la violenza del potere nelle opere di sciascia, tabucchi e consolo
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Letteratura italiana c.p.<br />
anno 2004/2005<br />
“ LA VIOLENZA DEL POTERE NELLE OPERE<br />
DI<br />
SCIASCIA, TABUCCHI E CONSOLO”<br />
Re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong>: Alice Aricò, Rossel<strong>la</strong> Carlucci, Giulia Maiocchi, Isabel<strong>la</strong><br />
Panzini<br />
1
INTRODUZIONE<br />
Nel<strong>la</strong> presente analisi è stato affrontato il filone tematico <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>violenza</strong> <strong>del</strong> <strong>potere</strong>,<br />
declinato in alcune <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Leonardo Sciascia (“Il contesto”, “Todo modo”, “I<br />
pugna<strong>la</strong>tori”, “L’affaire Moro”), Antonio Tabucchi (“Piazza d’Italia”, “Sostiene<br />
Pereira”) e Vincenzo Consolo (“Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”).<br />
Attraverso <strong>la</strong> rie<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>li e canoni <strong>del</strong><strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione (tra gli altri, il romanzo<br />
storico, il romanzo <strong>di</strong> formazione ed il giallo) essi raggiungono una prosa che esprime al<br />
meglio una realtà sociale in cui mafia, <strong>di</strong>ttatura, ipocrisia e bugia <strong>di</strong> <strong>potere</strong> si connettono<br />
con l’impotenza collettiva, il <strong>di</strong>sincanto e l’assenza <strong>di</strong> speranza.<br />
La letteratura è, in definitiva, il necessario filtro interpretativo <strong>del</strong><strong>la</strong> storia<br />
contemporanea, recente e passata.<br />
Il filo rosso nel<strong>la</strong> produzione <strong>di</strong> questi autori è <strong>la</strong> riflessione critica sul <strong>potere</strong>, non più<br />
strumento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, ma causa <strong>di</strong> caos e sconvolgimento sul<strong>la</strong> scena nazionale ed<br />
internazionale, ma anche, e soprattutto, sul palcoscenico <strong>del</strong><strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana, fatta <strong>di</strong><br />
piccoli attori. Ed è proprio dal partico<strong>la</strong>re, dal basso, che <strong>la</strong> prospettiva si al<strong>la</strong>rga e allo<br />
stesso tempo appare rovesciata: è <strong>la</strong> vita dei Rogas, dei Gioacchino Martinez e dei<br />
Pereira, dei perdenti, insomma, che viene toccata e sconvolta dal<strong>la</strong> Storia. Voci che<br />
prima rimanevano inascoltate ora impongono il proprio grido e invocano il<br />
cambiamento.<br />
La funzione critica e demistificatrice, propria <strong>del</strong> romanzo storico <strong>di</strong> stampo<br />
manzoniano, comunque, rimane. E’ il tono, non più paternalistico, insieme al gusto per<br />
il gioco letterario a fare <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza. Scompare l’idea <strong>di</strong> una giustizia che premia gli<br />
oppressi e punisce i colpevoli: sia i gran<strong>di</strong> (Falcone, Borsellino, Moro) sia i piccoli<br />
(Garibaldo) sono accomunati dal loro destino, che è quello <strong>di</strong> soccombere, intrappo<strong>la</strong>ti<br />
2
<strong>nelle</strong> leve <strong>del</strong> <strong>potere</strong> e <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia. Questi personaggi non sono, o meglio, non possono<br />
più essere eroi, perché è proprio il contesto in cui si trovano ad agire che, sordo,<br />
impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> affermare il loro valore.<br />
L’intento <strong>di</strong> questo <strong>la</strong>voro è, in definitiva, quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come, le scelte personali<br />
degli autori, dai contenuti alle strutture e dal<strong>la</strong> lingua alle tematiche, siano funzionali ad<br />
una riflessione che sfocia in dura critica e <strong>la</strong>scia poco al<strong>la</strong> speranza in una possibilità <strong>di</strong><br />
riscatto.<br />
3
LEONARDO SCIASCIA<br />
(“Il Contesto”, “Todo Modo”, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, “L’Affaire<br />
Moro”)<br />
Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />
Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, in provincia <strong>di</strong> Agrigento, l’8 gennaio 1921 da<br />
una famiglia <strong>del</strong><strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia locale. È il maggiore <strong>di</strong> tre fratelli e passerà buona<br />
parte <strong>del</strong><strong>la</strong> sua infanzia in compagnia <strong>del</strong>le zie, responsabili <strong>di</strong> un’educazione<br />
prevalentemente <strong>la</strong>ica. Frequenta l’istituto magistrale <strong>di</strong> Caltanissetta e, negli Anni<br />
Trenta, precocemente infasti<strong>di</strong>to dai rituali <strong>del</strong> regime fascista, Sciascia legge libri che<br />
resteranno per lui fondamentali: Manzoni, Hugo, Casanova, Courier, Diderot, Dos<br />
Passos, Hemingway, Faulkner. Nel 1944 sposa Maria Andronico, dal<strong>la</strong> quale avrà due<br />
4
figlie. Nel 1949 inizia ad insegnare al<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> elementare <strong>di</strong> Racalmuto e, insieme ad<br />
altri, fonda <strong>la</strong> rivista “Galleria” che <strong>di</strong>rigerà dal 1950 fino al<strong>la</strong> morte, garantendosi <strong>la</strong><br />
col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> prestigiosi scrittori e critici, fra i quali Pasolini. Nel 1950 pubblica il<br />
suo primo libro, “Favole <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura”, prosette in forma <strong>di</strong> favo<strong>la</strong> esopiana che<br />
precedono <strong>di</strong> due anni l’uscita <strong>del</strong><strong>la</strong> sua unica raccolta <strong>di</strong> versi, “La Sicilia, il suo<br />
cuore”, e <strong>del</strong>l’antologia “Il fiore <strong>del</strong><strong>la</strong> poesia romanesca”, e<strong>di</strong>ta con una prefazione <strong>di</strong><br />
Pasolini.<br />
Nel 1953 pubblica il saggio “Piran<strong>del</strong>lo e il piran<strong>del</strong>lismo” e comincia a col<strong>la</strong>borare<br />
con <strong>la</strong> “Gazzetta <strong>di</strong> Parma”. Suoi articoli escono anche su “L’Ora”, “Letteratura” e<br />
“Nuova Corrente”, più tar<strong>di</strong> su “Tempo Presente” e “Officina”. Nel 1956 esce “Le<br />
parrocchie <strong>di</strong> Regalpetra”, interamente basato sul passato e sul presente <strong>di</strong> Racalmuto.<br />
Viene favorevolmente accolto dai critici e vince il premio Crotone.<br />
Nel 1961 pubblica il romanzo giallo “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” che resta, ancora oggi, il<br />
suo libro più famoso, più venduto e, il primo ad essere tradotto all’estero. È un romanzo<br />
in cui, per <strong>la</strong> prima volta, <strong>la</strong> mafia viene rappresentata nel suo momento <strong>di</strong> passaggio dal<br />
dominio <strong>del</strong>le campagne al dominio <strong>del</strong>le città. Un altro fortunato romanzo poliziesco è<br />
“A ciascuno il suo” che viene pubblicato nel 1966 ed è <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> una mafia ormai<br />
urbana e totalmente politicizzata.<br />
L’anno successivo si trasferisce a Palermo dove si crea intorno a lui un nutrito cenacolo<br />
<strong>di</strong> scrittori e artisti che darà vita a interessanti esperienze culturali, prima fra tutte <strong>la</strong><br />
casa e<strong>di</strong>trice Sellerio.<br />
Nel 1969 comincia a col<strong>la</strong>borare con il “Corriere <strong>del</strong><strong>la</strong> sera”, nel ’72 passerà al<strong>la</strong><br />
“Stampa”, per poi alternare momenti <strong>di</strong> col<strong>la</strong>borazione esclusiva a uno dei due giornali<br />
a fasi in cui <strong>di</strong>stribuiva i suoi articoli fra l’uno e l’altro quoti<strong>di</strong>ano. Nel 1971 pubblica<br />
“Il contesto” e nel 1974 “Todo modo”.<br />
5
Nel 1975, nonostante le frequenti polemiche con i critici <strong>di</strong> fede comunista, Sciascia<br />
accetta <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darsi come in<strong>di</strong>pendente <strong>nelle</strong> liste <strong>del</strong> Pci <strong>nelle</strong> elezioni comunali <strong>di</strong><br />
Palermo. Eletto, si <strong>di</strong>metterà presto, <strong>di</strong>sgustato dal<strong>la</strong> politica <strong>del</strong> “compromesso storico”<br />
fra Pci e Dc. Nel 1976 pubblica “I pugna<strong>la</strong>tori” e dall’evento più tragico degli “anni <strong>di</strong><br />
piombo”, nel 1978 nasce “L’Affaire Moro”. Nel 1979 pubblica tre libri “Nero su<br />
nero”, “La Sicilia come metafora” e “Dal<strong>la</strong> parte degli infe<strong>del</strong>i”, ma il 1979 è<br />
soprattutto l’anno in cui Sciascia accetta <strong>la</strong> proposta <strong>del</strong> Partito Ra<strong>di</strong>cale per una<br />
can<strong>di</strong>datura alle elezioni politiche. L’esperienza par<strong>la</strong>mentare sarà per lui un mezzo per<br />
indagare sul caso Moro, come membro <strong>del</strong><strong>la</strong> commissione par<strong>la</strong>mentare d’inchiesta.<br />
Al<strong>la</strong> fine dei <strong>la</strong>vori <strong>del</strong><strong>la</strong> commissione, nel 1982, Sciascia non con<strong>di</strong>viderà le<br />
conclusioni <strong>del</strong> re<strong>la</strong>tore <strong>di</strong> maggioranza ed esprimerà tutte le sue perplessità in una<br />
re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> minoranza, pubblicata in appen<strong>di</strong>ce a una ristampa <strong>del</strong>l’ “Affaire Moro”.<br />
Negli anni <strong>del</strong> mandato par<strong>la</strong>mentare (1981- 1986) Sciascia non scrive romanzi, ma<br />
pubblica solo libri intervista (“Conversazione in una stanza chiusa”), raccolte <strong>di</strong> saggi<br />
(“Cruciverba”), <strong>di</strong>vagazioni memoriali o “cronachette” (“La strega e il capitano”).<br />
Nel 1982 dopo l’assassinio mafioso <strong>del</strong> prefetto <strong>di</strong> Palermo, generale Dal<strong>la</strong> Chiesa, lo<br />
scrittore, rifiutatosi <strong>di</strong> elogiare incon<strong>di</strong>zionatamente <strong>la</strong> sua azione, viene accusato dal<br />
figlio <strong>del</strong> generale, Nando Dal<strong>la</strong> Chiesa, <strong>di</strong> voler “fare il gioco <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia”. Una<br />
vicenda analoga si ripeterà nel 1987, quando Sciascia, - <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> campagna contro<br />
<strong>la</strong> mafia <strong>del</strong> sindaco Leoluca Or<strong>la</strong>ndo e al<strong>la</strong> promozione a procuratore <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica<br />
<strong>di</strong> Marsa<strong>la</strong> <strong>di</strong> Paolo Borsellino, un giu<strong>di</strong>ce <strong>del</strong> pool antimafia <strong>di</strong> Palermo preferito a un<br />
altro magistrato più anziano che però non aveva mai preso parte a processi contro <strong>la</strong><br />
mafia -, vorrà suonare un campanello d’al<strong>la</strong>rme in <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong> rispetto rigoroso <strong>del</strong>le<br />
leggi e contro <strong>la</strong> possibilità che si utilizzi “l’antimafia come strumento <strong>di</strong> <strong>potere</strong>”, un<br />
po’ com’era successo in epoca fascista. Sciascia è investito da un uragano <strong>di</strong> accuse,<br />
tutte volte a sottolinearne <strong>la</strong> “oggettiva” complicità con <strong>la</strong> mafia. Lo scrittore replica<br />
6
puntualmente sostenendo <strong>di</strong> aver fatto, a proposito <strong>di</strong> Borsellino, un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> metodo<br />
procedurale e non <strong>di</strong> merito (come d’altronde il giu<strong>di</strong>ce aveva perfettamente capito).<br />
Affetto da un male incurabile muore a Palermo il 20 novembre 1989.<br />
7
LE STRUTTURE NARRATIVE<br />
Sciascia, grande appassionato <strong>del</strong> racconto poliziesco, ne adotta temi, tecniche e schede<br />
narrative non solo nei romanzi (“A ciascuno il suo”, “Il contesto”, “Todo Modo” per<br />
citarne alcuni), ma anche nei romanzi-inchiesta in cui scrupolosamente esamina i<br />
documenti d’archivio re<strong>la</strong>tivi ad episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronaca recenti e non (ad esempio “I<br />
pugna<strong>la</strong>tori”, “Morte <strong>del</strong>l’Inquisitore”, “L’affaire Moro”).<br />
Il “giallo”<br />
Prima <strong>di</strong> scrivere “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta”, il suo primo romanzo “giallo”, Sciascia fa<br />
confluire gli stu<strong>di</strong> e le riflessioni sul genere in una serie <strong>di</strong> articoli, raccolti poi in<br />
“Breve storia <strong>del</strong> romanzo poliziesco”, a sua volta inserito in “Cruciverba” (1983).<br />
Emerge fin da subito una passione ed una competenza sul “giallo” che egli riverserà e<br />
rimo<strong>del</strong>lerà <strong>nelle</strong> sue <strong>opere</strong>. In partico<strong>la</strong>re, Sciascia sperimenta un genere <strong>di</strong> romanzo<br />
poliziesco che, attraverso il rovesciamento degli schemi ottimistici tra<strong>di</strong>zionali, indaga<br />
nel<strong>la</strong> mentalità e nei problemi <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà contemporanea.<br />
Il romanzo poliziesco è utilizzato in quanto “forma <strong>di</strong> racconto che tende al<strong>la</strong> verità dei<br />
fatti e al<strong>la</strong> denuncia <strong>del</strong> colpevole” 1 , rappresenta in ultima analisi un tentativo <strong>di</strong><br />
sve<strong>la</strong>re le verità che il Potere è interessato a nascondere.<br />
A <strong>di</strong>fferenza dei canoni tra<strong>di</strong>zionali <strong>del</strong> genere, il “giallo” <strong>sciascia</strong>no <strong>di</strong>venta paro<strong>di</strong>a,<br />
ironia lieve e <strong>di</strong>ssacratoria, ma che non spinge al comico, bensì al<strong>la</strong> rappresentazione<br />
tragica <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà politica. Altra <strong>di</strong>fferenza è che il mistero rimane spesso insoluto e le<br />
indagini non giungono mai ad una soluzione facile e imme<strong>di</strong>ata perché <strong>la</strong> verità non è<br />
mai semplice né chiara. Anche quando essa emerge, rimane vittima <strong>del</strong>le <strong>di</strong>namiche <strong>del</strong><br />
Potere. Il colpevole, quando viene scoperto, non viene punito, o per lo meno non viene<br />
sconfitta <strong>la</strong> trama criminale <strong>di</strong> cui fa parte.<br />
1 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 87<br />
8
E’ stato inoltre notato come <strong>la</strong> ricostruzione psicologica e sociale <strong>del</strong> contesto in cui<br />
avvengono gli omici<strong>di</strong> è ad<strong>di</strong>rittura anticipatrice <strong>di</strong> alcuni avvenimenti nel<strong>la</strong> politica<br />
italiana contemporanea (ad esempio, ne “Il Contesto” o in “Todo Modo”).<br />
Gli investigatori a cui vengono affidati i casi incarnano <strong>la</strong> <strong>di</strong>sperazione e il dolore <strong>di</strong><br />
Sciascia verso <strong>la</strong> realtà in cui vive. Per quanto competenti, essi sono comunque<br />
impotenti <strong>di</strong> fronte al Potere: le uniche forme <strong>di</strong> giustizia consistono allora nel non<br />
impe<strong>di</strong>re agli assassini <strong>di</strong> compiere i loro omici<strong>di</strong> (“Il contesto”), nell’uccidere gli<br />
assassini stessi (“Todo Modo”), oppure nel farsi uccidere fungendo da capri espiatori<br />
(“Il cavaliere e <strong>la</strong> morte”).<br />
Le scelte narrative, <strong>la</strong> continua commistione fra invenzione e ironia, <strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> una<br />
trama torbida e sempre più intrecciata fanno sì che il giallo <strong>sciascia</strong>no assuma un<br />
carattere “barocco”.<br />
“Il romanzo-inchiesta”<br />
Nel<strong>la</strong> strutturazione dei suoi racconti-inchiesta Sciascia si ispira esplicitamente al<strong>la</strong><br />
“Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> Colonna Infame” poiché, come scrive nel<strong>la</strong> introduzione al<strong>la</strong> stessa, uno<br />
scrittore ha il dovere morale <strong>di</strong> assumere il ruolo <strong>di</strong> testimone nel<strong>la</strong> lotta contro <strong>la</strong><br />
impostura e “il passato, il suo errore, il suo male, non è mai passato: e dobbiamo<br />
continuamente viverlo e giu<strong>di</strong>carlo nel presente, se vogliamo essere davvero<br />
storicisti” 2 .<br />
L’opera narrativa si mesco<strong>la</strong> così al<strong>la</strong> ricostruzione storica attraverso lo stu<strong>di</strong>o dei<br />
materiali d’archivio per scoprire una verità da denunciare e riportare come esempio. Lo<br />
scrittore deve cercare <strong>nelle</strong> cronache <strong>del</strong> passato episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ingiustizia e <strong>di</strong> cru<strong>del</strong>tà, per<br />
risarcire le vittime almeno con il ricordo <strong>del</strong>le loro sofferenze e l’ammonimento sui<br />
mali che portano all’uso <strong>del</strong> Potere come strumento <strong>di</strong> prevaricazione e oppressione dei<br />
2 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 212<br />
9
deboli. Nell’intervista “La Sicilia come metafora” è lo stesso Sciascia ad affermare che<br />
“se <strong>la</strong> verità ha per forza <strong>di</strong> cose molte facce, l’unica forma possibile <strong>di</strong> verità è quel<strong>la</strong><br />
<strong>del</strong>l’arte. Lo scrittore sve<strong>la</strong> <strong>la</strong> verità decifrando <strong>la</strong> realtà e sollevando<strong>la</strong> al<strong>la</strong> superficie,<br />
in un certo senso semplificando<strong>la</strong>, anche rendendo<strong>la</strong> più oscura, per come <strong>la</strong> realtà<br />
spesso è […]C’è però <strong>di</strong>fferenza tra questa oscurità e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’ignoranza: non si<br />
tratta più <strong>del</strong>l’oscurità <strong>del</strong>l’inespresso, <strong>del</strong>l’informe, ma al contrario <strong>del</strong>l’espresso e<br />
<strong>del</strong> formu<strong>la</strong>to.” 3 . “La vera letteratura si <strong>di</strong>stingue dal<strong>la</strong> falsa solo per l’ineffabile<br />
senso <strong>del</strong><strong>la</strong> verità” 4 e ancora, <strong>nelle</strong> prime pagine <strong>del</strong>l’Affaire Moro si legge: “<strong>la</strong>sciata,<br />
insomma, al<strong>la</strong> letteratura <strong>la</strong> verità, <strong>la</strong> verità – quando dura e tragica apparve nello<br />
spazio quoti<strong>di</strong>ano e non fu più possibile ignorar<strong>la</strong> o travisar<strong>la</strong> – sembrò generata dal<strong>la</strong><br />
letteratura” 5 .<br />
3 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 87<br />
4 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 81<br />
5 L. Sciascia, “L’Affaire Moro”, A<strong>del</strong>phi,, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 29<br />
10
L’analisi <strong>del</strong>l’opera: IL CONTESTO<br />
E<strong>di</strong>to nel 1971 presso Einau<strong>di</strong>, appartiene al filone dei “gialli” o “romanzi polizieschi”<br />
inaugurati a partire da “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” (1961).<br />
Il romanzo, ambientato in un paese immaginario e narrato in terza persona, parte da un<br />
fatto <strong>di</strong> cronaca: l’uccisione <strong>del</strong> procuratore Vargas da parte <strong>di</strong> un misterioso assassino,<br />
identificato dai magistrati con Cres, un uomo condannato per tentato uxorici<strong>di</strong>o. Il caso<br />
viene affidato a Rogas, ispettore <strong>di</strong> polizia, l’unico che “aveva dei principi, in un paese<br />
in cui quasi nessuno ne aveva” 6 . Egli concentra le sue indagini su Cres, ma in seguito<br />
all’assassinio <strong>di</strong> altri giu<strong>di</strong>ci verrà in<strong>di</strong>rizzato a Roma, per indagare negli ambienti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
sinistra extrapar<strong>la</strong>mentare. Qui entra in contatto con l’alta politica e i servizi segreti e<br />
