20.05.2013 Views

la violenza del potere nelle opere di sciascia, tabucchi e consolo

la violenza del potere nelle opere di sciascia, tabucchi e consolo

la violenza del potere nelle opere di sciascia, tabucchi e consolo

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Letteratura italiana c.p.<br />

anno 2004/2005<br />

“ LA VIOLENZA DEL POTERE NELLE OPERE<br />

DI<br />

SCIASCIA, TABUCCHI E CONSOLO”<br />

Re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong>: Alice Aricò, Rossel<strong>la</strong> Carlucci, Giulia Maiocchi, Isabel<strong>la</strong><br />

Panzini<br />

1


INTRODUZIONE<br />

Nel<strong>la</strong> presente analisi è stato affrontato il filone tematico <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>violenza</strong> <strong>del</strong> <strong>potere</strong>,<br />

declinato in alcune <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Leonardo Sciascia (“Il contesto”, “Todo modo”, “I<br />

pugna<strong>la</strong>tori”, “L’affaire Moro”), Antonio Tabucchi (“Piazza d’Italia”, “Sostiene<br />

Pereira”) e Vincenzo Consolo (“Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”).<br />

Attraverso <strong>la</strong> rie<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>li e canoni <strong>del</strong><strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione (tra gli altri, il romanzo<br />

storico, il romanzo <strong>di</strong> formazione ed il giallo) essi raggiungono una prosa che esprime al<br />

meglio una realtà sociale in cui mafia, <strong>di</strong>ttatura, ipocrisia e bugia <strong>di</strong> <strong>potere</strong> si connettono<br />

con l’impotenza collettiva, il <strong>di</strong>sincanto e l’assenza <strong>di</strong> speranza.<br />

La letteratura è, in definitiva, il necessario filtro interpretativo <strong>del</strong><strong>la</strong> storia<br />

contemporanea, recente e passata.<br />

Il filo rosso nel<strong>la</strong> produzione <strong>di</strong> questi autori è <strong>la</strong> riflessione critica sul <strong>potere</strong>, non più<br />

strumento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, ma causa <strong>di</strong> caos e sconvolgimento sul<strong>la</strong> scena nazionale ed<br />

internazionale, ma anche, e soprattutto, sul palcoscenico <strong>del</strong><strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana, fatta <strong>di</strong><br />

piccoli attori. Ed è proprio dal partico<strong>la</strong>re, dal basso, che <strong>la</strong> prospettiva si al<strong>la</strong>rga e allo<br />

stesso tempo appare rovesciata: è <strong>la</strong> vita dei Rogas, dei Gioacchino Martinez e dei<br />

Pereira, dei perdenti, insomma, che viene toccata e sconvolta dal<strong>la</strong> Storia. Voci che<br />

prima rimanevano inascoltate ora impongono il proprio grido e invocano il<br />

cambiamento.<br />

La funzione critica e demistificatrice, propria <strong>del</strong> romanzo storico <strong>di</strong> stampo<br />

manzoniano, comunque, rimane. E’ il tono, non più paternalistico, insieme al gusto per<br />

il gioco letterario a fare <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza. Scompare l’idea <strong>di</strong> una giustizia che premia gli<br />

oppressi e punisce i colpevoli: sia i gran<strong>di</strong> (Falcone, Borsellino, Moro) sia i piccoli<br />

(Garibaldo) sono accomunati dal loro destino, che è quello <strong>di</strong> soccombere, intrappo<strong>la</strong>ti<br />

2


<strong>nelle</strong> leve <strong>del</strong> <strong>potere</strong> e <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia. Questi personaggi non sono, o meglio, non possono<br />

più essere eroi, perché è proprio il contesto in cui si trovano ad agire che, sordo,<br />

impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> affermare il loro valore.<br />

L’intento <strong>di</strong> questo <strong>la</strong>voro è, in definitiva, quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come, le scelte personali<br />

degli autori, dai contenuti alle strutture e dal<strong>la</strong> lingua alle tematiche, siano funzionali ad<br />

una riflessione che sfocia in dura critica e <strong>la</strong>scia poco al<strong>la</strong> speranza in una possibilità <strong>di</strong><br />

riscatto.<br />

3


LEONARDO SCIASCIA<br />

(“Il Contesto”, “Todo Modo”, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, “L’Affaire<br />

Moro”)<br />

Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />

Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, in provincia <strong>di</strong> Agrigento, l’8 gennaio 1921 da<br />

una famiglia <strong>del</strong><strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia locale. È il maggiore <strong>di</strong> tre fratelli e passerà buona<br />

parte <strong>del</strong><strong>la</strong> sua infanzia in compagnia <strong>del</strong>le zie, responsabili <strong>di</strong> un’educazione<br />

prevalentemente <strong>la</strong>ica. Frequenta l’istituto magistrale <strong>di</strong> Caltanissetta e, negli Anni<br />

