentanea invece a ciò che si dice subito dopo nel testo l’interrogazione del 15 marzo su un manifesto<br />
<strong>per</strong> Oberdan di cui <strong>la</strong> questura aveva proibito l’affissione senza che l’autorità giudiziaria lo incriminasse.<br />
Rimane a sé, invece, il 28 marzo, e nome di una democrazia radicale opportunamente contem<strong>per</strong>ante l’ordine<br />
con <strong>la</strong> libertà, l’opposizione all’ergastolo “<strong>per</strong>ché non conforme allo scopo del<strong>la</strong> pena”, mentre il 2 giugno<br />
1890, in un intervento che riprenderemo ad altro proposito, si compie un altro passo in direzione <strong>dei</strong> progetti<br />
di Crispi (“Se le provincie e le prefetture sono organismi fittizi ed inutili, le sottoprefetture sono addirittura<br />
organismi dannosi, che intralciano le amministrazioni con danno dell’erario”).<br />
199
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
Io veggo banche che falliscono da ogni parte, il credito sul vuoto, veggo che, se non<br />
aveste <strong>per</strong>messo che le banche potessero emettere cinque volte più del<strong>la</strong> loro riserva,<br />
sarebbero già fallite anche <strong>la</strong> Banca Nazionale ed il Banco di Napoli!”) mentre<br />
sullo sfondo, in un corpo a corpo significativo con Leopoldo Franchetti e<br />
Rocco De Zerbi, si stagliavano polemicamente gli eroi di una nuova nazionalità,<br />
che sembrava far rinverdire <strong>la</strong> “famiglia di patrioti” tra le ambe abissine, il<br />
negus Giovanni “un nobile re che è morto combattendo nel suo paese: Auguro<br />
a tutti i re di morire in quel modo, l’auguro a me stesso”, ras Alu<strong>la</strong> campione<br />
anch’egli di una certa forma di patriottismo in quanto “sentimento che lega<br />
l’uomo <strong>al<strong>la</strong></strong> terra dove è nato”, gli abissini tutti come popolo e nazione, i quali<br />
“avevano anch’essi una civiltà loro e, quando si par<strong>la</strong> di assumere una missione<br />
di civiltà, io rispondo che <strong>la</strong> civiltà non s’impone a cannonate, con le forche,<br />
con le bastonate”.<br />
<strong>Matteo</strong> Renato <strong>Imbriani</strong> non prese parte distinta all’e<strong>la</strong>borazione del patto<br />
di Roma, nel maggio 1890, quale programma del radicalismo democratico <strong>per</strong> le<br />
imminenti elezioni generali.<br />
Egli si limitò a col<strong>la</strong>borare con Orazio Dogliotti ed Achille Majocchi <strong>al<strong>la</strong></strong><br />
parte militare, che del programma è quel<strong>la</strong> meno <strong>per</strong>sonalmente ispirata da Cavallotti,<br />
il cui intervento si ravvisa potentemente in tutto il resto, e viceversa più disorganica<br />
ed anche più stancamente utopistica, d<strong>al<strong>la</strong></strong> nazione armata <strong>al<strong>la</strong></strong> riduzione del<strong>la</strong> ferma<br />
con reclutamento regionale ed ordinamento territoriale quale avvio a quel<strong>la</strong><br />
c<strong>la</strong>ssica soluzione del federalismo repubblicano, d<strong>al<strong>la</strong></strong> consegna degli stabilimenti<br />
militari all’iniziativa privata <strong>al<strong>la</strong></strong> diminuzione nel ritmo <strong>delle</strong> costruzioni navali ed<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> sospensione <strong>delle</strong> o<strong>per</strong>e di fortificazione.<br />
Se <strong>per</strong>altro questi provvedimenti militari rientrano di massima nel<strong>la</strong> questione<br />
finanziaria che, affrontata prestigiosamente da Vilfredo Pareto, rappresenta una<br />
<strong>delle</strong> colonne portanti del documento, l’altra, attinente all’istanza liberale <strong>per</strong> il rispetto<br />
<strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> pubblici e par<strong>la</strong>mentari, pur tipica del<strong>la</strong> mentalità di Cavallotti,<br />
rispecchia temi e suggerimenti che abbiamo visto e vedremo peculiari d’<strong>Imbriani</strong>,<br />
revisione dell’art. 5 dello Statuto, garanzie al diritto d’interpel<strong>la</strong>nza, convocazione<br />
del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> su richiesta di un decimo <strong>dei</strong> suoi membri in sessione straordinaria,<br />
abolizione del sequestro preventivo, dell’ammonizione e del domicilio coatto, riparazione<br />
degli errori giudiziari e così via di seguito.<br />
Un tentativo di saggiare in Puglia <strong>la</strong> fecondità di questa tematica attraverso<br />
una commemorazione di Cairoli affidata a Bari a Bovio e ad <strong>Imbriani</strong> andò sostanzialmente<br />
fallito: ma l’eccidio di Conselice, tre morti e venti feriti il 21 maggio<br />
1890 22 conferiva all’improvviso e drammaticamente una risonanza sociale nazionale<br />
all’interpel<strong>la</strong>nza tutta politica e liberale che Giovanni Bovio aveva presentato<br />
22 Lo stesso giorno <strong>la</strong> <strong>Camera</strong> rifiutava di prendere in considerazione una vecchia proposta Crispi del<br />
1873, che Cavallotti aveva rispolverato con lunga e dettagliata re<strong>la</strong>zione, e che rifletteva, stiamo <strong>per</strong> vederlo<br />
ancora, un argomento carissimo ad <strong>Imbriani</strong> (“Nessun deputato può, nel corso del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>tura, essere chiamato<br />
a funzioni pubbliche retribuite con stipendi o indennità sul bi<strong>la</strong>ncio dello Stato”).<br />
200
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
intorno al comportamento del<strong>la</strong> forza pubblica durante il congresso del patto di<br />
Roma, e che veniva in discussione il 26 maggio.<br />
“Il popolo vi guarda senza s<strong>per</strong>anza e voi gli restituite diffidenza” aveva<br />
concluso Bovio col suo consueto linguaggio epigrafico, salvo presentare, dinanzi<br />
all’intrattabile replica ministeriale, una mozione invitante il ministero a “rispettare<br />
le libertà garantite dallo Statuto” donde il compatto arroccamento del<strong>la</strong> Destra<br />
con qualche interessante eccezione, Bonghi, Prinetti, Colombo, specialmente il<br />
vecchio Desiderato Chiaves, il che suscitava sensazione, intorno al ministero medesimo.<br />
<strong>Imbriani</strong>, che il 10 maggio aveva puntualmente ripresentato <strong>la</strong> sua interpel<strong>la</strong>nza<br />
dell’anno precedente sulle condizioni economiche del<strong>la</strong> Puglia, incappando,<br />
come già con Sa<strong>la</strong>ndra, nell’indignazione <strong>dei</strong> protezionisti e degli agrari, questa volta<br />
Niccolò Melodia, il grosso notabile di Altamura 23 , <strong>Imbriani</strong>, dicevamo, rivolgeva<br />
<strong>per</strong>tanto una partico<strong>la</strong>re lode a Chiaves <strong>per</strong> il rapporto contraddittorio da lui posto<br />
tra <strong>la</strong> Corona statutaria ed i “poteri dittatoriali” del presidente del Consiglio e,<br />
proseguendo il proprio intervento del 28 maggio, il giorno prima dell’interruzione<br />
elogiativa a Chiaves, dopo aver ironizzato sui “matrimoni di vecchi sdentati e bavosi”<br />
che seducevano Crispi con i loro “nuovi abbracciamenti” (il ralliement autoritario<br />
e repressivo del<strong>la</strong> Destra) veniva a stringere il cuore del problema, sviluppando il<br />
concetto di Bovio in forme che facevano ripensare al ruolo che Agostino Bertani<br />
aveva conferito all’estrema nei confronti di Cairoli e Zanardelli ai tempi de L’Italia<br />
aspetta.<br />
“Noi formiamo ora – precisava infatti il Nostro – un corpo di opposizione<br />
che spinge innanzi i ritrosi, che rive<strong>la</strong> le piaghe esistenti, che cerca di medicarle e<br />
che non aspira a nul<strong>la</strong> <strong>per</strong> sé. È in ciò <strong>la</strong> nostra forza <strong>per</strong>ché il giorno in cui qualche<br />
aspirante al potere si trova poi impotente in mezzo a quell’ingranaggio che strito<strong>la</strong><br />
tutto, deve ritornare a ritemprarsi qui <strong>per</strong> acquistare nuove forze, nuove energie 24 …<br />
La nostra forza è nel pensiero ed è contro questo pensiero che si viene a muovere<br />
guerra… Vi spaventa il pensiero?… Ma se il pensiero è vero, se è giusto, vincerà, vi<br />
schiaccerà e passerà sopra di voi. Se il pensiero non è giusto, se è inetto, cadrà, e<br />
allora a che paventarlo tanto?”, il liberalismo agonistico, insomma, <strong>la</strong> libera gara,<br />
significativamente affermata e quasi dovuta gridare da <strong>Imbriani</strong> tra i rumori crescenti<br />
del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>.<br />
Ma <strong>per</strong>ché questa gara potesse dispiegarsi fisiologicamente, senza ostacoli,<br />
occorreva preventivamente salvaguardarne i presupposti, l’incompatibilità tra uffi-<br />
23 “La gran massa <strong>dei</strong> miei concittadini – prorompeva Melodia – non ama di vedersi esposta al ludibrio<br />
generale, quasi novello Lazzaro, dinanzi <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> ed al paese!”, un infortunio evangelico, quello del gran<br />
signore del pa<strong>la</strong>zzo neoc<strong>la</strong>ssico prospettante <strong>la</strong> cattedrale di Altamura, attesa <strong>la</strong> ben diversa sorte di Lazzaro e<br />
dell’epulone nel<strong>la</strong> parabo<strong>la</strong> di san Luca!<br />
24 Il riferimento è a Fortis, che in effetti dopo qualche giorno si sarebbe dimesso da sottosegretario all’Interno<br />
ma senza affatto ritornare nell’estrema tout court, evolvendo anzi verso il radicalismo legalitario, dove<br />
lo avrebbe incontrato Giolitti.<br />
201
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
ci amministrativi e politici “che deve essere il sostrato di ogni ordinamento libero”<br />
e che anche Cavallotti aveva inserito fra i capisaldi del patto di Roma (2 giugno<br />
1890), <strong>la</strong> sottrazione degli affari del<strong>la</strong> guerra 25 ai militari di carriera col sottoporre<br />
il capo di stato maggiore in quanto capo dell’esercito responsabile e<br />
revocabile dinanzi al ministro borghese investito dall’esclusiva responsabilità<br />
politica (14 e 16 giugno 1890), una sorta di “privatismo onesto” in grado di respingere<br />
l’intervento falsamente promozionale dello Stato e del suo socialismo<br />
concretamente burocratico (20 e 22 giugno 1890 a proposito dell’istituzione di<br />
uno specifico Credito Fondiario: “Il vostro nuovo istituto non servirà che <strong>al<strong>la</strong></strong><br />
specu<strong>la</strong>zione edilizia. Vi siete gettati a corpo <strong>per</strong>duto in questa specu<strong>la</strong>zione e<br />
pare che non ne vogliate uscire <strong>per</strong> quante dure lezioni andiate ricevendo. Per<br />
salvare questa specu<strong>la</strong>zione avete consentito che <strong>la</strong> Banca Nazionale eccedesse<br />
nel<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione di 50 milioni”).<br />
L’inevitabile inquadramento internazionale mazzinianamente auspicante una<br />
rinnovata coalizione <strong>la</strong>tino-germanica contro il pans<strong>la</strong>vismo purché al suo interno<br />
non si affermasse a sua volta il pangermanesimo e purché <strong>al<strong>la</strong></strong> Russia come tale<br />
si affidasse una missione provvisoria di civiltà atta a frantumare l’artificiosità<br />
plurinazionale di Vienna e di Costantinopoli (16 giugno 1890) e, in politica interna,<br />
l’utopia altrettanto inevitabile 26 dell’imposta unica progressiva, facevano da<br />
corol<strong>la</strong>ri a questo primo tentativo d’applicazione del patto di Roma nei suoi principali<br />
postu<strong>la</strong>ti programmatici in vista <strong>delle</strong> elezioni generali, scadenza a cui facevano<br />
da battistrada da un <strong>la</strong>to, il 27 luglio, le amministrative di Napoli, che <strong>Imbriani</strong><br />
vinceva con un buon paio di migliaia di voti di maggioranza sul<strong>la</strong> coalizione<br />
ministeriale e nicoterina del Casale e del Napodano, salvo <strong>per</strong>sonalmente subito<br />
dimettersi da consigliere in ossequio all’incompatibilità più volte rivendicata, dall’altro,<br />
il 10 agosto, <strong>la</strong> combattutissima sconfitta, al primo collegio di Roma, del<br />
giornalista ed esule triestino Salvatore Barzi<strong>la</strong>i contro il conte Antonelli, candidato<br />
ministeriale e col<strong>la</strong>boratore notissimo di Crispi in campo coloniale, nonostante<br />
<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva imponente mobilitazione di tutta <strong>la</strong> democrazia radicale, culminata<br />
al Quirino con un comizio d’<strong>Imbriani</strong> e Cavallotti sotto <strong>la</strong> presidenza di<br />
Ettore Ferrari 27 .<br />
25 In questo contesto <strong>Imbriani</strong> riprende i punti da lui fatti inserire nel patto di Roma, <strong>la</strong> diminuzione del<strong>la</strong><br />
ferma in vista dell’istituzione di un tiro a segno democratico e di una guardia nazionale <strong>per</strong> l’ordine pubblico<br />
organizzata su base comunale come strutture in grado di “preparare in pochi mesi un ottimo soldato” ma<br />
deplora altresì l’arbitrio del<strong>la</strong> commissione suprema di avanzamento, propone <strong>la</strong> soppressione <strong>dei</strong> tribunali<br />
militari che moltiplicano i casi di recidiva e di “aspra reclusione”, stigmatizza <strong>la</strong> dipendenza <strong>dei</strong> carabinieri ad<br />
un tempo dai ministri del<strong>la</strong> Guerra e dell’Interno ed il loro comportamento spesso insubordinato, crudele e<br />
fazioso, un rifiuto del mito su cui ci sarebbe molto da riflettere e non solo quanto ai tempi del Nostro.<br />
26 Non a caso l’auspicio ne sarebbe tornato il 16 dicembre 1891 in riferimento ai titoli pubblici al portatore,<br />
non più che assaggi su un terreno al quale <strong>Imbriani</strong>, e comprensibilmente, è di massima estraneo.<br />
27 Andrebbero approfonditi in merito i rapporti tra il Nostro e “La Capitale”, il nuovo ed assai ben fatto<br />
giornale che si affiancava assai più autorevolmente al popo<strong>la</strong>resco “Messaggero” come portavoce del radicalismo<br />
democratico a Roma.<br />
202
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
Il Nostro si tenne assai riservato, pur aderendo sostanzialmente a Cavallotti 28<br />
nel<strong>la</strong> polemica cosiddetta dell’oro francese che contrappose quest’ultimo a Bovio<br />
ed a tutta <strong>la</strong> stampa ministeriale, su iniziativa di Enrico Cernuschi, <strong>al<strong>la</strong></strong> vigilia <strong>delle</strong><br />
elezioni del novembre 1890, e sul<strong>la</strong> quale non abbiamo qui modo d’intrattenerci:<br />
ma è molto significativo notare che <strong>la</strong> sua candidatura fu <strong>la</strong> so<strong>la</strong> in grado di contrastare<br />
su piano nazionale quel<strong>la</strong> di Francesco Crispi eletto in quattro collegi con<br />
circa 28 mi<strong>la</strong> voti complessivi rispetto ai 20 mi<strong>la</strong> d’<strong>Imbriani</strong>, secondo eletto a Bari<br />
dietro Bovio e davanti a Pietro Pansini e Stefano Jannuzzi nell’integrale caratterizzazione<br />
più o meno autenticamente radicale di quel<strong>la</strong> deputazione, ma con 2317<br />
voti a Porto Maurizio dinanzi ai 12 mi<strong>la</strong> del Biancheri presidente del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> (<strong>la</strong><br />
veneranda democrazia di Oneglia, che da Filippo Buonarroti sarebbe andata a finire<br />
a Giacinto Menotti Serrati, non si smentiva!), 3363 voti a Belluno rispetto ai 5747<br />
del primo eletto, il moderato Pasco<strong>la</strong>to (e quindi non si può trattare soltanto<br />
d’irredentismo o di populismo generico!), 2515 a San Severo contro i 4483 del<br />
capolista Nico<strong>la</strong> Tondi, appena 475, invece, a Patti, nel<strong>la</strong> Sicilia che è stata <strong>la</strong> so<strong>la</strong>, si<br />
noti, a determinare il plebiscito crispino con i risultati di Palermo, Messina, Modica<br />
e Girgenti.<br />
I radicali, con 364 mi<strong>la</strong> voti ma soltanto una sessantina di deputati rispetto ai<br />
quattrocento con 643 mi<strong>la</strong> voti (gli scherzi dell’uninominale, ancorché corretti dallo<br />
scrutinio di lista!) del<strong>la</strong> maggioranza ministeriale, avevano <strong>per</strong>so le elezioni: ma<br />
<strong>la</strong> correttezza del<strong>la</strong> loro impostazione finanziaria, protagonista del patto di Roma,<br />