ciò lo porta ad abbandonare <strong>la</strong> pista <strong>del</strong> serial killer per stu<strong>di</strong>are i meccanismi socio-<br />
politici da cui nascono i <strong>del</strong>itti. Egli scopre che è in corso un vero e proprio complotto<br />
contro le istituzioni per realizzare un colpo <strong>di</strong> Stato, attribuito ai movimenti giovanili <strong>di</strong><br />
opposizione ma in realtà portato avanti dal Presidente <strong>del</strong><strong>la</strong> Corte Suprema. Quando<br />
Rogas accede al<strong>la</strong> verità, cerca <strong>di</strong> farsi giustizia da solo rivolgendosi a un amico<br />
comunista perché almeno lui pubblichi <strong>la</strong> verità sul suo giornale, ma rimarrà vittima <strong>di</strong><br />
un attentato che, proprio con <strong>la</strong> complicità <strong>del</strong> giornalista d'opposizione, gli viene teso<br />
dall'organizzazione statale. Il giallo è dunque irrisolto e l’accordo fra governo e<br />
opposizione impe<strong>di</strong>sce che si faccia luce sull’intrigo.<br />
Significativa per <strong>la</strong> comprensione <strong>del</strong><strong>la</strong> genesi <strong>del</strong>l’opera è <strong>la</strong> Nota che Sciascia pone<br />
al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> testo. Lo scrittore inizialmente progettava <strong>di</strong> scrivere un romanzo sul<strong>la</strong><br />
situazione politica italiana e mon<strong>di</strong>ale, ma data <strong>la</strong> vastità <strong>del</strong>l’argomento finì per iniziare<br />
<strong>la</strong> paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un giallo, “per <strong>di</strong>vertirsi” 7 . In realtà, come lui stesso afferma, <strong>la</strong> storia finì<br />
per non <strong>di</strong>vertirlo più, anzi, <strong>di</strong>venta <strong>la</strong> “cronaca <strong>di</strong> una desertificazione ideologica e<br />
6 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 12.<br />
7 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 71<br />
11
ideale” 8 , un “apologo sul <strong>potere</strong>” 9 in un mondo dove principi, valori e ideologie sono<br />
corrotti. Le riflessioni sul<strong>la</strong> politica e sul<strong>la</strong> natura <strong>del</strong> Potere <strong>di</strong> Sciascia, con continui<br />
riman<strong>di</strong> al<strong>la</strong> realtà in cui vive, scateneranno aspre critiche fra alcuni esponenti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
sinistra.<br />
La vicenda <strong>del</strong> protagonista, che con <strong>la</strong> sua volontà razionale <strong>di</strong> scoprire <strong>la</strong> verità<br />
trasgre<strong>di</strong>sce le regole <strong>del</strong> Potere, è emblematica <strong>del</strong> pessimismo <strong>di</strong> Sciascia, che<br />
rappresenta ne “Il Contesto” il fallimento <strong>del</strong><strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> riformare il sistema<br />
politico e <strong>di</strong> vincere <strong>la</strong> mafia.<br />
Mentre l’ambientazione è scarna ed essenziale, i personaggi sono sapientemente<br />
costruiti dall’autore, che cura con attenzione i nomi dei personaggi e li carica<br />
allegoricamente. Lo stesso nome Rogas deriva infatti dal verbo <strong>la</strong>tino rogare<br />
(interrogare), ed è l’anagramma <strong>di</strong> Argos, il mitico guar<strong>di</strong>ano dai cento occhi.<br />
L’opera <strong>di</strong> Sciascia è inoltre caratterizzata da un gioco <strong>di</strong> parallelismi e “doppi”: il<br />
primo, e più importante, tra Rogas e Cres: i due si incontrano prima che Cres uccida<br />
Riches e Rogas decide <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciarlo agire, poiché lo ritiene meno pericoloso dei reali<br />
nemici <strong>del</strong>lo Stato; “doppi” sono anche lo scrittore Nocio, “vigliacco e irresoluto” 10 , e<br />
il giornalista amico <strong>di</strong> Rogas, Cusan, “un uomo onesto, un amico ideale” 11 ; infine,<br />
“doppio” e certamente ambiguo è il sistema politico in cui maggioranza e opposizione<br />
mascherano il colpo <strong>di</strong> Stato con una finta col<strong>la</strong>borazione.<br />
8 Ibidem<br />
9 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 122<br />
10 G. Traina , “Leonardo Sciascia”, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1999, p. 81<br />
11 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 102<br />
12
L’analisi <strong>del</strong>l’opera: TODO MODO<br />
Il romanzo, successivo e contiguo per <strong>la</strong> tematica <strong>del</strong> Potere a “Il Contesto”, viene<br />
pubblicato nel 1974 presso Einau<strong>di</strong>. Si tratta come per il precedente <strong>di</strong> una paro<strong>di</strong>a <strong>del</strong><br />
romanzo poliziesco e <strong>di</strong> una ripresa <strong>del</strong> genere “sotie” (con cui aveva già scritto “Il<br />
cavaliere e <strong>la</strong> morte”), un tipo <strong>di</strong> satira allegorica che trae spunto dal<strong>la</strong> realtà sociale e<br />
politica per poi parafrasarne <strong>la</strong> stupi<strong>di</strong>tà e <strong>la</strong> follia.<br />
Protagonista <strong>del</strong><strong>la</strong> vicenda è un pittore <strong>di</strong> successo che capita per caso in un eremo-<br />
albergo dove ogni anno un prete apparentemente colto e devoto, don Gaetano, raduna<br />
uomini politici, industriali, bancari, notabili per praticare esercizi spirituali. In realtà<br />
questi sono solo un pretesto per coprire una serie <strong>di</strong> traffici e intrighi politici al fine <strong>di</strong><br />
una lucrosa spartizione <strong>del</strong> <strong>potere</strong>. Durante il soggiorno <strong>del</strong> pittore, l’eremo sarà teatro<br />
<strong>di</strong> tre omici<strong>di</strong>, l’ultimo dei quali avrà come vittima proprio don Gaetano. Dalle indagini<br />
non vengono in<strong>di</strong>viduati i colpevoli; non solo, l’inchiesta sul <strong>del</strong>itto si <strong>di</strong>mostra<br />
impossibile perché tutti sono sospettabili, non ci sono moventi e a nul<strong>la</strong> serve <strong>la</strong><br />
spontanea ammissione <strong>di</strong> colpa da parte <strong>del</strong> pittore all’amico procuratore.<br />
Don Gaetano appare fin da subito agli occhi <strong>del</strong> pittore come un uomo dal<strong>la</strong> doppia<br />
personalità. L’accoglienza nel suo eremo è da una parte fredda e <strong>di</strong>staccata, dall’altra<br />
premurosa e paterna. Un altro elemento che colpisce il pittore sono gli occhiali <strong>di</strong> don<br />
Gaetano, fatti a pince-nez, con una montatura nera: gli stessi indossati dal <strong>di</strong>avolo in una<br />
copia <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong> Manetti, che si trova nell’eremo. In ogni altra occasione <strong>di</strong><br />
confronto tra il prete il pittore, ricca anche <strong>di</strong> citazioni e riferimenti culturali, verrà<br />
sve<strong>la</strong>ta <strong>la</strong> vera natura <strong>del</strong> ritiro spirituale e <strong>del</strong> prete stesso.<br />
Al <strong>di</strong> là dei giu<strong>di</strong>zi e <strong>del</strong>le opinioni <strong>del</strong> pittore, don Gaetano è indubbiamente <strong>di</strong> uno dei<br />
personaggi meglio costruiti ed inventati da Sciascia. Si tratta <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> prete “colto,<br />
13
letterato, che appartiene più al<strong>la</strong> cultura cattolica francese che all’italiana” 12 . Un<br />
uomo che non solo sve<strong>la</strong> le imperfezioni e <strong>la</strong> corruzione <strong>del</strong>l’istituzione a cui<br />
appartiene, ma legittima e assolve atti criminosi.<br />
Il pittore, un uomo <strong>di</strong> circa quarant’anni <strong>di</strong> cui non viene mai sve<strong>la</strong>to il nome, è estraneo<br />
al<strong>la</strong> realtà corrotta <strong>del</strong><strong>la</strong> società, sembra fin dall’inizio incuriosito agli avvenimenti<br />
<strong>del</strong>l’eremo-albergo e affascinato dal carisma <strong>di</strong> don Gaetano; tuttavia osserva senza mai<br />
intromettersi, ma una volta capita <strong>la</strong> logica <strong>del</strong> Potere decide <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi da essa e farsi<br />
giustizia da solo <strong>di</strong>ventando a sua volta omicida.<br />
L’opera inizia con <strong>la</strong> citazione <strong>di</strong> un saggio piran<strong>del</strong>liano scritto dal “maggior critico<br />
italiano dei nostri anni” (Giacomo Debenedetti), che serve da chiave <strong>di</strong> lettura al giallo<br />
irrisolto. Altrettanto significativa ai fini <strong>del</strong>l’interpretazione è <strong>la</strong> conclusione, una lunga<br />
citazione da “Les caves du Vatican” (1913) <strong>di</strong> André Gide, con cui il testo <strong>di</strong> Sciascia<br />
instaura una serie <strong>di</strong> analogie.<br />
Il testo è narrato per <strong>la</strong> prima volta in prima persona dal pittore e rientra nel filone dei<br />
gialli <strong>di</strong> gusto barocco. La soluzione non è esplicita: sono infatti presenti alcune ellissi<br />
che non permettono imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> capire chi è o chi sono gli assassini. Il compito<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduarli è <strong>la</strong>sciato al lettore, che potrà cercare <strong>di</strong> ricostruire gli elementi mancanti<br />
nel testo o legger il passo <strong>di</strong> Gide come chiave interpretativa. Nicolò Mineo, Professore<br />
<strong>di</strong> Letteratura Italiana e Preside <strong>del</strong><strong>la</strong> Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia <strong>del</strong>l'Università <strong>di</strong><br />
Catania, ha proposto un’interessante interpretazione degli omici<strong>di</strong>: i primi due<br />
sarebbero da imputare a don Gaetano, l’ultimo al pittore, che si confessa<br />
spontaneamente al commissario Sca<strong>la</strong>mbri ma non viene creduto.<br />
Par<strong>la</strong>ndo <strong>del</strong><strong>la</strong> genesi <strong>del</strong>l’opera, Sciascia <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> avere avuto ispirazione per questo<br />
romanzo da un suo soggiorno in un albergo religioso a Zafferana Etnea, in Sicilia,<br />
nell’estate <strong>del</strong> 1970; mesco<strong>la</strong> quin<strong>di</strong> realtà ad elementi fittizi e rappresenta ancora una<br />
volta metaforicamente <strong>la</strong> situazione storica in cui Sciascia vive. Il titolo è tratto dal<strong>la</strong><br />
12 L. Sciascia, “La Sicilia come metafora”, intervista <strong>di</strong> M. Padovani, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori 1979; pag. 67<br />
14
“Primera anotaciòn” degli “Esercizi spirituali” <strong>di</strong> Sant'Ignazio <strong>di</strong> Loyo<strong>la</strong>, dove egli<br />
prescrive che bisogna “agire in qualunque modo per raggiungere <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong>vina” 13 .<br />
Simbolico è il luogo dove avviene <strong>la</strong> narrazione: l’eremo-albergo è iso<strong>la</strong>to, lontano e<br />
nascosto dal mondo; è un “nido”, un “fortilizio” 14 , come lo definisce il pittore. I<br />
meccanismi per <strong>la</strong> definizione <strong>del</strong> Potere che si instaurano nel ristretto gruppo<br />
rappresentano metaforicamente il funzionamento <strong>del</strong>l’intera società corrotta nel<strong>la</strong> sua<br />
sfera politica e religiosa.<br />
Vincenzo Consolo, in un saggio raccolto in “Di qua dal faro” (1999), afferma che<br />
“Todo Modo” può essere considerato anticipatore de “L’affaire Moro”, proprio perché<br />
ritroviamo nel romanzo lo stesso contesto politico-criminale che porterà al<strong>la</strong> morte <strong>di</strong><br />
Moro.<br />
13 G. Traina , “Leonardo Sciascia”, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1999, p. 223.<br />
14 L. Sciascia ,“Todo Modo”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1974, p. 17.<br />
15
L’analisi <strong>del</strong>l’opera: I PUGNALATORI<br />
E<strong>di</strong>zioni: a puntate su “La Stampa” poi in volume, “Nuovi Coralli” Einau<strong>di</strong>, 1976 (5<br />
ristampe, 106.000 copie vendute); 2ª e<strong>di</strong>zione “Fabu<strong>la</strong>” A<strong>del</strong>phi, 1990. Traduzioni:<br />
francese, spagno<strong>la</strong>, cata<strong>la</strong>na, tedesca, ungherese, russa, svedese.<br />
Il 25 maggio <strong>del</strong> 1862 l’avvocato Guido Giacosa, piemontese, viene nominato Sostituto<br />
Procuratore Generale <strong>del</strong> Re presso <strong>la</strong> Corte D’Appello <strong>di</strong> Palermo. Egli <strong>di</strong>venta ben<br />
presto “insofferente <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> superficie verniciata, sostanza pessima” 15 che <strong>la</strong><br />
Sicilia gli offre.<br />
Il 1° ottobre 1862 un “fatto criminale <strong>di</strong> orrida novità” 16 funesta Palermo: tre<strong>di</strong>ci<br />
persone in <strong>di</strong>versi punti <strong>del</strong><strong>la</strong> città vengono accoltel<strong>la</strong>te al<strong>la</strong> stessa ora da feritori tanto<br />
simili da assomigliare a uno stesso uomo. Uno dei feritori, Angelo d’Angelo, confessa e<br />
fa i nomi degli esecutori e dei presunti mandanti. Le indagini su tale sinistra<br />
macchinazione sono affidate al procuratore Guido Giacosa e al Consigliere Mari.<br />
L’inchiesta conduce ben presto a in<strong>di</strong>viduare nel principe <strong>di</strong> Sant’Elia, ricchissimo e<br />
rispettatissimo senatore <strong>del</strong> Regno d’Italia, l’insospettabile mandante. Con crescente<br />
angoscia e <strong>di</strong>sperazione fra complotti, doppie verità e “sommessi sussurri” 17 , Giacosa<br />
cerca <strong>di</strong> costruire una solida accusa avvalendosi solo <strong>del</strong><strong>la</strong> testimonianza <strong>di</strong> pentiti e<br />
spie spesso scre<strong>di</strong>tate. In una re<strong>la</strong>zione sul caso, Giacosa scrive: “Noi non abbiamo<br />
guardato al<strong>la</strong> qualità <strong>del</strong>le persone, ai loro precedenti, alle loro <strong>di</strong>gnità, al loro<br />
carattere; abbiamo <strong>di</strong>menticato il principe e il monsignore, il facchino e il<br />
guardapiazza: per ricordarci solo che tutti erano uguali <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> legge, che contro<br />
tutti pesavano uguali in<strong>di</strong>zii e che questi in<strong>di</strong>zii in nostra coscienza erano sufficienti e<br />
gravi. A tutti era dunque dovuto eguale trattamento; e se ci siamo ricordati che fra i<br />
15 L. Sciascia, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 12<br />
16 Ibidem, p. 13<br />
17 Ibidem, p. 103<br />
16
colpiti vi era un Senatore <strong>del</strong> Regno, ciò fu soltanto per rispettarne le prerogative nei<br />
limiti più stretti consentiti dallo Statuto…” 18 . La c<strong>la</strong>sse <strong>di</strong>rigente siciliana appare però<br />
ambigua, irresponsabile e doppiogiochista e quin<strong>di</strong> tale <strong>di</strong>chiarazione non sarà<br />
sufficiente per permettergli <strong>di</strong> condannare l’illustre colpevole. Il caso si “risolverà” così<br />
con <strong>la</strong> condanna dei soli esecutori materiali. Lo stesso procuratore Giacosa verrà<br />
rimproverato da Crispi per i mo<strong>di</strong> in cui l’istruttoria era stata condotta e per il fatto che<br />
vi fossero state coinvolte persone <strong>del</strong><strong>la</strong> cui innocenza si rendeva garante.<br />
Prima <strong>del</strong><strong>la</strong> stesura <strong>di</strong> questo racconto inchiesta Sciascia stu<strong>di</strong>a le carte conservate dagli<br />
ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Giacosa e conduce ricerche d’archivio a Palermo e a Roma ricavandone <strong>la</strong><br />
convinzione <strong>del</strong><strong>la</strong> colpevolezza <strong>di</strong> Sant’Elia che avrebbe or<strong>di</strong>to <strong>la</strong> congiura per suscitare<br />
l’in<strong>di</strong>gnazione popo<strong>la</strong>re contro lo stato sabaudo incapace <strong>di</strong> tute<strong>la</strong>re <strong>la</strong> quiete pubblica e<br />
dunque per rinfoco<strong>la</strong>re nostalgie borboniche. Nei problemi <strong>del</strong> magistrato Giacosa<br />
Sciascia legge le eterne <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia italiana a farsi strada fra le fitte reti<br />
tessute dal Potere allo scopo <strong>di</strong> occultare i suoi crimini.<br />
L’analisi <strong>del</strong>l’opera: L’AFFAIRE MORO<br />
Nel 1978 appare contemporaneamente in Italia per Sellerio ed in Francia per Grasset,<br />
tradotto da Jean-Noel Schifano. Nel<strong>la</strong> ristampa <strong>del</strong> 1983 verrà pubblicata in appen<strong>di</strong>ce<br />
anche <strong>la</strong> Re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> minoranza presentata dal deputato Leonardo Sciascia.<br />
Scritto pochi mesi dopo il sequestro (16 marzo) e l’assassinio (9 maggio 1978) <strong>di</strong> Aldo<br />
Moro ad opera <strong>del</strong>le Brigate rosse suscita feroci contestazioni, tanto che Sciascia viene<br />
persino accusato <strong>di</strong> connivenza con le Brigate rosse.<br />
18 Ibidem, p. 74<br />
17
Nel titolo appare ispirato a Voltaire (“L’affaire Ca<strong>la</strong>s”) e a Zo<strong>la</strong> (“L’affaire Dreyfus”),<br />
ma in realtà è vicino agli scrittori francesi solo per <strong>la</strong> superficiale coincidenza <strong>di</strong><br />
militanza politica dal<strong>la</strong> parte <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione e <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia.<br />
Questo pamphlet si configura come un <strong>di</strong>scorso contro il “partito <strong>del</strong><strong>la</strong> fermezza” (<strong>la</strong><br />
DC) che, rifiutando le trattative con le Brigate Rosse ha abbandonato il suo esponente<br />
più illustre al suo destino <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> “vittima sacrificale” <strong>di</strong> un intero regime politico.<br />
Sciascia inoltre, pur essendo contro <strong>la</strong> lotta armata, non esita ad esprimere scarsa fiducia<br />
in uno Stato che non sa sconfiggere i fenomeni mafiosi né sa proteggere chi vi si<br />
oppone.<br />
Per ricostruire <strong>la</strong> vicenda in tutte le sue implicazioni Sciascia analizza le lettere <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
prigionia <strong>di</strong> Moro, con rigore da filologo. Egli compie un’azione preliminare che lo<br />
pone in una posizione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cale contestazione rispetto al<strong>la</strong> verità <strong>di</strong>vulgata da chi è al<br />
<strong>potere</strong>: quelle lettere sono veritiere, non sono state estorte dai terroristi, contengono<br />
l’autentico pensiero <strong>di</strong> Moro forse anche qualche messaggio “cifrato” che il prigioniero<br />
cercava <strong>di</strong> far arrivare a chi lo potesse intendere. Moro, nel tentativo d i comunicare con<br />
i suoi colleghi e amici <strong>di</strong> partito, è costretto a “<strong>di</strong>re col linguaggio <strong>del</strong> non<strong>di</strong>re” 19 , a<br />
“farsi capire adoperando gli stessi strumenti che aveva adottato e sperimentato per<br />
non farsi capire” 20 . I politici italiani non riconoscono però quel linguaggio e si<br />
affrettano a sostenere che le lettere <strong>di</strong> Moro dal<strong>la</strong> “prigione <strong>del</strong> popolo” sono opera <strong>di</strong><br />
un uomo drogato e non in sé stesso. Per questo celebrano da subito il funerale <strong>del</strong><br />
grande statista che fu, per negargli <strong>di</strong>gnità e verità durante <strong>la</strong> sua prigionia.<br />
L’altro livello <strong>di</strong> comunicazione presente nel testo è quello tra Moro e le BR: se Moro<br />
non fosse stato l’abile politicante che era dal<strong>la</strong> “prigione <strong>del</strong> popolo” non sarebbe uscita<br />
una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e il rapimento non sarebbe durato tanto a lungo. Moro sa <strong>di</strong>alogare con<br />
le BR e questo gli permette <strong>di</strong> comunicare con l’esterno in re<strong>la</strong>tiva libertà, per questo<br />
19 L. Sciascia, “L’affaire Moro”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 17<br />
20 Ibidem<br />
18