Trenta, precocemente infasti<strong>di</strong>to dai rituali <strong>del</strong> regime fascista, Sciascia legge libri che<br />

resteranno per lui fondamentali: Manzoni, Hugo, Casanova, Courier, Diderot, Dos<br />

Passos, Hemingway, Faulkner. Nel 1944 sposa Maria Andronico, dal<strong>la</strong> quale avrà due<br />

4


figlie. Nel 1949 inizia ad insegnare al<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> elementare <strong>di</strong> Racalmuto e, insieme ad<br />

altri, fonda <strong>la</strong> rivista “Galleria” che <strong>di</strong>rigerà dal 1950 fino al<strong>la</strong> morte, garantendosi <strong>la</strong><br />

col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong> prestigiosi scrittori e critici, fra i quali Pasolini. Nel 1950 pubblica il<br />

suo primo libro, “Favole <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura”, prosette in forma <strong>di</strong> favo<strong>la</strong> esopiana che<br />

precedono <strong>di</strong> due anni l’uscita <strong>del</strong><strong>la</strong> sua unica raccolta <strong>di</strong> versi, “La Sicilia, il suo<br />

cuore”, e <strong>del</strong>l’antologia “Il fiore <strong>del</strong><strong>la</strong> poesia romanesca”, e<strong>di</strong>ta con una prefazione <strong>di</strong><br />

Pasolini.<br />

Nel 1953 pubblica il saggio “Piran<strong>del</strong>lo e il piran<strong>del</strong>lismo” e comincia a col<strong>la</strong>borare<br />

con <strong>la</strong> “Gazzetta <strong>di</strong> Parma”. Suoi articoli escono anche su “L’Ora”, “Letteratura” e<br />

“Nuova Corrente”, più tar<strong>di</strong> su “Tempo Presente” e “Officina”. Nel 1956 esce “Le<br />

parrocchie <strong>di</strong> Regalpetra”, interamente basato sul passato e sul presente <strong>di</strong> Racalmuto.<br />

Viene favorevolmente accolto dai critici e vince il premio Crotone.<br />

Nel 1961 pubblica il romanzo giallo “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” che resta, ancora oggi, il<br />

suo libro più famoso, più venduto e, il primo ad essere tradotto all’estero. È un romanzo<br />

in cui, per <strong>la</strong> prima volta, <strong>la</strong> mafia viene rappresentata nel suo momento <strong>di</strong> passaggio dal<br />

dominio <strong>del</strong>le campagne al dominio <strong>del</strong>le città. Un altro fortunato romanzo poliziesco è<br />

“A ciascuno il suo” che viene pubblicato nel 1966 ed è <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> una mafia ormai<br />

urbana e totalmente politicizzata.<br />

L’anno successivo si trasferisce a Palermo dove si crea intorno a lui un nutrito cenacolo<br />

<strong>di</strong> scrittori e artisti che darà vita a interessanti esperienze culturali, prima fra tutte <strong>la</strong><br />

casa e<strong>di</strong>trice Sellerio.<br />

Nel 1969 comincia a col<strong>la</strong>borare con il “Corriere <strong>del</strong><strong>la</strong> sera”, nel ’72 passerà al<strong>la</strong><br />

“Stampa”, per poi alternare momenti <strong>di</strong> col<strong>la</strong>borazione esclusiva a uno dei due giornali<br />

a fasi in cui <strong>di</strong>stribuiva i suoi articoli fra l’uno e l’altro quoti<strong>di</strong>ano. Nel 1971 pubblica<br />

“Il contesto” e nel 1974 “Todo modo”.<br />

5


Nel 1975, nonostante le frequenti polemiche con i critici <strong>di</strong> fede comunista, Sciascia<br />

accetta <strong>di</strong> can<strong>di</strong>darsi come in<strong>di</strong>pendente <strong>nelle</strong> liste <strong>del</strong> Pci <strong>nelle</strong> elezioni comunali <strong>di</strong><br />

