documento programmatico - PNV. Press News Veneto
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icercatore (di Storia moderna), a Scienze Matematiche Fisiche e Naturali (!), per<br />
“sistemare”, sic tradunt, la moglie di uno già lì dentro. Ma queste sono le gocce del mare.<br />
Queste cose le vedevo quando ero fuori dal sistema, ora che per un caso del tutto fortuito<br />
ci sono dentro – giuro che non venduto l’anima ma neanche parti del corpo poco nobili –<br />
continuo a vederlo, impotente ad arginarle. D’altra parte, cantava Battisti, “come può uno<br />
scoglio arginare il mare” di inefficienza e corruzione che caratterizza le università di ITA (e<br />
tutti gli altri settori, peraltro)? La soluzione non è in nessuna riforma (le hanno già tentate<br />
tutte…) ma come per tutto il resto è nella nascita della Venetia libera.<br />
2. Il futuro…<br />
La Venetia libera terrà in gran conto il sistema universitario. Come ogni piccolo Stato<br />
prospero, molto probabilmente molto presto le sue università saliranno nei ranghi<br />
mondiali. Nella classifica 2008 dellemigliori università al mondo del THES, un notevole e<br />
notissimo giornale inglese dedicato al mondo universitario, figurano tra le prime cento<br />
università di Belgio, Svezia, Svizzera, Olanda, Israele, della Corea del Sud, della Finlandia,<br />
della Danimarca, di Singapore, di Hong Kong. Accanto ai colossi americani e ad Oxford e<br />
Cambridge, ai primi posti. Per comprendere qual sia la competizione mondiale, la Boston<br />
University per cui lavoro, un colosso autentico, figura solo al 46° posto, ma è già qualcosa<br />
di cui il Presidente Brown si è detto fiero.<br />
Innanzi tutto, la Venetia potrà capitalizzare sia sul passato glorioso di Padova, sia sul suo<br />
presente: Padova conserva nuclei di eccellenza notevolissimi, e tanti di quei “rari nantes”<br />
di cui ho parlato sopra vi lavorano. Poi, anche Venezia e Verona hanno fatto molto e in<br />
alcuni settori sono note nel mondo.<br />
Le università della Venetia, se rimarranno di Stato – cosa che potrà essere sottoposta a<br />
discussione – godranno comunque, in una situazione di accresciuta ricchezza nazionale,<br />
dei benefici che toccheranno ad ogni altro settore (previa radicale risanamento):<br />
finanziamenti almeno doppi, che porteranno ad un notevole aumento, tra l’altro, degli<br />
stipendi assolutamente miserabili ora elargiti da ITA, non perché siano in assoluto<br />
miserabili (in questo hanno ragione Alesina e Giavazzi) ma perché il costo del lavoro e la<br />
tassazione altissima, unita al costo della vita di ITA, li rende tali. Ovviamente si<br />
studieranno riforme strutturali profonde, ma non necessariamente si butterà via il bambino<br />
con l’acqua del bagno. I legislatori della Venetia saranno molto accorti, nel processo di<br />
decolonizzazione. Per le università come per tutto il resto. Ma sicuramente il sistema verrà<br />
profondamente cambiato, innanzi tutto razionalizzando le risorse.<br />
Perché il problema del sistema ITA non è solo nella scarsezza di risorse, ma anche nel loro<br />
cattivo utilizzo. Le due cose immagino che secondo le sofisticate teorie dei disastri e delle<br />
catastrofi, della “fuzzy logic”, vadano insieme. Gli esempi sono infiniti. Perché ad esempio<br />
un giovane professore, chiamato “ricercatore”, può insegnare al massimo 40 ore all’anno,<br />
un associato 80 e un ordinario 120? Che cosa significa questa idiozia di ITA? Negli US tutti<br />
i professori insegnano più o meno gli stessi corsi, le stesse ore. E producono pure<br />
scientificamente. Se i “ricercatori” hanno così poco insegnamento, allora chissà quanto<br />
produrranno scientificamente! Invece non è vero. Non vi è nessuna correlazione provata<br />
tra minore attività didattica e maggiore attività scientifica. Almeno da noi. In genere, i<br />
ricercatori ricercano poco, e insegnano ancor meno. A cosa servono? Insomma, si<br />
prendono una misera sinecura.<br />
Le università della Venetia prenderanno a modello le migliori del mondo. Sapendo<br />
benissimo che all’inizio, e forse per un secolo o più, non si potrà raggiungere Yale o<br />
Oxford. Ma intanto si lavorerà in quella direzione. Utilizzare al meglio le risorse che ci<br />
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