Sciascia affida a quelle lettere una così grande importanza. L’obiettivo <strong>del</strong> presidente<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> DC non è solo quello <strong>di</strong> muovere le trattative per il ri<strong>la</strong>scio, quanto <strong>di</strong> essere<br />
ritrovato dal<strong>la</strong> forze <strong>di</strong> polizia, <strong>di</strong> guadagnare il tempo che occorreva a chi era preposto<br />
al<strong>la</strong> sua ricerca, ma nessuno in quei giorni seppe davvero leggere le sue lettere. La frase<br />
che quin<strong>di</strong> permette <strong>di</strong> comprendere L’Affaire Moro è contenuta in uno degli ultimi<br />
messaggi al<strong>la</strong> moglie: “è incre<strong>di</strong>bile a quale punto sia giunta <strong>la</strong> confusione <strong>del</strong>le<br />
lingue” 21 .<br />
Sciascia accusa <strong>la</strong> Democrazia Cristiana <strong>di</strong> mancanza <strong>di</strong> pietà e riconoscenza verso colui<br />
che aveva assunto su <strong>di</strong> sé <strong>la</strong> <strong>di</strong>fesa e <strong>la</strong> responsabilità <strong>di</strong> tutto un partito. La pietà<br />
<strong>del</strong>l’autore per Moro non nasce dal<strong>la</strong> simpatia per il politico quanto da un sentimento <strong>di</strong><br />
affetto verso un uomo solo e tra<strong>di</strong>to. Lo scrittore infatti “non mira a scoprire il perché<br />
<strong>del</strong>l’evento, ma come esso sia stato vissuto dal protagonista e dai personaggi <strong>di</strong><br />
contorno” 22 .<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione <strong>di</strong> Sciascia questa può essere considerata l’opera in<br />
cui culmina <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a <strong>del</strong> Potere iniziata con “Il Contesto” e “Todo Modo”.<br />
LINGUA E STILE<br />
Sciascia si è molto ispirato per <strong>la</strong> lingua che utilizza agli scrittori <strong>del</strong> gruppo de “La<br />
Ronda”, una rivista che appare nel 1919. In partico<strong>la</strong>re, fa riferimento ad essi per i<br />
criteri <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, chiarezza e semplicità. Tuttavia il suo grande maestro <strong>di</strong> scrittura<br />
rimane Manzoni, che ritiene essere “il più grande scrittore italiano” 23 .<br />
21 Ibidem, p. 145<br />
22 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 45<br />
23 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 77.<br />
19
Nel<strong>la</strong> stesura dei suoi romanzi, Sciascia afferma <strong>di</strong> non aver mai avuto problemi <strong>di</strong><br />
stile 1 . Il problema principale semmai era rappresentato dall’uso <strong>di</strong> “sicilianismi” ed<br />
espressioni <strong>di</strong>alettali: essi erano molto presenti nel<strong>la</strong> sintassi <strong>del</strong>le prime <strong>opere</strong>, perché<br />
visti come uno strumento per giungere al realismo. Progressivamente si fanno più rari,<br />
fino ad arrivare a testi come “Todo Modo” dove sono assenti.<br />
Sciascia descrive questo suo progressivo <strong>di</strong>stacco dalle espressioni tipiche siciliane<br />
come un parallelo al suo sentirsi siciliano: all’allontanamento psicologico, intellettuale e<br />
sentimentale dalle cose siciliane corrisponde un allontanamento dal<strong>la</strong> sua lingua e dal<br />
suo <strong>di</strong>aletto.<br />
Da stu<strong>di</strong> critici effettuati, specie dopo l’interessamento <strong>di</strong> Pasolini allo stile <strong>di</strong> Sciascia,<br />
emergono alcuni tratti <strong>di</strong>stintivi <strong>del</strong><strong>la</strong> sua sintassi. Egli ricorre spesso a iperbati, ellissi,<br />
paranomasie; usa pochi articoli ma molti segni <strong>di</strong> interpunzione per frammentare <strong>la</strong><br />
frase; preferisce frasi nominali e proposizioni finali introdotte dal<strong>la</strong> “a”.<br />
Un’inversione <strong>di</strong> tendenza si ha negli anni ’70 e ’80, quando alle proposizioni<br />
coor<strong>di</strong>nate egli preferisce l’uso <strong>del</strong><strong>la</strong> subor<strong>di</strong>nazione.<br />
La maggior parte dei testi è ricca <strong>di</strong> citazioni, implicite ed esplicite, che hanno spesso<br />
una funzione <strong>di</strong> interazione con il lettore, e possono rappresentare ad esempio<br />
riempimenti <strong>di</strong> vuoti o concetti su cui <strong>di</strong>scutere (come avviene in “Todo Modo”).<br />
Fanno parte <strong>del</strong>lo stile <strong>di</strong> Sciascia le componenti ironiche, satiriche e umoristiche, non<br />
per niente egli è stato vincitore <strong>del</strong> premio “Forte dei Marmi” per <strong>la</strong> satira politica nel<br />
1980. Anche qui lo scrittore <strong>di</strong> riferimento è Manzoni, in partico<strong>la</strong>re per quanto riguarda<br />
l’ironia. Sciascia utilizza un tipo partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong> ironia che si accanisce contro i<br />
prepotenti, gli intolleranti e coloro che manovrano illegittimamente il Potere, basti<br />
pensare ad esempio il personaggio <strong>di</strong> don Gaetano in “Todo Modo”.<br />
20
LE TEMATICHE<br />
“L’omici<strong>di</strong>o in Sciascia”<br />
Sciascia è interessato all’indagine e al<strong>la</strong> descrizione <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> <strong>potere</strong> declinato<br />
<strong>nelle</strong> varie forme <strong>di</strong> criminalità organizzata, mafia siciliana e omici<strong>di</strong>o. Non si limita ad<br />
affermare che il sistema democratico in realtà maschera una forma <strong>di</strong> <strong>potere</strong> tiranno (il<br />
fascismo) <strong>di</strong> cui <strong>la</strong> mafia è l’espressione più pericolosa e perversa, ma denuncia nei suoi<br />
testi le complicità tra criminalità mafiosa, c<strong>la</strong>ssi politiche, magistratura, esercito e clero.<br />
Gli omici<strong>di</strong> narrati non hanno mai moventi soggettivi o in<strong>di</strong>viduali ma sono un intreccio<br />
<strong>di</strong> cause più complesse da ricercare <strong>nelle</strong> strutture sociali, culturali, politiche ed<br />
economiche. Di conseguenza, l’omicida non è più necessariamente un soggetto ma<strong>la</strong>to<br />
che compie atti devianti, ma qualcuno che opera a livello <strong>del</strong><strong>la</strong> collettività con<br />
comportamenti sociali complessi.<br />
Interessante è anche notare che in gran parte dei romanzi <strong>di</strong> Sciascia vengono presentati<br />
non uno ma una serie <strong>di</strong> <strong>del</strong>itti, e vi è anche una certa ripetitività <strong>di</strong> alcuni numeri: tre<br />
sono i <strong>del</strong>itti ne “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” e in “A ciascuno il suo”, tre<strong>di</strong>ci sono invece le<br />
vittime all’inizio de “I pugna<strong>la</strong>tori” e nell’intera opera “Il Contesto”.<br />
La narrazione è un insieme <strong>di</strong> elementi reali, simbolici ed immaginari: proprio questo<br />
conferisce alle storie narrate un carattere realistico nel quale si può cogliere <strong>la</strong> <strong>di</strong>namica<br />
<strong>del</strong>l’atto omicida. La narrazione è quin<strong>di</strong> il mezzo per arrivare al<strong>la</strong> conoscenza <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
realtà. Spesso questo intreccio <strong>di</strong> elementi comporta una maggior <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lettura ed<br />
interpretazione dei romanzi <strong>di</strong> Sciascia, che possono essere scomposti e analizzati su più<br />
livelli.<br />
“La Sicilia come metafora”<br />
21
La Sicilia con <strong>la</strong> sua vita sociale dominata dal<strong>la</strong> presenza <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia rappresenta per<br />
Sciascia, oltre che il legame con una tra<strong>di</strong>zione, anche <strong>la</strong> metafora <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> essere<br />
e <strong>di</strong> vivere. La sua iso<strong>la</strong> <strong>di</strong>venta l’immagine esemp<strong>la</strong>re <strong>del</strong>le tendenze più perverse non<br />
solo <strong>del</strong>l’intera realtà italiana, ma anche <strong>di</strong> un mondo che somiglia ad una trappo<strong>la</strong>, in<br />
cui <strong>la</strong> ragione, negata da poteri e complicità <strong>di</strong> ogni tipo, è costretta a cercare se stessa, a<br />
<strong>di</strong>fendere <strong>la</strong> sua funzione <strong>di</strong> giustizia e <strong>di</strong> verità.<br />
Le <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Sciascia prendono vita nel<strong>la</strong> solitaria provincia agrigentina, dove, a partire<br />
dall’Ottocento, le miniere <strong>di</strong> zolfo avevano trasformato oltre al paesaggio anche le<br />
con<strong>di</strong>zioni economiche e culturali: <strong>la</strong> zolfara costituiva una nuova struttura economica<br />
che andava a sovrapporsi a quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> feudo portando l’uomo siciliano dal<strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne <strong>del</strong><strong>la</strong> vita conta<strong>di</strong>na ad una forma <strong>di</strong> vita aggregata e solidale. Questo,<br />
insieme al <strong>potere</strong> democristiano <strong>del</strong> dopoguerra e al<strong>la</strong> mafia permettono allo scrittore <strong>di</strong><br />
affermare che <strong>la</strong> “sicilitu<strong>di</strong>ne” 24 è un modo d’essere non naturale, ma risultante “da<br />
partico<strong>la</strong>ri vicissitu<strong>di</strong>ni storiche e dal<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rità degli istituti” 25 .<br />
L’autore allude quin<strong>di</strong> al<strong>la</strong> Sicilia come ad “un <strong>la</strong>birinto <strong>di</strong> vetro, dove si resta<br />
prigionieri, vedendo tutto, ma senza vedere le pareti che rinchiudono; e si è prigionieri<br />
<strong>di</strong> simboli <strong>di</strong> morte, <strong>di</strong> una realtà luttuosa. Ecco perché, per Sciascia, è bene amare <strong>la</strong><br />
Sicilia, ma anche mantenerne una <strong>di</strong>stanza almeno mentale” 26 . In un’intervista<br />
concessa a Tom Baldwin nel 1979 lo scrittore <strong>di</strong>ceva infatti <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re “dei mali<br />
siciliani non perché li o<strong>di</strong>o, ma perché li porto dentro <strong>di</strong> me, e vorrei liberarmene” 27 .<br />
Tra le altre numerose affermazioni che si riferiscono al rapporto letterario tra lo scrittore<br />
e <strong>la</strong> sua terra, ve ne è una che appare partico<strong>la</strong>rmente chiarificatrice e che Sciascia<br />
scriveva nel 1967 con riferimento all’opera che lo aveva rive<strong>la</strong>to: “È stato detto che<br />
nel<strong>la</strong> Parrocchie <strong>di</strong> Regalpetra sono contenuti tutti i temi che ho poi, in altri libri,<br />
24 Citato in M. Onofri, “Storia <strong>di</strong> Sciascia”, Laterza, Bari 1994, p. 140<br />
25 Ibidem<br />
26 G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 204<br />
27 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 203<br />
22
variamente svolto. E l’ho detto anch’io. […] Tutti i miei libri in effetti ne fanno uno. Un<br />
libro sul<strong>la</strong> Sicilia che tocca i punti dolenti <strong>del</strong> passato e <strong>del</strong> presente e che viene ad<br />
artico<strong>la</strong>rsi come <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> una lunga sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione” 28 . La conferma <strong>di</strong><br />
questa tesi <strong>la</strong> troviamo anche ne I Pugna<strong>la</strong>tori quando, per descrivere lo stato d’animo<br />
<strong>del</strong> magistrato Giacosa, l’autore scrive: “Credeva <strong>di</strong> dovere <strong>la</strong> sua sconfitta, <strong>la</strong> sconfitta<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> legge, <strong>la</strong> sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia, al<strong>la</strong> Sicilia: alle abitu<strong>di</strong>ni, le tra<strong>di</strong>zioni, l’indole,<br />
lo spirito <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>sgraziato paese assai più amma<strong>la</strong>to <strong>di</strong> quanto si presuma. Lo<br />
doveva invece all’Italia” 29 .<br />
“Il Potere corrotto”<br />
Le scelte polemiche <strong>di</strong> Sciascia e i suoi interventi controcorrente si fondano sul<strong>la</strong> sua<br />
educazione <strong>la</strong>ica lontana dagli intrighi e dalle tattiche <strong>del</strong><strong>la</strong> vita politica, perciò <strong>la</strong> sua<br />
aspirazione ad una realtà lucidamente razionale e ad una vita sociale libera dall’inganno<br />
e dal<strong>la</strong> <strong>violenza</strong> lo ha portato a mettere in luce tutta <strong>la</strong> carica negativa <strong>di</strong> quel Potere che<br />
fa leva su intrecci perversi che rendono cieca <strong>la</strong> stessa ragione. Attraverso personaggi<br />
che cercano <strong>la</strong> verità indagando su eventi e situazioni partico<strong>la</strong>ri sia <strong>del</strong> presente che <strong>del</strong><br />
passato egli <strong>di</strong>mostra <strong>la</strong> <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione e <strong>del</strong><strong>la</strong> verità che sono<br />
spesso nascoste dalle trame <strong>del</strong><strong>la</strong> vita sociale e da poteri apparenti e occulti.<br />
La mafia si configura quin<strong>di</strong> come espressione <strong>del</strong><strong>la</strong> società corrotta e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
degenerazione <strong>del</strong> Potere e <strong>di</strong>venta garanzia <strong>del</strong><strong>la</strong> conservazione <strong>del</strong> dominio <strong>nelle</strong> mani<br />
<strong>di</strong> chi lo detiene da sempre.<br />
Sciascia vede <strong>la</strong> realtà italiana degli anni Ottanta dominata da poteri trasversali, forme<br />
mafiose e complicità che portano l’ingiustizia in ogni momento <strong>del</strong><strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana e<br />
vedono <strong>la</strong> sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione che deve comunque continuare a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> no al male e<br />
28 Citato in M. Onofri, “Nel nome dei padri – Nuovi stu<strong>di</strong> <strong>sciascia</strong>ni”, La Vita Felice, Mi<strong>la</strong>no 1998 p. 11<br />
29 L. Sciascia, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 97<br />
23
alle menzogne dei poteri manifesti ed occulti. Inoltre, l’impegno che c’è nei suoi libri<br />
“spinge il lettore a schierarsi dal<strong>la</strong> parte degli oppressi, da chi ha sete <strong>di</strong> giustizia e che<br />
lotta per un <strong>di</strong>ritto nuovo” 30 .<br />
Secondo Sciascia i poliziotti “incarnano semplicemente <strong>la</strong> legge, senza <strong>la</strong> quale una<br />
società non può vivere. La loro sfortuna è proprio che questa legge non riescono ad<br />
applicar<strong>la</strong>” 31 . Ne è un esempio l’ispettore Rogas. Egli deve risolvere “un arduo<br />
problema etico: è lecito assicurare al<strong>la</strong> legge i criminali che ad essa attentano, quando<br />
si tratta <strong>del</strong><strong>la</strong> legge <strong>di</strong> uno stato non più fondato sul <strong>di</strong>ritto e <strong>la</strong> giustizia? Bisogna<br />
servire uno Stato ormai governato da un’associazione a <strong>del</strong>inquere o <strong>di</strong>chiarargli<br />
guerra?” 32 . Il risultato è <strong>la</strong> sua identificazione con l’assassino che si trasforma in<br />
vittima innocente <strong>di</strong> uno Stato criminale.<br />
Ritroviamo <strong>la</strong> giustizia sconfitta anche ne “I Pugna<strong>la</strong>tori” dove nonostante gli in<strong>di</strong>zi il<br />
Principe <strong>di</strong> Sant’Elia mantiene i propri privilegi e scontano <strong>la</strong> pena <strong>di</strong> morte solo alcuni<br />
<strong>del</strong>inquenti mercenari, misere reclute <strong>del</strong><strong>la</strong> congrega dei pugna<strong>la</strong>tori.<br />
Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />
ANTONIO TABUCCHI<br />
(“Piazza d’Italia” e “Sostiene Pereira”)<br />
Antonio Tabucchi nasce a Pisa il 24 settembre 1943 e viene allevato dai nonni in un<br />
borgo <strong>nelle</strong> vicinanze <strong>del</strong><strong>la</strong> città toscana.<br />
Durante gli anni <strong>del</strong>l’università intraprende numerosi viaggi in Europa.<br />
30 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 85<br />
31 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 67<br />
32 M. Onofri, “Storia <strong>di</strong> Sciascia”, Laterza, Bari 1994, p. 155<br />
24
Proprio durante uno <strong>di</strong> questi suoi spostamenti viene a contatto con l’opera <strong>del</strong> genio<br />
portoghese <strong>di</strong> Fernando Pessoa (1888-1935), il quale non simpatizzò mai per i regimi<br />
totalitari e, anzi, spesso, assunse posizioni più aperte e coraggiose. Conosce Lisbona e<br />
sviluppa per questa città e per il Portogallo una vera e propria passione che segnerà gran<br />
parte <strong>del</strong><strong>la</strong> sua opera. Si <strong>la</strong>urea, inoltre, con una tesi sul “Surrealismo in Portogallo”.<br />
Ha curato <strong>la</strong> traduzione in italiano <strong>di</strong> molte <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Pessoa e su questo grande autore ha<br />
anche scritto un libro <strong>di</strong> saggi e una comme<strong>di</strong>a teatrale..<br />
Si perfeziona al<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Normale Superiore <strong>di</strong> Pisa negli anni ’70 e nel 1973 è<br />
chiamato presso <strong>la</strong> cattedra <strong>di</strong> Lingua e Letteratura Portoghese a Bologna.<br />
Nel 1973 scrive il suo primo romanzo, “Piazza d’Italia” (pubblicato solo nel 1975<br />
presso Bompiani), che rappresenta, insieme a “Il piccolo naviglio” (Mondadori,<br />
1978), il primo approccio al testo come luogo <strong>di</strong> incontro-scontro tra scrittura e storia.<br />
“Piazza d’Italia” rimane comunque un tentativo ben riuscito <strong>di</strong> (ri)scrivere <strong>la</strong> Storia<br />
dal<strong>la</strong> prospettiva dei perdenti, attraverso il racconto epico degli avvenimenti che lungo<br />
l’arco <strong>di</strong> tre generazioni segnano le vite degli appartenenti ad una famiglia toscana <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione anarchica.<br />
L’autore qui sembra muovere i suoi primi passi nel solco <strong>del</strong>l’insegnamento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />
scrittori italiani, quali Giovanni Verga, Federico De Roberto, Giuseppe Tomasi Di<br />
Lampedusa, Beppe Fenoglio e contemporanei, tra i quali, Vincenzo Consolo.<br />
Nel 1978 insegna, inoltre, all’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova.<br />
Del 1981 è “Il gioco <strong>del</strong> rovescio e altri racconti” (Il Saggiatore), seguito da “Donna<br />
<strong>di</strong> Porto Pim” (Sellerio, 1983). Questi due testi sono entrambi collegati al<strong>la</strong> materia <strong>del</strong><br />
gioco narratologico e <strong>del</strong> rapporto fra testo ed extratesto che permettono all’autore <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sporre <strong>del</strong><strong>la</strong> scrittura come strumento <strong>di</strong> creatività con cui creare un effetto <strong>di</strong><br />
25
prospettiva a tratti <strong>di</strong>storta, comunque insolita, che rappresenti l’intreccio fra letteratura<br />
e vita.<br />
Il 1984 è l’anno <strong>del</strong> primo romanzo importante, intito<strong>la</strong>to “Notturno in<strong>di</strong>ano”, da cui<br />
nel 1989 è stato tratto anche un film. Il protagonista è un uomo al<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> un amico<br />
scomparso in In<strong>di</strong>a, ma in realtà è al<strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> propria identità.<br />
Nel 1985 pubblica “Piccoli equivoci senza importanza” (Feltrinelli) e, nel 1986 “Il filo<br />
<strong>del</strong>l’orizzonte”.<br />
Tutti i personaggi protagonisti <strong>di</strong> queste storie sono accomunati dal fatto <strong>di</strong> essere al<strong>la</strong><br />
ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> loro vera essenza, <strong>del</strong>le proprie tracce in un nostalgico passato che li<br />