Palermo. Eletto, si <strong>di</strong>metterà presto, <strong>di</strong>sgustato dal<strong>la</strong> politica <strong>del</strong> “compromesso storico”<br />

fra Pci e Dc. Nel 1976 pubblica “I pugna<strong>la</strong>tori” e dall’evento più tragico degli “anni <strong>di</strong><br />

piombo”, nel 1978 nasce “L’Affaire Moro”. Nel 1979 pubblica tre libri “Nero su<br />

nero”, “La Sicilia come metafora” e “Dal<strong>la</strong> parte degli infe<strong>del</strong>i”, ma il 1979 è<br />

soprattutto l’anno in cui Sciascia accetta <strong>la</strong> proposta <strong>del</strong> Partito Ra<strong>di</strong>cale per una<br />

can<strong>di</strong>datura alle elezioni politiche. L’esperienza par<strong>la</strong>mentare sarà per lui un mezzo per<br />

indagare sul caso Moro, come membro <strong>del</strong><strong>la</strong> commissione par<strong>la</strong>mentare d’inchiesta.<br />

Al<strong>la</strong> fine dei <strong>la</strong>vori <strong>del</strong><strong>la</strong> commissione, nel 1982, Sciascia non con<strong>di</strong>viderà le<br />

conclusioni <strong>del</strong> re<strong>la</strong>tore <strong>di</strong> maggioranza ed esprimerà tutte le sue perplessità in una<br />

re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> minoranza, pubblicata in appen<strong>di</strong>ce a una ristampa <strong>del</strong>l’ “Affaire Moro”.<br />

Negli anni <strong>del</strong> mandato par<strong>la</strong>mentare (1981- 1986) Sciascia non scrive romanzi, ma<br />

pubblica solo libri intervista (“Conversazione in una stanza chiusa”), raccolte <strong>di</strong> saggi<br />

(“Cruciverba”), <strong>di</strong>vagazioni memoriali o “cronachette” (“La strega e il capitano”).<br />

Nel 1982 dopo l’assassinio mafioso <strong>del</strong> prefetto <strong>di</strong> Palermo, generale Dal<strong>la</strong> Chiesa, lo<br />

scrittore, rifiutatosi <strong>di</strong> elogiare incon<strong>di</strong>zionatamente <strong>la</strong> sua azione, viene accusato dal<br />

figlio <strong>del</strong> generale, Nando Dal<strong>la</strong> Chiesa, <strong>di</strong> voler “fare il gioco <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia”. Una<br />

vicenda analoga si ripeterà nel 1987, quando Sciascia, - <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> campagna contro<br />

<strong>la</strong> mafia <strong>del</strong> sindaco Leoluca Or<strong>la</strong>ndo e al<strong>la</strong> promozione a procuratore <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica<br />

<strong>di</strong> Marsa<strong>la</strong> <strong>di</strong> Paolo Borsellino, un giu<strong>di</strong>ce <strong>del</strong> pool antimafia <strong>di</strong> Palermo preferito a un<br />

altro magistrato più anziano che però non aveva mai preso parte a processi contro <strong>la</strong><br />

mafia -, vorrà suonare un campanello d’al<strong>la</strong>rme in <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong> rispetto rigoroso <strong>del</strong>le<br />

leggi e contro <strong>la</strong> possibilità che si utilizzi “l’antimafia come strumento <strong>di</strong> <strong>potere</strong>”, un<br />

po’ com’era successo in epoca fascista. Sciascia è investito da un uragano <strong>di</strong> accuse,<br />

tutte volte a sottolinearne <strong>la</strong> “oggettiva” complicità con <strong>la</strong> mafia. Lo scrittore replica<br />

6


puntualmente sostenendo <strong>di</strong> aver fatto, a proposito <strong>di</strong> Borsellino, un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> metodo<br />

procedurale e non <strong>di</strong> merito (come d’altronde il giu<strong>di</strong>ce aveva perfettamente capito).<br />

Affetto da un male incurabile muore a Palermo il 20 novembre 1989.<br />

7


LE STRUTTURE NARRATIVE<br />

Sciascia, grande appassionato <strong>del</strong> racconto poliziesco, ne adotta temi, tecniche e schede<br />

narrative non solo nei romanzi (“A ciascuno il suo”, “Il contesto”, “Todo Modo” per<br />

citarne alcuni), ma anche nei romanzi-inchiesta in cui scrupolosamente esamina i<br />

documenti d’archivio re<strong>la</strong>tivi ad episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronaca recenti e non (ad esempio “I<br />

pugna<strong>la</strong>tori”, “Morte <strong>del</strong>l’Inquisitore”, “L’affaire Moro”).<br />

Il “giallo”<br />

Prima <strong>di</strong> scrivere “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta”, il suo primo romanzo “giallo”, Sciascia fa<br />

confluire gli stu<strong>di</strong> e le riflessioni sul genere in una serie <strong>di</strong> articoli, raccolti poi in<br />

“Breve storia <strong>del</strong> romanzo poliziesco”, a sua volta inserito in “Cruciverba” (1983).<br />