sembrava vistosamente confermata così dalle dimissioni, l’8 dicembre, del Giolitti<br />
dal dicastero del Tesoro e dall’interim <strong>delle</strong> Finanze, come dall’accenno al “riordinamento<br />
<strong>dei</strong> tributi” che aveva fatto spicco nel discorso del<strong>la</strong> Corona quarantott’ore<br />
più tardi e rifletteva le vedute del nuovo tito<strong>la</strong>re di via Venti Settembre, Bernardino<br />
Grimaldi.<br />
<strong>Imbriani</strong>, che il 12 aveva commemorato Alfredo Baccarini prevedibilmente<br />
lodandolo <strong>per</strong> aver abbandonato con tanta indipendenza di giudizio il potere nel<br />
maggio 1883 <strong>al<strong>la</strong></strong> consacrazione par<strong>la</strong>mentare del trasformismo, affrontava il 17 dicembre<br />
<strong>la</strong> discussione sull’indirizzo di risposta non sul piano finanziario, che avrebbe<br />
fatto oggetto di una sua specifica interpel<strong>la</strong>nza, bensì su quello del<strong>la</strong> promessa amnistia<br />
e soprattutto del<strong>la</strong> commentatissima ingerenza elettorale del clero in senso<br />
astensionista, che aveva fatto par<strong>la</strong>re <strong>per</strong>sino di abolizione <strong>delle</strong> quarentigie, ed a<br />
proposito del<strong>la</strong> quale Attilio Brunialti si affiancava al Nostro nello schermeggiare<br />
col guardasigilli Zanardelli.<br />
L’amnistia, quanto ad essa, e nonostante i c<strong>la</strong>morosi precedenti che avevano<br />
caratterizzato <strong>la</strong> precedente legis<strong>la</strong>tura, andava sdrammatizzata e ricondotta nelle<br />
sue proporzioni (“La riparazione di un’ingiustizia è cosa lodevole, ma il sollevar<strong>la</strong><br />
28 Attraverso un trafiletto appunto su “La Capitale” 16 novembre 1890 che, dopo aver riportato il fondamentale<br />
scambio di lettere iniziali tra Cernuschi e Cavallotti, così concludeva: “Noi vi diciamo a<strong>per</strong>tamente<br />
ed altamente di dove questi mezzi ci vegnono: sono fonti palesi: fate voi altrettanto, diteci altrettanto voi se lo<br />
sapete. È una sfida che vi <strong>la</strong>nciamo in viso!”.<br />
203
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
ad un grande avvenimento politico e sociale parmi che sia voler dare importanza<br />
alle piccole cose, e che sia uno <strong>dei</strong> sintomi più brutti del tempo”).<br />
Ben altra cosa l’atteggiamento del clero, in merito a cui, pur partecipando del<br />
diffuso abbaglio quanto al “<strong>la</strong>cido tramonto” del<strong>la</strong> Chiesa in quanto tale, <strong>Imbriani</strong><br />
ha modo d’illustrare nel modo più efficace il suo <strong>la</strong>rghissimo liberalismo.<br />
“Il papato è ridotto ad un’ombra – egli esordisce – ed il combatterlo ad ogni<br />
istante può essere un mezzo di governo ma non corrisponde <strong>al<strong>la</strong></strong> realtà <strong>delle</strong> cose.<br />
Poiché se questo papato ha <strong>la</strong> sua forza, che non è certo materiale ma tutta morale,<br />
l’ha <strong>delle</strong> coscienze. Ora questa forza non si combatte che col pensiero, con l’istruzione,<br />
con l’educazione, e certo non con l’imporre freno <strong>al<strong>la</strong></strong> libertà <strong>delle</strong> manifestazioni<br />
altrui… Se questa teocrazia il presidente del Consiglio vuol davvero combattere,<br />
<strong>per</strong>ché non propone l’abolizione del<strong>la</strong> legge <strong>delle</strong> guarentigie? Questa legge<br />
è una enormità nel nostro diritto pubblico <strong>per</strong>ché costituisce non in nome del<strong>la</strong><br />
sovranità nazionale, <strong>per</strong>ché uno di questi sovrani non ha avuto nessun voto di popolo<br />
e non può averlo” 29 .<br />
Quanto <strong>al<strong>la</strong></strong> questione finanziaria, che veniva in discussione il 19 dicembre<br />
1890 30 essa dava modo ad <strong>Imbriani</strong> tanto di apprezzare <strong>la</strong> correttezza politica <strong>per</strong>sonale<br />
del dimissionario Giolitti (“Ha manifestato un’accortezza grande. Egli, che<br />
deve meglio di ogni altro conoscere le condizioni del<strong>la</strong> finanza e del testoro, e che<br />
ne vedeva tutte le difficoltà, <strong>al<strong>la</strong></strong> prima occasione, ha piantato il ministero senza<br />
mancare al suo programma di economie, sul quale anzi egli insisteva, ed ha detto:<br />
venga altri a questo posto e vedremo che cosa ne saprà cavar fuori. Questa condotta<br />
è correttissima e non merita che elogio. Dirò anzi che è caduto bene, in piedi”)<br />
quanto d’inquadrare l’episodio in ambito assai più vasto, dove ancora una volta<br />
l’opinione pubblica regina del par<strong>la</strong>mentarismo liberale l’avrebbe fatta da ispiratrice<br />
e padrona.<br />
“Quando il Par<strong>la</strong>mento dà un voto di fiducia – spiegava preliminarmente il<br />
Nostro con un’importante chiarificazione di costume e di prassi – non lo dà al<br />
29 Naturalmente Crispi, riprendendo quel che fin dal 1871 aveva sostenuto insieme con Mancini senza<br />
troppa fortuna, rivendicava tanto con Brunialti quanto con <strong>Imbriani</strong> <strong>la</strong> “sovranità unica” vigente in Italia. La<br />
sua antica prospettiva di un diritto comune valido <strong>per</strong> tutti sarebbe stata del resto ripresa congenialmente dal<br />
Nostro in un intervento 29 novembre 1895 che ricorderemo ad altro proposito (“Se non vi fosse più legge<br />
<strong>delle</strong> guarentigie, essendoci il diritto comune <strong>per</strong> tutti, come noi vogliamo <strong>la</strong> libertà <strong>per</strong> tutti, ci troveremmo<br />
in ben altra condizione di cose, in ben altro ambiente e ben più respirabile”).<br />
30 <strong>Imbriani</strong> aveva concluso il precedente intervento con un insolito excursus sul Senato elettivo, che prendeva<br />
spunto d<strong>al<strong>la</strong></strong> recente infornata di ben ottantotto padri coscritti (ma il 9 marzo 1891 avrebbe deplorato<br />
che non ne avesse fatto parte Angelo Camillo De Meis, <strong>la</strong> cui commemorazione ex abrupto costituisce un’altra<br />
fra le infinite spie del<strong>la</strong> sensibilità tutta risorgimentale, anche nel versante culturale del termine, del Nostro).<br />
Tipica è anche <strong>la</strong> sua deplorazione che nel discorso del<strong>la</strong> Corona si fosse par<strong>la</strong>to di “leggi intese al<br />
benessere degli o<strong>per</strong>ai” come, nel gusto post bismarckiano e dell’imminente Rerum novarum, “compito principale<br />
del<strong>la</strong> prossima sessione legis<strong>la</strong>tiva”, senza far cenno di contadini e piccoli proprietari, non cogliendo<br />
come precisamente verso questi ultimi le recenti elezioni avessero spostato il baricentro del<strong>la</strong> democrazia<br />
radicale col passaggio del<strong>la</strong> leadership al suo interno da Mi<strong>la</strong>no all’Emilia ed al Polesine, prodromo dell’organizzazione<br />
socialista del successivo decennio, un protagonismo <strong>delle</strong> campagne che col nuovo secolo (ma<br />
<strong>Imbriani</strong> non l’avrebbe visto) si sarebbe esteso <strong>al<strong>la</strong></strong> Puglia.<br />
204
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
capo del governo ma a tutto il gabinetto, anzi molti danno quel voto di fiducia<br />
appunto <strong>per</strong>ché vi sono membri del gabinetto che <strong>per</strong> essi sono elementi di garanzia”.<br />
La destinazione a metà settembre 1890 di Federico Seismit Doda dalle Finanze,<br />
che offre spunto formale all’interpel<strong>la</strong>nza <strong>Imbriani</strong>, ha alterato il concetto<br />
appena espresso, non è stata né preceduta né ratificata da un consiglio <strong>dei</strong> ministri,<br />
i quali ultimi si sono acconciati a farsi semplicemente informare dal presidente<br />
Crispi.<br />
Certo, <strong>Imbriani</strong> non esita ad incedere <strong>per</strong> ignes, è il re che nomina e revoca i<br />
ministri a norma del<strong>la</strong> lettera statutaria, ma “il regime par<strong>la</strong>mentare si fonda sulle<br />
tradizioni e consuetudine e non sul<strong>la</strong> potestà regia che si vorrebbe con un nuovo<br />
metodo rafforzare in nuova guisa creando nuovi <strong>per</strong>icoli”.<br />
È l’ombra del<strong>la</strong> monarchia costituzionale, insomma, che viene oggi ad integrare<br />
<strong>la</strong> minaccia prussiana, dopo quel<strong>la</strong> del cancellierato e <strong>dei</strong> suoi poteri che un<br />
uomo del Quarantotto come Chiaves ha definito dittatoriali: e ad esse, l’abbiamo<br />
detto, il Nostro contrappone l’opinione pubblica “<strong>la</strong> quale regna sovrana, e deve<br />
dettare consuetudini, usi, metodi, nell’applicazione <strong>delle</strong> norme costituzionali…<br />
Quando <strong>la</strong> rappresentanza nazionale indica <strong>al<strong>la</strong></strong> Corona in qual parte essa debba<br />
(sic!) scegliere i suoi ministri, <strong>la</strong> Corona li sceglie e non può (sic!) mutare quei ministri<br />
se non riceve d<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> l’indicazione <strong>dei</strong> nuovi. E se li muta essi devono<br />
(sic!) immediatamente presentarsi <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> ricevere <strong>la</strong> sanatoria o nuova indicazione,<br />
<strong>per</strong> vedere se il mutamento corrisponda o no all’indirizzo politico del<strong>la</strong><br />
<strong>Camera</strong> stessa… I ministri sono nel<strong>la</strong> condizione di poter fare il male, quindi è<br />
dovere, è obbligo del<strong>la</strong> rappresentanza nazionale d’impedir loro di far questo male…<br />
poiché essi rappresentano il fatto, e contro il fatto non c’è che l’idea, il diritto che<br />
deriva dall’idea, che possa frenarli”.<br />
È dunque su un complesso retroterra culturale e politico, il diritto consuetudinario<br />
a cui lo Statuto fa esclusivamente da garanzia negativa, l’interpretazione<br />
riduttiva del<strong>la</strong> sfera in cui può esercitarsi <strong>la</strong> responsabilità ministeriale, essendo essa<br />
sostanzialmente fine a se stessa nell’estrinsercazione del potere e <strong>per</strong>ciò da sottoporsi<br />
ad incessante vigi<strong>la</strong>nza par<strong>la</strong>mentare <strong>al<strong>la</strong></strong> luce di postu<strong>la</strong>ti e presupposti ben<br />
più elevati, è su questo retroterra che <strong>Imbriani</strong> può concludere vaticinando, come<br />
in effetti sarebbe accaduto poco più di un mese più tardi, che “il ministero cadrà<br />
certamente sul<strong>la</strong> questione economica”, più o meno questa si collegasse <strong>al<strong>la</strong></strong> “poco<br />
dignitosa politica estera”, in subordine, dunque, quest’ultima, in subordine<br />
l’irredentismo, anche agli occhi del Nostro, nonostante le suggestioni che le Alpi<br />
ancora “povere di fatti” il “rotto mal onesto” confine orientale del discorso di<br />
Solimbergo e del banchetto di Udine, che erano costate il posto a Seismit Doda,<br />
potevano esercitare su di lui.<br />
Ed egli era al suo posto nel<strong>la</strong> memorabile e decisiva giornata <strong>delle</strong> “sante<br />
memorie”, il 31 gennaio 1891, ma le sue parole, tutt’altro che all’oleografia risorgimentale<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> Luzzatti o <strong>al<strong>la</strong></strong> Finali, s’ispirano ancora una volta sobriamente al principio<br />
<strong>delle</strong> responsabilità collegiale del gabinetto, che appariva ancora una volta<br />
205
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
vio<strong>la</strong>to, a danno di Giolitti, tanto d<strong>al<strong>la</strong></strong> prevaricazione di Crispi quanto dall’acquiescenza<br />
di Grimaldi (“Parmi brutta abitudine biasimare gli atti di qualche ministro<br />
che faceva parte del gabinetto mentre i ministri rimasti tacciono e col loro silenzio<br />
quasi approvano le parole degli oratori. A me pare che ciò costituisca un predecente<br />
<strong>dei</strong> peggiori in un’assemblea politica <strong>per</strong>ché conduce a qualche cosa di molto brutto,<br />
al decadimento del par<strong>la</strong>mentarismo”).<br />
Antonio Di Rudinì era il nuovo presidente del Consiglio ed a lui, che aveva<br />
mantenuto <strong>per</strong> sé il portafoglio degli Esteri, <strong>Imbriani</strong> rivolgeva <strong>al<strong>la</strong></strong> presentazione<br />
del ministero, il 14 febbraio, una richiesta che non solo, rispetto all’opposizione<br />
intransigente diffusa nelle fi<strong>la</strong> radicali, rifletteva le a<strong>per</strong>ture col<strong>la</strong>borazionistiche di<br />
Cavallotti, fiducioso in chiave francofi<strong>la</strong> nel ritorno di Nicotera a pa<strong>la</strong>zzo Braschi,<br />
ma le richiamava severamente nell’orbita par<strong>la</strong>mentare di modifica dello Statuto da<br />
cui il Nostro, e con lui “La Capitale”, non intendevano decampare (“Io almeno<br />
avrei voluto l’assicurazione che nessun patto sarà rinnovato, nessun nuovo<br />
conchiuso, senza che prima sia chiesta l’approvazione del<strong>la</strong> rappresentanza nazionale”).<br />
Non è meraviglia <strong>per</strong>tanto che il 17 marzo egli aderisse <strong>al<strong>la</strong></strong> mozione Bonghi<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> preventiva approvazione par<strong>la</strong>mentare <strong>al<strong>la</strong></strong> proc<strong>la</strong>mazione di eventuali protettorati<br />
in Africa, una tematica che aveva avuto lungamente a protagonista Francesco<br />
Crispi, ora tornato da deputato a far da can da guardia ai <strong>diritti</strong> di libertà, come<br />
<strong>Imbriani</strong> avrebbe schiettamente riconosciuto allora ed in seguito 31 ora, ad esempio,<br />
sul<strong>la</strong> base di sue dichiarazioni del<strong>la</strong> primavera 1885 secondo <strong>la</strong> quale <strong>la</strong> questione<br />
africana era vulnerata alle origini <strong>per</strong> avere il governo proc<strong>la</strong>mato lo stato di guerra<br />
e compromesso il bi<strong>la</strong>ncio senza quell’approvazione del Par<strong>la</strong>mento che sarebbe<br />
stata indispensabile, quanto <strong>al<strong>la</strong></strong> fornitura <strong>dei</strong> mezzi finanziari, anche <strong>per</strong> l’intervento<br />
del<strong>la</strong> Corona 32 .<br />
Giovanni Nicotera proponeva nel frattempo l’abolizione dello scrutinio di<br />
lista ed il ritorno all’uninominale: ed <strong>Imbriani</strong>, che si sarebbe astenuto al pari di<br />
Bovio rispetto al voto favorevole di Cavallotti, pur ammettendo che lo scrutinio di<br />
lista non fosse altro che un pasticcio cucinato a quattr’occhi fra i notabili del consiglio<br />
provinciale (e qui l’esempio di Casera) inquadrava anche il il 22 aprile 1891<br />
l’argomento in un’ampia problematica di base nazionale, avente a proprio fondamento,<br />
ancora una volta, il suffragio universale <strong>dei</strong> plebisciti.<br />
31 Il 7 dicembre 1891 gli avrebbe augurato addirittura, a questo scopo, di rimanere a lungo fuori dal potere<br />
“con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, con l’o<strong>per</strong>a e con l’esempio”.<br />
32 In quel<strong>la</strong> medesima seduta del 17 marzo 1891, a proposito d’incidenti verificatisi a Livorno, <strong>Imbriani</strong> si<br />
soffermava sul<strong>la</strong> “inciviltà del diritto individuale vendicato sul momento”, il farsi giustizia da sé, in altre<br />
parole, prodromo del linciaggio <strong>per</strong> il quale si fa espressamente il nome di New Orléans e dell’eccidio in cui<br />
erano rimasti coinvolti gli emigrati italiani, donde il richiamo del ministro a Washington, e che tuttavia il 7<br />
dicembre successivo <strong>Imbriani</strong>, rispetto agli orrori dell’Africa, con ottocento indigeni seviziati ed uccisi, avrebbe<br />
definito, quale risultato dell’impeto anziché del<strong>la</strong> <strong>per</strong>versione, “come <strong>la</strong> luce lunare rispetto ai raggi ardenti<br />
del sole”.<br />
206
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
“Si tratta – egli affermava – di una riforma di cui credo che neppure <strong>la</strong> <strong>Camera</strong><br />
so<strong>la</strong> si potrebbe occupare. Si tratta infatti di una di quelle leggi <strong>per</strong> le quali abbisognerebbe<br />
il referendum, <strong>per</strong>ché si tratta di mutare il metodo con cui il popolo<br />