gui<strong>di</strong>no attraverso un futuro, spesso quasi inconsapevole, cammino verso <strong>la</strong> maturità e<br />
<strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> se stessi che non è mai approdo sicuro e garantito. Anche <strong>di</strong> questo<br />
romanzo esiste una trasposizione cinematografica.<br />
Il 1987 è l’anno <strong>di</strong> pubblicazione de “I vo<strong>la</strong>tili <strong>del</strong> Beato Angelico” (Sellerio) e<br />
“Pessoana minima” (Imprensa Nacional, Lisboa). Sempre nello stesso anno l’autore<br />
riceve in Francia il premio per il miglior romanzo straniero (“Notturno in<strong>di</strong>ano”).<br />
Al<strong>la</strong> fine degli anni ’80 molte sono le onorificenze che gli vengono conferite dal mondo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> cultura francese, ma soprattutto portoghese.<br />
Nel 1990 pubblica “Un baule pieno <strong>di</strong> gente. Scritti su Fernando Pessoa” (Feltrinelli)<br />
e nel 1991 “L’Angelo nero” (Feltrinelli).<br />
Le <strong>opere</strong> <strong>di</strong> questo decennio segnano una svolta nell’universo narrativo <strong>del</strong>l’autore: egli<br />
si allontana dal<strong>la</strong> questione <strong>del</strong><strong>la</strong> riscrittura <strong>del</strong><strong>la</strong> storia per addentrarsi in testi e<br />
26
tematiche autoriflessivi nei quali il lettore viene coinvolto in veri e propri giochi<br />
metanarrativi che vanno a destabilizzare <strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zionale idea <strong>del</strong>lo scrivere e <strong>del</strong> ruolo<br />
stesso <strong>del</strong>l’autore in re<strong>la</strong>zione al lettore.<br />
Nel 1992 scrive in portoghese “Requiem”, poi tradotto in italiano, è un <strong>di</strong>scorso<br />
polifonico sul<strong>la</strong> società contemporanea. L’incontro con un famoso poeta <strong>di</strong>viene lo<br />
spunto per il confronto tra moderno e post moderno (Feltrinelli, vincitore <strong>del</strong> Premio<br />
P.E.N. Club italiano).<br />
Il 1994 è l’anno più importante <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>di</strong> Tabucchi.<br />
E’ l’anno de “Gli ultimi tre giorni <strong>di</strong> Fernando Pessoa” (Sellerio), ma soprattutto <strong>del</strong><br />
romanzo che lo ha reso celebre: “Sostiene Pereira” (Feltrinelli).<br />
Vince, così, il Premio Super Campiello, <strong>del</strong> Premio Scanno e <strong>del</strong> Premio Jean Monnet<br />
per <strong>la</strong> Letteratura Europea. Con queste <strong>opere</strong> l’autore manifesta il suo rinnovato<br />
interesse per <strong>la</strong> materia storica che si era manifestato già <strong>nelle</strong> <strong>opere</strong> degli inizi.<br />
Il protagonista <strong>di</strong>venta il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà <strong>di</strong> informazione per gli<br />
oppositori politici <strong>di</strong> tutti i regimi antidemocratici.<br />
In Italia, in partico<strong>la</strong>re, durante <strong>la</strong> campagna elettorale <strong>di</strong> quel periodo, intorno a questo<br />
libro si aggrega l’opposizione contro il magnate <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione Silvio Berlusconi.<br />
Il regista Roberto Faenza ne trae il film omonimo nel 1995, in cui affida <strong>la</strong> parte <strong>di</strong><br />
Pereira a Marcello Mastroianni.<br />
Nel 1997 scrive”La testa perduta <strong>di</strong> Damasceno Monteiro”, basato su una storia <strong>di</strong><br />
cronaca realmente accaduta.<br />
27
Nel 1999 scrive “Gli zingari e il Rinascimento” (Sipiel) e “Una camicia piena <strong>di</strong><br />
macchie. Conversazioni <strong>di</strong> A.T. con Anteos Chrysostomi<strong>di</strong>s” (Agra, Atene).<br />
La missione <strong>di</strong> ogni intellettuale e <strong>di</strong> ogni scrittore è <strong>di</strong> instil<strong>la</strong>re i dubbi circa <strong>la</strong><br />
perfezione, perché <strong>la</strong> perfezione genera ideologie, <strong>di</strong>ttatori e idee totalitariste.<br />
Tabucchi è attratto dai personaggi tormentati e pieni <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, non sta mai dal<strong>la</strong><br />
parte <strong>del</strong>l’Autorità. La capacità <strong>di</strong> dubitare è molto importante: bisogna dubitare <strong>del</strong>le<br />
religioni fondamentaliste che non ammettono dubbi, <strong>di</strong> ogni forma estetica <strong>di</strong><br />
perfezione. Esistono comunque dei valori fondamentali sui quali non è possibile<br />
equivocare: come l’affermazione “Tratta il prossimo tuo come te stesso” o <strong>la</strong><br />
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nei suoi romanzi il sentimento e lo sdegno<br />
trovano il modo <strong>di</strong> esprimersi e fanno appello ad un pubblico più vasto, oltre i limiti<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> lingua e i confini nazionali.<br />
I suoi romanzi sono da sempre tradotti in tutto il territorio europeo.<br />
Nel 2001 è <strong>la</strong> volta <strong>di</strong> “Si sta facendo sempre più tar<strong>di</strong>”, un romanzo episto<strong>la</strong>re. Lo<br />
stesso Tabucchi lo definisce come un insieme <strong>di</strong> “<strong>di</strong>scorsi autoreferenziali”, tentativi <strong>di</strong><br />
spiegare a se stessi qualcosa che si è capito in ritardo.<br />
Per questo libro gli viene attribuito il Premio France Culture 2002 per <strong>la</strong> letteratura<br />
straniera.<br />
Nel 2003 appare in libreria “Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori”, sette testi <strong>di</strong><br />
poetica , per <strong>la</strong> maggior parte ine<strong>di</strong>ti o ine<strong>di</strong>ti in Italia, che illuminano l’ispirazione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
scrittura <strong>del</strong>l’autore.<br />
28
Antonio Tabucchi vive per sei mesi all’anno a Lisbona, dove scrive, insieme al<strong>la</strong> moglie<br />
che lì è nata e ai due figli.<br />
Passa il resto <strong>del</strong>l’anno in Toscana e insegna Lingua e Letteratura Portoghese<br />
all’Università <strong>di</strong> Siena.<br />
Egli costituisce un caso a sé nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana <strong>di</strong> oggi, dal momento<br />
che non è solo scrittore, ma anche critico, filologo, traduttore, professore <strong>di</strong> lingua e<br />
letteratura portoghese, autore <strong>di</strong> elzeviri e pamphlet polemici per <strong>la</strong> stampa italiana ed<br />
estera, <strong>di</strong> libri-inchiesta e <strong>di</strong> saggi teorici. A tutt’oggi si occupa <strong>del</strong>le pagine culturali <strong>del</strong><br />
“Corriere <strong>del</strong><strong>la</strong> Sera” e <strong>di</strong> “El Paìs”, dove i suoi articoli appaiono rego<strong>la</strong>rmente nel<strong>la</strong><br />
sezione letteraria.<br />
L’analisi <strong>del</strong>l’opera:<br />
PIAZZA D’ITALIA<br />
Scritto nel 1973, ma pubblicato solo nel 1975 presso l’e<strong>di</strong>tore Bompiani, “Piazza<br />
d’Italia” è il primo romanzo <strong>di</strong> Tabucchi e rappresenta appieno quello che il primo tipo<br />
<strong>di</strong> approccio che l’autore ha avuto con l’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> scrittura. F<strong>la</strong>via Brizio-Skow lo<br />
29
definisce come “esempio <strong>di</strong> meta-narrativa storiografica” 33 , ovvero, una storia<br />
raccontata da un microstorico che ricrea una memoria collettiva <strong>del</strong><strong>la</strong> quale non esiste<br />
traccia nei testi ufficiali.<br />
A) La trama e i personaggi<br />
“Piazza d’Italia” è <strong>la</strong> storia-favo<strong>la</strong> <strong>di</strong> una comunità <strong>del</strong><strong>la</strong> Maremma toscana (si noti <strong>la</strong><br />
vicinanza con i luoghi cari all’infanzia <strong>del</strong>l’autore) dall’epoca <strong>del</strong> Granducato alle<br />
tensioni socio-politiche <strong>del</strong>l’imme<strong>di</strong>ato secondo dopoguerra, vista attraverso <strong>la</strong> lente <strong>di</strong><br />
una famiglia <strong>di</strong> anarchici toscani, nel<strong>la</strong> quale viene tramandato il nome-simbolo <strong>di</strong><br />
Garibaldo.<br />
Nel sottotitolo, “Favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re in tre tempi, un epilogo e un appen<strong>di</strong>ce”, si chiarisce<br />
già che l’intento <strong>del</strong>l’autore è quello <strong>di</strong> giocare, o quantomeno, manipo<strong>la</strong>re in maniera<br />
creativa i piani e i fotogrammi <strong>del</strong> racconto.<br />
In partico<strong>la</strong>re qui interessa <strong>la</strong> definizione <strong>di</strong> “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re” 34 che funge un po’ da<br />
etichetta per quello che è il romanzo in analisi.<br />
La famiglia toscana non ha un cognome, (in “Sostiene Pereira” il protagonista, al<br />
contrario, ha un cognome, ma non un nome) quasi a voler marcare una volta <strong>di</strong> più<br />
l’apparente anonimità <strong>di</strong> queste figure secondarie. Esse vivono le loro microstorie<br />
personali e per il pensiero dominante non trovano posto, se non marginale e <strong>di</strong> poco<br />
prestigio, mentre <strong>la</strong> Storia, quel<strong>la</strong> dei gran<strong>di</strong>, quel<strong>la</strong> dei testi ufficiali fa il suo corso,<br />
travolgendo tutto e tutti.<br />
Plinio, capostipite <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia, partecipa al<strong>la</strong> Spe<strong>di</strong>zione dei Mille con Garibal<strong>di</strong> e, in<br />
seguito, al<strong>la</strong> Breccia <strong>di</strong> Porta Pia. Durante <strong>la</strong> battaglia, a Roma, viene gravemente ferito<br />
ad un piede. Dopo l’amputazione, Plinio getta il piede al <strong>di</strong> là dei giar<strong>di</strong>ni vaticani e,<br />
33 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, “Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”, Cosenza, Pellegrini<br />
E<strong>di</strong>tore, 2002.<br />
34 F. Brizio-Skov, ibidem, p.36.<br />
30
compiuto il gesto, spe<strong>di</strong>sce una cartolina al<strong>la</strong> moglie, in cui scrive : “Ho preso a calci<br />
Pio IX”. Questo è il primo atto <strong>di</strong> eversione <strong>di</strong> una lunga serie nel racconto e che lega i<br />
caratteri indomabili degli appartenenti al<strong>la</strong> stessa stirpe <strong>di</strong> indomiti citta<strong>di</strong>ni insofferenti<br />
al giogo dei potenti e al gioco dei loro soprusi. Del<strong>la</strong> sua vita non sappiamo molto,<br />
soltanto che viene ferito a morte da un guar<strong>di</strong>acaccia regio e muore a trent’anni a causa<br />
<strong>di</strong> una fo<strong>la</strong>ga. Plinio, tuttavia, prima <strong>di</strong> morire, riesce a spiegare a suo figlio alcuni<br />
concetti basi<strong>la</strong>ri <strong>del</strong>l’esistenza e <strong>la</strong> sua lezione <strong>di</strong> vita è semplice, par<strong>la</strong> <strong>di</strong> uguaglianza,<br />
l’acqua e il grano sono <strong>di</strong> tutti come le fo<strong>la</strong>ghe, e le guar<strong>di</strong>e regie servono per<br />
ammazzare che se ne accorge. Questa lezione Plinio l’ ha imparata da suo padre, quando<br />
da ragazzino aveva visto abbattere <strong>la</strong> statua <strong>del</strong> Granduca <strong>di</strong> Toscana e aveva visto<br />
erigerne una nuova e gli era stato spiegato che il re era il “nuovo padrone” 35 . Plinio<br />
crede nell’uguaglianza e per questo si arruo<strong>la</strong> con Garibal<strong>di</strong>, fa il bracconiere per<br />
procurarsi da mangiare: <strong>la</strong> sua scelta nasce da una situazione socio-economica <strong>di</strong>sperata,<br />
unica alternativa a chi possiede tutto e fa leggi ingiuste. Plinio, dapprima crede <strong>di</strong> poter<br />
cambiare <strong>la</strong> realtà, ma poi è costretto a ritornare sui propri passi, rimanendone vittima.<br />
L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Plinio passa a suo figlio Garibaldo, che cresciuto in una miseria ancora più<br />
nera <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> padre, appunto perché senza genitore, giovanissimo mette in pratica,<br />
quasi inconsciamente, i dettami <strong>del</strong> padre. Quando i fratelli Quarto e Volturno (anche<br />
questi, si noti, nomi emblematici) partono per <strong>la</strong> guerra d’Africa (1887) Garibaldo si<br />
spara ad un piede, rifiutandosi <strong>di</strong> andare a morire per “questi stronzi che stanno in<br />
panciolle”. Come suo padre è bracconiere, ma <strong>di</strong> sensi così acuti che sa sempre quando<br />
il guar<strong>di</strong>acaccia si apposta per sparargli e, infatti, riesce a ucciderlo e per questo è<br />
costretto al<strong>la</strong> fuga prima a Parigi e poi in America. Quando Garibaldo torna fa in tempo<br />
a sposarsi e ad avere un figlio prima <strong>di</strong> morire ucciso dai bastoni <strong>del</strong>le guar<strong>di</strong>e regie<br />
durante l’assalto al granaio municipale (1899). Anche Garibaldo come il padre crede<br />
nel<strong>la</strong> giustizia sociale e tenta <strong>di</strong> realizzar<strong>la</strong>, ma paga <strong>la</strong> ribellione con <strong>la</strong> morte.<br />
35 A. Tabucchi, “Piazza d’Italia”, Mi<strong>la</strong>no, Feltrinelli, 2005.<br />
31
Non è <strong>di</strong>versa <strong>la</strong> sorte per suo figlio, anche lui chiamato Garibaldo, al<strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre.<br />
Le tre generazioni <strong>di</strong> Plinio, Garibaldo e Garibaldo si tramandano geneticamente e<br />
attraverso il nome <strong>la</strong> sete <strong>di</strong> giustizia sociale che li conduce al<strong>la</strong> ribellione e all’o<strong>di</strong>o<br />
contro i padroni, al rifiuto istintivo <strong>del</strong> male.<br />
Il caso <strong>di</strong> Garibaldo figlio è più complesso rispetto a quello dei suoi progenitori poiché<br />
<strong>la</strong> sua vita abbraccia tutto il secondo e il terzo tempo <strong>del</strong> romanzo, <strong>di</strong>panandosi durante<br />
uno dei momenti più convulsi <strong>del</strong><strong>la</strong> storia contemporanea: <strong>la</strong> prima metà <strong>del</strong> Novecento.<br />
Gli sconvolgimenti storici <strong>di</strong> questo periodo <strong>la</strong>sciano una traccia profonda in coloro che<br />
li subiscono: in Garibaldo, nel<strong>la</strong> sua famiglia, negli amici, nel paese. Garibaldo<br />
abbandona <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> rifiutare anche e soprattutto <strong>la</strong> Cultura<br />
ufficiale, il suo paternalismo, l’ubbi<strong>di</strong>enza al re e <strong>la</strong> sottomissione a chi comanda. E <strong>la</strong><br />
trincea <strong>del</strong><strong>la</strong> Grande Guerra gli impartisce lo stesso insegnamento. Con l’avvento <strong>del</strong><br />
Fascismo, Garibaldo continua a commettere atti eversivi agli occhi <strong>del</strong>le autorità, anche<br />
se in teoria punisce una <strong>violenza</strong> ingiusta compiuta dal<strong>la</strong> stessa autorità. Egli agisce da<br />
in<strong>di</strong>vidualista e anarchico, ma capisce, ad un certo punto, che è meglio organizzare le<br />
forze contro il nemico comune. E si <strong>la</strong>ncia nell’esperienza <strong>del</strong><strong>la</strong> Resistenza, abbandona<br />
l’anarchismo e abbraccia il comunismo. Nel dopoguerra, nonostante <strong>la</strong> repubblica<br />
democratica e il governo De Gasperi <strong>la</strong> situazione non sembra essere molto mutata<br />
rispetto ai tempi passati. Solo <strong>la</strong> statua nel<strong>la</strong> piazza è cambiata: non è più quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />
Mussolini, ma quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Democrazia. Chi organizza gli scioperi, viene licenziato<br />
dal<strong>la</strong> fabbrica, chi si ribel<strong>la</strong> viene punito come quando c’era <strong>la</strong> monarchia.<br />
Infatti, durante una riunione <strong>di</strong> <strong>la</strong>voratori, <strong>la</strong> polizia massacra senza ragione Guidone,<br />
vecchio amico <strong>di</strong> Garibaldo. Il sopruso spinge Garibaldo a salire sul monumento <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Piazza e a denunciare l’assassinio <strong>del</strong>l’amico, affermando che le poche lire <strong>di</strong> aumento<br />
promesse non servono a <strong>la</strong>vare il mal fatto, perché “<strong>la</strong> morte non si compra” 36 . Come<br />
36 A.Tabucchi, ibidem, p. 143.<br />
32
isposta il questore fa sparare a Garibaldo che muore e ci riporta, così, al<strong>la</strong> scena<br />
iniziale.<br />
Per quanto concerne, quin<strong>di</strong>, lo specifico <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia in questa sede, sarà utile ricordare<br />
che nessuna spiegazione viene mai data per chiarire i moltissimi riferimenti storici,<br />
spesso marginali, fulminei con cui sono spesso punteggiate le pagine <strong>del</strong> racconto.<br />
Nell’incipit <strong>del</strong> romanzo, che in realtà (come si vedrà, più avanti, nel<strong>la</strong> parte <strong>di</strong> analisi<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> struttura narrativa) sarebbe <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> storia, si apprende in maniera insolita che<br />
vige <strong>la</strong> Repubblica, ma <strong>la</strong> ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> scomparsa <strong>del</strong><strong>la</strong> Monarchia non viene neppure<br />
accennata.<br />
B) La struttura e <strong>la</strong> tecnica narrativa<br />
Il cinema ha avuto un’importanza fondamentale nel<strong>la</strong> formazione culturale <strong>di</strong> Antonio<br />
Tabucchi autore e scrittore. In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> pubblicazione <strong>del</strong>le “Lezioni <strong>di</strong><br />
montaggio” <strong>di</strong> Sergej Eisenstein ha determinato <strong>la</strong> struttura <strong>di</strong> “Piazza d’Italia” 37 .<br />
Il romanzo, dapprincipio scritto in forma tra<strong>di</strong>zionale, viene, dopo <strong>la</strong> lettura <strong>di</strong><br />
Eisenstein, <strong>di</strong>viso in “sequenze”, e poi rior<strong>di</strong>nato secondo le c<strong>la</strong>ssificazioni <strong>del</strong> teorico<br />
russo, come una successione <strong>di</strong> fotogrammi cinematografici. Altra influenza dal cinema<br />
viene anche dal film <strong>di</strong> Anghelopulos, “Le Voyage des comè<strong>di</strong>ens” (in Italia <strong>di</strong>stribuito<br />
con il titolo “La recita”). Il film <strong>del</strong> regista greco è una riflessione epico-storica sul<strong>la</strong><br />
Grecia tra il 1939 e il 1952 e Tabucchi sostiene <strong>di</strong> aver voluto lo stesso risultato in<br />
Piazza d’Italia che, sostanzialmente, si configura come una narrazione-riflessione epica<br />
sul<strong>la</strong> storia d’Italia.<br />
37 F. Brizio-Skov, “A.T. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”.<br />
33
Il montaggio filmico balza subito agli occhi <strong>del</strong> lettore a partire dal riferimento a “tre<br />
tempi, un epilogo e un’appen<strong>di</strong>ce” che affianca il romanzo anche all’idea <strong>del</strong><br />
frammento teatrale-lirico.<br />
Formalmente i “tre tempi” equivalgono a tre atti teatrali che sono frammentati, a loro<br />
volta, in tanti (nel Primo tempo sono 30, nel Secondo 51, nel Terzo 15) brevi capitoletti<br />
numerati come una successione <strong>di</strong> sequenze cinematografiche, appunto. Il romanzo è,<br />
quin<strong>di</strong>, anche una sorta <strong>di</strong> paro<strong>di</strong>a, sia <strong>del</strong><strong>la</strong> storia evemenenziale (in altre parole, quel<strong>la</strong><br />
dei testi ufficiali), sia <strong>del</strong><strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> creare un vero e proprio percorso <strong>di</strong> racconto<br />
organico e lineare. Il racconto e <strong>la</strong> stessa Storia vengono atomizzati, dando una<br />
parvenza <strong>di</strong> linearità su cui prevale, però, <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>rità <strong>del</strong><strong>la</strong> struttura complessiva<br />
<strong>del</strong>l’opera, creando non pochi problemi al lettore che spesso, tra nomi uguali e fluttuare<br />