Emerge fin da subito una passione ed una competenza sul “giallo” che egli riverserà e<br />

rimo<strong>del</strong>lerà <strong>nelle</strong> sue <strong>opere</strong>. In partico<strong>la</strong>re, Sciascia sperimenta un genere <strong>di</strong> romanzo<br />

poliziesco che, attraverso il rovesciamento degli schemi ottimistici tra<strong>di</strong>zionali, indaga<br />

nel<strong>la</strong> mentalità e nei problemi <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà contemporanea.<br />

Il romanzo poliziesco è utilizzato in quanto “forma <strong>di</strong> racconto che tende al<strong>la</strong> verità dei<br />

fatti e al<strong>la</strong> denuncia <strong>del</strong> colpevole” 1 , rappresenta in ultima analisi un tentativo <strong>di</strong><br />

sve<strong>la</strong>re le verità che il Potere è interessato a nascondere.<br />

A <strong>di</strong>fferenza dei canoni tra<strong>di</strong>zionali <strong>del</strong> genere, il “giallo” <strong>sciascia</strong>no <strong>di</strong>venta paro<strong>di</strong>a,<br />

ironia lieve e <strong>di</strong>ssacratoria, ma che non spinge al comico, bensì al<strong>la</strong> rappresentazione<br />

tragica <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà politica. Altra <strong>di</strong>fferenza è che il mistero rimane spesso insoluto e le<br />

indagini non giungono mai ad una soluzione facile e imme<strong>di</strong>ata perché <strong>la</strong> verità non è<br />

mai semplice né chiara. Anche quando essa emerge, rimane vittima <strong>del</strong>le <strong>di</strong>namiche <strong>del</strong><br />

Potere. Il colpevole, quando viene scoperto, non viene punito, o per lo meno non viene<br />

sconfitta <strong>la</strong> trama criminale <strong>di</strong> cui fa parte.<br />

1 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 87<br />

8


E’ stato inoltre notato come <strong>la</strong> ricostruzione psicologica e sociale <strong>del</strong> contesto in cui<br />

avvengono gli omici<strong>di</strong> è ad<strong>di</strong>rittura anticipatrice <strong>di</strong> alcuni avvenimenti nel<strong>la</strong> politica<br />

italiana contemporanea (ad esempio, ne “Il Contesto” o in “Todo Modo”).<br />

Gli investigatori a cui vengono affidati i casi incarnano <strong>la</strong> <strong>di</strong>sperazione e il dolore <strong>di</strong><br />

Sciascia verso <strong>la</strong> realtà in cui vive. Per quanto competenti, essi sono comunque<br />

impotenti <strong>di</strong> fronte al Potere: le uniche forme <strong>di</strong> giustizia consistono allora nel non<br />

impe<strong>di</strong>re agli assassini <strong>di</strong> compiere i loro omici<strong>di</strong> (“Il contesto”), nell’uccidere gli<br />

assassini stessi (“Todo Modo”), oppure nel farsi uccidere fungendo da capri espiatori<br />

(“Il cavaliere e <strong>la</strong> morte”).<br />

Le scelte narrative, <strong>la</strong> continua commistione fra invenzione e ironia, <strong>la</strong> presenza <strong>di</strong> una<br />

trama torbida e sempre più intrecciata fanno sì che il giallo <strong>sciascia</strong>no assuma un<br />

carattere “barocco”.<br />

“Il romanzo-inchiesta”<br />

Nel<strong>la</strong> strutturazione dei suoi racconti-inchiesta Sciascia si ispira esplicitamente al<strong>la</strong><br />

“Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> Colonna Infame” poiché, come scrive nel<strong>la</strong> introduzione al<strong>la</strong> stessa, uno<br />

scrittore ha il dovere morale <strong>di</strong> assumere il ruolo <strong>di</strong> testimone nel<strong>la</strong> lotta contro <strong>la</strong><br />

impostura e “il passato, il suo errore, il suo male, non è mai passato: e dobbiamo<br />

continuamente viverlo e giu<strong>di</strong>carlo nel presente, se vogliamo essere davvero<br />

storicisti” 2 .<br />

L’opera narrativa si mesco<strong>la</strong> così al<strong>la</strong> ricostruzione storica attraverso lo stu<strong>di</strong>o dei<br />

materiali d’archivio per scoprire una verità da denunciare e riportare come esempio. Lo<br />

scrittore deve cercare <strong>nelle</strong> cronache <strong>del</strong> passato episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ingiustizia e <strong>di</strong> cru<strong>del</strong>tà, per<br />

risarcire le vittime almeno con il ricordo <strong>del</strong>le loro sofferenze e l’ammonimento sui<br />

mali che portano all’uso <strong>del</strong> Potere come strumento <strong>di</strong> prevaricazione e oppressione dei<br />