esercita <strong>la</strong> sua sovranità… Il collegio nazionale sarebbe il più logico, il più naturale,<br />
quello che darebbe maggiore autorità ad un Par<strong>la</strong>mento”.<br />
Posta <strong>per</strong>altro l’impossibilità pratica di una soluzione del genere, il Nostro<br />
suggerisce un’alternativa forse al nostro sguardo attuale ancor più stimo<strong>la</strong>nte (“Formate<br />
un nuovo ente organico nel quale siano rappresentate diverse frazioni di provincie<br />
e così il collegio uninominale <strong>per</strong>derà il carattere di feudo”).<br />
Inventare qualche cosa di nuovo che apra <strong>la</strong> strada al riordinamento amministrativo,<br />
dunque, una volta che <strong>la</strong> riforma Crispi è caduta con lui: ma non<br />
certo attraverso <strong>la</strong> commissione vagheggiata da Nicotera, zeppa di senatori e<br />
funzionari (“Questa è essenzialmente una prerogativa del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> e non ce<br />
<strong>la</strong> <strong>la</strong>sceremo togliere. Noi non vogliamo che <strong>la</strong> futura rappresentanza nazionale<br />
sorga d<strong>al<strong>la</strong></strong> volontà del potere esecutivo qualunque esso sia”): e <strong>per</strong>ciò il<br />
suffragio universale maschile a tutti i ventunenni in grando di firmare all’atto<br />
del voto onde evitare quello <strong>dei</strong> morti e degli assenti e, un primo passo verso<br />
coloro che saranno gli evoluti e coscienti del<strong>la</strong> predicazione e del<strong>la</strong> propaganda<br />
socialista 33 .<br />
C’erano, l’abbiamo accennato in nota, ad emozionare e commuovere l’opinione<br />
pubblica, le rive<strong>la</strong>zioni sui massacri africani, protagonisti il tenente Livraghi,<br />
che avrebbe dato vita ad un neologismo tanto breve quanto diffuso, ed Eteocle<br />
Cagnassi: ma a fine aprile 1891 <strong>Imbriani</strong> avrebbe provocato addirittura <strong>la</strong> sospensione<br />
del<strong>la</strong> seduta <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua insistenza nel volerne sa<strong>per</strong>e di più: e <strong>la</strong> proposta sua<br />
e di Bovio <strong>per</strong> il ritiro a Massaua sotto <strong>la</strong> protezione del<strong>la</strong> flotta o quanto meno<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> commercializzazione del<strong>la</strong> colonia eritrea non avrebbe incontrato miglior<br />
fortuna.<br />
Si tornava <strong>per</strong>ciò ai corol<strong>la</strong>ri ed agli strascichi dell’ormai ratificata riforma<br />
elettorale: e qui il Nostro, il 20 maggio, nel ribadire l’ufficio del deputato come<br />
indirizzato essenzialmente “al sindacato assiduo, all’esame, <strong>al<strong>la</strong></strong> critica dell’o<strong>per</strong>a<br />
del potere esecutivo, al ricondurre il governo alle rette norme costituzionali, più<br />
che al far leggi, che ordinariamente non sono buone” avanzava inattesamente una<br />
sorta di proposta di limitazione del<strong>la</strong> proprietà fondiaria, un decimo a coltura intensiva,<br />
i nove decimi espropriati con indennizzo dallo Stato e distribuiti ai contadini<br />
con cedole trentennali di riscatto 34 il tutto allo scopo di evitare che, col ritorno<br />
33 Il 10 aprile 1897 <strong>Imbriani</strong> avrebbe par<strong>la</strong>to di un voto “di principio” anche agli analfabeti di 20 anni<br />
purché in grado di firmare all’atto del voto, il solito spauracchio <strong>delle</strong> intimidazioni e <strong>dei</strong> brogli.<br />
34 È così esas<strong>per</strong>ato in forma paradossale quello che sappiamo esser un caposaldo del Nostro, il Par<strong>la</strong>mento<br />
come controllo dialettico dell’esecutivo più che come vero e proprio potere legis<strong>la</strong>tivo formalisticamente<br />
inteso e fine a sé stesso: e, quanto <strong>al<strong>la</strong></strong> proposta di riforma fondiaria, essa sarebbe stata reiterata in più ampio<br />
contesto il 21 marzo 1892.<br />
207
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
all’uninominale, “tanti che popo<strong>la</strong>vano questa camera… siano i deputati del loro<br />
collegio <strong>per</strong>ché ne sono i proprietari” 35 .<br />
Il rinnovo anticipato del<strong>la</strong> Triplice, l’inaugurazione del monumento a<br />
Garibaldi a Nizza, i grandi scio<strong>per</strong>i metallurgici a Mi<strong>la</strong>no, l’assoluzione di Amilcare<br />
Cipriani e degli altri principali implicati nel<strong>la</strong> prima celebrazione pubblica del<strong>la</strong><br />
festa del <strong>la</strong>voro, il 1° maggio 1891, a Roma, a S. Croce in Gerusalemme, con i re<strong>la</strong>tivi<br />
violentissimi incidenti che avevano fatto da contorno, tutto ciò assestava in<br />
accettabile equilibrio <strong>la</strong> situazione internazionale ma riproponeva in primissimo<br />
piano <strong>la</strong> questione sociale, non senza un’indiretta influenza del<strong>la</strong> Rerum novarum,<br />
che induceva a collegare quel<strong>la</strong> ecclesiastica nel<strong>la</strong> drastica alternativa tra l’abolizione<br />
<strong>delle</strong> guarentigie, sollecitata dall’estrema, e <strong>la</strong> loro qualificazione di “statutarie<br />
ed immutabili” pronunziata da Di Rudinì <strong>al<strong>la</strong></strong> Sca<strong>la</strong> l’8 novembre.<br />
Nel grande dibattito par<strong>la</strong>mentare che seguiva, e che si accentrava intorno ad<br />
una ormai inesorabile ed improcrastinabile ricomposizione <strong>delle</strong> parti politiche,<br />
<strong>Imbriani</strong>, che interveniva il 7 dicembre <strong>al<strong>la</strong></strong> vigilia del voto, pur non potendo escludere<br />
da questo processo il Crispi di cui anzi tesseva l’apologia liberale a cui si è<br />
accennato in nota, si preoccupava di tornare ai plebisciti come unica e so<strong>la</strong> fonte di<br />
legittimazione del<strong>la</strong> sua monarchia democratica, evidentemente sottovalutandone,<br />
o ignorandone addirittura, i <strong>per</strong>icoli bonapartisti, ma soprattutto sottraendo al Par<strong>la</strong>mento<br />
ogni possibilità costituente e circoscrivendone l’attività, come si è già visto,<br />
ed una volta <strong>per</strong> sempre, al controllo dell’esecutivo.<br />
“Io credo – spiegava infatti il Nostro – che via sia un gran <strong>per</strong>icolo nel toccare<br />
e nell’innovare il patto fondamentale <strong>dei</strong> poteri come sono costituiti. Credo che <strong>per</strong><br />
fa ciò sia d’uopo d’un potere costituente. Oggi forse si potrà rinnovare in meglio lo<br />
Statuto ma domani un Par<strong>la</strong>mento compiacente con le sue palline nere ci farà tornare<br />
indietro di molto… Sul terreno <strong>dei</strong> plebisciti io sono così forte che non me ne rimuoverò<br />
mai, e questo è proprio il terreno del<strong>la</strong> legalità, il fondamento del nostro diritto<br />
pubblico. Ché, se ne vogliono uscire i ministri o altri, peggio <strong>per</strong> loro: i Par<strong>la</strong>menti<br />
stessi che ne volessero uscire farebbero cessare <strong>la</strong> loro ragion d’essere 36 .<br />
35 In stretta attinenza con <strong>la</strong> polemica contro il ritorno all’uninominale, il regionalismo come tute<strong>la</strong><br />
corporativa di interessi locali ed il municipalismo quale negazione del partito politico, una artico<strong>la</strong>zione dialettica<br />
possibile all’interno dell’unità, emergono come bersagli polemici nell’intervento del 13 giugno 1891<br />
contro le associazioni regionali ormai pullu<strong>la</strong>nti nel<strong>la</strong> capitale ed altrove, una preoccupazione unitaria che<br />
induceva <strong>Imbriani</strong>, pur mantenendo ferma l’istanza <strong>per</strong> <strong>la</strong> riduzione del<strong>la</strong> ferma a 18 mezi ed auspicando anzi<br />
l’abolizione del<strong>la</strong> pena di morte nell’esercito in tempo di pace, ad avanzare qualche riserva sull’ordinamento<br />
territoriale pur propugnato, come si è visto, nel patto di Roma. Non a caso, del resto, il 9 luglio 1896, il<br />
Nostro si sarebbe dichiarato contrario al commissario civile in Sicilia e <strong>per</strong>tinacemente fedele al comune<br />
“quale elemento naturale, logico, fortemente organico dello Stato”: e l’unitarismo intransigente non rifuggiva,<br />
ove del caso, e sul<strong>la</strong> traccia, del resto del mai rinnegato Garibaldi, di rivestirsi di panni monarchici se è vero<br />
che, in occasione del volgare sfregio inferto il 2 ottobre 1891 dai pellegrini clericali francesi nel Pantheon <strong>al<strong>la</strong></strong><br />
tomba di Vittorio Emanuele, <strong>Imbriani</strong> non esitava a definire quest’ultimo, del resto in <strong>per</strong>fetta coerenza col<br />
passato, “il più grande protagonista del risorgimento italiano”.<br />
36 La tem<strong>per</strong>ie <strong>la</strong>icista di quei giorni è <strong>per</strong>altro così accentuata che lo stesso <strong>Imbriani</strong> conclude con un<br />
accenno, rarissimo nel suo conformismo di costume (<strong>la</strong> <strong>difesa</strong> del duello!) al matrimonio “come atto giuridico<br />
e sociale”: e pochi giorno dopo, il 14 dicembre 1891, avrebbe chiesto al ministro Pelloux, che aveva par<strong>la</strong>to di<br />
concubinati, <strong>la</strong> legalizzazione <strong>dei</strong> matrimoni contratti dagli ufficiali senza <strong>per</strong>messo col solo rito religioso<br />
purché l’integrassero con l’atto civile, anche facendo a meno del<strong>la</strong> dote prescritta <strong>per</strong> <strong>la</strong> sposa.<br />
208
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
La Costituente torna dunque a riemergere come il filo rosso, <strong>la</strong> grande incompiuta<br />
del Risorgimento; ma <strong>per</strong> il momento c’è l’ergastolo chiesto <strong>per</strong> Livraghi<br />
a Massaua, ci sono le testimonianze <strong>dei</strong> generali Orero e Fecia di Cossato sui motti<br />
di spirito dell’insospettabile e prestigioso Antonio Baldissera intorno <strong>al<strong>la</strong></strong> “soppressione<br />
tranquil<strong>la</strong>” degli indigeni.<br />
<strong>Imbriani</strong> ne chiede l’arresto come omicida <strong>per</strong> mandato, o quanto meno <strong>la</strong><br />
messa in stato d’accusa presso il magistrato ordinario, Crispi e Zanardelli, al potere<br />
all’epoca <strong>dei</strong> fatti contestati, convengono con lui, l’11 dicembre 1891, quando<br />
Livraghi è stato già assolto da parecchi giorni <strong>per</strong>ché Baldissera ha ammesso tranquil<strong>la</strong>mente<br />
le proprie responsabilità nell’aver fatto torturare, bastonare e morire di<br />
fame, denunzia l’eccesso di potere come un reato <strong>per</strong> definizione, ma prosegue anche<br />
amaramente, dinanzi <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> che, con 246 voti contro 95, gli darà torto:<br />
“Io veggo dietro queste confessioni qualche cosa di brutto, veggo l’impunità assicurata…<br />
Anche in guerra c’è un limite nei poteri, c’è un diritto pubblico fra le<br />
nazioni <strong>civili</strong> che certamente non è abolito solo <strong>per</strong>ché ci troviamo in mezzo ai<br />
barbari, <strong>per</strong> rispetto di noi stessi, <strong>per</strong> rispetto del<strong>la</strong> civiltà”.<br />
La Costituente conduce naturaliter <strong>al<strong>la</strong></strong> repubblica e non è meraviglia che<br />
<strong>Imbriani</strong> si discosti ora <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta dal suo tenace agosticismo, in polemica<br />
neppure ve<strong>la</strong>ta con Cavallotti, il cui possibilismo ministeriale oltranzista lo ha ridotto<br />
<strong>per</strong>sino a coprire Baldissera, con l’aderire al convegno romano del 13 marzo<br />
1892 in cui avrebbe esordito il giovanissimo Arturo Labrio<strong>la</strong> e <strong>la</strong> repubblica sarebbe<br />
stata definita “il mezzo necessario a raggiungere l’eguaglianza e <strong>la</strong> giustizia sociale<br />
<strong>per</strong> il bene dell’umanità”.<br />
Ma nel frattempo <strong>la</strong> civiltà si può e si deve difendere nelle sue innumerevoli<br />
prosaiche esigenze quotidiane, si veda come il Nostro prenda spunto da un argomento<br />
di più che ordinaria amministrazione, gli atti giudiziari ed i servizi di cancelleria,<br />
<strong>per</strong> elevarsi a considerazioni di ordine generale che involgono <strong>la</strong>rga parte del<strong>la</strong><br />
dislocazione del cittadino nel seno del<strong>la</strong> società.<br />
“La giustizia non è materia tecnica – egli osserva il 19 febbraio 1892 – è un<br />
diritto di natura, una funzione dello Stato, se volete scendere più giù, una questione<br />
di ordine pubblico. Ora tassare, mercanteggiare questa giustizia, por<strong>la</strong> sul listino<br />
del<strong>la</strong> vostra borsa, è qualche cosa che urta il sentimento morale. La giustizia dovrebbe<br />
essere gratuita in tutto e <strong>per</strong> tutto… Ma voi avete fatto uno <strong>dei</strong> cespiti più<br />
forti <strong>delle</strong> vostre entrate di questa giustizia che avete avvilito in ogni modo… Voi<br />
subordinate il sentimento di giustizia al desiderio di aiutare il governo nel quale<br />
avete fiducia. Ma se questo sentimento di benevolenza e di giustizia è davvero nell’animo<br />
vostro, <strong>per</strong>ché non proponete una legge <strong>per</strong> dare indennità agli imputati<br />
assolti? Questa legge deve essere il substrato di ogni ragione giuridica e politica in<br />
uno Stato libero. E se voi non <strong>la</strong> proponete <strong>la</strong> proporremo noi… Il delinquente non<br />
è, <strong>per</strong> lo più, che uno sventurato”.<br />
Questo Stato libero e moderno “deve fortificare l’individuo <strong>per</strong>ché deve essere<br />
il risultato del<strong>la</strong> volontà di tutti i singoli” precisa <strong>Imbriani</strong> l’8 marzo nell’opporsi<br />
all’aumento del<strong>la</strong> tassa di successione proposto da Luigi Ferrari in quanto<br />
209
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
immobilizzante ed isterilente <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> proprietà, questa struttura portante del<strong>la</strong><br />
società in <strong>difesa</strong> del<strong>la</strong> quale il Nostro si dichiara conservatore tra gli app<strong>la</strong>usi del<strong>la</strong><br />
Destra e del centro, lieto del<strong>la</strong> diminuzione <strong>delle</strong> entrate del lotto “<strong>per</strong>ché forse<br />
indica un progresso nel<strong>la</strong> moralità pubblica” (e qui sembra di leggere Giustino Fortunato)<br />
ma attento a citare dagli studi sociologici di Angelo Mosso il dato impressionante<br />
secondo il quale in provincia di Caltanissetta solo il 9% <strong>dei</strong> coscritti è atto<br />
al servizio militare 37 .<br />
“Se <strong>la</strong> miseria è <strong>per</strong> se stessa un danno – commenta <strong>Imbriani</strong> il 21 marzo 1892<br />
– le conseguenze del<strong>la</strong> miseria sono danni indefiniti”: e <strong>per</strong>ciò, mettendo da parte lo<br />
Stato “che divora tutto”, il dazio interno sui cereali va abolito, <strong>la</strong> proprietà fondiaria,<br />
l’abbiamo visto, limitava e così pure, al terzo grado, il diritto di successione, subentrando<br />
altrimenti il comune, che il Nostro vede sempre dinamicamente al centro<br />
dell’auspicato rinnovamento, anche sotto il proficlo economico e sociale.<br />
Questo rinnovamento è messo in forse d<strong>al<strong>la</strong></strong> crisi di politica finanziaria che<br />
travaglia il governo e che induce Di Rudinì a sostituire Colombo con Luzzatti ed a<br />
presentarsi il 4 maggio <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> con <strong>la</strong> richiesta di pieni poteri in merito <strong>per</strong> due<br />
anni, regia <strong>dei</strong> fiammiferi, diminuzione <strong>delle</strong> pensioni, 15 milioni di economie <strong>per</strong><br />
riforme organiche (ma non in campo militare, con <strong>la</strong> riduzione ad otto, richiesta da<br />
Colombo, <strong>dei</strong> corpi d’armata, che invece da dieci erano stati portati a dodici, e con<br />
<strong>la</strong> riduzione <strong>delle</strong> spese navali), aumento del<strong>la</strong> tassa di successione.<br />
Nul<strong>la</strong> di più contrario, quindi, agli auspici di <strong>Imbriani</strong>, che non esitava ad<br />