dei piani temporali, rischia <strong>di</strong> rimanere spaesato.<br />
Si comincia, infatti, con l’ Epilogo e seguono innumerevoli rovesciamenti cronologico-<br />
temporali con morti che precedono nascite, conclusioni che vengono prima <strong>di</strong> inizi in<br />
uno stravolgimento <strong>di</strong> senso <strong>del</strong><strong>la</strong> storia politico-sociale-ideologica e <strong>del</strong> narrare stesso.<br />
E’ come se anche qui l’autore volesse trasmettere l’idea <strong>del</strong>l’eversione, <strong>del</strong> fuggire dai<br />
canoni prestabiliti per <strong>la</strong>nciarsi per un gioco creativo con il lettore, <strong>di</strong> una “rivoluzione<br />
narrativa”, insomma. Dall’ Epilogo si parte con una narrazione che sembra un lungo<br />
f<strong>la</strong>shback filmico il cui effetto viene portato avanti, grazie al modo in cui i capitoletti<br />
sono incatenati fra loro, alcuni <strong>di</strong> essi sono, ad<strong>di</strong>rittura, narrati in contemporanea, come<br />
accade nel montaggio cinematografico, per dare l’effetto <strong>di</strong> ubiquità e temporaneità<br />
proprio <strong>del</strong> cinema. Si prenda ad esempio, <strong>la</strong> <strong>di</strong>citura che accompagna il titolo<br />
<strong>del</strong>l’ultimo capitoletto (intito<strong>la</strong>to “ La morte non si compra”): “due quadri dati in uno,<br />
in ragione <strong>del</strong>l’essere contemporanei” 38 . In questo ultimo frammento, in cui anche <strong>la</strong><br />
<strong>di</strong>stinzione tipografica fra carattere normale e corsivo ha un suo preciso referente <strong>di</strong><br />
significato, il testo che segue in corsivo narra <strong>di</strong> quello che succede sul<strong>la</strong> piazza <strong>di</strong><br />
38 A.T., ibidem, p143.<br />
34
Borgo, quello in caratteri normali tratta <strong>del</strong>l’incontro che avviene a casa <strong>di</strong> Asmara<br />
contemporaneamente a ciò che accade sul<strong>la</strong> piazza.<br />
Al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> libro c’è l’ “Appen<strong>di</strong>ce” che narra <strong>la</strong> morte <strong>del</strong><strong>la</strong> Zelmira, ma, come lo<br />
stesso narratore sottolinea, questa morte si colloca “oltre <strong>la</strong> fine <strong>di</strong> questa storia”, ovvero<br />
anni dopo ciò che è avvenuto al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> Terzo tempo.<br />
C) Lo stile<br />
L’analisi dei titoli, <strong>del</strong>le definizioni date come presentazione all’opera può risultare, nel<br />
caso <strong>di</strong> “Piazza d’Italia”, illuminante.<br />
Si parte dal titolo, Piazza d’Italia, appunto. La piazza è, per eccellenza, il luogo aperto,<br />
<strong>del</strong> rituale, <strong>del</strong>l’incontro-scontro fra le <strong>di</strong>verse voci, i potenti, da un <strong>la</strong>to, i perdenti,<br />
dall’altro, il palcoscenico dove Tabucchi mette in scena <strong>la</strong> paro<strong>di</strong>a <strong>del</strong><strong>la</strong> storia. E’ allo<br />
stesso tempo il luogo <strong>del</strong><strong>la</strong> molteplicità dei componenti <strong>del</strong><strong>la</strong> picco<strong>la</strong> comunità e l’unità<br />
<strong>del</strong> borgo che, non a caso, si chiama proprio “Borgo”, il punto focale dove si catalizza <strong>la</strong><br />
narrazione, il luogo <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà, così come <strong>la</strong> pagina bianca è il territorio ribelle<br />
<strong>del</strong>l’estro creativo <strong>del</strong>l’autore. La narrazione è portata avanti con un carattere<br />
anedottico, episo<strong>di</strong>ca con toni da parabo<strong>la</strong> morale e talvolta ironico-grotteschi.<br />
In secondo luogo, sotto il titolo <strong>del</strong> romanzo si legge “Favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re […]”.<br />
Ne consegue che il romanzo, oltre ad essere una riflessione sul<strong>la</strong> storia d’Italia, ha anche<br />
i caratteri <strong>di</strong> una “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re”.<br />
Cosa vuole trasmettere l’autore con questa “sub-definizione” <strong>del</strong> proprio <strong>la</strong>voro?<br />
La favo<strong>la</strong> (o fiaba) è tra<strong>di</strong>zionalmente il racconto in cui l’inverosimile è <strong>la</strong> norma,<br />
rientrano perfettamente nei parametri <strong>di</strong> una mondo dove le regole <strong>del</strong> reale sono<br />
sovvertite. In Piazza d’Italia, appunto, molti <strong>di</strong> questi elementi inspiegabili sono ca<strong>la</strong>ti<br />
nell’universo quoti<strong>di</strong>ano, creando l’effetto <strong>di</strong> sorpresa per il lettore.<br />
35
Non bisogna, però, tra<strong>la</strong>sciare l’aggettivo “popo<strong>la</strong>re”. Il romanzo in analisi, infatti, deve<br />
essere letto come un vero e proprio racconto popo<strong>la</strong>re, ovvero, come un resoconto orale<br />
<strong>del</strong>le gesta <strong>di</strong> un gruppo che in situazioni <strong>di</strong>fficili si rivolge a quelle pratiche arcaiche<br />
alle quali sin dall’inizio l’umanità si è appel<strong>la</strong>ta per bisogno: maghi, profezie, miracoli,<br />
ovvero al<strong>la</strong> cultura <strong>del</strong>le ra<strong>di</strong>ci popo<strong>la</strong>re. I protagonisti qui sono tutti appartenenti al<br />
mondo conta<strong>di</strong>no-sottoproletario e non ricevono aiuto né dal<strong>la</strong> Cultura ufficiale, né<br />
dal<strong>la</strong> Storia, né dal<strong>la</strong> Religione. La loro unica risorsa rimane <strong>la</strong> vecchia Zelmira, che<br />
<strong>di</strong>vina il destino dei protagonisti, ma in ultima analisi <strong>la</strong>scia a loro il compito <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
decifrazione.<br />
Ovviamente una “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re in tre tempi, un epilogo e un’appen<strong>di</strong>ce” ha bisogno,<br />
per definizione, <strong>di</strong> un narratore (popo<strong>la</strong>re) che adegui il tono e lo stile al<strong>la</strong> materia<br />
trattata. Quin<strong>di</strong>, il profilo <strong>del</strong> narratore sarà onnisciente, impersonale, portavoce <strong>di</strong> una<br />
comunità, il quale racconta le gesta <strong>di</strong> una famiglia e <strong>di</strong> un vil<strong>la</strong>ggio con un linguaggio<br />
colorito, rustico, spigliato, tipico <strong>del</strong><strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione orale ed epico nel senso che narra le<br />
gesta, le avventure, le vite <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne intrecciata <strong>di</strong> personaggi che formano un<br />
paese. Si immagina che l’osservatore sia attento, magari da sempre seduto in piazza<br />
dove tutto si vive e da dove tutto si vede, al centro <strong>del</strong> micro-universo <strong>di</strong> Borgo. Borgo è<br />
il paese prescelto dal narratore, ma potrebbe anche essere il nome generico sotto il quale<br />
si nasconde <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> molti altri vil<strong>la</strong>ggi italiani durante il periodo che va dal 1860 al<br />
secondo dopoguerra.<br />
Il racconto in questione ha, quin<strong>di</strong>, carattere spiccatamente orale per il linguaggio<br />
utilizzato e poiché <strong>la</strong> Storia d’Italia è narrata per accenni.<br />
Per quanto riguarda il primo basti uno sguardo all’incipit <strong>del</strong> romanzo che narra <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
morte <strong>di</strong> Garibaldo figlio sul<strong>la</strong> piazza <strong>di</strong> Borgo. Si trovano espressioni come “quel<br />
giorno da chio<strong>di</strong>”, che deriva dal<strong>la</strong> sovrapposizione <strong>di</strong> “roba da chio<strong>di</strong>” e “giorno da<br />
cani”, ma non figura nel <strong>di</strong>zionario <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua italiana. Anche gli aggettivi<br />
“capocchioso” e “squaccheroso” non compaiono, così come il sostantivo “bacinìo”.<br />
36
L’aggettivo “ghiacciato”, essendo unito al verbo “rimase”, viene inteso come<br />
“stampato, impresso, fino al<strong>la</strong> morte”. Tra le altre, “fare fagotto” è un’espressione<br />
corrente, ma accostata al sostantivo “re” crea una caduta <strong>di</strong> tono.<br />
Il narratore inserisce questi accostamenti creativi in un <strong>di</strong>scorso narrativo in cui prevale<br />
il passato remoto, insieme a vocaboli forbiti e spesso poetici.<br />
Spesso, inoltre, ricorre all’ellissi e alle invenzioni per punteggiare e snellire <strong>la</strong><br />
narrazione. L’impressione che ne deriva, quin<strong>di</strong>, è quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> accostamento al<strong>la</strong> brevità<br />
<strong>del</strong> par<strong>la</strong>re orale coinciso e <strong>di</strong>namico. Quando i personaggi <strong>di</strong>alogano usano sovente un<br />
linguaggio gergale fortemente colorito e quando scrivono <strong>la</strong> loro sintassi sembra<br />
manipo<strong>la</strong>ta quasi a sentire <strong>la</strong> loro voce. Infine, già nell’incipit <strong>del</strong> romanzo bisogna<br />
sottolineare come siano già presenti in poche righe una quantità <strong>di</strong> gesti, movimenti,<br />
dettagli e partico<strong>la</strong>ri ambientali che creano un effetto filmico, visivo, cromatico.<br />
.<br />
37
L’analisi <strong>del</strong>l’opera: SOSTIENE PEREIRA<br />
Pubblicato nel 1994 presso Feltrinelli nel<strong>la</strong> col<strong>la</strong>na “I Narratori”, “Sostiene Pereira”<br />
può essere considerato un romanzo che rappresenta <strong>la</strong> crescita <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza civile,<br />
una sorta <strong>di</strong> bildungsroman che <strong>del</strong>l’evoluzione personale <strong>del</strong> protagonista, al<strong>la</strong> ricerca<br />
<strong>di</strong> valori fondamentale cancel<strong>la</strong>ti dalle <strong>di</strong>ttature, fa il proprio filo conduttore.<br />
A) La trama e il contesto<br />
La vicenda narrata è ambientata nel<strong>la</strong> città portoghese <strong>di</strong> Lisbona, nell’estate <strong>del</strong> 1938,<br />
durante <strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura sa<strong>la</strong>zarista e le prime battute <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra civile spagno<strong>la</strong>.<br />
Questi sono i due eventi storici, precisi e ben circoscritti, che fanno da sfondo al<strong>la</strong> storia<br />
<strong>del</strong> protagonista, il giornalista Pereira, portata avanti come una sorta <strong>di</strong> confessione.<br />
Pereira è testimone, allo stesso tempo, <strong>del</strong><strong>la</strong> propria travagliata maturazione personale e<br />
<strong>di</strong> un momento altrettanto tragico per le sorti <strong>del</strong>l’Europa tutta.<br />
Brevemente si <strong>del</strong>inea <strong>di</strong> seguito un breve profilo storico per orientare il lettore.<br />
La storia <strong>del</strong> Portogallo e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Spagna tra le due guerre mon<strong>di</strong>ali presentano fra<br />
loro numerose analogie, con <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza che manca al primo l’esperienza <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra<br />
civile che ha insanguinato, invece, <strong>la</strong> restante parte <strong>del</strong><strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> iberica.<br />
38
Il Portogallo <strong>di</strong> Pereira è quello degli anni ’30, arretrato e con una forte presenza e<br />
influenza <strong>del</strong>le forze armate che si prestavano ad essere efficace strumento <strong>di</strong> lotta per le<br />
<strong>di</strong>verse fazioni; fattori, questi, che spianarono <strong>la</strong> strada all’instaurarsi <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura,<br />
sull’esempio <strong>del</strong>le altre esperienze <strong>di</strong> fascismi già col<strong>la</strong>udate, come quel<strong>la</strong> tedesca e<br />
italiana. A partire dal 1910, complice una situazione politica poco stabile e una<br />
repubblica par<strong>la</strong>mentare sostanzialmente debole e incapace <strong>di</strong> bi<strong>la</strong>nciare gli interessi<br />
<strong>del</strong>le <strong>di</strong>verse c<strong>la</strong>ssi, prese avvio una fase altalenante <strong>di</strong> regimi più o meno apertamente<br />
autoritari che si alternarono al <strong>potere</strong>, favorendo <strong>di</strong> volta in volta gli interessi dei gran<strong>di</strong><br />
proprietari e dei gran<strong>di</strong> commercianti, e sfruttando anche le fortune <strong>del</strong>l’impero<br />
coloniale immenso <strong>di</strong> cui il paese deteneva il dominio. Nel 1926 con un colpo <strong>di</strong> stato<br />
venne abolito il regime par<strong>la</strong>mentare e cominciò, così, l’ascesa al <strong>potere</strong> <strong>di</strong> Antonio De<br />
Oliveira Sa<strong>la</strong>zar (1889-1970).<br />
Cattolico, autoritario, e grande ammiratore <strong>di</strong> Mussolini, Sa<strong>la</strong>zar fece varare nel marzo<br />
1933 una costituzione clerico-<strong>di</strong>ttatoriale e anti-par<strong>la</strong>mentare, con una carta corporativa<br />
nettamente ispirata dal sistema economico-autarchico fascista. Come in altre <strong>di</strong>ttature<br />
europee il regime sa<strong>la</strong>zarista si impegnò nel<strong>la</strong> costituzione <strong>di</strong> organizzazioni <strong>di</strong> massa,<br />
per irreggimentare e inquadrare <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione secondo moduli militari e nazionalistici<br />
oppressivi. Allo scoppio <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra civile spagno<strong>la</strong> il <strong>di</strong>ttatore portoghese si schierò al<br />
fianco dei franchisti, rimanendo, comunque, in una posizione <strong>di</strong> sommaria neutralità<br />
durante il secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale, attento come era a non pregiu<strong>di</strong>care i rapporti <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zionale alleanza con <strong>la</strong> potenza inglese. Al<strong>la</strong> fine degli anni ’60 con <strong>la</strong> “rivoluzione<br />
dei garofani” si pose fine a questa esperienza politica. Sa<strong>la</strong>zar morì dopo pochi anni.<br />
Per quanto riguarda <strong>la</strong> Spagna, si ricorda che <strong>la</strong> guerra civile scoppiò nel 1936 tra le<br />
forze repubblicane, al <strong>potere</strong> dal febbraio <strong>del</strong>lo stesso anno con una coalizione <strong>di</strong><br />
sinistra <strong>del</strong> Fronte popo<strong>la</strong>re, e i nazionalisti <strong>del</strong>l’opposizione <strong>di</strong> centro-destra. Sostenuti<br />
dal clero e dal grosso <strong>del</strong>l’esercito, i ribelli capeggiati dal generale Francisco Franco<br />
(1892-1975) si sollevarono in Marocco e da lì si al<strong>la</strong>rgò il contesto <strong>del</strong>le ostilità.<br />
39
Lo scontro assunse da subito le connotazioni <strong>di</strong> un conflitto internazionale: le forze <strong>di</strong><br />
destra, fasciste e nazionaliste, ottennero l’appoggio <strong>del</strong><strong>la</strong> Germania e <strong>del</strong>l’Italia, mentre<br />
i repubblicani furono sostenuti dall’U.R.S.S. e dalle “brigate internazionali” formate dai<br />
volontari antifascisti <strong>di</strong> tutta Europa. Al<strong>la</strong> fine dallo scontro, nel marzo <strong>del</strong> 1939, i<br />
nazionalisti <strong>di</strong> Franco trionfarono e prese inizio <strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura <strong>del</strong> “cau<strong>di</strong>llo”, come fu<br />
soprannominato quest’ultimo, che terminò solo negli anni ’70.<br />
L’estate <strong>del</strong> 1938, quin<strong>di</strong>, quel<strong>la</strong> in cui <strong>la</strong> testimonianza <strong>di</strong> Pereira ci viene presentata è<br />
un’estate rovente, sia per il clima geo-politico internazionale, sia per quello<br />
“meteorologico”. Sin dalle prime righe, infatti, l’autore, il quale denota una partico<strong>la</strong>re<br />
attenzione e finezza nel descrivere scene paesaggistiche vivide e che quasi sembrano<br />
poter prendere vita davanti agli occhi <strong>del</strong> lettore, ci presenta un’ estiva Lisbona avvolta<br />
da un’aura <strong>di</strong> luce e calore che sarà un motivo ricorrente fino all’ultima pagina.<br />
Si prenda, come esempio, l’incipit <strong>del</strong>l’opera (che, inoltre, presenta già il sintagma<br />
“sostiene Pereira” che verrà iterato durante tutto il racconto-confessione): “Sostiene<br />
Pereira <strong>di</strong> averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate,<br />
soleggiata e venti<strong>la</strong>ta, e Lisbona sfavil<strong>la</strong>va.” 39<br />
Pereira, <strong>di</strong> cui si non si conosce il nome, è un anziano giornalista, responsabile e unico<br />
redattore <strong>del</strong><strong>la</strong> pagina culturale <strong>del</strong> quoti<strong>di</strong>ano locale “Lisboa”.<br />
Una nota sul<strong>la</strong> scelta <strong>del</strong> nome. Tabucchi ci informa che in portoghese “pereira”<br />
significa “albero <strong>del</strong> pero” e, come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome <strong>di</strong><br />
origine ebraica. “Con questo volli subito rendere omaggio ad un popolo che ha <strong>la</strong>sciato<br />
una grande traccia <strong>nelle</strong> civiltà portoghese e che ha subito le gran<strong>di</strong> ingiustizie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Storia” 40 , egli aggiunge nel<strong>la</strong> Nota in postfazione al testo <strong>del</strong> 1994. Pereira, quin<strong>di</strong>,<br />
<strong>di</strong>scende da un popolo contro cui si accanirono le gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>ttature <strong>del</strong> passato e verso <strong>di</strong><br />
lui il lettore, ma prima ancora l’autore stesso, non può non provare un sentimento <strong>di</strong><br />
39 A.T. “S.P.”, p.7.<br />
40 A.T., “S.P.”, p.213.<br />
40
genuina vicinanza e ancor più <strong>di</strong> compassione vera e propria. Il giornalista <strong>di</strong>viene, così,<br />
emblema <strong>di</strong> una società che è caduta nel baratro e che da esso vuole risalire per alzare<br />
gli occhi al cielo e scrutare quel valore per il quale tutti gli uomini hanno sempre<br />
combattuto e sempre combatteranno e, vale a <strong>di</strong>re, <strong>la</strong> libertà.<br />
Egli porta avanti un’esistenza anonima e tranquil<strong>la</strong>, lontano dal presente tormentato <strong>del</strong><br />
Portogallo e <strong>del</strong>l’Europa che lo circonda, completamente assorbito <strong>del</strong> passato <strong>di</strong> cui è<br />
geloso custode, così come lo è <strong>del</strong> ritratto <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie defunta con cui spesso si ritrova<br />
a par<strong>la</strong>re e <strong>del</strong>le sue riflessioni sull’anima a e sul<strong>la</strong> morte. Anche <strong>la</strong> presentazione <strong>del</strong>le<br />
sue caratteristiche fisiche ispira al lettore da subito simpatia: è grasso, corpulento,<br />
tormentato dai <strong>di</strong>sturbi car<strong>di</strong>aci.<br />
Un giorno, però, mentre legge un articolo pubblicato su una rivista letteraria, è attratto<br />
proprio da una riflessione sul<strong>la</strong> morte pubblicata da un giovane, Francesco Monteiro<br />
Rossi, con il quale si mette subito in contatto. E’ l’inizio <strong>del</strong><strong>la</strong> svolta che porterà il<br />
protagonista ad intraprendere il proprio cammino <strong>di</strong> maturazione e al raggiungimento<br />
finale <strong>del</strong><strong>la</strong> consapevolezza <strong>del</strong> proprio ruolo e dei propri doveri <strong>di</strong> intellettuale e, ancor<br />
prima, <strong>di</strong> uomo.<br />
Pereira concede da subito fiducia al giovane e gli offre, così, una col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong><br />
<strong>la</strong>voro, affidandogli il compito <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere per il “Lisboa” i cosiddetti “coccodrilli”,<br />
necrologi anticipati <strong>di</strong> scrittori famosi. Il primo <strong>del</strong><strong>la</strong> lista è quello <strong>di</strong> Garcìa Lorca che<br />