2 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 212<br />

9


deboli. Nell’intervista “La Sicilia come metafora” è lo stesso Sciascia ad affermare che<br />

“se <strong>la</strong> verità ha per forza <strong>di</strong> cose molte facce, l’unica forma possibile <strong>di</strong> verità è quel<strong>la</strong><br />

<strong>del</strong>l’arte. Lo scrittore sve<strong>la</strong> <strong>la</strong> verità decifrando <strong>la</strong> realtà e sollevando<strong>la</strong> al<strong>la</strong> superficie,<br />

in un certo senso semplificando<strong>la</strong>, anche rendendo<strong>la</strong> più oscura, per come <strong>la</strong> realtà<br />

spesso è […]C’è però <strong>di</strong>fferenza tra questa oscurità e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’ignoranza: non si<br />

tratta più <strong>del</strong>l’oscurità <strong>del</strong>l’inespresso, <strong>del</strong>l’informe, ma al contrario <strong>del</strong>l’espresso e<br />

<strong>del</strong> formu<strong>la</strong>to.” 3 . “La vera letteratura si <strong>di</strong>stingue dal<strong>la</strong> falsa solo per l’ineffabile<br />

senso <strong>del</strong><strong>la</strong> verità” 4 e ancora, <strong>nelle</strong> prime pagine <strong>del</strong>l’Affaire Moro si legge: “<strong>la</strong>sciata,<br />

insomma, al<strong>la</strong> letteratura <strong>la</strong> verità, <strong>la</strong> verità – quando dura e tragica apparve nello<br />

spazio quoti<strong>di</strong>ano e non fu più possibile ignorar<strong>la</strong> o travisar<strong>la</strong> – sembrò generata dal<strong>la</strong><br />

letteratura” 5 .<br />

3 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 87<br />

4 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 81<br />

5 L. Sciascia, “L’Affaire Moro”, A<strong>del</strong>phi,, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 29<br />

10


L’analisi <strong>del</strong>l’opera: IL CONTESTO<br />

E<strong>di</strong>to nel 1971 presso Einau<strong>di</strong>, appartiene al filone dei “gialli” o “romanzi polizieschi”<br />

inaugurati a partire da “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” (1961).<br />

Il romanzo, ambientato in un paese immaginario e narrato in terza persona, parte da un<br />

fatto <strong>di</strong> cronaca: l’uccisione <strong>del</strong> procuratore Vargas da parte <strong>di</strong> un misterioso assassino,<br />

identificato dai magistrati con Cres, un uomo condannato per tentato uxorici<strong>di</strong>o. Il caso<br />

viene affidato a Rogas, ispettore <strong>di</strong> polizia, l’unico che “aveva dei principi, in un paese<br />

in cui quasi nessuno ne aveva” 6 . Egli concentra le sue indagini su Cres, ma in seguito<br />

all’assassinio <strong>di</strong> altri giu<strong>di</strong>ci verrà in<strong>di</strong>rizzato a Roma, per indagare negli ambienti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

sinistra extrapar<strong>la</strong>mentare. Qui entra in contatto con l’alta politica e i servizi segreti e<br />

ciò lo porta ad abbandonare <strong>la</strong> pista <strong>del</strong> serial killer per stu<strong>di</strong>are i meccanismi socio-<br />

politici da cui nascono i <strong>del</strong>itti. Egli scopre che è in corso un vero e proprio complotto<br />

contro le istituzioni per realizzare un colpo <strong>di</strong> Stato, attribuito ai movimenti giovanili <strong>di</strong><br />

opposizione ma in realtà portato avanti dal Presidente <strong>del</strong><strong>la</strong> Corte Suprema. Quando<br />

Rogas accede al<strong>la</strong> verità, cerca <strong>di</strong> farsi giustizia da solo rivolgendosi a un amico<br />

comunista perché almeno lui pubblichi <strong>la</strong> verità sul suo giornale, ma rimarrà vittima <strong>di</strong><br />

un attentato che, proprio con <strong>la</strong> complicità <strong>del</strong> giornalista d'opposizione, gli viene teso<br />

dall'organizzazione statale. Il giallo è dunque irrisolto e l’accordo fra governo e<br />

opposizione impe<strong>di</strong>sce che si faccia luce sull’intrigo.<br />

Significativa per <strong>la</strong> comprensione <strong>del</strong><strong>la</strong> genesi <strong>del</strong>l’opera è <strong>la</strong> Nota che Sciascia pone<br />

al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> testo. Lo scrittore inizialmente progettava <strong>di</strong> scrivere un romanzo sul<strong>la</strong><br />

situazione politica italiana e mon<strong>di</strong>ale, ma data <strong>la</strong> vastità <strong>del</strong>l’argomento finì per iniziare<br />