argomentare <strong>la</strong> propria opposizione sul porro unum <strong>delle</strong> economie militari (“Finché<br />
voi spenderete in armamenti continui, finché non vi sentirete il coraggio di<br />
ridurre l’esercito alle semplici forze che occorrono <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> nazionale… non<br />
is<strong>per</strong>ate assolutamente nul<strong>la</strong> di bene <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricostruzione dell’economia nazionale”).<br />
Ma <strong>la</strong> politica militare in quanto tale, e <strong>la</strong> crisi nel suo complesso, presentavano<br />
nel<strong>la</strong> circostanza un risvolto squisitamente costituzionale che il Nostro non si<br />
<strong>la</strong>sciava sfuggire, l’intervento pesante e determinante del<strong>la</strong> Corte attraverso il Rattazzi<br />
ministro del<strong>la</strong> Real Casa ed il Cosenz capo dello Stato Maggiore generale, che<br />
<strong>Imbriani</strong> non manca di nominare e denunziare a tutte lettere, senza riguardi <strong>per</strong> il<br />
suo antico generale garibaldino, e delineando anzi <strong>la</strong> prassi che il Di Rudinì avrebbe<br />
dovuto correttamente seguire invece di offrire, come aveva fatto, <strong>per</strong> vedersele accettate<br />
con nuovo incarico e l’accennata sostituzione, le dimissioni dell’intero gabi-<br />
37 Le economie militari, porro unum del<strong>la</strong> Destra Lombarda più ancora che del<strong>la</strong> democrazia radicale (“La<br />
questione militare in Italia va guardata unicamente dal <strong>la</strong>to difensivo” 26 febbraio 1892) non esimevano <strong>Imbriani</strong><br />
dall’aggiungere polemicamente: “Per acquistare il nostro territorio anch’io ci sto, naturalmente. Ci fermeremo<br />
alle Alpi Giulie, non abbiamo bisogno di andare più in là, dove non ci sono interessi nostri” salvo, s’intende,<br />
l’Adriatico che è “nostro esclusivamente nostro, e nessun altro interesse vi deve penetrare al di fuori<br />
dell’interesse italiano” come <strong>Imbriani</strong> avrebbe ribadito ancora il 29 giugno 1896, concedendo che “il Mediterraneo<br />
lo potremo avere comune con <strong>la</strong> Francia”. Ancora il clima, diremmo, di Fortunato si respira invece il 21<br />
marzo 1892 nel<strong>la</strong> lugubre descrizione del<strong>la</strong> concentrazione a Crotone <strong>delle</strong> bare <strong>dei</strong> cantonieri del<strong>la</strong> litoranea<br />
jonica uccisi d<strong>al<strong>la</strong></strong> ma<strong>la</strong>ria.<br />
210
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
netto, e cioè o formazione, con uomini già pronti e disponibili, di tutta una nuova<br />
compagnia o rinunzia all’incarico e convocazione del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>.<br />
Che ci fosse un grosso retroscena (“Questo par<strong>la</strong> <strong>per</strong>ché è comandato da<br />
Rattazzi!” era l’esc<strong>la</strong>mazione assai rude del Nostro) veniva confermato indirettamente<br />
dall’improvvisa e violenta critica di Giolitti, prodromo comunque del<strong>la</strong> sfiducia<br />
votata al ministero del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> e del<strong>la</strong> nomina che, con procedura del tutto<br />
insolita, Umberto avrebbe conferito precisamente all’ex ministro del Tesoro.<br />
“Ho dovuto temere di assistere ad un infanticidio” era l’arguto commento<br />
d’<strong>Imbriani</strong>, il 25 maggio 1892, al ritorno del gabinetto dal Senato nell’au<strong>la</strong> di<br />
Montecitorio, dove le dichiarazioni di Giolitti erano state accolte col più profondo<br />
silenzio.<br />
Ma non si trattava soltanto di arguzie, rese magari straziate dal parallelo<br />
del “ministro minore”, preso addirittura, ancorché indirettamente, <strong>per</strong><br />
“ciabattino” rispetto al conte di Cavour, e fino ad un certo punto comprensibili<br />
nell’uomo del Risorgimento che non poteva che venerare Crispi ed ignorare<br />
Giolitti.<br />
<strong>Imbriani</strong> diceva anche qualche cosa di costituzionalmente molto più serio,<br />
rimproverava a Giolitti di aver accettato di discutere un’interpel<strong>la</strong>nza al<br />
Senato, quel<strong>la</strong> assai significativa Guarneri sull’esclusione <strong>dei</strong> senatori dal nuovo<br />
ministero, senza ritornare invece immediatamente <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> “con poca convenienza<br />
verso questo consesso che ha le sue fonti nel<strong>la</strong> sovranità diretta del<strong>la</strong><br />
nazione”, rilevava che i ministri militari Pelloux e Saint Bon erano stati<br />
“ricomandati al loro posto contro ogni corretta procedura par<strong>la</strong>mentare” essendo<br />
“cosa anticostituzionale ed affatto nuova, che una responsabilità di governo<br />
potesse essere affidata <strong>per</strong> motivi tecnici e non politici”, osservava che<br />
Brin agli Esteri non avrebbe fatto altro che seguire le istruzioni del segretario<br />
generale Malvano, deplorava che ai Lavori Pubblici tornasse Gena<strong>la</strong>, l’uomo<br />
dalle convenzioni ferroviarie “uno degli atti più funesti <strong>per</strong> il nostro paese”,<br />
concludeva col contrapporre <strong>la</strong> “politica nazionale” a quel<strong>la</strong> “dinastica” che si<br />
riassumeva, a suo avviso, nel mantenimento del<strong>la</strong> Triplice, nel venti<strong>la</strong>to ritorno<br />
al macinato e nel rifiuto <strong>delle</strong> economie militari.<br />
L’esito incertissimo del<strong>la</strong> votazione sull’odg di fiducia Baccelli, 169 sì, 160<br />
no, 38 astenuti, inducevano Giolitti, com’è noto, a dimissioni prontamente e, con<br />
ogni probabilità, concretamente respinte dal re, donde, il 27 maggio, <strong>la</strong> ripresentazione<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> e <strong>la</strong> richiesta di sei mesi di esercizio provvisorio con sullo sfondo<br />
lo spettro sempre più grandeggiante di elezioni generali anticipate, le prime col<br />
ritorno all’uninominale.<br />
Perciò il discorso d’opposizione d’<strong>Imbriani</strong>, il 9 giugno 1892, assume un significato<br />
partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> sua vasta argomentazione costituzionale coinvolgendo di<br />
necessità obiettivamente <strong>la</strong> Corona e rimandando <strong>per</strong>ciò di fatto <strong>la</strong> soluzione del<br />
problema precisamente al voto popo<strong>la</strong>re.<br />
“Signori – egli affermava rivolgendosi ai ministri – <strong>la</strong> vostra presenza a quel<br />
posto è sotto <strong>la</strong> vostra responsabilità, di voi che avete riaccettato quel posto: ed<br />
211
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
ogni voto contro di voi è dato so<strong>la</strong>mente ai responsabili. Difatti, se voi incostituzionalmente<br />
agiste, pur affermando di eseguire ordini ricevuti, voi sareste i responsabili,<br />
e noi avremmo il diritto di mettervi in stato d’accusa”.<br />
Lo stesso Bonghi ha ammesso che l’art. 67 dello Statuto deve essere considerato<br />
nello spirito e non nel<strong>la</strong> lettera “<strong>per</strong>ché noi non siamo soltanto un governo costituzionale,<br />
siamo un governo par<strong>la</strong>mentare… e non tollereremmo che fossero nominati<br />
ministri neppure <strong>per</strong>sone le quali non sedessero in uno <strong>dei</strong> rami del Par<strong>la</strong>mento”.<br />
E tuttavia il conflitto venuto in essere tra <strong>Camera</strong> e Corona non potrà avere<br />
altro giudice che il popolo, cioè <strong>la</strong> sovranità nazionale, dal momento che con i plebisciti<br />
“è <strong>la</strong> nazione che ha conferito <strong>la</strong> sovranità, ha delegato le funzioni di capo<br />
dello Stato, non altro… La Corona deve essere moderatrice fra i partiti e deve (sic!)<br />
chiamare a costituire il potere esecutivo responsabile coloro che sono indicati d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
sovranità del<strong>la</strong> nazione”.<br />
Ed <strong>Imbriani</strong> conclude auspicando <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta una legis<strong>la</strong>tura <strong>la</strong> cui<br />
durata sia ridotta a solo due anni e, sul momento, negando l’esercizio provvisorio<br />
“<strong>per</strong> protestare legalmente e rimettere a posto il potere esecutivo che esce d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
legge, dallo spirito dello Statuto… un governo illegale sotto <strong>la</strong> sua responsabilità”:<br />
parole di fuoco <strong>delle</strong> quali, ovviamente, Giovanni Giolitti non avrebbe mancato di<br />
ricordarsi 38 .<br />
L’esclusione di <strong>Matteo</strong> Renato <strong>Imbriani</strong> d<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> diventava in tal modo<br />
uno <strong>dei</strong> principali obiettivi <strong>delle</strong> elezioni generali del 6 e 13 novembre 1892, le prime<br />
governate e “manovrate” da Giolitti, nel Mezzogiorno con l’intento<br />
programmatico generale di eliminare il fenomeno cliente<strong>la</strong>re e notabi<strong>la</strong>re Nicotera<br />
anche a costo di rivitalizzare quello Crispi ambientalmente e sociologicamente non<br />
gran che diverso, in Terra di Bari mediante una netta correzione <strong>delle</strong> vedute da<br />
Sinistra storica, <strong>per</strong> così dire, del “proconsole” locale, Pietro Nocito deputato di<br />
Acquaviva e sottosegretario <strong>al<strong>la</strong></strong> Giustizia, correzione che non escludeva affatto<br />
l’eventuale appoggio governativo a candidati schiettamente conservatori, come appunto<br />
nel caso di Corato, il collegio uninominale dove si presentava il Nostro, che<br />
con 1818 voti contro 1923 era battuto da Giambattista Beltrani, non senza il richiesto<br />
ed ottenuto intervento del<strong>la</strong> Banca Nazionale e dell’a noi già noto Niccolò<br />
Melodia, in quei giorni medesimi fatto senatore.<br />
L’opzione <strong>per</strong> Gaeta del ministeriale contrammiraglio Corsi eletto anche a<br />
Sora dette modo ad <strong>Imbriani</strong> di presentarsi in quest’ultimo collegio contro Lefebvre,<br />
grosso proprietario, industriale <strong>delle</strong> carta e sindaco di Iso<strong>la</strong> del Liri, che lo batté il<br />
38 Pur avendo concentrato <strong>la</strong> sua ostilità, a parte l’aspetto costituzionale, sui progetti fiscali del ministero<br />
Giolitti “che si vuole imporre chiedendo i quattrini: ora i quattrini non glieli vogliamo dare”, <strong>Imbriani</strong> aveva<br />
voluto poi esibire l’antriplicismo quale motivazione saliente del suo voto contrario, tanto da censurare in<br />
quel<strong>la</strong> chiave il voto favorevole di Barzi<strong>la</strong>i e da astenersi sul voto unanime del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> che respingeva le sue<br />
conseguenti dimissioni. Se un suo discorso di fine giugno 1892 a Chioggia accentrato sul<strong>la</strong> decadenza del<br />
costume par<strong>la</strong>mentare si vedano <strong>la</strong> lettere Cavallotti e l’articolo Turati rispettivamente su “Il Secolo” e sul<strong>la</strong><br />
“Critica Sociale” 3 e 16 luglio 1892.<br />
212
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
26 febbraio 1893 fra tali e tante illegalità da fare annul<strong>la</strong>re quasi subito <strong>la</strong> già avvenuta<br />
proc<strong>la</strong>mazione.<br />
Mentre <strong>per</strong>tanto, il 10 aprile, Pietro Pansini, che era stato rieletto a Molfetta,<br />
denunziava <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> lo scioglimento <strong>dei</strong> consigli comunali del<strong>la</strong> sua città e di<br />
Corato, <strong>per</strong> favorire l’elezione di Beltrani, l’attività propagandista dell’estrema si<br />
concentrava a Sora, col corol<strong>la</strong>rio di un c<strong>la</strong>moroso duello fra Cavallotti e Lefebvre,<br />
con l’inevitabile commissariamento, questa volta ad Arpino, che si era<br />
plebiscitariamente pronunziata <strong>per</strong> <strong>Imbriani</strong>, con un’infelice e dec<strong>la</strong>matoria lettera<br />
a<strong>per</strong>ta di quest’ultimo al “Lucifero” di Ancona che, sia pure in termini esagitati,<br />
stava ad indicare il significato e <strong>la</strong> portata del<strong>la</strong> sua assenza nell’atmosfera convulsa<br />
del<strong>la</strong> Banca Romana 39 .<br />
La lettera appariva il 21 maggio 1893, il giorno stesso del<strong>la</strong> votazione, che<br />
conferiva <strong>la</strong> vittoria ad <strong>Imbriani</strong> con 9 voti di maggioranza, un clima surriscaldato<br />
di sopraffazione e di violenza che determinava un nuovo annul<strong>la</strong>mento ed una terza<br />
votazione, il 9 luglio, stavolta con una più netta, e definitiva, affermazione di<br />
Lefebvre, 2827 voti contro 2302.<br />
Ma nel frattempo, <strong>per</strong> attribuzione violenta di 147 schede mediante effrazione<br />
<strong>delle</strong> urne a mano armata era stata annul<strong>la</strong>ta l’elezione di Beltrani, il quale avendo<br />
rinunziato <strong>al<strong>la</strong></strong> candidatura <strong>per</strong>ché i “mezzi materiali e morali atti <strong>al<strong>la</strong></strong> lotta” non<br />
gli erano stati forniti nonostante l’intervento di Pietro Rosano presso Giolitti, il 6<br />
agosto il collegio di Corato elesse deputato senza competitori <strong>Imbriani</strong>, il quale si<br />
preoccupò subito di scambiare infiammati messaggi di solidarietà con Edouard<br />
Lockroy e <strong>la</strong> democrazia francese in occasione dell’eccidio di Aignes Mortes del 18<br />
agosto 1893 che aveva provocato in Italia, da Genova a Messina, ma con epicentri a<br />
Roma e specialmente a Napoli, un’ondata di sciovinismo di proporzioni e violenza<br />
inaudite, ed il 18 settembre, in un grande comizio dell’Aventino, non esitò ad invocare<br />
il referendum, <strong>la</strong> Costituente e l’abolizione dell’art. 5 dello Statuto.<br />
È dunque su una linea quanto mai intransigente ed estremista che egli rientrava<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>, ma le circostanze non gli consentivano di farlo se non il 20 dicembre<br />
1893, l’anniversario di Oberdan, egli non mancava certo di sottolinearlo,<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> presentazione del nuovo gabinetto presieduto da Francesco Crispi 40 .<br />
Essa, com’è noto, si fondava sul concetto apocalittico di “spedizione di Marsa<strong>la</strong><br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> rovescia” <strong>per</strong> giustificare l’eccezionalità <strong>dei</strong> provvedimenti in corso ininterrotto<br />
39 “Una putrida bufera avvolge l’Italia. Occupa il governo una banda di malfattori che tutto credesi lecito.<br />
Prerogativa di questo governo è l’ipocrisia su<strong>per</strong>ata solo dall’impudenza. Sotto il peso turpissime, <strong>per</strong> difendersi,<br />
mentono, e colti in f<strong>la</strong>granza di menzogna cinicamente vi si drappeggiano”.<br />
40 Pur senza uno specifico discorso <strong>Imbriani</strong> era tuttavia già intervenuto attivamente nel<strong>la</strong> seduta del 23<br />
novembre 1893 in cui <strong>la</strong> commissione par<strong>la</strong>mentare d’inchiesta sulle banche d’emissione, i cosiddetti Sette,<br />
aveva presentato <strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zione con re<strong>la</strong>tivi documenti, che <strong>Imbriani</strong> aveva proposto di pubblicare subito,<br />
trattandosi di “questione altamente morale”, associandosi in seguito <strong>al<strong>la</strong></strong> richiesta Cavallotti di deposito in<br />
visione negli uffici di segreteria nelle more del<strong>la</strong> stampa e specificando in seguito, con l’adesione di Giolitti,<br />
che nel frattempo <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione si sarebbe dovuta leggere immediatamente, donde <strong>la</strong> sospensione del<strong>la</strong> seduta,<br />
l’agitazione e il tumulto del resoconto ufficiale, che avrebbe condotto alle dimissioni del ministero l’indomani<br />
24 novembre, dopo l’avvenuta lettura del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione.<br />
213
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
di “adozione in Sicilia: ma è proprio questa pregiudiziale che veniva negata altrettanto<br />
apoditticamente dall’unitarismo risorgimentale d’<strong>Imbriani</strong>, non senza che egli dall’anniversario<br />