Pereira ritiene impubblicabile a causa <strong>del</strong>le tesi sovversive e passibili <strong>di</strong> censura che<br />
Monteiro Rossi presenta, <strong>di</strong>ce, seguendo le ragioni <strong>del</strong> cuore.<br />
Anche altri necrologi sono bol<strong>la</strong>ti come improponibili per lo stesso motivo, eppure<br />
Pereira continua a dare fiducia al giovane. Pereira, in seguito, si allontana qualche<br />
giorno da Lisbona per recarsi a Coimbra dove con un amico, il professor Silva, <strong>di</strong>scute<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> pericolosa situazione politica che l’Europa sta attraversando e si anima contro i<br />
regimi polizieschi e <strong>la</strong> mancanza <strong>di</strong> libertà. L’altro incontro-folgorazione è quello che fa<br />
durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno, quando un’ebrea tedesca lo esorta a onorare <strong>la</strong> propria<br />
41
professione/fede <strong>di</strong> intellettuale, il quale deve avere il coraggio <strong>di</strong> denunciare l’illegalità<br />
<strong>del</strong> regime e i pericoli che incombono sul continente europeo.<br />
Tornato a Lisbona si fa sempre più coinvolgere <strong>nelle</strong> vicende pericolose <strong>di</strong> sovversivi e<br />
dall’attivismo <strong>di</strong> Monteiro Rossi e <strong>del</strong><strong>la</strong> sua fidanzata Marta. Un’altra “fuga” da Lisbona<br />
è quel<strong>la</strong> per ricoverarsi nel<strong>la</strong> clinica <strong>di</strong> Parede. Prima ancora, però, incontra due<br />
importanti intellettuali in procinto <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciare il Portogallo, a causa <strong>del</strong> clima <strong>di</strong> censura<br />
poliziesca,ma li esorta comunque a rimanere. Nel<strong>la</strong> clinica <strong>di</strong> Parede, Pereira confessa al<br />
dottor Cardoso <strong>di</strong> pentirsi <strong>di</strong> come ha vissuto fino a quel momento, par<strong>la</strong> <strong>di</strong> M.Rossi e<br />
Marta e si chiede se i due abbiano fatto bene a prendere <strong>la</strong> strada <strong>del</strong>l’eversione.<br />
I due giovani, infatti, sono insieme allo stesso Pereira, i personaggi più significativi <strong>di</strong><br />
tutto il sistema-opera. Marta rappresenta <strong>la</strong> fiera, democratica degli anni ’30 <strong>di</strong><br />
ispirazione marxista e socialista, ma non ha il carattere <strong>del</strong><strong>la</strong> grande rivoluzionaria. M.<br />
Rossi è visto da Pereira come il figlio, timido e riservato, che non ha mai avuto, ha un<br />
ruolo che appare <strong>di</strong> burattino passivo nel<strong>la</strong> mani <strong>di</strong> Marta e sarà al<strong>la</strong> fine <strong>la</strong> vittima<br />
sacrificale <strong>di</strong> un ideale spiccatamente politico e <strong>del</strong><strong>la</strong> causa per <strong>la</strong> quale decide <strong>di</strong><br />
battersi.<br />
Dopo aver ascoltato dal dottore <strong>la</strong> teoria <strong>del</strong><strong>la</strong> “confederazione <strong>del</strong>le anime”(secondo <strong>la</strong><br />
quale l’uomo possiede non una ma più anime, anche in contrasto fra loro, e può<br />
accadere che ad un certo punto <strong>del</strong><strong>la</strong> vita un’anima prenda il posto <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> che fino a<br />
quel momento è stata egemone) Pereira segue il consiglio che gli viene dato e decide <strong>di</strong><br />
fuggire dal Portogallo. Tornato a Lisbona trova che molti intellettuali hanno cominciato<br />
a fare denuncia e a prendere posizione, mentre il suo telefono è stato messo sotto<br />
controllo, così come <strong>la</strong> sua attività <strong>di</strong> giornalista e intellettuale. Pubblica comunque <strong>la</strong><br />
traduzione <strong>di</strong> un racconto patriottico <strong>di</strong> Daudet e questo segna il culmine <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi<br />
esistenziale profonda cui segue, finalmente, una sorta <strong>di</strong> “conversione” e il<br />
raggiungimento <strong>del</strong><strong>la</strong> propria coscienza <strong>di</strong> impegno civile attivo.<br />
42
Nel<strong>la</strong> parte finale è <strong>la</strong> Storia ad entrare con irruenza nel<strong>la</strong> scena e ad intrecciarsi con le<br />
singole storie dei protagonisti. Tre uomini <strong>del</strong><strong>la</strong> polizia entrano a casa <strong>di</strong> Pereira e<br />
uccidono brutalmente M. Rossi che lì si è rifugiato. E’, infine, il dolore per questo<br />
episo<strong>di</strong>o a portare al<strong>la</strong> struggente trasformazione <strong>di</strong> Pereira in “uomo nuovo”, è il suo<br />
ritorno al<strong>la</strong> vita, o meglio ancora, <strong>la</strong> sua scoperta <strong>del</strong>le vera vita.<br />
Tornato a casa, Pereira prende un passaporto falso e il ritratto <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie, con cui<br />
spesso si ritrova a par<strong>la</strong>re, quin<strong>di</strong>, fugge in Francia.<br />
Nel 1995 il romanzo ha avuto una trasposizione cinematografica, per <strong>la</strong> regia <strong>di</strong> Roberto<br />
Faenza e, fra gli altri interpreti, Marcello Mastroianni. Antonio Tabucchi ha col<strong>la</strong>borato<br />
ai <strong>di</strong>aloghi.<br />
B) La struttura e le tecniche narrative<br />
Il romanzo è sud<strong>di</strong>viso in venticinque capitoli ed è corredato da una “Nota”, nel<strong>la</strong> quale<br />
l’autore racconta come l’ ha concepito.<br />
Tutto il romanzo è costruito come il lungo verbale <strong>di</strong> deposizione che affida al lettore <strong>la</strong><br />
“testimonianza” <strong>di</strong> Pereira: non a caso al titolo si accompagna un sottotitolo, “Una<br />
testimonianza”. Il sintagma “sostiene Pereira”, insieme ad altri come “Pereira<br />
sostiene”, “pare che” iterati con un ritmo ossessionante durante tutto l’arco <strong>del</strong> racconto<br />
danno ancora <strong>di</strong> più l’impressione <strong>di</strong> leggere il documento che attesta <strong>la</strong><br />
crisi/conversione <strong>del</strong> protagonista, il quale, però, rimane l’unico in grado <strong>di</strong> fare da<br />
filtro, <strong>di</strong> decidere quali sono le informazioni che ci vuole dare e su quali, invece, vuole<br />
essere reticente. Allo stesso tempo si trasmette l’idea <strong>del</strong> dubbio e <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività <strong>di</strong><br />
quanto viene documentato. L’universo <strong>del</strong> lettore si configura, così, come<br />
automaticamente limitato: non si <strong>di</strong>mentica mai che <strong>la</strong> storia è il resoconto testuale <strong>di</strong><br />
ciò che Pereira ha detto. Si può <strong>di</strong>re che fin dall’inizio ci si trova davanti a due<br />
43
interrogativi: cosa sostiene Pereira e a chi affida le memorie sul<strong>la</strong> sua personale<br />
esperienza <strong>di</strong> maturazione.<br />
Chi narra <strong>la</strong> storia è un “recorder” che riporta oggettivamente ciò che Pereira decide <strong>di</strong><br />
confessare nel<strong>la</strong> forma <strong>di</strong> un lungo <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto che dura quanto lo svolgersi <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
trama <strong>del</strong> racconto. Questo ha principalmente due effetti: innanzitutto, possiamo<br />
attenerci, esclusivamente, a quanto trascrive l’unica voce narrante e, comunque, il<br />
racconto risulta, per ovvi motivi, limitato temporalmente. Non si sa quando <strong>la</strong> storia sia<br />
stata narrata e quanto tempo sia passato dagli avvenimenti al<strong>la</strong> loro registrazione; si<br />
deduce so<strong>la</strong>mente che gli eventi narrati si sono verificati nel 1938, nell’arco temporale<br />
<strong>di</strong> un mese <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>del</strong> protagonista.<br />
Come molte altre <strong>opere</strong> <strong>del</strong>l’autore, anche questa ha avuto una sua trasposizione<br />
cinematografica. Questa partico<strong>la</strong>rità è dovuta al mo<strong>del</strong>lo narrativo tipico che si<br />
presenta come una costante <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> produzione <strong>tabucchi</strong>ana. I capitoli, che sono<br />
numerosi e piuttosto brevi, seguono lo schema dei fotogrammi cinematografici<br />
giustapposti al<strong>la</strong> maniera <strong>di</strong> Eisenstein, <strong>di</strong> cui si è già <strong>di</strong>scusso nell’analisi <strong>di</strong> “Piazza<br />
d’Italia”.<br />
C) Lo stile<br />
Portare avanti il racconto come <strong>la</strong> trascrizione fe<strong>del</strong>e <strong>di</strong> una testimonianza implica, <strong>di</strong><br />
conseguenza, un orientamento stilistico <strong>del</strong> tutto partico<strong>la</strong>re.<br />
Il tono, quin<strong>di</strong>, dovrà dare il più possibile l’impressione <strong>di</strong> oggettività e realismo.<br />
Il linguaggio si presenta semplice, <strong>di</strong>sadorno e legata al<strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong> quoti<strong>di</strong>ano e <strong>la</strong><br />
costruzione è impostata prevalentemente su uno schema paratattico. Il sintagma<br />
44
“sostiene Pereira”, <strong>nelle</strong> sue <strong>di</strong>verse declinazioni, accompagna <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le<br />
proposizioni principali, ostaco<strong>la</strong>ndo il libero fluire <strong>del</strong> racconto.<br />
Per quanto riguarda <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione temporale, si nota <strong>la</strong> prevalenza <strong>del</strong>l’uso <strong>del</strong> passato<br />
remoto, il tempo tipico <strong>del</strong> racconto.<br />
Pereira è un personaggio molto abitu<strong>di</strong>nario: le azioni che compie sono quasi sempre le<br />
medesime, così come le sue reazioni (inquietu<strong>di</strong>ne che si manifesta con <strong>la</strong> sudorazione e<br />
l’affanno) sono preve<strong>di</strong>bili. I luoghi <strong>del</strong>le sue frequentazioni sono sempre gli stessi per<br />
cui l’ambientazione è fatta soprattutto <strong>di</strong> interni (<strong>la</strong> casa <strong>di</strong> Pereira, l’ufficio) e gli<br />
esterni occorrono quando il racconto raggiunge un livello <strong>di</strong> tensione tale per cui è come<br />
se servisse una valvo<strong>la</strong> <strong>di</strong> sfogo: per cui ecco Pereira al Cafè Orquidea a prendere <strong>la</strong><br />
solita limonata con l’omelette oppure partire per andare a ri<strong>la</strong>ssarsi alle terme fuori<br />
Lisbona. I viaggi <strong>di</strong>vengono metafora <strong>del</strong> cammino <strong>di</strong> maturazione <strong>del</strong> personaggio e<br />
non a caso cominciano quando incontra Monteiro Rossi e ha <strong>la</strong> sua prima folgorazione.<br />
D) Nuclei tematici<br />
• Il <strong>potere</strong> violento e <strong>la</strong> giustizia<br />
In entrambi i testi analizzati <strong>la</strong> connotazione <strong>del</strong> <strong>potere</strong> tracciata dall’autore sicuramente<br />
presenta caratteristiche <strong>di</strong> forte negatività e sfiducia. Potere <strong>di</strong>venta, così, sinonimo <strong>di</strong><br />
ingiustizia. I ribelli, i perseguitati, i sovversivi non hanno altra scelta se non quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />
unire le forze e opporsi ai soprusi e alle angherie <strong>di</strong> coloro che sono al <strong>potere</strong>.<br />
La riscrittura <strong>di</strong> oltre un secolo <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia d’Italia da <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> intravedere<br />
l’assenza <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia nel<strong>la</strong> società italiana, così come nel Portogallo sa<strong>la</strong>zarista <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
prima metà <strong>del</strong> Novecento. Questa critica ad una giustizia che pare non arrivare mai è<br />
una costante sia <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione narrativa sia <strong>del</strong><strong>la</strong> saggistica <strong>di</strong> Tabucchi.<br />
45
Denunciare l’ingiustizia e l’oppressione è compito <strong>del</strong>l’intellettuale che non può<br />
sottrarsi ai propri doveri <strong>di</strong> guida per <strong>la</strong> società.<br />
• La riflessione sul<strong>la</strong> Storia e il suo rapporto con <strong>la</strong> letteratura<br />
Quasi tutta <strong>la</strong> produzione letteraria <strong>tabucchi</strong>ana ruota attorno a due assi fondamentali: <strong>la</strong><br />
Storia e <strong>la</strong> Letteratura. La scrittura rappresenta per l’autore il modo per rivedere a<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo <strong>la</strong> Storia, attraverso dei testi che sappiano rive<strong>la</strong>re quello che <strong>la</strong><br />
cultura ufficiale dal<strong>la</strong> sua prospettiva “alta” ha sempre taciuto. In “Piazza d’Italia” è <strong>la</strong><br />
voce <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> anarchici a farsi sentire, coloro che sono sempre stati esclusi e<br />
oppressi per tre generazioni provano a lottare per i loro ideali e arrivano a morire per<br />
essi. La storia dei perdenti, degli anti-eroi e degli emarginati viene messa in primo piano<br />
e viene a costituire un percorso parallelo e contrario <strong>di</strong> riflessione. Un anonimo<br />
giornalista <strong>di</strong> provincia è, invece, il protagonista <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi esistenziale <strong>di</strong> “Sostiene<br />
Pereira”. Non si tratta più solo <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi <strong>di</strong> un singolo, va in scena il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
crisi <strong>del</strong>l’intellettuale d’oggi. “Testi che par<strong>la</strong>no <strong>del</strong> 1938 e <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura <strong>di</strong> Sa<strong>la</strong>zar,<br />
ma in realtà par<strong>la</strong>no <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi <strong>del</strong>l’intellettuale d’oggi, <strong>del</strong>l’indecisione <strong>del</strong>l’uomo <strong>di</strong><br />
cultura intrappo<strong>la</strong>to tra ideologie forti e pensiero debole, tra vecchi valori e fine <strong>del</strong>le<br />
gran<strong>di</strong> ideologie, testi che narrano <strong>di</strong> come <strong>la</strong> Letteratura abbia a che fare con <strong>la</strong> storia<br />
e <strong>di</strong> come <strong>la</strong> Storia sia legata al<strong>la</strong> Letteratura” 41 .<br />
• La metafora <strong>del</strong> passato <strong>di</strong>venta me<strong>di</strong>tazione sul presente<br />
L’esempio più rilevante <strong>di</strong> quanto questo nucleo sia importante si ritrova nel romanzo<br />
<strong>del</strong> 1975 e nel<strong>la</strong> sua riflessione sul<strong>la</strong> Storia d’Italia. Ciò che accade nel periodo<br />
risorgimentale si ripete, in maniera pressoché identica, durante <strong>la</strong> Grande Guerra, nel<br />
periodo <strong>del</strong> regime fascista e, in ultimo, nel secondo dopoguerra, quando ormai <strong>la</strong><br />
41 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, “Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”, Cosenza, Pellegrini<br />
E<strong>di</strong>tore, 2002.<br />
46
Repubblica si è affermata. In “Sostiene Pereira” è presentato il simbolo<br />
<strong>del</strong>l’intellettuale in crisi che nei momenti <strong>di</strong> degenerazione <strong>del</strong> <strong>potere</strong> deve rendersi<br />
conto <strong>di</strong> quale sia <strong>la</strong> sua missione nel<strong>la</strong> società e non sottrarsi.<br />
• Il gioco letterario e il gusto <strong>del</strong> rovescio<br />
L’idea <strong>di</strong> ribellione è, in parte, insita anche <strong>nelle</strong> scelte formali <strong>del</strong>l’autore, a partire dal<br />
fatto che egli narra <strong>la</strong> Storia vista dal punto <strong>di</strong> vista degli oppressi. Per Tabucchi il testo<br />
è un’area <strong>di</strong> sperimentazione creativa dei mo<strong>del</strong>li ra<strong>di</strong>cati nel<strong>la</strong> pratica letteraria. Si<br />
pensi a come utilizza lo schema <strong>del</strong> romanzo storico in “Piazza d’Italia”, ma anche in<br />
“Sostiene Pereira”. Ci sono temi che sono insoliti per questo genere, i livelli linguistici<br />
talvolta si contaminano trasversalmente e comunque ogni singolo testo vive in un<br />
rapporto <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> e connessioni con altri e allo stesso tempo con se stesso<br />
(intertestualità e intratestualità <strong>del</strong>l’opera <strong>tabucchi</strong>ana). 42<br />
I testi <strong>di</strong> questo autore sono decisamente interrogativi inquietano e <strong>di</strong>alogano con il<br />
lettore che è l’unico a poter rispondere. Talvolta si ha l’impressione <strong>di</strong> essere ca<strong>la</strong>ti<br />
dentro ad un rebus, un <strong>la</strong>birinto che riflette <strong>la</strong> realtà controversa e sfuggente che<br />
Tabucchi ritrae. E’ proprio il compito <strong>del</strong>l’intellettuale quello <strong>di</strong> coltivare e instil<strong>la</strong>re il<br />
dubbio, <strong>di</strong> tenere vive le coscienze e non tranquillizzarle.<br />
• I problemi <strong>del</strong>l’io e <strong>la</strong> frammentazione <strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>viduo<br />
I personaggi che prendono vita <strong>nelle</strong> pagine <strong>del</strong> racconto sono i simboli<br />
<strong>del</strong>l’inquietu<strong>di</strong>ne e <strong>del</strong>l’insicurezza. Seguendo il precetto per cui <strong>la</strong> funzione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
letteratura e, quin<strong>di</strong>, <strong>del</strong>l’intellettuale sarebbe quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> porre quesiti e insinuare il<br />
42 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, ibidem.<br />
47
dubbio anche Tabucchi porta in scena l’io con le sue debolezze e <strong>la</strong> sua<br />
frammentazione. In “Piazza d’Italia” <strong>la</strong> <strong>di</strong>sintegrazione <strong>del</strong>l’identità è portata alle<br />
estreme conseguenze con l’utilizzo <strong>del</strong>lo stesso nome (Garibaldo) sia per il padre sia per<br />
il figlio e poiché i protagonisti affrontano avvenimenti ed esperienze simili generazione<br />
dopo generazione. Per fare un esempio, durante <strong>la</strong> Breccia <strong>di</strong> Porta Pia Plinio subisce<br />
una menomazione ad un piede e non può più essere utile all’esercito; Garibaldo, anni<br />
dopo, si spara ad un piede per non andare a combattere come militare in leva e non<br />
essere al servizio <strong>di</strong> quegli stessi potenti che “se ne stanno in panciolle”. 43 Non a caso, il<br />
capitoletto dal quale è tratta questa frase si intito<strong>la</strong> “Come suo padre” e suggerisce<br />
l’idea <strong>del</strong><strong>la</strong> continuità: passano gli anni, ma <strong>la</strong> libertà rimane il valore in cui credere e<br />
per cui sacrificare anche <strong>la</strong> vita, attraverso <strong>la</strong> lotta contro il dominio e <strong>la</strong> tirannide dei<br />
potenti.<br />
• Il sogno e il <strong>di</strong>sincanto<br />
Nel primo romanzo <strong>di</strong> Tabucchi, Monteiro Rossi muore, “colpevole” <strong>di</strong> aver sperato in<br />
un mondo migliore, dove non sentire solo <strong>la</strong> voce dei potenti, ma poter vedere affermata<br />
<strong>la</strong> libertà <strong>di</strong> espressione e <strong>di</strong> pensiero. Al<strong>la</strong> sua morte il sogno che gli ha scaldato il<br />
cuore e lo ha guidato in una battaglia persa in partenza si infrange contro <strong>la</strong> muraglia<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Storia che gli è ostile. Allo stesso tempo, però, è come se avvenisse il passaggio<br />
<strong>del</strong> testimone tra lui e Pereira: quando tutto sembra perduto il giornalista <strong>di</strong>viene<br />
consapevole <strong>di</strong> quanto sia importante in quel dato momento storico il suo ruolo <strong>di</strong><br />
intellettuale nel<strong>la</strong> società e allora decide <strong>di</strong> impegnarsi nel concreto, offrendo una nuova<br />