<strong>la</strong> paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un giallo, “per <strong>di</strong>vertirsi” 7 . In realtà, come lui stesso afferma, <strong>la</strong> storia finì<br />

per non <strong>di</strong>vertirlo più, anzi, <strong>di</strong>venta <strong>la</strong> “cronaca <strong>di</strong> una desertificazione ideologica e<br />

6 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 12.<br />

7 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 71<br />

11


ideale” 8 , un “apologo sul <strong>potere</strong>” 9 in un mondo dove principi, valori e ideologie sono<br />

corrotti. Le riflessioni sul<strong>la</strong> politica e sul<strong>la</strong> natura <strong>del</strong> Potere <strong>di</strong> Sciascia, con continui<br />

riman<strong>di</strong> al<strong>la</strong> realtà in cui vive, scateneranno aspre critiche fra alcuni esponenti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

sinistra.<br />

La vicenda <strong>del</strong> protagonista, che con <strong>la</strong> sua volontà razionale <strong>di</strong> scoprire <strong>la</strong> verità<br />

trasgre<strong>di</strong>sce le regole <strong>del</strong> Potere, è emblematica <strong>del</strong> pessimismo <strong>di</strong> Sciascia, che<br />

rappresenta ne “Il Contesto” il fallimento <strong>del</strong><strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> riformare il sistema<br />

politico e <strong>di</strong> vincere <strong>la</strong> mafia.<br />

Mentre l’ambientazione è scarna ed essenziale, i personaggi sono sapientemente<br />

costruiti dall’autore, che cura con attenzione i nomi dei personaggi e li carica<br />

allegoricamente. Lo stesso nome Rogas deriva infatti dal verbo <strong>la</strong>tino rogare<br />

(interrogare), ed è l’anagramma <strong>di</strong> Argos, il mitico guar<strong>di</strong>ano dai cento occhi.<br />

L’opera <strong>di</strong> Sciascia è inoltre caratterizzata da un gioco <strong>di</strong> parallelismi e “doppi”: il<br />

primo, e più importante, tra Rogas e Cres: i due si incontrano prima che Cres uccida<br />

Riches e Rogas decide <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciarlo agire, poiché lo ritiene meno pericoloso dei reali<br />

nemici <strong>del</strong>lo Stato; “doppi” sono anche lo scrittore Nocio, “vigliacco e irresoluto” 10 , e<br />

il giornalista amico <strong>di</strong> Rogas, Cusan, “un uomo onesto, un amico ideale” 11 ; infine,<br />

“doppio” e certamente ambiguo è il sistema politico in cui maggioranza e opposizione<br />

mascherano il colpo <strong>di</strong> Stato con una finta col<strong>la</strong>borazione.<br />

8 Ibidem<br />

9 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 122<br />

10 G. Traina , “Leonardo Sciascia”, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1999, p. 81<br />

11 L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971, p. 102<br />

12


L’analisi <strong>del</strong>l’opera: TODO MODO<br />

Il romanzo, successivo e contiguo per <strong>la</strong> tematica <strong>del</strong> Potere a “Il Contesto”, viene<br />

pubblicato nel 1974 presso Einau<strong>di</strong>. Si tratta come per il precedente <strong>di</strong> una paro<strong>di</strong>a <strong>del</strong><br />

romanzo poliziesco e <strong>di</strong> una ripresa <strong>del</strong> genere “sotie” (con cui aveva già scritto “Il<br />

cavaliere e <strong>la</strong> morte”), un tipo <strong>di</strong> satira allegorica che trae spunto dal<strong>la</strong> realtà sociale e<br />

politica per poi parafrasarne <strong>la</strong> stupi<strong>di</strong>tà e <strong>la</strong> follia.<br />

Protagonista <strong>del</strong><strong>la</strong> vicenda è un pittore <strong>di</strong> successo che capita per caso in un eremo-<br />

albergo dove ogni anno un prete apparentemente colto e devoto, don Gaetano, raduna<br />

uomini politici, industriali, bancari, notabili per praticare esercizi spirituali. In realtà<br />

questi sono solo un pretesto per coprire una serie <strong>di</strong> traffici e intrighi politici al fine <strong>di</strong><br />

una lucrosa spartizione <strong>del</strong> <strong>potere</strong>. Durante il soggiorno <strong>del</strong> pittore, l’eremo sarà teatro<br />