di Oberdan avesse tratto introduttivamente spunto <strong>per</strong> deplorare l’assenza<br />
di accenni e mutamenti <strong>al<strong>la</strong></strong> politica estera e <strong>per</strong>sino al contenuto del rinnovo<br />
del<strong>la</strong> Triplice (art. 5!) nel programma di Crispi a causa del “volere occulto il quale si<br />
mette in contraddizione col sentimento del<strong>la</strong> nazione” (e così una sorta di costituzionalismo<br />
repubblicano veniva a sgreto<strong>la</strong>re l’antico e ben noto lealismo del Nostro).<br />
“L’unità d’Italia – egli affermava facendo proprio il plebiscitarismo crispino<br />
del<strong>la</strong> monarchia democratica – non può correre alcun <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong>ché ha radici<br />
nell’anima degli italiani ed è voluta dal popolo che l’ha affermata nel<strong>la</strong> sua sovranità”,<br />
quel popolo che <strong>per</strong>altro non era più in grado di pagare “un centesimo” d’imposta<br />
e non poteva né doveva che rivendicare a sé il “diritto di Stato e di popolo” di<br />
“batter moneta” attraverso l’abolizione di tutti gli istituti d’emissione e <strong>la</strong> “sovranità”<br />
di una banca unica, ma non di Stato, come l’aveva realizzata Giolitti.<br />
Ma erano i risvolti costituzionali del<strong>la</strong> mancata costituzione del ministero<br />
Zanardelli, contro <strong>la</strong> quale Cavallotti aveva protestato dal collegio pugliese d’<strong>Imbriani</strong>,<br />
da Molfetta, dove si trovava <strong>per</strong> un giro propagandistico dopo averlo effettuato in<br />
Ca<strong>la</strong>bria, e dopo che Bonghi aveva auspicato lo scioglimento del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> ed un<br />
gabinetto extra par<strong>la</strong>mentare, erano quei risvolti che più che mai continuavano ad<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong>rmare il Nostro (“S<strong>per</strong>o che non potranno più in Italia aver effetto certe deleterie<br />
influenze anticostituzionali, certe influenze che sono partite dal Pa<strong>la</strong>zzo, e che vi sarà<br />
almeno chi, con <strong>la</strong> propria energia, richiami all’osservanza del<strong>la</strong> legge e del<strong>la</strong> volontà<br />
nazionale di tutti, niuno eccettuato, chiunque vive in Italia”).<br />
Crispi garante di una costituzione <strong>al<strong>la</strong></strong> quale è soggetto anche il re, dunque,<br />
dopo essere stato richiamato ad esserlo <strong>per</strong> l’unitarismo plebiscitario, che <strong>Imbriani</strong><br />
ribadiva risorgimentalmente p<strong>la</strong>udendo <strong>al<strong>la</strong></strong> requisitoria di Crispi e Cavallotti contro<br />
i partiti politici, che Giolitti aveva tentato di riesumare ed <strong>al<strong>la</strong></strong> cui dialettica<br />
Fortis continuava a dichiararsi indefettibilmente fedele a nome del radicalismo<br />
legalitario, e che viceversa non erano che “fazioni… morte e seppellite nel<strong>la</strong> coscienza<br />
del paese” donde l’accoglimento fervido del<strong>la</strong> patriottica “tregua di Dio”<br />
invocata dal presidente del Consiglio.<br />
“Tempo, e non molto” era stato chiesto da lui precisamente ad <strong>Imbriani</strong> <strong>per</strong><br />
poter constatare i risultati sociali ed unitari <strong>dei</strong> suoi provvedimenti in Sicilia: ma il<br />
tempo si era di<strong>la</strong>tato a due mesi ed i provvedimenti si erano concretizzati nello<br />
stato d’assedio e nei tribunali militari quando, il 20 febbraio 1894, <strong>la</strong> <strong>Camera</strong> si<br />
riaprì con una pioggia d’interpel<strong>la</strong>nze soprattutto sull’arresto di De Felice, con<br />
l’esposizione finanziaria di Sonnino e con l’esplicitazione da parte di Crispi (“Oggi<br />
si trattava di disfare l’Italia!”) del concetto del<strong>la</strong> “Marsa<strong>la</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> rovescia”.<br />
“Altro che questioni finanziarie, signori ministri! – prorompeva allora il<br />
Nostro – Qui si tratta del<strong>la</strong> libertà e <strong>dei</strong> più alti interessi del paese, si tratta del<strong>la</strong><br />
nostra sovranità! Oh, verranno le discussioni finanziarie, ed allora sarete messi al<br />
muro, ma fin da oggi dovete accettare le discussioni sul<strong>la</strong> vostra condotta antiliberale<br />
e liberticida!”<br />
214
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
La <strong>Camera</strong> dette torto all’oratore democratico e si dovette preliminarmente<br />
procedere all’esposizione del ministro del Tesoro ed <strong>al<strong>la</strong></strong> contrastatissima sostituzione<br />
di Zanardelli con Biancheri <strong>al<strong>la</strong></strong> presidenza del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>: ma il 24 febbraio,<br />
quando cominciò il dibattito politico, <strong>Imbriani</strong> ebbe modo di far risuonare a nome<br />
dell’estrema <strong>la</strong> nota più altamente e comprensivamente drammatica, centrata sul<strong>la</strong><br />
vio<strong>la</strong>zione di una mezza dozzina di articoli dello Statuto, d<strong>al<strong>la</strong></strong> libertà individuale<br />
all’invio<strong>la</strong>bilità del domicilio ed <strong>al<strong>la</strong></strong> libertà di stampa, dal diritto di riunione a quello<br />
<strong>dei</strong> deputati ed al principio del giudice naturale, ma specialmente sul<strong>la</strong> denunzia<br />
di uno stato di cose, di un’atmosfera che, politicamente prima ancora che socialmente,<br />
andava rendendosi irrespirabile 41 .<br />
Non credo possibile <strong>la</strong> rivoluzione di fatto immediata – egli dichiara infatti –<br />
Ma se <strong>per</strong> rivoluzione vuolsi intendere quel gran movimento <strong>delle</strong> coscienze e <strong>delle</strong><br />
idee che si svolge nell’anima del<strong>la</strong> nazione con processo più o meno rapido, ma<br />
infallibile, e conduce ad un fine, che è condanna <strong>dei</strong> mali presenti, eliminazione<br />
<strong>delle</strong> loro cause, rinnovazione di istituti corrotti, reintegrazione di <strong>diritti</strong> morali,<br />
affermazione <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> immutabili e supremi del<strong>la</strong> sovranità nazionale, egli è evidente<br />
che l’Italia si trova già in questo <strong>per</strong>iodo di rivoluzione”.<br />
Il riflesso sociale di una constatazione del genere si circoscrive all’auspicio di<br />
un affratel<strong>la</strong>mento umanitario di vecchio stampo democratico (“Guardiamo difronte<br />
le schiere <strong>dei</strong> sopraffattori e schiariamoci sempre con i sopraffatti, dovunque essi si<br />
trovino!”): ma, ancora una volta, <strong>la</strong> nota che vibra in prevalenza in codesto<br />
affratel<strong>la</strong>mento è quel<strong>la</strong> liberale e liberatrice, suscitata da un impulmso di reazione<br />
ad un clima pesantemente avverso (“Viviamo in un ambiente che non è libero, lo<br />
sentiamo, abbiamo attorno qualche cosa che si sente più che non si dice, che presagisce<br />
ciò che può accadere di peggio”).<br />
E <strong>per</strong>ciò l’appello e l’ammonimento severo ai ministri, di gusto che si direbbe<br />
squisitamente inglese (“Guardatevi dal furore di governare, è il peggiore di tutti<br />
i furori”) e <strong>la</strong> rivendicazione accurata <strong>delle</strong> prerogative conculcate <strong>dei</strong> deputati (“Noi<br />
stiamo qui in quest’au<strong>la</strong>, su questi banchi, ma ci sentiamo privi del prestigio che<br />
dovrebbe avere il rappresentante del<strong>la</strong> nazione, umiliati dall’essere convocati a<br />
benep<strong>la</strong>cito del governo, di non esser capaci, con <strong>la</strong> nostra voce e con l’adempimento<br />
<strong>dei</strong> nostri doveri, a porre rimedio a questo stato di cose”, rimedio che, ben lo<br />
sappiamo, dovrebbe consistere essenzialmente nel controllo <strong>dei</strong> governanti in quanto<br />
tali, del loro “mal fare” che può e deve essere presunto in chi eserciti il potere: “Nel<br />
mondo moderno non deve esistere altra sovranità che quel<strong>la</strong> del diritto che sopra <strong>la</strong><br />
forza, dell’ingegno e del<strong>la</strong> scienza contro <strong>la</strong> su<strong>per</strong>stizione, <strong>dei</strong> popoli sui governanti”).<br />
41 <strong>Imbriani</strong> specifica che gli accusati non si possono scegliere il difensore, loro primo diritto, e che i<br />
tribunali si sono dichiarati competenti su atti precedenti da essi qualificati reati. L’oratore nega che ci sia in<br />
atto in Sicilia lo stato di guerra, non essendovi invasione di truppe nemiche e neppure contrapposizione di<br />
forze rego<strong>la</strong>ri, e ricorda che anche in Boemia è stato proc<strong>la</strong>mato di recente lo stato d’assedio, ma <strong>per</strong> voto del<br />
Par<strong>la</strong>mento e senza l’intervento <strong>dei</strong> “tribunali giberna” (non a caso Crispi nel<strong>la</strong> replica si preoccupa di confutare<br />
proprio <strong>la</strong> pregiudiziale sull’esistenza o meno del<strong>la</strong> guerra: “L’abbiamo soffocata. C’era allora e si poteva<br />
estendere dap<strong>per</strong>tutto: l’abbiamo spenta”).<br />
215
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
Vale <strong>la</strong> pena tuttavia di notare, al di là del<strong>la</strong> sensibilità liberale e par<strong>la</strong>mentare<br />
sempre vivissima 42 che, da un punto di vista strettamente culturale, <strong>la</strong> vicinanza<br />
d’<strong>Imbriani</strong> a Crispi rimane risorgimentalmente insu<strong>per</strong>abile ed intatta, si veda il<br />
ragionamento attraverso il quale lo Statuto viene presentato come semplice cornice<br />
preliminare che il governo deve riempire con un quadro di attività propria e specifica,<br />
da control<strong>la</strong>re e garantire da parte del Par<strong>la</strong>mento con sullo sfondo <strong>la</strong> natio<br />
quia nata di deterministica memoria (“Anch’io riconosco che v’è una legge che<br />
determina le patrie, una legge naturale che determina i <strong>diritti</strong> dell’uomo <strong>al<strong>la</strong></strong> vita e<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> libertà. Ma gli Statuti non debbono essere che <strong>la</strong> proc<strong>la</strong>mazione di principi<br />
invio<strong>la</strong>bili, che sono l’estrinsecazione <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> naturali”).<br />
Analoga ed ovviamente assai più impegnativa osservazione può a maggior<br />
ragione farsi <strong>per</strong> il risvolto sociale del problema, che non a caso i deputati socialisti<br />
avevano voluto enfatizzare con un loro specifico documento di condanna <strong>delle</strong> vio<strong>la</strong>zioni<br />
statutarie e liberali commesse dal governo, che <strong>Imbriani</strong> non era stato in<br />
grado di comprendere (“Per Dio, vogliono restare in quattro!”).<br />
Già il 24 febbraio egli si era rifatto a Giovanni Bovio <strong>per</strong> rifiutare <strong>la</strong> lotta di<br />
c<strong>la</strong>sse come programma democratico “di pensiero e ideale umano” e <strong>per</strong> <strong>la</strong>sciarsi<br />
andare a definizioni moralisticamente patetiche (“C’è chi <strong>la</strong>vora e chi non fa niente.<br />
Il <strong>la</strong>voro è il dovere del<strong>la</strong> vita e chi non <strong>la</strong>vora è un essere ignobile”).<br />
Ma il 13 marzo 1894, con Enrico Ferri che pretendeva espressamente di applicare<br />
teorie socialiste <strong>al<strong>la</strong></strong> ripartizione <strong>dei</strong> demani collettivi dell’ex Stato pontificio ed<br />
era stato seccamente squalificato (“La <strong>Camera</strong> non ammette deputati socialisti”) dal<br />
presidente Biancheri che già qualche giorno prima aveva rimproverato a Camillo<br />
Prampolini di “sollevare passioni di c<strong>la</strong>sse, cosa indegna del Par<strong>la</strong>mento”, il Nostro si<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong>rgava a considerazioni ben più ampie che, mutate tutte le infinite cose che sono da<br />
mutare, non sarebbero dispiaciute forse, tanti anni più tardi, a Benedetto Croce, le cui<br />
radici risorgimentali non erano poi distantissime da quelle d’<strong>Imbriani</strong>.<br />
Riprendendo infatti <strong>la</strong> contrapposizione degli oppressi ai soverchiatori, ma<br />
inquadrando<strong>la</strong> in una parabo<strong>la</strong> che dalle libertà <strong>dei</strong> comuni italiani conduceva a<br />
quel<strong>la</strong> inglese sul<strong>la</strong> traccia del “pensiero <strong>la</strong>tino” contro le “teorie esotiche” ed il<br />
giacobino “monopolio del<strong>la</strong> libertà e ingiustizia che conduce all’ingiustizia sociale”,<br />
il Nostro si chiedeva: “Che cos’è questa c<strong>la</strong>sse borghese? È stata <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse intelligente,<br />
che ha sacrificato tutto <strong>per</strong> suscitare nel<strong>la</strong> coscienza popo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> dignità<br />
umana… Io comprendo altamente che cosa sia <strong>la</strong> collettività, ma questa voglio spontanea,<br />
altrimenti diventa tirannide… (<strong>la</strong> quale) è <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> dell’egosimo, il più spinto,<br />
il più terribile degli egoismi. Io vedo l’immediato ostacolo, l’ingiustizia diretta, e<br />
sogno contro e pugno e voglio cadere combattendo contro esso” 43 .<br />
42 “Io vedo un indirizzo brutto nel governo, quello di screditare ogni giorno più le istituzioni par<strong>la</strong>mentari<br />
<strong>per</strong> poi poterle vio<strong>la</strong>re o magari sopprimere” (8 marzo 1894).<br />
43 Si ricordi a questo proposito un’apostrofe di Victor Hugo, col quale dovremo non a caso concludere il nostro<br />
discorso: “Communistes, votre ennemi c’est le mur mitoyen, le mien, c’est le dispotisme. J’aime mieux esca<strong>la</strong>der les<br />
trônes que <strong>la</strong> haie du voisin” e dunque <strong>la</strong> radice essenzialmente liberale in senso individualistico dell’azione politica.<br />
216
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
Non a caso <strong>la</strong> confutazione d’<strong>Imbriani</strong> si colloca all’interno di uno stato di<br />
cose che ormai Crispi è in grado di dominare grazie <strong>al<strong>la</strong></strong> strabocchevole maggioranza<br />
par<strong>la</strong>mentare che <strong>la</strong> sua impostazione unitaria, patriottica e dinastica gli ha garantito.<br />
Il discorso si sposta così all’ordinaria amministrazione nell’ambito del<strong>la</strong> quale,<br />
dopo una serie di assaggi, l’accennato voto a vent’anni con firma del voto, il<br />
sindaco elettivo senza restrizioni ma non responsabilità ed unicità di funzioni <strong>per</strong><br />
non più di due o tre anni 44 , un tito<strong>la</strong>re borghese anche <strong>al<strong>la</strong></strong> Marina, <strong>Imbriani</strong>,<br />
coadiuvato da Pietro Pansini, <strong>per</strong>viene il 1° maggio 1894, subito dopo essere andato<br />
a testimoniare a favore di De Felice in Sicilia, ad un vero e proprio abbozzo costituente<br />
il cui art. 16 definisce i deputati “commissari del popolo” (sic!), ne fissa il<br />
numero a trecento con collegio unico nazionale <strong>per</strong> il quale l’elettore può votare<br />
fino a trenta candidati, esclude stipendi ed uffici retribuitivi 45 , stabilisce a tre anni <strong>la</strong><br />
durata del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>tura col proibirne lo scioglimento prima di un biennio, prescrive<br />
<strong>la</strong> decadenza in seguito ad un’assenza protrattasi <strong>per</strong> più di un mese, sottopone <strong>la</strong><br />
validità <strong>delle</strong> leggi <strong>al<strong>la</strong></strong> ratifica del referendum, imprescindibile anche <strong>per</strong> stipu<strong>la</strong>zioni<br />
di alleanze, dichiarazioni di guerra e modifiche statutarie, ammette <strong>al<strong>la</strong></strong> discussione<br />
<strong>dei</strong> due rami del Par<strong>la</strong>mento un testo di legge proposto da un numero di cittadini<br />
equivalente ad un quoziente <strong>per</strong> deputato 46 .<br />
Ma, a parte <strong>la</strong> stretta fiscale imposta da Sonnino dopo il rimaneggiamento<br />
ministeriale <strong>dei</strong> primissimi di giugno ed il progressivo ricompattarsi del<strong>la</strong> Destra<br />