possibilità al<strong>la</strong> speranza.<br />
Lo stesso si vale per “Piazza d’Italia”: sebbene gli eventi <strong>del</strong> passato siano monito e<br />
insegnamento che sono sempre i potenti a trionfare e che è impossibile per i più deboli<br />
43 A.Tabucchi, Piazza d’Italia, p.28.<br />
48
affermare i valori in cui credono, il sogno continua. Gli ostacoli sono tanti, ma vale <strong>la</strong><br />
pena affrontarli e credere anche nell’utopia, almeno finché ci sarà un solo testardo<br />
“Garibaldo”, pronto a sacrificarsi per far entrare le microstorie quoti<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> una<br />
moltitu<strong>di</strong>ne muta nel<strong>la</strong> Storia.<br />
49
Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />
VINCENZO CONSOLO<br />
( “ Lo Spasimo <strong>di</strong> Palermo”)<br />
Vincenzo Consolo nasce in Sicilia a Sant’ Agata <strong>di</strong> Militello in provincia <strong>di</strong> Messina nel<br />
1933.<br />
Dopo aver conseguito <strong>la</strong> maturità c<strong>la</strong>ssica, nel 1952 si trasferisce a Mi<strong>la</strong>no iscrivendosi<br />
al<strong>la</strong> facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattolica.<br />
Gli stu<strong>di</strong> sono interrotti dopo 3 anni a causa <strong>del</strong> servizio militare svolto a Roma.<br />
Quin<strong>di</strong> si trasferisce a Messina dove si <strong>la</strong>urea in Giurisprudenza con una tesi <strong>di</strong><br />
Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto sul<strong>la</strong> crisi dei <strong>di</strong>ritti <strong>del</strong><strong>la</strong> persona umana. Questo stu<strong>di</strong>o segnerà <strong>la</strong><br />
sua visione <strong>del</strong> mondo e <strong>del</strong><strong>la</strong> vita. Svolge per un breve periodo il tirocinio presso lo<br />
stu<strong>di</strong>o notarile, ma abbandonerà questa strada per de<strong>di</strong>carsi all’ insegnamento.<br />
Dal 1958 infatti, insegna educazione civica e cultura generale <strong>nelle</strong> scuole agrarie <strong>di</strong><br />
alcuni paesi.<br />
Dopo aver vinto un concorso in Rai si trasferisce definitivamente a Mi<strong>la</strong>no nel 1968.<br />
50
Col<strong>la</strong>bora con vari quoti<strong>di</strong>ani e riviste, anche siciliani, e per <strong>di</strong>versi anni è consulente<br />
presso <strong>la</strong> casa e<strong>di</strong>trice Einau<strong>di</strong>.<br />
Attualmente vive a Mi<strong>la</strong>no.<br />
L’ esor<strong>di</strong>o letterario è <strong>del</strong> 1963 con il romanzo “ La ferita <strong>del</strong>l’ aprile” pubblicato<br />
presso Mondatori nel<strong>la</strong> col<strong>la</strong>na “ Il Tornasole”. Si tratta <strong>di</strong> un romanzo corale in cui l’<br />
autentica protagonista è <strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione dei conta<strong>di</strong>ni e dei pescatori siciliani nel secondo<br />
dopoguerra.<br />
Lo sfondo è quello <strong>del</strong>le elezioni regionali <strong>del</strong> ’47 e le elezioni <strong>del</strong> ’48 e <strong>del</strong>le lotte tra il<br />
movimento in<strong>di</strong>pendentista siciliano forte <strong>del</strong>l’ appoggio mafioso e l’ opposizione dei<br />
conta<strong>di</strong>ni.<br />
Il protagonista è infatti un ban<strong>di</strong>to, Giuliano, assoldato dagli agrari in<strong>di</strong>pendentisti per<br />
sparare sui conta<strong>di</strong>ni radunati per festeggiare il 1 Maggio.<br />
Sono qui presenti i temi privilegiati <strong>del</strong>l’ autore <strong>la</strong> storia e <strong>la</strong> Sicilia. Nello stile segue<br />
una linea sperimentale e <strong>di</strong> tipo espressivo.<br />
Il primo romanzo non ha successo e passano 13 anni prima <strong>del</strong><strong>la</strong> pubblicazione <strong>del</strong> suo<br />
secondo libro.<br />
E’ “ Il sorriso <strong>del</strong>l’ ignoto marinaio” pubblicato nel 1976 che lo rive<strong>la</strong> come un caso<br />
letterario.<br />
Lo sfondo <strong>del</strong> libro è ancora una volta storico. E’ ambientato tra il 1852 ed il 1860,<br />
ovvero all’ epoca <strong>del</strong>lo sbarco <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> in Sicilia.<br />
La stesura viene interrotta dopo i primi 3 capitoli per poi riprendere anni dopo su<br />
pressione <strong>di</strong> molti e<strong>di</strong>tori tra cui Einau<strong>di</strong>.<br />
Tra questi due momenti Consolo conosce, seguendo un processo per il quoti<strong>di</strong>ano<br />
siciliano “ L’Ora”, un giu<strong>di</strong>ce, Ciaccio Montalto. Di questo riceve le confidenze , <strong>la</strong><br />
<strong>di</strong>ffidenza verso i propri superiori. Il giu<strong>di</strong>ce verrà ucciso dal<strong>la</strong> mafia.<br />
51
Nel 1985 scrive “ Lunaria” una favo<strong>la</strong> teatrale, testo <strong>di</strong>alogato in cui si rievoca il mito<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> caduta <strong>del</strong><strong>la</strong> Luna.<br />
Del 1987 è un nuovo romanzo “ Retablo”: tre storie <strong>di</strong>verse che si intrecciano.<br />
1988 “ Le pietre <strong>di</strong> Pantalica” sono una raccolta <strong>di</strong> racconti e prose memorialistiche.<br />
1992 “ Nottetempo casa per casa” è il romanzo con cui vincerà il premio strega. E’ un<br />
ritorno al filone storico. Par<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita <strong>del</strong> fascismo negli anni ’20 tra Cefalù e<br />
Palermo il tutto visto attraverso le vicende <strong>di</strong> una famiglia, <strong>la</strong> famiglia Marano.<br />
1994 “ L’ Olivo e l’ olivastro” è il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> un ritorno in Sicilia, dei drammi <strong>del</strong>l’<br />
emigrazione e <strong>del</strong><strong>la</strong> propria storia familiare.<br />
1998 L’ ultimo romanzo: “ Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”<br />
L’ analisi <strong>del</strong>l’ opera: LO SPASIMO DI PALERMO<br />
L’ opera viene pubblicata per <strong>la</strong> prima volta presso Mondatori nel 1998. Vince il premio<br />
Brancati- Zafferana nel 1999 e il Premio F<strong>la</strong>iano sempre nel 1999.<br />
A) Trama e personaggi<br />
52
Si tratta <strong>di</strong> un romanzo fortemente autobiografico.<br />
“I ricor<strong>di</strong> più vivi<strong>di</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> mia infanzia sono <strong>del</strong> periodo <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, quando al<br />
momento <strong>del</strong>lo sbarco degli americani in Sicilia cominciano i mitragliamenti, i<br />
bombardamenti e quin<strong>di</strong> <strong>la</strong> paura.. Sentivamo i mitragliamenti <strong>di</strong> notte, le incursioni....<br />
Finalmente mio padre si convinse e ci trasferimmo in campagna .... Ci furono però dei<br />
bombardamenti anche in campagna perché le bombe venivano sganciate al<strong>la</strong> cieca” 44 .<br />
Tutti questi ricor<strong>di</strong> vengono trasferiti in modo fe<strong>del</strong>e all’ interno <strong>del</strong>le prime pagine <strong>del</strong><br />
romanzo. Quest’ opera costituisce l’ ultima <strong>di</strong> tre gran<strong>di</strong> tappe nel percorso letterario<br />
<strong>del</strong>lo scrittore.<br />
Prima tappa è “ Il sorriso <strong>del</strong>l’ ignoto marinaio” che muove dai mutamenti <strong>del</strong>l’ Italia<br />
al momento <strong>del</strong>l’ unità.<br />
La seconda, con “Nottetempo casa per casa”, racconta degli anni precedenti l’ avvento<br />
<strong>del</strong> fascismo e <strong>la</strong> terza, con “Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”, entra nell’oggi.<br />
Al centro <strong>del</strong> racconto è <strong>la</strong> drammatica fase <strong>del</strong><strong>la</strong> storia siciliana che culmina con l’<br />
assassinio <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce Paolo Borsellino.<br />
Ve<strong>di</strong>amo più nel dettaglio i contenuti ed i personaggi <strong>del</strong> romanzo.<br />
Il protagonista è Gioacchino Martinez, un famoso scrittore che si trova a Parigi per far<br />
visita al figlio che vive qui con <strong>la</strong> propria compagna.<br />
Dopo il suo arrivo in un piccolo albergo si apre una lunga parentesi sul<strong>la</strong> sua vita e in<br />
partico<strong>la</strong>re sul<strong>la</strong> sua infanzia. Il primo ricordo è quello <strong>di</strong> un film proiettato nell’<br />
oratorio frequentato da ragazzo ed interrotto per sempre dai bombardamenti aerei.<br />
Siamo infatti nel<strong>la</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. Scopriamo che il protagonista non ha più<br />
<strong>la</strong> madre, morta tempo prima, e che viene affidato alle cure <strong>di</strong> una domestica, Aurelia. Il<br />
44 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />
www.italialibri.it, 2001<br />
53
apporto con il padre è molto <strong>di</strong>fficile e si incrina sempre <strong>di</strong> più dopo <strong>la</strong> scoperta, da<br />
parte <strong>di</strong> Chino, <strong>del</strong><strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zione con una donna sposata chiamata “<strong>la</strong> siracusana”.<br />
Questa donna ha una figlia, Lucia.<br />
I bombardamenti proseguono e dopo parecchie insistenze, ma soprattutto <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong><br />
ma<strong>la</strong>ttia <strong>del</strong> figlio, il padre decide <strong>di</strong> trasferirsi in campagna in un paese <strong>di</strong> nome<br />
Rasselemi.<br />
Qui lo seguirà anche <strong>la</strong> siracusana.<br />
La pace termina ben presto anche qui, gli alleati proseguono nei loro bombardamenti.<br />
Il padre <strong>di</strong> Chino viene ucciso dopo aver aiutato un <strong>di</strong>sertore tedesco a fuggire. Muore<br />
anche <strong>la</strong> siracusana: le strade dei due amici a questo punto si separano. Lucia segue il<br />
padre a Messina mentre il ragazzo resta in questo paese insieme ad Aurelia ormai<br />
sempre più in <strong>di</strong>fficoltà. In generale quelli tra i personaggi sono dei rapporti <strong>di</strong>fficili che<br />
vengono a poco a poco troncati: quello con <strong>la</strong> madre ed il padre morti, quello con <strong>la</strong><br />
maestra o con Lucia che si trasferiscono entrambe, per arrivare poi a quello<br />
problematico con il figlio.<br />
“ ... tutti, tutti per cui aveva amore, confidenza, morivano o se n’andavano lontano” 45 .<br />
Rapporti interrotti così come lo sono tutte le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita: <strong>la</strong><br />
fuga in campagna lontano dal<strong>la</strong> guerra, il matrimonio ed i trasferimenti prima a Palermo<br />
e poi a Mi<strong>la</strong>no.<br />
“Gioacchino ricorda <strong>la</strong> sua infanzia in Sicilia, negli anni <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a<br />
infantile, rimossa, che ha segnato <strong>la</strong> sua vita e un altro trauma, tanto più piccolo ma<br />
non meno ossessivo: un film visto all’ oratorio, Judex, dove le avventure <strong>di</strong> un<br />
giustiziere vengono improvvisamente interrotte dalle incursioni belliche. Situazione <strong>di</strong><br />
simbolica <strong>di</strong> una vita muti<strong>la</strong>ta essa stessa, troncata in due dal<strong>la</strong> fuga da una Sicilia<br />
feroce e dal<strong>la</strong> <strong>del</strong>usione per una Mi<strong>la</strong>no che ha tra<strong>di</strong>to l’ utopia”. 46<br />
45 V. Consolo, “ Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori, 1998, p. 27. Da qui in avanti in<strong>di</strong>cato con<br />
<strong>la</strong> sig<strong>la</strong> SP.<br />
46 Ibidem, quarta <strong>di</strong> copertina.<br />
54
Il ricordo si interrompe ed il racconto ritorna al presente con l’ incontro tra Gioacchino<br />
ed il figlio, un incontro che rive<strong>la</strong> tutte le <strong>di</strong>fficoltà che esistono nel loro rapporto, ma<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> cui ragione verrà data spiegazione più avanti.<br />
Sempre a Parigi trova in un cinema <strong>la</strong> locan<strong>di</strong>na <strong>del</strong> film <strong>del</strong><strong>la</strong> sua infanzia.<br />
Egli rive<strong>la</strong> al figlio il suo proposito <strong>di</strong> tornare in Sicilia per affrontare alcuni fantasmi<br />
<strong>del</strong> passato.<br />
Durante il viaggio in treno che lo porterà fino a Napoli, proseguono le memorie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
sua giovinezza.<br />
Dopo un periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà seguito al<strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre, Chino troverà una nuova<br />
figura paterna nello zio Mauro, il quale lo porterà con se a Palermo. In questa città<br />
ricompare anche <strong>la</strong> figura <strong>di</strong> Lucia che compie qui i suoi stu<strong>di</strong>. I due si sposano ed<br />
hanno un figlio cui danno appunto il nome <strong>del</strong>lo zio che nel frattempo era morto.<br />
La quiete viene nuovamente turbata, questa volta dal<strong>la</strong> mafia.<br />
Siamo negli anni <strong>del</strong>le gare d’ appalto, <strong>del</strong><strong>la</strong> specu<strong>la</strong>zione e<strong>di</strong>lizia a Palermo e <strong>del</strong><br />
consolidarsi <strong>del</strong> rapporto tra Cosa Nostra e <strong>la</strong> politica. La casetta in cui il tuttofare<br />
Giuffrè viveva con <strong>la</strong> moglie Cristina e <strong>la</strong> figlia viene fatta saltare in aria, avvertimento<br />
circa l’ estendersi degli interessi mafiosi anche in quell’ area. Martinez vende tutto e si<br />
trasferisce in un’ altra zona <strong>del</strong><strong>la</strong> città. La moglie Lucia però si amma<strong>la</strong> non riuscendo a<br />
sostenere <strong>la</strong> situazione. Decidono dunque <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciare Palermo per Mi<strong>la</strong>no.<br />
Qui Mauro si iscrive all’ Università ma iniziano per lui una serie <strong>di</strong> problemi giu<strong>di</strong>ziari<br />
legati al<strong>la</strong> vicinanza con gli ambienti <strong>del</strong> terrorismo. Viene arrestato e messo in carcere<br />
per due anni. La madre nel frattempo muore.<br />
Fuori dal carcere vivrà da esule a Parigi.<br />
Si ritorna al presente; il viaggio è quasi terminato e non c’ è alcun rimpianto nel <strong>la</strong>sciare<br />
una città che ha <strong>del</strong>uso tutte le aspettative.<br />
Arriviamo a questo punto al<strong>la</strong> conclusione. A Palermo Martinez fa 2 incontri.<br />
55
Il primo è con <strong>la</strong> famiglia <strong>del</strong> suo vecchio <strong>di</strong>pendente Giuffrè, presso cui <strong>di</strong>morerà nel<br />
tempo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua permanenza. Si inserisce un nuovo personaggio Damiano, genero <strong>di</strong><br />
Giuffrè, uomo <strong>di</strong>pinto come uno sfaccendato tutt’ altro che onesto.<br />
Il secondo incontro avviene per caso: è con il procuratore aggiunto Paolo Borsellino. La<br />
madre <strong>del</strong> magistrato abita nel<strong>la</strong> stessa via <strong>del</strong>lo scrittore ed egli l’ ha vista più volte<br />
attendere il figlio al<strong>la</strong> finestra. Borsellino gli offrirà persino un passaggio sul<strong>la</strong> sua auto<br />
blindata.<br />
Il romanzo si chiude con una lettera che l’ anziano scrive al figlio. In essa esprime il<br />
senso <strong>di</strong> colpa per <strong>la</strong> morte <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie, per le <strong>di</strong>savventure <strong>del</strong> figlio e rive<strong>la</strong> il dubbio<br />
<strong>di</strong> esser stato <strong>la</strong> causa <strong>del</strong>l’assassinio <strong>di</strong> suo padre, rive<strong>la</strong>ndo alle SS il nascon<strong>di</strong>glio <strong>del</strong><br />
fuggiasco. Ma anche questo estremo tentativo <strong>di</strong> comunicare viene interrotto da una<br />
chiamata. Capisce che Damiano ha intenzione <strong>di</strong> uccidere Borsellino. Pochi secon<strong>di</strong><br />
dopo <strong>la</strong> telefonata un’ esplosione pone fine al<strong>la</strong> vita <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce ed al racconto.<br />
B) Struttura e tecniche narrative<br />
“ Ho visto e ho visto, in Sicilia e a Mi<strong>la</strong>no, dov’ ero intanto anch’ io emigrato, e ho<br />
sentito il bisogno e insieme il dovere <strong>di</strong> scrivere, <strong>di</strong> narrare <strong>del</strong> mio tempo, <strong>di</strong> altro<br />
luogo: degli uomini infine, dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> questa nostra recente storia. Ho narrato con<br />
una scelta consapevole <strong>di</strong> contenuti e <strong>di</strong> stile . Contenuti storico- sociali, stile<br />
sperimentale ed espressionista”. 47<br />
Visti i contenuti, <strong>la</strong> scelta <strong>del</strong> genere ricade per Consolo sul romanzo storico, <strong>di</strong> cui<br />
apprezza l’ attitu<strong>di</strong>ne critica e demistificatrice. 48<br />
47 V. Consolo, “ Come una <strong>la</strong>stra memoriale”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p .7<br />
48 M. Onori, “ Nel magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />
Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 62<br />
56
Esso è in<strong>di</strong>cato come “ l’unica forma narrativa possibile per rappresentare<br />
metaforicamente il presente, le sue istanze e le sue problematiche culturali”. 49<br />
“Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo” è un romanzo storico che usa <strong>la</strong> metafora <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria <strong>del</strong>lo<br />
scrittore Gioachino Martinez.<br />
Si tratta però <strong>di</strong> una tipologia che si <strong>di</strong>scosta dal genere co<strong>di</strong>ficato da Scott e Manzoni:<br />
non ci sono sezioni o capitoli storici, ma una rete <strong>di</strong> eventi che filtrano attraverso le<br />
esperienze dei personaggi: <strong>la</strong> II guerra mon<strong>di</strong>ale vista attraverso gli occhi <strong>del</strong>lo scrittore<br />
bambino, le rivolte studentesche e il terrorismo che hanno toccato Mauro ed infine il<br />
fenomeno mafioso che si palesa agli occhi <strong>del</strong> protagonista con due esplosioni nel<strong>la</strong> sua<br />
casa <strong>di</strong> Palermo e nel<strong>la</strong> strage <strong>di</strong> via D’ Amelio.<br />
Grazie allo strumento <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria Consolo costruisce un romanzo storico in cui però<br />
i moduli canonici vengono meno.<br />
Al filone principale <strong>del</strong> racconto , ovvero il viaggio <strong>di</strong> ritorno verso Palermo <strong>del</strong>l’<br />
anziano scrittore, si uniscono numerose parentesi: ricor<strong>di</strong>, pensieri e sogni <strong>di</strong><br />
Gioacchino- Chino.<br />
Questo determina un continuo gioco <strong>di</strong> an<strong>di</strong>rivieni, spesso <strong>di</strong>fficile da seguire, tra il<br />
presente e gli anni andati.<br />
Il f<strong>la</strong>shback permette all’ autore <strong>di</strong> ripercorrere cinquant’anni <strong>di</strong> storia filtrandoli<br />
attraverso il vissuto <strong>del</strong> protagonista. 50<br />
Il tentativo <strong>di</strong> scavare nel passato, <strong>di</strong> partire dal remoto si riflette anche sui luoghi <strong>del</strong><br />
romanzo.<br />
In una intervista <strong>del</strong> 2001 ri<strong>la</strong>sciata ad Italialibri, rispondendo ad una domanda sui<br />
luoghi dei suoi romanzi ed il loro significato, Consolo afferma:<br />
“ C’ è questo ipogeo, c’è <strong>la</strong> visione <strong>del</strong>l’ ipogeo continuamente e credo che sia dovuto<br />
al fatto che io cerco <strong>di</strong> partire sempre dalle ra<strong>di</strong>ci più profonde e quin<strong>di</strong> anche le<br />
49 ibidem, p. 78<br />
50 C. Riccar<strong>di</strong>, “ Inganni e follie <strong>del</strong><strong>la</strong> storia: lo stile liricotragico <strong>del</strong><strong>la</strong> narrativa <strong>di</strong> Consolo”, in “ Per<br />
Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 105<br />
57
immagini <strong>di</strong> questi luoghi sotterranei, <strong>di</strong> queste caverne, sono un po’ il corrispettivo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua e <strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong><strong>la</strong> storia. Andare sino alle ra<strong>di</strong>ci per<br />
