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documento programmatico - PNV. Press News Veneto

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un solo storico (tra l’altro appartenente alla classe patrizia) che mai avrebbe convalidato<br />

una siffatta dichiarazione (Napoleone ultimo doge) se non per comprensibile demenza<br />

senile (sebbene non ancora riscontrata).<br />

Mi sono quindi posto, con tanta pazienza e discernimento personale alla ricerca di fonti e<br />

documenti che convalidassero l’illegittima abdicazione del Maggior Consiglio. Questo è<br />

quanto da me trovato tra archivi, biblioteca personale e ricerche in internet. Le dispongo<br />

di seguito per punti:<br />

1- La compilazione delle leggi del Maggior Consiglio si trovano all’inventario N° 85 A.S.V<br />

2- Ho consultato la busta N° 240 e la busta N° 2 serie II°. Nella prima busta niente di<br />

interessante, nella seconda sono presenti le indicazioni delle leggi dal 1275 al 1780 e sono<br />

veramente tante. Mi sono soffermato sulla busta DECRETI MAGGIOR CONSIGLIO IN<br />

MATERIA DI ELEZIONE dal 1280 al 1307. I decreti sono moltissimi tutti in latino e non ho<br />

avuto il tempo di leggerli tutti.<br />

3- Nella Enciclopedia Treccani sulla STORIA DI VENEZIA edito in numerosi e compiosi<br />

volumi, si legge al volume N° 8 a pag. 271 che il numero dei patrizi minimo in Maggior<br />

Consiglio era fissato a 600, nella votazione del 12/05/1797 mancava il numero minimo<br />

legale.<br />

4- Nel libro; MISCELLANEA DI STORIA VENETA edita per cura della R. deputazione Veneta<br />

di storia patria a Venezia a spese della società in data 1917 serie terza tomo XII pag. 174<br />

si legge quanto segue:<br />

“Il venerdì 12 maggio si adunava dunque il Maggior Consiglio. Per deliberare intorno a<br />

DECRETI DI MASSIMA occorreva l’intervento di almeno 600 patrizi, e in quel giorno non ve<br />

n’erano che 537; adunanza dunque illegale, ma in quelle condizioni a tutto si passava<br />

sopra, e il doge Lodovico Manin, piangente e tremante di paura poteva leggere il Decreto<br />

con cui veniva adottato il governo rappresentativo, sempre che con questo si fossero<br />

incontrati i desideri del Bonaparte. Il Segretario del Maggior Consiglio Valentino Marini,<br />

salita la tribuna de Consiglieri leggeva il decreto, che messo ai voti, passava con 512<br />

suffragi favorevoli, 20 contrari e 5 non sinceri. Così miseramente terminava la Repubblica<br />

Aristocratica ecc..<br />

5-Nel sito: http://users.libero.it/oscar.sanguinetti/relazpm1.htm<br />

Si trova scritto quanto segue:<br />

Il 1° maggio 1797 si riuniva il Maggior Consiglio, che con 598 voti favorevoli, contro 14<br />

astenuti e 7 contrari, decideva di autorizzare i deputati a discutere il cambiamento della<br />

forma di governo. Il giorno 12 maggio, in nuova riunione del Maggior Consiglio, pur<br />

mancando il numero legale - 537 membri su 600 erano richiesti nel caso di decisioni gravi<br />

— si deliberava che «[...] questo Maggior Consiglio [...] adotta il sistema del proposto<br />

provvisorio rappresentativo governo, sempre che con questo si incontrino i desiderii del<br />

generale medesimo» (17). Il risultato fu 512 voti a favore, 30 contrari e 5 astenuti. Il 13<br />

maggio 1797 veniva proclamata la Repubblica democratica di Venezia. Un decreto del<br />

Maggior Consiglio spiegava il «suicidio» della Repubblica. Il potere, avuto dal popolo –<br />

secondo le teorie contrattualistiche del secolo -, era restituito al popolo, perché il Maggior<br />

Consiglio stesso era convinto di non poter più operare per il bene della gente. Si trattava<br />

di una formula che garantiva la continuità della Repubblica, ma che rifiutava la<br />

identificazione della medesima con ogni forma di aristocrazia. Napoleone Bonaparte<br />

ordinava subito al generale Louis Baraguey d’Hilliers (1764-1813) di entrare in Venezia con<br />

le truppe francesi. I rappresentanti della Municipalità votavano all’unanimità l’unione alla<br />

Repubblica Cisalpina ed indicevano un plebiscito di ratifica per il 28 ottobre 1797. Quel<br />

giorno nelle parrocchie di Venezia si votò per il nuovo consiglio della Repubblica sotto la<br />

vigilanza della guardia nazionale. Una pallina bianca immessa nell’urna significava<br />

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