<strong>di</strong> tre omici<strong>di</strong>, l’ultimo dei quali avrà come vittima proprio don Gaetano. Dalle indagini<br />

non vengono in<strong>di</strong>viduati i colpevoli; non solo, l’inchiesta sul <strong>del</strong>itto si <strong>di</strong>mostra<br />

impossibile perché tutti sono sospettabili, non ci sono moventi e a nul<strong>la</strong> serve <strong>la</strong><br />

spontanea ammissione <strong>di</strong> colpa da parte <strong>del</strong> pittore all’amico procuratore.<br />

Don Gaetano appare fin da subito agli occhi <strong>del</strong> pittore come un uomo dal<strong>la</strong> doppia<br />

personalità. L’accoglienza nel suo eremo è da una parte fredda e <strong>di</strong>staccata, dall’altra<br />

premurosa e paterna. Un altro elemento che colpisce il pittore sono gli occhiali <strong>di</strong> don<br />

Gaetano, fatti a pince-nez, con una montatura nera: gli stessi indossati dal <strong>di</strong>avolo in una<br />

copia <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong> Manetti, che si trova nell’eremo. In ogni altra occasione <strong>di</strong><br />

confronto tra il prete il pittore, ricca anche <strong>di</strong> citazioni e riferimenti culturali, verrà<br />

sve<strong>la</strong>ta <strong>la</strong> vera natura <strong>del</strong> ritiro spirituale e <strong>del</strong> prete stesso.<br />

Al <strong>di</strong> là dei giu<strong>di</strong>zi e <strong>del</strong>le opinioni <strong>del</strong> pittore, don Gaetano è indubbiamente <strong>di</strong> uno dei<br />

personaggi meglio costruiti ed inventati da Sciascia. Si tratta <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> prete “colto,<br />

13


letterato, che appartiene più al<strong>la</strong> cultura cattolica francese che all’italiana” 12 . Un<br />

uomo che non solo sve<strong>la</strong> le imperfezioni e <strong>la</strong> corruzione <strong>del</strong>l’istituzione a cui<br />

appartiene, ma legittima e assolve atti criminosi.<br />

Il pittore, un uomo <strong>di</strong> circa quarant’anni <strong>di</strong> cui non viene mai sve<strong>la</strong>to il nome, è estraneo<br />

al<strong>la</strong> realtà corrotta <strong>del</strong><strong>la</strong> società, sembra fin dall’inizio incuriosito agli avvenimenti<br />

<strong>del</strong>l’eremo-albergo e affascinato dal carisma <strong>di</strong> don Gaetano; tuttavia osserva senza mai<br />

intromettersi, ma una volta capita <strong>la</strong> logica <strong>del</strong> Potere decide <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi da essa e farsi<br />

giustizia da solo <strong>di</strong>ventando a sua volta omicida.<br />

L’opera inizia con <strong>la</strong> citazione <strong>di</strong> un saggio piran<strong>del</strong>liano scritto dal “maggior critico<br />

italiano dei nostri anni” (Giacomo Debenedetti), che serve da chiave <strong>di</strong> lettura al giallo<br />

irrisolto. Altrettanto significativa ai fini <strong>del</strong>l’interpretazione è <strong>la</strong> conclusione, una lunga<br />

citazione da “Les caves du Vatican” (1913) <strong>di</strong> André Gide, con cui il testo <strong>di</strong> Sciascia<br />

instaura una serie <strong>di</strong> analogie.<br />

Il testo è narrato per <strong>la</strong> prima volta in prima persona dal pittore e rientra nel filone dei<br />

gialli <strong>di</strong> gusto barocco. La soluzione non è esplicita: sono infatti presenti alcune ellissi<br />

che non permettono imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> capire chi è o chi sono gli assassini. Il compito<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduarli è <strong>la</strong>sciato al lettore, che potrà cercare <strong>di</strong> ricostruire gli elementi mancanti<br />

nel testo o legger il passo <strong>di</strong> Gide come chiave interpretativa. Nicolò Mineo, Professore<br />

<strong>di</strong> Letteratura Italiana e Preside <strong>del</strong><strong>la</strong> Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia <strong>del</strong>l'Università <strong>di</strong><br />

Catania, ha proposto un’interessante interpretazione degli omici<strong>di</strong>: i primi due<br />

sarebbero da imputare a don Gaetano, l’ultimo al pittore, che si confessa<br />

spontaneamente al commissario Sca<strong>la</strong>mbri ma non viene creduto.<br />