poi risalire verso le zone <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione e <strong>del</strong><strong>la</strong> società”.<br />
Ed infatti le prime scene si svolgono in luoghi <strong>di</strong> questo genere.<br />
Pren<strong>di</strong>amo per esempio l’ albergo iniziale, che sebbene non sia un luogo sotterraneo,<br />
rive<strong>la</strong> tutta <strong>la</strong> sua angustia: “ La <strong>di</strong>xième muse era il nome <strong>del</strong>l’ albergo. L’ angusto<br />
ingresso, il buio corridoio..”. 51<br />
Spostandosi all’ in<strong>di</strong>etro nei ricor<strong>di</strong> troviamo i rifugi antiaerei o le cantine.<br />
Dopo il bombardamento all’ oratorio Chino “tornò affannato nell’ androne, attraversò<br />
il cave<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>scese nel catoio”. 52<br />
E’ significativo anche che cupi, nascosti ed in profon<strong>di</strong>tà siano i luoghi in cui si<br />
consuma <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione fra il padre <strong>di</strong> Gioacchino e <strong>la</strong> siracusana. Quin<strong>di</strong> colpa e<br />
menzogna da cui Chino fugge sempre, in modo antonimico, seguendo il percorso<br />
contrario, verso <strong>la</strong> luce e <strong>la</strong> superficie. E’ <strong>la</strong> fuga da una realtà che non vuole conoscere.<br />
Una tana sarà anche il luogo pre<strong>di</strong>letto dal ragazzo per i suoi giochi e le sue fughe:<br />
“ Corse al marabutto, al rifugio incognito e sepolto dal terriccio”. 53<br />
C) La lingua e lo stile<br />
E’ stata citata <strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà che non è solo spaziale e storica, ma anche<br />
linguistica.<br />
51 SP, p. 11<br />
52 ibidem, p. 16<br />
53 ibidem, p. 19<br />
58
Infatti nel<strong>la</strong> stessa intervista ad Italialibri l’ autore prosegue: “ Nel<strong>la</strong> mia ricerca<br />
linguistica, cerco le parole che vengono da lontananze storiche, da lingue antiche,<br />
greco, <strong>la</strong>tino, arabo e quin<strong>di</strong> c’ è questo bisogno <strong>di</strong> ripartire dal<strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà”.<br />
L a sua scrittura è complessa, allusiva, evocatrice <strong>di</strong> risonanze arcaiche 54 e fornisce il<br />
contro-canto a quelli che all’ interno <strong>del</strong>l’ opera definisce: “ tristi imbonitori, trame,<br />
panie catturanti, gerghi scaduti o lingue invase, smemorate” 55 .<br />
La scrittura <strong>di</strong> tipo comunicativo, cioè “ fiduciosa nel sociale” non ha ragione d’<br />
essere. 56<br />
“ Il linguaggio è ‘ zona <strong>di</strong> guerra’ perché scrivere nello stesso linguaggio in cui scrive<br />
il <strong>potere</strong> vuol già <strong>di</strong>re essere responsabile e connivente <strong>del</strong> <strong>potere</strong> stesso”. 57<br />
Consolo <strong>di</strong>chiara: “ E’ necessario scrivere in una forma non più <strong>di</strong>alogante e<br />
comunicativa, ma spostarsi sempre più verso <strong>la</strong> parte poetica, perché <strong>la</strong> poesia è un<br />
monologo e quin<strong>di</strong> ti riduci nel<strong>la</strong> parte <strong>del</strong> coro dove non puoi che <strong>la</strong>mentare <strong>la</strong><br />
trage<strong>di</strong>a <strong>del</strong> mondo. Per questo <strong>la</strong> mia prosa è organizzata in senso ritmico, come se<br />
fossero dei versi”. 58<br />
Ottiene questo effetto in vari mo<strong>di</strong>.<br />
“Batteva sull’ incu<strong>di</strong>ne, bruciava l’ unghia, ferrava gli asini e le mule il<br />
maniscalco, il <strong>di</strong>sertore, che s’era finto pazzo, doveva ogni mattina fare lo<br />
schiamazzo, recitare <strong>la</strong> sua parte davanti al monumento”. 59<br />
54 P. Carile, “ Testimonianza”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 12<br />
55 SP, p. 12<br />
56 M. R. Cutrufelli, “ Un severo familiare maestro”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p.<br />
18<br />
57 ibidem p. 19<br />
58 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />
www.italialibri.it, 2001<br />
59 SP, p. 17<br />
59
Innanzi tutto è presente l’ inversione <strong>del</strong> soggetto “maniscalco” che viene posto dopo i<br />
due verbi “batteva” e “ bruciava”.<br />
Altro elemento presente nel brano è <strong>la</strong> rima “pazzo/schiamazzo”.<br />
Consolo usa anche <strong>la</strong> posposizione <strong>la</strong>tineggiante <strong>del</strong> possessivo 60 :<br />
“ Chino visse, nel marasma <strong>del</strong> paese, nel<strong>la</strong> casa saccheggiata in ogni<br />
stanza, nel dammuso e nel catoio, il tempo suo più avventuroso” 61 .<br />
Vera costante stilistica è l’ elenco- litania, che trova un grande impiego nel testo:<br />
“Ricominciò a poco a poco a frequentare l’ intrico dei vicoli <strong>di</strong>etro <strong>la</strong> sua casa,<br />
il quartiere tra <strong>la</strong> chiesa e <strong>la</strong> piazza <strong>di</strong> fondachi e <strong>di</strong> antri, casupole col mulo<br />
nel<strong>la</strong> stal<strong>la</strong>, carretti ed aste all’ aria, gabbie <strong>di</strong> animali, buffette <strong>di</strong> scarpari,<br />
forge fumose, fermenti grassi, fioriture d’ untumi, afrori da porte e lucernari,<br />
lippi e maglie tra i ciottoli, ai bor<strong>di</strong> <strong>del</strong>lo scolo”. 62<br />
Oltre a questa soluzione <strong>la</strong> prosa è <strong>di</strong>sseminata <strong>di</strong> versi: Dante, Tasso, Cervantes..<br />
A confermare ulteriormente <strong>la</strong> grande importanza data al<strong>la</strong> poesia vi sono l’ apertura e<br />
<strong>la</strong> chiusura <strong>del</strong> romanzo, affidate rispettivamente ad Eliot e ad un componimento<br />
siciliano.<br />
Questo è un primo in<strong>di</strong>ce <strong>del</strong> plurilinguismo <strong>di</strong> Consolo che mesco<strong>la</strong> l’ italiano par<strong>la</strong>to e<br />
letterario, con termini siciliani ( spesso adattati come “catoio”o “cafisi”), ed anche il<br />
greco <strong>nelle</strong> preghiere.<br />
“Consolo vuole creare un forte scarto fra <strong>la</strong> sua lingua e <strong>la</strong> povertà espressiva e<br />
conoscitiva <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua appiattita dall’ uso quoti<strong>di</strong>ano. Per fare questo egli si<br />
allontana sistematicamente dal lessico <strong>del</strong>l’ italiano comune e quasi cancel<strong>la</strong> il tono<br />
me<strong>di</strong>o, ricorrendo a una pluralità <strong>di</strong> lessici ( soprattutto italiano antico e <strong>di</strong>aletto<br />
60 G. Alvino, “La lingua in Vincenzo Consolo”, in “Italianistica”, 1997, p. 326<br />
61 SP, p. 25<br />
62 ibidem, p. 26<br />
60
siciliano) e a una pluralità <strong>di</strong> registri e <strong>di</strong> toni, in una gamma amplissima che va dal<br />
tragico al domestico- familiare, e dal lirico al triviale volgare”. 63<br />
Si tratta <strong>di</strong> una lingua che passa da Consolo autore a Martinez protagonista <strong>del</strong> romanzo.<br />
Egli ha praticato un tipo <strong>di</strong> scrittura sperimentale che viene però portata alle estreme<br />
conseguenze.<br />
“ Aspira ad una paro<strong>la</strong> ieratica che sia all’ altezza <strong>di</strong> esprimere <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a e<strong>di</strong>pica, d’<br />
un e<strong>di</strong>po sociale e personale”. 64<br />
Martinez è uno scrittore afasico che decide <strong>di</strong> non scrivere in forma narrativa. 65<br />
G. Traina afferma: “ Si nota anche qui il riferimento all’ essere scrittore, al<strong>la</strong> ricerca<br />
<strong>del</strong> racconto, alle parole che non si trovano se non sotto forma precaria o come echi<br />
che porterà Consolo a scrivere ‘Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo’ sotto il segno paradossale e<br />
tragico <strong>del</strong>l’ afasia”. 66<br />
Il linguaggio lirico risponde al mondo <strong>di</strong>sastrato ed è l’ unico in grado <strong>di</strong> raccontarlo.<br />
D) Nuclei tematici<br />
Par<strong>la</strong>ndo <strong>del</strong>le tematiche potrebbe essere utile fare riferimento al titolo <strong>del</strong>l’ opera: “ Lo<br />
Spasimo <strong>di</strong> Palermo”. Esso contiene racchiusi i due temi principali affrontati da<br />
Consolo in quest’ opera:<br />
63 “ Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana. Il novecento”, a cura <strong>di</strong> Enrico Ma<strong>la</strong>to,...., Salerno e<strong>di</strong>trice, vol. IX,<br />
p. 943<br />
64 M. Onori, “ Nel Magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />
Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 66<br />
65 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />
www.italialibri.it, 2001<br />
66 G. Traina, “ Rilettura <strong>di</strong> Retablo”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 123<br />
61
• “ Palermo”<br />
La Sicilia è al centro <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> produzione consoliana. Ma “ <strong>la</strong> sicilianità <strong>di</strong> Consolo, è<br />
un attaccamento in cui i sentimenti non ve<strong>la</strong>no <strong>la</strong> ragione, che non si trasforma in un<br />
municipalismo da ‘strapaese’, <strong>la</strong> Sicilia, per lui <strong>di</strong>venta <strong>la</strong> metafora <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi<br />
culturale e morale <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra civiltà ma anche un esempio <strong>del</strong><strong>la</strong> lotta <strong>di</strong>uturna <strong>del</strong>l’<br />
uomo con <strong>la</strong> terra, <strong>la</strong> sua terra: amata/o<strong>di</strong>ata, per generare faticosamente <strong>la</strong> storia”. 67<br />
Il rapporto <strong>di</strong> Gioacchino Martinez con <strong>la</strong> sua iso<strong>la</strong> è un rapporto <strong>di</strong> amore e o<strong>di</strong>o:<br />
costretto a scappare, sarà poi ugualmente spinto a tornarvi per tirare le fi<strong>la</strong> <strong>del</strong> suo<br />
passato.<br />
Ma nul<strong>la</strong> è cambiato rispetto agli anni <strong>del</strong><strong>la</strong> sua giovinezza.<br />
“ l’ amata sua, o<strong>di</strong>ata. Intrigo d’ ogni storia, teatro <strong>di</strong> storture, iniquità, <strong>di</strong>vano <strong>di</strong><br />
potenti, [...],loggia <strong>del</strong><strong>la</strong> setta, cortile <strong>del</strong><strong>la</strong> ribellione”. 68<br />
L’ autore manifesta infatti il proprio pessimismo circa <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> un cambiamento<br />
e lo fa con le parole <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce Borsellino, che in auto insieme a Martinez <strong>di</strong>ce: “ Ho<br />
letto i suoi libri [...]<strong>di</strong>fficili, <strong>di</strong>cono. Di uno mi sono rimaste impresse frasi su Palermo<br />
[...] Palermo è fetida, infetta. In questo luglio fervido esa<strong>la</strong> odore dolciastro <strong>di</strong> sangue<br />
e gelsomino”.<br />
E prosegue: “ Ma non è cambiato nul<strong>la</strong>, creda. Vedrà il prossimo luglio sarà uguale... o<br />
forse peggio”. 69<br />
Il viaggio che avrebbe dovuto segnare un ritorno alle origini, al<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> pace,<br />
fallisce insieme al boato che decreta <strong>la</strong> morte <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce.<br />
Allo stesso modo era fallito il trasferimento a Mi<strong>la</strong>no per tentare <strong>di</strong> costruire una vita<br />
“normale”.<br />
Il pessimismo non si circoscrive al<strong>la</strong> so<strong>la</strong> realtà siciliana. Queste le parole con cui il<br />
protagonista da l’ ad<strong>di</strong>o al capoluogo lombardo: “ Nessuna pena, no, nessun rimpianto<br />
67 P. Carile, “ Testimonianza”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 12<br />
68 SP, p. 122<br />
69 ibidem, p. 115<br />
62
al <strong>la</strong>sciare dopo anni quell’ approdo <strong>di</strong> fuga[....]. Illusione infranta, castello rovinato,<br />
sommerso dall’ acque infette, dal<strong>la</strong> melma <strong>del</strong>l’ olona [...]duomo <strong>del</strong> profitto, basilica<br />
<strong>del</strong> fanatismo [...] ”. 70<br />
“ Si tratta ormai <strong>di</strong> due città omologate nell’ orrore, che patiscono una medesima<br />
catastrofe civile”. 71<br />
• “ Spasimo”<br />
Legato a doppio filo con il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> sicilianità e <strong>del</strong> pessimismo circa <strong>la</strong> realtà italiana<br />
in generale è il motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> sofferenza legata al<strong>la</strong> <strong>violenza</strong>.<br />
La <strong>violenza</strong> <strong>del</strong>le vicende storico- politiche, <strong>la</strong> sofferenza <strong>di</strong> Martinez, sul<strong>la</strong> cui vita<br />
essa si ripercuote.<br />
E Consolo ce <strong>la</strong> presenta coniugando<strong>la</strong> principalmente in tre mo<strong>di</strong>.<br />
Il primo è quello <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, <strong>la</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />
Le conseguenze sono tremende: oltre al<strong>la</strong> fuga, al<strong>la</strong> paura, allo spettacolo <strong>di</strong> corpi<br />
straziati sulle strade, lo scrittore deve vivere il dramma <strong>del</strong><strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre che gli<br />
causerà un perenne senso <strong>di</strong> colpa.<br />
La <strong>violenza</strong> viene anche rappresentata attraverso il terrorismo, le rivolte studentesche.<br />
Mauro sarà costretto a vivere da esule a Parigi ed il rapporto con il genitore sarà per<br />
sempre compromesso.<br />
Ed infine <strong>la</strong> mafia degli attentati e <strong>del</strong>le intimidazioni. La casa <strong>di</strong> Gioacchino e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
moglie, fino ad allora iso<strong>la</strong> felice, viene inglobata nel “ <strong>del</strong>irio costruttorio”. Sono gli<br />
anni degli appalti e dei “ ka<strong>la</strong>shnikov nei cantieri, spari per le strade”. 72<br />
70 ibidem, p. 91<br />
71 M. Onori, “Nel magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />
Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 65<br />
72 SP, p. 76<br />
63
La proprietà viene venduta ma rimane, per Martinez, <strong>la</strong> convinzione <strong>del</strong>l’ insensatezza e<br />
il senso <strong>di</strong> sconfitta: “ vendere a un vecchio malmesso e sdentato che a ma<strong>la</strong>pena<br />
sapeva apporre <strong>la</strong> sua firma”. 73<br />
Quin<strong>di</strong> l’ atto finale. Nel<strong>la</strong> lettera che occupa le ultime pagine <strong>del</strong> libro e che è<br />
in<strong>di</strong>rizzata a Mauro, lo scrittore fa un resoconto <strong>di</strong> tutta questa <strong>violenza</strong> e <strong>del</strong>le sue<br />
ragioni: un corpo giu<strong>di</strong>ziario asservito al <strong>potere</strong>, governanti complici, le numerose<br />
cosche. La lotta è impari.<br />
Al momento <strong>del</strong>l’ esplosione <strong>del</strong><strong>la</strong> bomba, il fioraio, che si trova in quel<strong>la</strong> stessa via,<br />
tenta <strong>di</strong> gridare. Il romanzo si conclude con un urlo che però non trova voce.<br />
Conseguenza <strong>di</strong> tutto questo è l’ afasia: impossibile cambiare o scrivere, esattamente<br />
come accade al protagonista che non sa più cosa <strong>di</strong>re dopo il crollo <strong>di</strong> ogni speranza.<br />
“ Non scrivo più, neppure de<strong>di</strong>che [...] . S’ era chiuso nel silenzio, nel dominio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
notizia, invasione <strong>del</strong> resoconto, scomparsa <strong>di</strong> memoria, nell’ assenza o sor<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>l’<br />
u<strong>di</strong>torio, vana era ormai ogni storia, finzione e rimando <strong>del</strong> suo senso <strong>di</strong>ceva e si<br />
<strong>di</strong>ceva. Ma sapeva che suo era il panico, l’ arresto, sua l’ impotenza, l’ afasia, il<br />
<strong>di</strong>sastro era nel<strong>la</strong> sua vita”. 74<br />
CONCLUSIONI<br />
Dall’analisi complessiva il binomio “<strong>potere</strong>-<strong>violenza</strong>” risulta fondamentale per <strong>la</strong><br />
riflessione portata avanti dagli autori considerati. In tutti esso da il via ad una serie <strong>di</strong><br />
73 ibidem, p. 73<br />
74 ibidem, p. 37<br />
64
considerazioni su aspetti col<strong>la</strong>terali: il pessimismo, il ruolo <strong>del</strong>l’intellettuale, il<br />
<strong>di</strong>sincanto e, se esistono, le alternative che si possono prospettare.<br />
Si parte dalle modalità con cui si declina questo primo nucleo.<br />
Il <strong>potere</strong> <strong>di</strong> per sé non è negativo, è il fatto che sia in mani sbagliate a essere denunciato.<br />
Non sono più gli sconfitti, come si è sempre creduto, a non avere capacità, ad essere<br />
inetti. E’ chi detiene il <strong>potere</strong> ad esserlo e per varie ragioni.<br />
Per il fatto che lo conduce all’estremo, non comprendendone le potenzialità (il caso<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura in “Sostiene Pereira”) o perché, possedendolo, decide <strong>di</strong> asservirlo per<br />
interesse (il caso <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia in Sciascia e in Consolo) o, ancora, perché, detenendolo,<br />
non è in grado <strong>di</strong> usarlo, per <strong>di</strong>fendersi e per <strong>di</strong>fendere <strong>la</strong> legalità e <strong>la</strong> libertà (il caso <strong>del</strong><br />
terrorismo). Questo è il ritratto <strong>del</strong>lo Stato per Consolo che al proposito <strong>di</strong>ce: “(I<br />
giu<strong>di</strong>ci) sono persone che vogliono ripristinare, contro quello criminale, il <strong>potere</strong> <strong>del</strong>lo<br />
Stato, il rispetto <strong>del</strong>le sue leggi. Sembrano figli, loro, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sfatto padre, minato da<br />
misterioso male, che si ostinano a far vivere, restituirgli autorità e comando.) 75<br />
In questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vuoto e crisi valoriale sono possibili, quin<strong>di</strong>, tutte le atrocità e le<br />
ingiustizie portate in scena: “Questa città è <strong>di</strong>ventata un campo <strong>di</strong> battaglia, un macello<br />
quoti<strong>di</strong>ano, sparano,fanno esplodere tritolo, straziano vite umane […]” 76 .<br />
Di fronte a questo scenario l’intellettuale deve prendere posizione, deve innalzare <strong>la</strong> sua<br />
voce al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong> coro, dando voce, allo stesso tempo, a chi è già stato bol<strong>la</strong>to come<br />
perdente dal gioco iniquo <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia. La denuncia non implica, però, il cambiamento.<br />
Spesso, infatti, questa consapevolezza ritraduce in un <strong>di</strong>sincanto e in una frustrazione<br />
<strong>del</strong>le speranze: tutto sembra rimanere immobile. L’energia iniziale <strong>del</strong>lo s<strong>la</strong>ncio, sia<br />
esso un’indagine o <strong>la</strong> fuga verso qualcosa <strong>di</strong> migliore, si esaurisce.<br />
E’ una ribellione verso nuove forme. Il romanzo si fa, ad esempio, inchiesta per Sciascia<br />
o confessione per Tabucchi, un vero e proprio strumento. Consolo si spinge oltre,<br />
75 S.P., p.129<br />
76 ibidem, p.128<br />
65
facendo <strong>del</strong> testo, un porto franco in cui poter sperimentare, specialmente a livello<br />
linguistico <strong>la</strong> sua personale forma <strong>di</strong> opposizione.<br />
La storia <strong>di</strong> Palermo, è <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> Mi<strong>la</strong>no, così come quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Lisbona e <strong>di</strong> qualsiasi<br />
borgo anonimo. Quello che sconcerta il lettore è che non vi è stata giustizia in passato e<br />
non vi è nemmeno nel presente.<br />
Fortunatamente c’è chi non si arrende.<br />
66
Opere narrative<br />
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO<br />
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Critica<br />
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72