intorno a Crispi, era il susseguirsi degli attentati anarchici, il 16 giugno Paolo Lega<br />
contro di lui, il 26 Sadi Carnot presidente del<strong>la</strong> repubblica caduto ucciso a Lione ed<br />
il 30 giugno Giuseppe Bandi, l’eminente memorialista garibaldino, a Livorno, ad<br />
autorizzare l’indomani 1° luglio il presidente del Consiglio <strong>al<strong>la</strong></strong> presentazione di<br />
provvedimenti intesi a “punire i provocatori, gli incitatori e quelli che <strong>per</strong> mezzo<br />
del<strong>la</strong> stampa fanno l’apologia di reati” che <strong>Imbriani</strong> sintomaticamente accoglieva<br />
ed interpretava sotto una duplice chiave, quel<strong>la</strong> pubblica e liberale che lo induceva<br />
44 La proposta formu<strong>la</strong>ta l’11 aprile 1894, sarebbe stata reiterata il 5 luglio 1896 in un contesto molto più<br />
ampio ed artico<strong>la</strong>to che vedremo a suo tempo.<br />
45 Si noti che <strong>Imbriani</strong> non si pone mai il problema dell’indennità par<strong>la</strong>mentare, che pur aveva rappresentato<br />
uno <strong>dei</strong> postu<strong>la</strong>ti del patto di Roma, e, il 2 maggio 1894, affronta molto marginalmente quello dell’emigrazione,<br />
i cui tragici esiti nel Brasile non gliene suggeriscono altro che una generica giustificazione nelle<br />
condizioni economiche del paese e nel suo sistema di alleanze, trattandosi di un fenomeno, a suo avviso,<br />
tutt’altro che necessario.<br />
46 In una generica accentuata sensibilità costituzionale di questo <strong>per</strong>iodo rientrano anche gli interventi 8<br />
maggio e 14 giugno 1894 spazianti d<strong>al<strong>la</strong></strong> denunzia <strong>delle</strong> sevizie inferte d<strong>al<strong>la</strong></strong> forza pubblica <strong>al<strong>la</strong></strong> soppressione<br />
<strong>dei</strong> collegi militari passando attraverso <strong>la</strong> venti<strong>la</strong>ta possibile riduzione del<strong>la</strong> lista civica ad un monarca che non<br />
dovrebbe rallegrarsi <strong>per</strong> discorsi di ministri o proposte di legge “quando il Par<strong>la</strong>mento sovrano può spazzar<br />
tutto, ministri e proposte” e <strong>la</strong> contrarietà manifestata a commissioni tecniche <strong>per</strong> le economie “di cui solo <strong>la</strong><br />
<strong>Camera</strong> è giudice e che debbono essere indicate dal governo” (<strong>per</strong>ciò una commissione di generali <strong>per</strong> lo<br />
studio <strong>delle</strong> riforme militari sarebbe stata giudicata da lui “un’offesa al potere legis<strong>la</strong>tivo” il quale avrebbe<br />
offerto al governo “l’o<strong>per</strong>a di carità di seppellire i cadaveri” se esso avesse <strong>per</strong>sistito nel<strong>la</strong> sospensiva sui<br />
provvedimenti finanziari Sonnino e nel<strong>la</strong> proposta di commissioni di studio).<br />
217
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
a bol<strong>la</strong>rli come “primo sdrucciolo sul<strong>la</strong> via del<strong>la</strong> reazione”, quel<strong>la</strong> individualistica e<br />
borghese secondo <strong>la</strong> quale, previo porto d’armi, i provvedimenti si sarebbero resi<br />
su<strong>per</strong>flui se non si fosse resa libera ed illimitata <strong>la</strong> detenzione di armi e munizioni<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> del<strong>la</strong> famiglia e del<strong>la</strong> proprietà, una sorta di Far West all’ombra degli<br />
unalienables rights.<br />
Quando <strong>per</strong>altro il 7 luglio i provvedimenti venivano <strong>al<strong>la</strong></strong> ratifica par<strong>la</strong>mentare,<br />
che l’11 sarebbe stata sancita a scrutinio segreto con 188 sì e 16 no, i tre<br />
quinti del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> istruttivamente già in vacanza, tre anni di domicilio coatto<br />
comminati a “coloro che abbiano manifestato il deliberato proposito di commettere<br />
vie di fatto contro gli ordinamenti sociali”, <strong>Imbriani</strong>, accantonato quest’ultimo<br />
aspetto, al quale, lo abbiamo visto, e non è meraviglia, non si mostrava partico<strong>la</strong>rmente<br />
sensibile, ne prendeva spunto <strong>per</strong> un excursus <strong>la</strong>tamente liberale sulle<br />
istituzioni e sul loro ocu<strong>la</strong>to finanziamento (“Il governo spenda bene il denaro<br />
che ha, <strong>la</strong> polizia sia buona e capace, <strong>la</strong> vita e <strong>la</strong> sostanza <strong>dei</strong> cittadini siano tute<strong>la</strong>te,<br />
e tutto ciò senza <strong>la</strong>rgheggiare in denaro”) ma anche e soprattutto su quello che<br />
poteva apparire un loro progressivo deteriorarsi (“Abbiamo anche il diritto di<br />
pretendere… <strong>la</strong> libertà del giudice popo<strong>la</strong>re, conquista che noi dobbiamo difendere<br />
ad ogni costo <strong>per</strong>ché rappresenta <strong>la</strong> coscienza del popolo che si manifesta col<br />
giudizio di fatto”) e ciò specialmente a danno dell’esercito e del<strong>la</strong> marina, tutt’altro<br />
che appendici del potere esecutivo, ed anzi suscettibili di discussione ininterrotta<br />
“<strong>per</strong>ché li vogliamo migliorare, non vogliamo che diventino strumenti gretti<br />
di casta, vogliamo che ad essi sia legata <strong>la</strong> nazione intera appunto <strong>per</strong>ché non<br />
vogliamo <strong>la</strong> lotta di c<strong>la</strong>sse”.<br />
L’utopia del<strong>la</strong> nazione armata, dunque, ancora una volta come ai tempi di<br />
Cattaneo e secondo l’esempio americano e svizzero, quale grande strumento di<br />
educazione civica volta a stornare lo spettro del socialismo ma anche quello dell’accentramento<br />
fine a sé stesso (“Nul<strong>la</strong> di più temibile sul<strong>la</strong> via del<strong>la</strong> reazione che<br />
i vecchi giacobini! Sempre lo stesso spirito di autoritarismo…”) ed ancora i<br />
farneticamenti <strong>dei</strong> criminologi dottrinari <strong>al<strong>la</strong></strong> Raffaele Garofalo invocanti il<br />
ritnorno <strong>al<strong>la</strong></strong> tortura ed <strong>al<strong>la</strong></strong> pena di morte (“La pena <strong>per</strong> essere efficace deve avere<br />
<strong>la</strong> sanzione morale che viene dall’opinione pubblica, <strong>la</strong> quale aborre davvero dai<br />
delitti e li condanna nel<strong>la</strong> sua alta coscienza […] Le leggi ordinarie debbono bastare<br />
a tutto e nul<strong>la</strong> deve esservi di eccezionale […] È cosa enorme <strong>per</strong>seguire,<br />
colpire chi è stato riconosciuto innocente, ché allora <strong>la</strong> reazione diventa legittima…<br />
ciò che era un delitto potrà assumere carattere di lotta in nome del<strong>la</strong> legalità<br />
e del<strong>la</strong> giustizia”).<br />
Non <strong>la</strong> repressione in quanto tale, dunque, niente patrie en danger, l’indipendenza<br />
del potere giudiziario assicurata e garantita in modo definitivo dinanzi<br />
alle esorbitanze del potere esecutivo: riconosciamo il migliore <strong>Imbriani</strong>, una volta<br />
messa da parte <strong>la</strong> provocazione schematica del<strong>la</strong> lotta di c<strong>la</strong>sse, e non a caso ascoltiamo<br />
<strong>la</strong> sua voce, subito prima dello squallido scrutinio segreto al quale abbiamo<br />
fatto cenno, in <strong>difesa</strong> del<strong>la</strong> legge come garanzia universale e <strong>per</strong>ciò tutt’altro che<br />
discriminante: “Gli anarchici vivono nel<strong>la</strong> legge e chiunque vive nel<strong>la</strong> legge non<br />
218
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
può essere messo fuori legge a priori. Se costui commette un reato è colpito d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
legge. Questa specie d’interdetto dogmatico è qualche cosa che urta col sentimento<br />
giuridico… Il domicilio coatto è un prodotto dell’aberrazione del senso giuridico<br />
italiano”.<br />
Non a caso <strong>al<strong>la</strong></strong> breve e concitatissima ripresa <strong>dei</strong> <strong>la</strong>vori par<strong>la</strong>mentari, nel<br />
dicembre 1894, dopo lo scioglimento <strong>dei</strong> circoli socialisti e <strong>la</strong> costituzione del<strong>la</strong> lega<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> del<strong>la</strong> libertà e subito prima del<strong>la</strong> presentazione del plico Giolitti e del<strong>la</strong><br />
proroga del<strong>la</strong> sessione, tutti episodi ai quali il Nostro avrebbe preso parte con convulso<br />
protagonismo, <strong>la</strong>sciando depositate ben 34 interpel<strong>la</strong>nze al banco del<strong>la</strong> presidenza<br />
del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, i suoi interventi più corposi e meditati sarebbero stati dedicati<br />
a problemi ed a principî di libertà intesi nel loro fondamento essenziale, le elezioni<br />
del quarto collegio di Palermo e di Corleone che andavano annul<strong>la</strong>te, pur avendo<br />
espresso deputati protesta, <strong>per</strong> il semplice fatto di essersi tenute in regime di stato<br />
d’assedio, donde <strong>la</strong> presunzione di astensioni <strong>per</strong> timore e l’impossibilità di accertare<br />
se e fino a che punto fosse stata menomata l’esplicazione del<strong>la</strong> volontà popo<strong>la</strong>re,<br />
il senso di frustrazione che invadeva l’animo al cospetto <strong>delle</strong> esorbitanze governative<br />
(“Quando è possibile che vi siano degli italiani che <strong>la</strong>nguono nelle reclusioni<br />
<strong>per</strong> semplice reato d’opinione, che siano mandate a domicilio coatto <strong>per</strong>sone<br />
degnissime, cittadini innocenti, sol <strong>per</strong>ché è stata riportata una frase da qualche<br />
agente di polizia, io mi vergogno di far parte, come cittadino e come deputato, di<br />
uno Stato simile”).<br />
La “questione morale” che aveva provocato <strong>la</strong> proroga del<strong>la</strong> sessione avrebbe<br />
avuto a suo protagonista, com’è noto, Felice Cavallotti: ma <strong>Imbriani</strong> sarebbe<br />
stato prontamente ed autorevolmente al suo posto nell’adunanza che avrebbe raccolto<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> Sa<strong>la</strong> Rossa di Montecitorio 180 deputati a meno di ventiquattr’ore d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
drastica decisione di Crispi, <strong>la</strong> sera di domenica 16 dicembre 1894, ed avrebbe preso<br />
<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> in chiave unitaria e patriottica (“Quando un’assemblea, composta dalle<br />
diverse parti politiche, trova una nota comune qual è quel<strong>la</strong> che ci anima, si è certi<br />
di dire che l’ambiente par<strong>la</strong>mentare si è risanato e rappresenta il sentimento del<br />
popolo”).<br />
Si trattava senza dubbio di un unitarismo patriottico eccessivamente ottimistico<br />
ma che, proprio in quanto tale, faceva onore ad <strong>Imbriani</strong> ed <strong>al<strong>la</strong></strong> generosità con<br />
<strong>la</strong> quale egli aveva colto il significato morale e politico dell’azione di Cavallotti<br />
rispetto al feroce meridionalismo regionalistico del<strong>la</strong> stampa crispina che non mancava<br />
viceversa di far breccia nell’animo di Bovio <strong>per</strong> quanto attinente al programma<br />
dell’opposizione ed <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>per</strong>sonalità del presidente del Consiglio.<br />
Non si può negare tuttavia che al Nostro competesse una sorta di seconda<br />
fi<strong>la</strong> rispetto al leader mi<strong>la</strong>nese ed ai socialisti nel clima d’assieme <strong>delle</strong> elezioni generali<br />
del maggio 1895 che, su<strong>per</strong>ate senza difficoltà, consentivano ad <strong>Imbriani</strong> di<br />
rientrare <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> e di esordire il 13 giugno su una linea tanto intransigente<br />
(“Qui noi siamo riuniti <strong>per</strong> giudicare i vostri reati”) quanto sommaria nell’artico<strong>la</strong>re<br />
il giudizio, <strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione dello Statuto, <strong>la</strong> questione morale, <strong>la</strong> mancata richiesta<br />
di sanatoria <strong>per</strong> decreti legge già in esecuzione da un anno al di fuori del<strong>la</strong> legittimi-<br />
219
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
tà costituzionale, ed in realtà, precisava <strong>Imbriani</strong> il 6 luglio, non contemp<strong>la</strong>ti d<strong>al<strong>la</strong></strong><br />
legis<strong>la</strong>zione nazionale né dal regime par<strong>la</strong>mentare in genere, i cui “elementi precipui”<br />
essendo, e lo sappiamo, “<strong>la</strong> discussione, <strong>la</strong> pubblicità e il controllo”, il governo<br />
vi si sottraeva, meritando <strong>per</strong>ciò di essere posto in stato d’accusa ben al di là<br />
del<strong>la</strong> presunta immaturità dell’elettorato (“Quando noi non abbiamo che leggi<br />
elettorali restrittive, il suffragio ristretto col collegio uninominale, possiamo noi<br />
dare al popolo <strong>la</strong> colpa se <strong>la</strong> rappresentanza nazionale non adempie ai suoi doveri?”).<br />
Si ha insomma <strong>la</strong> sensazione che in quelle settimane potentemente e quasi<br />
muscolosamente dominate dal conflitto <strong>per</strong>sonale, e quindi dall’alternativa non<br />
soltanto politica fra Cavallotti e Crispi, il Nostro abbia voluto, o sia stato indotto<br />
a prescegliere una posizione abbastanza defi<strong>la</strong>ta, attenta, più che all’evolversi tempestoso<br />
del<strong>la</strong> situazione, ai problemi di principio ed alle grandi parole d’ordine, il<br />
“via dall’Africa” ad esempio, che torna a risuonare il 26 luglio 1895 o, l’11 precedente,<br />
l’irredentistico rinvio del 20 settembre festa nazionale all’effettivo compimento<br />
dell’unità italiana, sia pure in un risvolto liberale che non ci giunge nuovo<br />
(“Non inneggiamo <strong>al<strong>la</strong></strong> libertà del pensiero in questo momento in cui, come italiani,<br />
dobbiamo vergognarci di veder rinchiusi nelle luride carceri cittadini che<br />
scontano il proprio pensiero”) o ancora, il 18 luglio, <strong>la</strong> deplorazione <strong>per</strong> <strong>la</strong> mancata<br />
amnistia “che è forse <strong>la</strong> più alta prerogativa” di un governo che invece pretende<br />
di negare <strong>la</strong> qualità politica, e di relegare tra i reati comuni, a pensieri ed<br />
opinioni che all’opposto, proprio in quanto tali, sono atti eminentemente politici<br />
47 .<br />
È proprio quest’ultimo tema significativamente d’attualità <strong>al<strong>la</strong></strong> ria<strong>per</strong>tura del<strong>la</strong><br />
<strong>Camera</strong>, il 26 novembre 1895, a proposito dell’eventuale grazia a Giuseppe De Felice,<br />
che <strong>Imbriani</strong> tiene rigorosamente a distinguere dalle <strong>per</strong>sistenti responsabilità<br />
ministeriali (“Io sono troppo osservante dalle guarentigie statutarie <strong>per</strong> toccare chi<br />
non debbo e non posso toccare, <strong>per</strong>ché non si può difendere in quest’au<strong>la</strong> e <strong>per</strong>ché<br />
è irresponsabile statutariamente. Dunque <strong>la</strong> mia paro<strong>la</strong> viene diretta a coloro che<br />
sono i veri responsabili”).<br />
Ma anche l’anticlericalismo d’occasione del 20 settembre rimane d’attualità<br />
in un clima così schiettamente illiberale, nel quale i provvedimenti di emergenza<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> Puglia ancora in crisi, credito agrario, sospensione di tributi, rinnovo di<br />
cambiali, rimangono frammentariamente e su<strong>per</strong>ficialmente sullo sfondo rispetto<br />
alle grandi istanze di libertà a cui il Nostro è partico<strong>la</strong>rmente sensibile, con espressioni<br />
che anch’esse ci risultano tutt’altro che nuove (“Lasciamo tanto al Vaticano<br />
quanto all’anarchico <strong>la</strong> piena libertà di spiegare il proprio pensiero. Il Vaticano<br />
47 Quanto al “via dall’Africa!” si ricordi doverosamente che esso echeggiava a commento polemico del<br />
trionfale ingresso in au<strong>la</strong> dal generale Baratieri, abbracciato dal presidente Vil<strong>la</strong>, da Crispi e da Cavallotti,<br />
quasi a simboleggiare l’unità del<strong>la</strong> patria intorno al condottiero vittorioso, e che il 2 luglio precedente, proprio<br />
in replica ad <strong>Imbriani</strong> che nessuno poteva sa<strong>per</strong>e dove ci si sarebbe spinti “<strong>per</strong>ché il decoro nazionale deve<br />
essere tute<strong>la</strong>to anche in Africa”.<br />
220
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
che cosa rappresenta se non una forza ed un’influenza morali? Le armi del<strong>la</strong> violenza<br />
s’infrangono contro di essa. È dunque con <strong>la</strong> forza morale che voi lo dovreste<br />
combattere, mai con le minaccie e con le violenze, come tutti i pensieri si<br />
combattono ugualmente con <strong>la</strong> forza di pensieri migliori”: ed abbiamo già citato<br />
le riflessioni suggerite ad <strong>Imbriani</strong>, il 29 novembre successivo, dall’eventualità di<br />
un’abolizione <strong>delle</strong> guarentigie e del ritorno anche <strong>per</strong> il pontefice al diritto comune).<br />
Ma nel frattempo andava obiettivamente ingrandendosi l’ombra dell’Africa<br />
a proposito del<strong>la</strong> quale i rudi e prosaici interrogativi d’<strong>Imbriani</strong>, il 27 novembre<br />
(“Quanto vi costa questa passeggiata militare? In quali condizioni vi trovate adesso?<br />
Quali sono le vostre intenzioni? Volete davvero andare a distruggere il trono<br />
d’Etiopia? Che cosa ci sostituirete? Vi <strong>la</strong>sceranno sostituire qualche altra cosa?”)<br />
precedevano di sole due settimane il drammatico ed inatteso annunzio di Amba<br />
A<strong>la</strong>gi.<br />
Del tutto occasionalmente, ma pur significativamente, esso veniva fornito<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> dal generale Mocenni ministro del<strong>la</strong> Guerra nel pomeriggio del 10 novembre<br />
1895, subito dopo che <strong>Imbriani</strong>, dopo aver fatto di nuovo risalire <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>per</strong>sona<br />
di Crispi <strong>la</strong> responsabilità del metodo anticostituzionale <strong>dei</strong> decreti legge e del<br />
suo abuso incontrol<strong>la</strong>to, si era soffermato proprio sull’essenza e <strong>la</strong> gestione <strong>delle</strong><br />
forze armate in Italia, separandole anzitutto preliminarmente dai poteri fondamentali<br />
dello Stato (“La questione vera è che <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> non vi dovrebbero essere<br />
militari”) ed insistendo poi sul decentramento e sul<strong>la</strong> privatizzazione di tutti gli<br />
stabilimenti bellici del momento che, e qui una sintomatica citazione di Cavallotti,<br />
“il socialismo di Stato è stato sempre <strong>la</strong> base di tutte le dittature del mondo… Il mio<br />
ideale sarebbe quello di chiudere le caserme” sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> riduzione del<strong>la</strong> ferma<br />
a non più di un anno e soprattutto di un più agile governo degli stanziamenti e del<br />
loro impiego concreto (“Questo dubitare sempre, questa diffidenza continua posta<br />
nel<strong>la</strong> nostra amministrazione, in modo che <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re <strong>la</strong> spesa di un centesimo<br />
si debbono spendere centinaia di lire, è cosa assolutamente contraria ad ogni buon<br />
andamento amministrativo. Dovete aver fiducia negli ufficiali, ritenerli uomini<br />
d’onore: quando mancano all’onore, dovete essere irresistibilmente severi ed allontanarli<br />
dall’esercito”).<br />
In tal modo, e <strong>la</strong> cronaca burrascosa precedente e susseguente ad Adua lo<br />
avrebbe confermato, <strong>Imbriani</strong> si congedava da Crispi su grandi questioni costituzionali<br />
di principio più che su problemi partico<strong>la</strong>ri suscitati dall’Africa o d<strong>al<strong>la</strong></strong> “questione<br />
morale” o dal fiscalismo di Sonnino e così via.<br />
La controprova è nel fatto che, pur avendo ribadito <strong>la</strong> richiesta di vedere l’ex<br />
presidente del Consiglio posto in stato d’accusa nel discorso del 17 marzo 1896 che<br />
esamineremo tra breve (e <strong>la</strong> viva i<strong>la</strong>rità che accoglieva <strong>la</strong> richiesta era indice di ben<br />
diversi intendimenti, malgrado tutto, da parte dell’assemblea in gran maggioranza<br />
crispina eletta l’anno precedente) solo quarantott’ore più tardi <strong>Imbriani</strong> avrebbe<br />
compianto come “miseri” gli ex ministri, proseguendo col dire, sua come <strong>per</strong> essi<br />
bisognasse usare “un linguaggio più che corretto <strong>per</strong>ché io non ho mai approvato<br />
221
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
quei procuratori che inveivano contro gli accusati”, nel<strong>la</strong> circostanza in primo luogo<br />
Oreste Baratieri “il quale mi è doppiamente sacro, e come accusato legittimamente,<br />
e come accusatore del caduto ministero”: e qui <strong>la</strong> grande e bel<strong>la</strong> conclusione<br />
ottimistica ottocentesca sul diritto di nazionalità <strong>al<strong>la</strong></strong> Mancini 48 che si sprigiona vittorioso<br />
quale elemento di civiltà d<strong>al<strong>la</strong></strong> catastrofe africana (“Un gran risultato <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />
civiltà forse l’avrete avuto, forse il sangue nostro non è stato sparso invano <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />
civiltà, <strong>per</strong>ché quel<strong>la</strong> nazione etiopica, si è riunita dinanzi al <strong>per</strong>icolo imminente, ha<br />
acquistato coscienza del<strong>la</strong> propria forza nell’unione e adesso non si dissolverà più<br />
ma fonderà un im<strong>per</strong>o che si avvierà verso <strong>la</strong> civiltà e porterà il suo frutto nel continente<br />
africano”).<br />
Spetta a <strong>Matteo</strong> Renato <strong>Imbriani</strong> <strong>la</strong> definizione di “ministro di ga<strong>la</strong>ntuomini”,<br />
più esattamente “onesta schiera di ga<strong>la</strong>ntuomini, con <strong>la</strong> quale il gabinetto Di<br />
Rudinì è passato <strong>al<strong>la</strong></strong> storia, o quanto meno <strong>al<strong>la</strong></strong> cronaca par<strong>la</strong>mentare, e fu accolto<br />
<strong>al<strong>la</strong></strong> sua presentazione in au<strong>la</strong>, il 17 marzo 1896.<br />
Lodato <strong>per</strong> l’amnistia generale immediatamente promulgata, il ministero<br />
era invitato a “troncare il delitto africano” attraverso una “pace onorata” col “leale”<br />
Menelik (“L’Italia smarriva il sentimento dell’onore andando a sopraffare un<br />
altro popolo, a distruggere un’altra nazionalità”) ma anche l’effettivo e pronto<br />
richiamo <strong>delle</strong> truppe e l’accennata messa in stato d’accusa del ministero Crispi,<br />
<strong>la</strong> cui richiesta il Nostro condivideva con Bovio ma non, significativamente, con<br />
Cavallotti 49 .<br />
Quanto all’ispirazione complessiva del gabinetto, <strong>Imbriani</strong> elogiava Di Rudinì<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> chiara e sincera patina conservatrice del suo liberalismo ma deplorava che<br />
non fosse affatto tale <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re diramata ai prefetti all’atto di insediarsi a pa<strong>la</strong>zzo<br />
Braschi quale ministero dell’Interno, tutta un’insistenza inopportuna sul<strong>la</strong> maestà<br />
del<strong>la</strong> legge a tute<strong>la</strong> dell’ordine pubblico e contro le associazioni criminose.<br />
Ma i tempi <strong>per</strong>manevano grossi, e tali da non poter essere affrontati con semplici<br />
aggiustamenti di combinazioni ministeriali, se è vero che già il 21 maggio,<br />
48 Non a caso l’8 maggio 1896 <strong>Imbriani</strong> avrebbe inneggiato a Kossuth nel salutare il millennio del regno<br />
d’Ungheria, ma avrebbe anche stigmatizzato l’oppressione esercitata da quest’ultimo sulle minoranze rumene,<br />
così come aveva già fatto il 2 maggio 1894.<br />
49 Essi si sarebbero tuttavia trovati uniti, il 9 maggio 1896, nel votare l’odg di fiducia Suardi Gianforte<br />
interpretato come conferma del<strong>la</strong> politica di raccoglimento (e quest’ultima, da Bovio, quale prima tappa verso<br />
il ritiro assoluto dell’Africa). Un certo influsso del clima <strong>la</strong>tamente moralizzatore di quei mesi può cogliersi<br />
anche nelle rinnovate folgori del Nostro contro il lotto “onta <strong>per</strong> <strong>la</strong> nazione e pel governo italiano” (5 giugno<br />
1896: giusto un anno più tardi, l’8 giugno 1897, ne avrebbe proposto senz’altro l’abolizione) che si collocano<br />
tra <strong>la</strong> richiesta di eliminazione <strong>dei</strong> coatti politici e d’introduzione del <strong>la</strong>voro nelle colonie di domicilio coatto<br />
che ancora rimanevano a<strong>per</strong>te, con sullo sfondo <strong>la</strong> reiterata sottolineatura dell’autorità morale da conferire al<br />
funzionario di pubblica sicurezza che “idealmente dovrebbe tendere <strong>la</strong> mano ai <strong>per</strong>seguitati, aiutare gli infelici<br />
ed i sopraffatti, raddrizzare tanti torti. Invece, stornato dai suoi fini, ado<strong>per</strong>ato spesso come strumento di<br />
bassa polizia e di vendetta di governo, ecco che cade in disprezzo prezzo le popo<strong>la</strong>zioni e non raggiunge i suoi<br />
fini” (28 maggio 1896: dove mi pare di scorgere anche un sottile riferimento al Mezzogiorno nei suoi infiniti<br />
meandri di mentalità e di costume) ed una singo<strong>la</strong>re <strong>difesa</strong> del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssica e dello “spirito <strong>la</strong>tino” contro<br />
<strong>la</strong> demolizione di Niebuhr e Mommsen (26 giugno 1896) che ci fa toccar con mano quanto, magari attraverso<br />
Carducci, il Nostro fosse ancora culturalmente e risorgimentalmente vicinissimo a Francesco Crispi.<br />
222
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
all’indomani del rifiuto di mettere in discussione una rinnovata proposta di Ettore<br />
Sacchi <strong>per</strong> <strong>la</strong> messa in stato d’accusa del ministero Crispi, <strong>Imbriani</strong> risollevava <strong>la</strong><br />
bandiera del<strong>la</strong> Costituente al di là di una <strong>Camera</strong> suscettibile, come <strong>la</strong> presente,<br />
d’involuzione reazionaria e al di là dello stesso controllo par<strong>la</strong>mentare sull’esecutivo<br />
quale ragion d’essere del costituzionalismo liberale (“Il miglior modo <strong>per</strong>ché il<br />
Par<strong>la</strong>mento funzioni consiste nel<strong>la</strong> solerzia, nel<strong>la</strong> sollecitudine <strong>dei</strong> deputati… Quando<br />
si riconosce, come io credo che sia di presente, <strong>la</strong> necessità di modificare tutta <strong>la</strong><br />
legge fondamentale dello Stato, allora sorge <strong>la</strong> necessità di una Costituente nominata<br />
ad hoc dal popolo con plebiscito a suffragio universale”).<br />
Le circostanze non consentivano <strong>per</strong>altro di proseguire su questa prospettiva<br />
di riformismo ab imis che sembrava imposta dall’atmosfera infuocata, fino ai<br />
limiti del<strong>la</strong> rivoluzione e del<strong>la</strong> repubblica, del biennio precedente, <strong>la</strong> politica estera<br />
sopravveniva a tem<strong>per</strong>are utopismo e tecnicismo in un arduo equilibrio nei confronti<br />
del quale <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> d’<strong>Imbriani</strong> assumeva più <strong>la</strong> cadenza di testimonianza o<br />
addirittura di profezia che non quel<strong>la</strong> d’immediata analisi politica.<br />
Si veda ad esempio come pochi giorni più tardi, il 25 maggio 1896, reiterando<br />
l’auspicio di una dissoluzione dell’Austria e del<strong>la</strong> Turchia ad o<strong>per</strong>a <strong>delle</strong> nazionalità<br />
e di un remoto indiretto intervento del<strong>la</strong> Russia, il Nostro mostri di sa<strong>per</strong>si sottrarre<br />
a tempo e luogo all’anglomania di<strong>la</strong>gante all’interno del costituzionalismo liberale,<br />
di sa<strong>per</strong> ben distinguere tra il liberalismo di G<strong>la</strong>dstone e l’im<strong>per</strong>ialismo di<br />
Chamber<strong>la</strong>in col dissociare l’Italia dall’Inghilterra <strong>la</strong> quale “non ha che un bisogno,<br />
quello cioè di soggiogare, far servire o distruggere <strong>la</strong> razza nera, invece di risollevar<strong>la</strong>”.<br />
Certo, quel<strong>la</strong> dissoluzione implica, come abbiamo visto a suo tempo che<br />
l’Adriatico sia “esclusivamente nostro” e <strong>per</strong>ciò il 2 luglio <strong>Imbriani</strong> deve annunziare<br />
con commosse parole il proprio distacco d<strong>al<strong>la</strong></strong> maggioranza dell’estrema, che<br />
condivide l’odg Di San Giuliano tanto “rinunziatario” in ambito africano quanto<br />
ortodosso in quello triplicista (sono con lui Barzi<strong>la</strong>i e Pansini e, apoditticamente, i<br />
socialisti, ma anche <strong>la</strong> gran massa <strong>dei</strong> crispini) donde <strong>la</strong> necessità di abbandonare il<br />
fremente linguaggio sul<strong>la</strong> “missione dell’Italia” in pro degli oppressi, da Cuba a<br />
Candia, e concentrarsi su problemi di politica interna che <strong>per</strong>altro ancora una volta<br />
le circostanze rendevano quanto mai concreti e significativi.<br />
Presentandosi infatti <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong>, il 5 luglio 1896, <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di Edoardo<br />
Pantano sull’eleggibilità del sindaco in tutti i comuni, il Nostro, condividendo<strong>la</strong>,<br />
ovviamente, ma sottoponendo<strong>la</strong> al suffragio universale, <strong>al<strong>la</strong></strong>rgava il discorso a criteri<br />
di profondo rinnovamento amministrativo, il comune ampliato, eccetto che in<br />
montagna, fino a comprendere non meno di 10 mi<strong>la</strong> abitanti “<strong>per</strong> aver vita propria<br />
ed i mezzi <strong>per</strong> esercitare l’attività propria, se vogliamo l’autonomia comunale” altrimenti,<br />
postil<strong>la</strong> duramente <strong>Imbriani</strong>, “nel comunello il sindaco elettivo sarà il<br />
feudatario del luogo”.<br />
Non solo: ma egli dovrà rimanere in carica <strong>per</strong> non più di due anni, non<br />
potrà essere rimosso <strong>per</strong> ragione di ordine pubblico, non sarà rieleggibile <strong>per</strong> un<br />
<strong>per</strong>iodo da determinarsi, si dovrà obbligatoriamente ricorrere al Consiglio di Stato<br />
223
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
in caso di una sua sospensione <strong>per</strong> grave reato o abbandono dell’ufficio ma anche al<br />
parere di quel consesso <strong>per</strong> qualsiasi scioglimento di consiglio comunale, tassativamente<br />
proibito nel corso del<strong>la</strong> campagna elettorale politica, un qualche magistrato<br />
partico<strong>la</strong>re dovendo sostituire i regi commissari “piovre e cavallette <strong>dei</strong> bi<strong>la</strong>nci comunali”,<br />
tutti temi schiettamente liberali 50 che avrebbero visto coalizzati e rintuzzarli<br />
tanto <strong>la</strong> maggioranza ministeriale quanto quel<strong>la</strong> dell’estrema.<br />
Questo stato di cose si riproponeva il 9 luglio a proposito dell’innovazione<br />
più notevole dell’epoca in campo amministrativo, il commissario civile in Sicilia,<br />
che <strong>Imbriani</strong> combatteva sia <strong>per</strong> l’illegalità del decreto che lo istituiva sia soprattutto<br />
<strong>per</strong> il suo carattere introduttivo al venti<strong>la</strong>to ordinamento del Mezzogiorno in tre<br />
grandi regioni, una soluzione contrastata non soltanto in nome dell’unitarismo<br />
dinastico privilegiato dai crispini ma anche e specialmente in <strong>difesa</strong> del comune<br />
“questo elemento naturale, logico, fortemente organico allo Stato” come sappiamo<br />
da sempre carissimo ad <strong>Imbriani</strong>.<br />
E poiché nei giorni successivi il ministro Di Rudinì si sarebbe dovuto<br />
ricomporre a causa <strong>delle</strong> dimissioni del generale Ricotti suo “capo morale” e del<br />
Colombo <strong>per</strong> <strong>la</strong> mancata riduzione di due corpi d’armata, l’opposizione del Nostro<br />
non poteva il 21 luglio che venir fortemente confermata, e ribadita vistosamente<br />
dal voto <strong>al<strong>la</strong></strong> ria<strong>per</strong>tura del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, il 1° dicembre 1896, allorché, dopo aver<br />
lodato il trattato di Addis Abeba, egli presentava, di concerto col socialista Gregorio<br />
Agnini, una mozione <strong>per</strong> il ritiro assoluto dall’Africa, che l’assemblea respingeva<br />
con 184 voti contro 26.<br />
La convergenze obiettiva con i socialisti non si limitava del resto <strong>al<strong>la</strong></strong> politica<br />
coloniale se è vero che l’8 dicembre <strong>Imbriani</strong> era a fianco di Filippo Turati nel denunziare<br />
una serie di pesanti ingerenze governative nel campo del<strong>la</strong> libertà di riunione<br />
e nel presentare <strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva mozione, rigettata d<strong>al<strong>la</strong></strong> solita massiccia maggioranza<br />
che vedeva ora automaticamente affratel<strong>la</strong>ti, su posizioni di conservazione<br />
autoritaria e borghese, moderati e crispini, nonostante che Di Rudinì motteggiasse<br />
su <strong>Imbriani</strong> più conservatore di lui in quanto individualista, una formu<strong>la</strong> che il<br />
Nostro non poteva ovviamente che raccogliere, accettare e sviluppare ma, ancora<br />
una volta, in senso schiettamente liberale.<br />
Pochi giorni più tardi, il 15 dicembre, <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re del guardasigilli Costa <strong>per</strong><br />
lo scioglimento <strong>dei</strong> circoli socialisti e <strong>delle</strong> camere del <strong>la</strong>voro parve far rivivere i<br />
giorni più torbidi dell’autoritarismo crispino: e davanti ai socialisti e ad <strong>Imbriani</strong>,<br />
che il 18 e il 19 dicembre avevano chiamato in causa in proposito lo stesso istituto<br />
monarchico, Cavallotti, pur tenacemente vicino al ministero, non poteva fare a meno<br />
di riconoscere su “Il Secolo” che <strong>la</strong> “questione sollevata da <strong>Imbriani</strong> ritrova nelle<br />
condizioni tristi del paese e del<strong>la</strong> coscienza pubblica base ed eco, di cui gli amici<br />
50 È appena il caso di ricordare se e quanto essi sarebbero stati d’attualità durante tutto il <strong>per</strong>iodo giolittiano<br />
(a parte le applicazioni che il Nostro aveva già avuto modo di subirne ad o<strong>per</strong>a dell’uomo di Dronero) tanto<br />
da costituire uno <strong>dei</strong> principali obiettivi riformistici da parte del primo ministero Sonnino.<br />
224
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
<strong>delle</strong> istituzioni dovrebbero preoccuparsi <strong>per</strong> primi” e non certamente sul<strong>la</strong> linea<br />
del Torniamo allo Statuto che non a caso Sidney Sonnino avrebbe firmato sul numero<br />
di capodanno del<strong>la</strong> “Nuova Antologia”.<br />
La crisi di Candia, nel febbraio 1897, sopravvenne a rinsaldare <strong>la</strong> rinnovata<br />
solidarietà all’interno dell’estrema, il romanticismo garibaldino, <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> del diritto<br />
di nazionalità, l’interpretazione e l’ispirazione dello spirito pubblico, tutte direttrici<br />
mediante le quali, attraverso le elezioni generali del 21 marzo 1897 e <strong>la</strong> conseguente<br />
eliminazione totale e definitiva del crispismo come temibile forza par<strong>la</strong>mentare,<br />
riusciva a riproporsi egemonicamente, nonostante l’ormai dichiarata, ed altrettanto<br />
irreversibile, scissione repubblicana dal complesso dell’estrema sinistra, e<br />
con essa quel<strong>la</strong> di Giovanni Bovio, <strong>la</strong> convergenza prestigiosa tra Cavallotti ed<br />
<strong>Imbriani</strong>, presentatore, quest’ultimo, all’a<strong>per</strong>tura <strong>dei</strong> <strong>la</strong>vori del<strong>la</strong> nuova <strong>Camera</strong>, l’8<br />
aprile, dell’interpel<strong>la</strong>nza “circa quel<strong>la</strong> nefasta politica che conduce a far commettere<br />
dall’Italia risorta atti di violenza inconcepibile contro <strong>la</strong> madre Grecia, calpestando<br />
il diritto <strong>delle</strong> genti ed il principio di nazionalità”.<br />
E l’interpel<strong>la</strong>nza sarebbe stata illustrata, tra il 9 e l’11 aprile, da un seguito<br />
d’interventi, fino <strong>al<strong>la</strong></strong> machiavelliana “necessità del<strong>la</strong> guerra” in quanto “cozzo sanguinoso<br />
d’idee” <strong>per</strong> il quale si scomodava insolitamente Hegel, che ancora una volta<br />
le circostanze avrebbero reso emblematicamente gli ultimi di <strong>Matteo</strong> Renato<br />
<strong>Imbriani</strong> 51 e che conviene <strong>per</strong>ciò leggere con <strong>la</strong>rghezza ed unitariamente, tanto nello<br />
s<strong>la</strong>ncio tribunizio e nel calore eccezionale di convinzione, quanto nelle considerazioni<br />
più propriamente ed acutamente politiche, <strong>la</strong> fictio dell’equilibrio europeo e<br />
del conseguente intervento armato in ardua dialettica col movimento <strong>delle</strong> nazionalità,<br />
<strong>la</strong> nuova Santa Alleanza dell’im<strong>per</strong>ialismo come degenerazione del liberalismo<br />
e <strong>per</strong>ciò economico – finanziaria anziché ideologico – militare, l’anticipazione dell’argomento<br />
interventista sull’artico<strong>la</strong>zione eterogenea dell’Intesa quale alternativa<br />
preferibile <strong>al<strong>la</strong></strong> compattezza organica degli Im<strong>per</strong>i Centrali, ed in essa, nel<strong>la</strong> sua<br />
prospettiva <strong>la</strong>tamente internazionalista e mazziniana, l’a<strong>per</strong>tura a ciò che nel 1897<br />
era, e vent’anni dopo coerentemente sarebbe stato, Leonida Bisso<strong>la</strong>ti.<br />
“Io non so dove voi vogliate condurre l’Italia, se vi siete messi in mente di<br />
51 Il 15 maggio 1897 <strong>Imbriani</strong> aderiva <strong>al<strong>la</strong></strong> mozione di Errico De Marinis <strong>per</strong> il ritiro assoluto dall’Africa<br />
che <strong>la</strong> settimana successiva sarebbe stata respinta d<strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> con 242 voti contro 140 (“Il principio sia<br />
affermato nettamente dinanzi al paese affinché esso sappia ciò che deve fare, dove deve andare, e non abbia<br />
l’ambiguità e il caos dinanzi a sé”) ed il 14 giugno si soffermava ancora polemicamente sul<strong>la</strong> protezione accordata<br />
dagli inglesi <strong>al<strong>la</strong></strong> schiavitù a Zanzibar e sul<strong>la</strong> situazione del Benadir, in cui il nostro Antonio Cecchi si era<br />
<strong>la</strong>sciato coinvolgere (“L’Inghilterra ci trarrà l’utile suo, noi non ci troviamo alcun utile, noi ci troviamo sempre<br />
nelle situazioni le più dubbie, le più antipatiche, senza ritrarne alcun utile, anzi, non ricavandone che il<br />
danno e le beffe. E tutto ciò <strong>per</strong> proteggere una specu<strong>la</strong>zione, una società antipaticamente indiziata… Se <strong>la</strong><br />
civiltà europea si deve affermare così barbaramente io rinunzio a questo movimento di civiltà”). Ma non si<br />
trascuri l’altrettanto costante <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> dell’individuo in quanto tale (“Si usano contro i detenuti<br />
modi assolutamente in<strong>civili</strong> e molti di essi ricevono <strong>la</strong> morte sotto diverse forme”16 giugno 1897 a commento<br />
dell’impressionante lettera del militare Pasquale Torres ergasto<strong>la</strong>no a S. Stefano sulle sevizie subite) né <strong>la</strong><br />
tenace polemica contro <strong>la</strong> “macchina” burocratica in quanto tale, che arriva, il 1° luglio 1897, a proporre<br />
l’abolizione <strong>dei</strong> tribunali sostituiti d<strong>al<strong>la</strong></strong> pretura a fine conciliativo in ogni comune, dall’arbitrato in maniera<br />
civile e dai giurati in quel<strong>la</strong> penale.<br />
225
<strong>Matteo</strong> <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> <strong>Camera</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>difesa</strong> <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>civili</strong> e <strong>delle</strong> libertà statutarie<br />
di<strong>la</strong>niar<strong>la</strong> e di annul<strong>la</strong>r<strong>la</strong>. Se volete che questa Italia, potente di un solo forte pensiero,<br />
banditrice al mondo del suo diritto, una volta, ed invocata da tutti gli oppressi,<br />
se volete che questa Italia sia maledetta dai popoli, aspettatevi che venga una giustizia<br />
<strong>la</strong> quale vi commini quel<strong>la</strong> tale Nemesi che è sempre infallibile quando giustamente<br />
<strong>per</strong>cuote. Voi, <strong>la</strong> guerra che volevate evitare, l’avrete, <strong>per</strong>ché sarà guerra santa,<br />
giusta, u<strong>la</strong>trice di tanti obbrobri, che sarà seguita dal cozzo <strong>dei</strong> due im<strong>per</strong>i che si<br />
trovano dietro <strong>la</strong> Grecia, e questa tempesta purificatrice e santa, di<strong>la</strong>niando e distruggendo<br />
i due im<strong>per</strong>i barbari d’Europa, il turco e l’austriaco, farà le vendette<br />
del<strong>la</strong> civiltà vera… Quando voi avrete posta questa nuova lega di prepotenti che è<br />
stata chiamata il prodromo degli Stati Uniti d’Europa dal ministro degli affari esteri<br />
(scil. Emilio Visconti Venosta) a base del<strong>la</strong> vostra condotta nell’azione internazionale,<br />
potrà accadere che un giorno sia menomata <strong>la</strong> vostra stessa indipendenza, l’indipendenza<br />
di tutti i popoli. Im<strong>per</strong>ocché questa nuova tirannide di governi, stretti<br />
insieme da interessi non confessabili, vi ridurrà un giorno a premere su tutti gli Stati<br />
minori d’Europa ed a rapire ad ognuno di essi l’indipendenza, se non si adattano ad<br />
esser servi vostri. Inoltre avverrà inf<strong>al<strong>la</strong></strong>ntemente lo scoppio del dissidio tra voi, <strong>per</strong><br />
l’urto <strong>dei</strong> contrastanti interessi. E voi, che non siete i più forti, che avrete <strong>per</strong>duto <strong>la</strong><br />
forza morale, che attigevate dai principî e dalle idee, rimarrete schiavi e distrutti… O<br />
amici socialisti, io che non mi sono mai sentito secondo ad alcuno di voi nel volere<br />
<strong>la</strong> giustizia sociale applicata nel<strong>la</strong> sua integrità, io qui a<strong>per</strong>tamente sono lieto di<br />
riconoscere anco una volta quel che sempre affermate, che i socialisti italiani non<br />
sono secondi ad alcuno nell’amore del<strong>la</strong> patria, nel riconoscimento del diritto di<br />
nazionalità e del principio d’indipendenza”.<br />
Felice Cavallotti che, lo abbiamo visto, d<strong>al<strong>la</strong></strong> crisi di Candia era stato condotto<br />
a riavvicinarsi ad <strong>Imbriani</strong> <strong>al<strong>la</strong></strong> luce del<strong>la</strong> comune camicia rossa, che questo<br />
riavvicinamento aveva ribadito e consolidato attraverso un nuovissimo repubblicanesimo<br />
etico (<strong>la</strong> “invisibile forza” che sembrava trattenere a mezzo “un’o<strong>per</strong>a che<br />
voleva essere onestamente riparatrice” nell’intervento sull’indirizzo di risposta al<br />
discorso del<strong>la</strong> Corona 13 aprile 1897), che a metà maggio aveva risco<strong>per</strong>to <strong>la</strong> fratel<strong>la</strong>nza<br />
d’armi con i socialisti, nel<strong>la</strong> circostanza Oddino Morgari, col denunziare <strong>al<strong>la</strong></strong><br />
<strong>Camera</strong> il caso dell’o<strong>per</strong>aio Romeo Frezzi di Jesi, arrestato, <strong>per</strong>cosso e conseguentemente<br />
deceduto nelle carceri di Roma in seguito all’attentato Acciarito contro il<br />
re, e subito dopo con l’aderire finalmente all’abbandono totale dell’Africa, ed infine<br />
in settembre col sottoscrivere il manifesto <strong>per</strong> l’abolizione del domicilio coatto,<br />
Cavallotti era l’uomo designato da tutta una vita ad interpretare i sentimenti del<strong>la</strong><br />
<strong>Camera</strong> e soprattutto del<strong>la</strong> pubblica opinione allorché l’assemblea unanime, il 30<br />
settembre 1897, <strong>al<strong>la</strong></strong> ria<strong>per</strong>tura del<strong>la</strong> sessione, respingeva le dimissioni presentate da<br />
<strong>Imbriani</strong> in seguito <strong>al<strong>la</strong></strong> tragedia di Siena 52 .<br />
52 <strong>Imbriani</strong>, che il 21 marzo 1897 era stato eletto anche ad Andria, soverchiando il conservatorismo<br />
clericaleggiante di Ceci e lo pseudoprogressismo di Spagnoletti, sarebbe stato confermato il 3 giugno 1900<br />
deputato di Corato con un formalismo unanime quanto mai discutibile.<br />
226
Raffaele Co<strong>la</strong>pietra<br />
“Molti discorsi che si fanno qui dentro – affermava il leader mi<strong>la</strong>nese, inconsapevole<br />
di stare anticipando di soli tre mesi il proprio <strong>per</strong>sonale epicedio – non<br />
valgono l’insegnamento che parlerà da quel seggio vuoto 53 , quotidiano ricordo, nelle<br />
ore del dovere, dell’abnegazione con cui egli lo intese e lo concepì… Anche quelli<br />
che si <strong>la</strong>mentavano del<strong>la</strong> frequenza <strong>delle</strong> sue parole oggi ne sentono il desiderio:<br />
<strong>per</strong>ché quell’uomo non è stato cercato d<strong>al<strong>la</strong></strong> sventura e non l’ha trovata <strong>per</strong> caso, fu<br />
esso che andò a cercar<strong>la</strong>, <strong>per</strong> aver troppo chiesto a sé medesimo nel seguire il sentimento<br />
del proprio dovere”.<br />
E torniamo convulsamente a quel seggio <strong>per</strong> ascoltare le parole che <strong>Matteo</strong><br />
Renato <strong>Imbriani</strong> ne fa echeggiare in esordio al discorso del 29 novembre 1895 che<br />
già abbiamo incontrato a proposito del<strong>la</strong> venti<strong>la</strong>ta abolizione <strong>delle</strong> guarentigie e<br />
del<strong>la</strong> funzione che in merito può e deve esercitare <strong>la</strong> tribuna par<strong>la</strong>mentare, le cui<br />
discussioni “unico mezzo che ancor resta al paese <strong>per</strong> iscoprire una qualche parte di<br />
verità, hanno <strong>la</strong> loro grande utilità: non pei risultati e pei voti che si danno qui<br />
dentro ma <strong>per</strong>ché illuminano il paese”.<br />
Ebbene, questa funzione esercita in nome di un principio generale che non a<br />
caso è posto in cima all’intervento, ed in forza di esso: “La libertà e <strong>la</strong> verità hanno<br />
questo di eccellente, che tutto ciò che si fa <strong>per</strong> esse o contro di esse loro riesce<br />
egualmente utile”.<br />
Queste parole non sono d’<strong>Imbriani</strong> ma di Victor Hugo, <strong>la</strong> prefazione di<br />
Hernani, tutta fitta contesta di motti e sentenze che al tribuno napoletano dovevano<br />
essere parimenti familiari (“En revolution, tout mouvement fait avancer… Le<br />
romantisme… n’est… que le libéralisme en littérature… Le libéralisme littéraire ne<br />
sera par moins popu<strong>la</strong>ire que le libéralisme politique… Dans les lettres comme dans<br />
<strong>la</strong> société, point d’étiquette, point d’anarchie: des lois. Ni talons rouges, ni bonnets<br />
rouges”).<br />
La prefazione reca <strong>la</strong> data del 9 marzo 1830, il dramma era andato in scena il<br />
25 febbraio, in primissima linea nel<strong>la</strong> meticolosa organizzazione Gautier, Dumas,<br />
Balzac, Berlioz, i più bei nomi del<strong>la</strong> gioventù romantica francese: giusto cinque<br />
mesi più tardi, le trois glorieuses, una data capitale nel<strong>la</strong> storia del liberalismo europeo:<br />
<strong>Imbriani</strong> era il tardo epigono su<strong>per</strong>stite, che dava <strong>la</strong> mano al nascente socialismo<br />
attraverso <strong>la</strong> democrazia garibaldina, di quei romantici e di quei liberali.<br />
53 Si ricordi che il seggio, poi ceduto al comune di Corato, era emblematicamente il n. 1 del<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, che<br />
era stato di Garibaldi, al culmine del<strong>la</strong> “montagna” dell’estrema sinistra, quasi a simboleggiare un trait d’union<br />
fra Montecitorio e il paese.<br />
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