Par<strong>la</strong>ndo <strong>del</strong><strong>la</strong> genesi <strong>del</strong>l’opera, Sciascia <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> avere avuto ispirazione per questo<br />

romanzo da un suo soggiorno in un albergo religioso a Zafferana Etnea, in Sicilia,<br />

nell’estate <strong>del</strong> 1970; mesco<strong>la</strong> quin<strong>di</strong> realtà ad elementi fittizi e rappresenta ancora una<br />

volta metaforicamente <strong>la</strong> situazione storica in cui Sciascia vive. Il titolo è tratto dal<strong>la</strong><br />

12 L. Sciascia, “La Sicilia come metafora”, intervista <strong>di</strong> M. Padovani, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori 1979; pag. 67<br />

14


“Primera anotaciòn” degli “Esercizi spirituali” <strong>di</strong> Sant'Ignazio <strong>di</strong> Loyo<strong>la</strong>, dove egli<br />

prescrive che bisogna “agire in qualunque modo per raggiungere <strong>la</strong> volontà <strong>di</strong>vina” 13 .<br />

Simbolico è il luogo dove avviene <strong>la</strong> narrazione: l’eremo-albergo è iso<strong>la</strong>to, lontano e<br />

nascosto dal mondo; è un “nido”, un “fortilizio” 14 , come lo definisce il pittore. I<br />

meccanismi per <strong>la</strong> definizione <strong>del</strong> Potere che si instaurano nel ristretto gruppo<br />

rappresentano metaforicamente il funzionamento <strong>del</strong>l’intera società corrotta nel<strong>la</strong> sua<br />

sfera politica e religiosa.<br />

Vincenzo Consolo, in un saggio raccolto in “Di qua dal faro” (1999), afferma che<br />

“Todo Modo” può essere considerato anticipatore de “L’affaire Moro”, proprio perché<br />

ritroviamo nel romanzo lo stesso contesto politico-criminale che porterà al<strong>la</strong> morte <strong>di</strong><br />

Moro.<br />

13 G. Traina , “Leonardo Sciascia”, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1999, p. 223.<br />

14 L. Sciascia ,“Todo Modo”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1974, p. 17.<br />

15


L’analisi <strong>del</strong>l’opera: I PUGNALATORI<br />

E<strong>di</strong>zioni: a puntate su “La Stampa” poi in volume, “Nuovi Coralli” Einau<strong>di</strong>, 1976 (5<br />

ristampe, 106.000 copie vendute); 2ª e<strong>di</strong>zione “Fabu<strong>la</strong>” A<strong>del</strong>phi, 1990. Traduzioni:<br />

francese, spagno<strong>la</strong>, cata<strong>la</strong>na, tedesca, ungherese, russa, svedese.<br />

Il 25 maggio <strong>del</strong> 1862 l’avvocato Guido Giacosa, piemontese, viene nominato Sostituto<br />

Procuratore Generale <strong>del</strong> Re presso <strong>la</strong> Corte D’Appello <strong>di</strong> Palermo. Egli <strong>di</strong>venta ben<br />

presto “insofferente <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> superficie verniciata, sostanza pessima” 15 che <strong>la</strong><br />

Sicilia gli offre.<br />

Il 1° ottobre 1862 un “fatto criminale <strong>di</strong> orrida novità” 16 funesta Palermo: tre<strong>di</strong>ci<br />

persone in <strong>di</strong>versi punti <strong>del</strong><strong>la</strong> città vengono accoltel<strong>la</strong>te al<strong>la</strong> stessa ora da feritori tanto<br />

simili da assomigliare a uno stesso uomo. Uno dei feritori, Angelo d’Angelo, confessa e<br />

fa i nomi degli esecutori e dei presunti mandanti. Le indagini su tale sinistra<br />

macchinazione sono affidate al procuratore Guido Giacosa e al Consigliere Mari.<br />

L’inchiesta conduce ben presto a in<strong>di</strong>viduare nel principe <strong>di</strong> Sant’Elia, ricchissimo e<br />

rispettatissimo senatore <strong>del</strong> Regno d’Italia, l’insospettabile mandante. Con crescente<br />

angoscia e <strong>di</strong>sperazione fra complotti, doppie verità e “sommessi sussurri” 17 , Giacosa<br />

cerca <strong>di</strong> costruire una solida accusa avvalendosi solo <strong>del</strong><strong>la</strong> testimonianza <strong>di</strong> pentiti e<br />

spie spesso scre<strong>di</strong>tate. In una re<strong>la</strong>zione sul caso, Giacosa scrive: “Noi non abbiamo<br />

guardato al<strong>la</strong> qualità <strong>del</strong>le persone, ai loro precedenti, alle loro <strong>di</strong>gnità, al loro<br />

carattere; abbiamo <strong>di</strong>menticato il principe e il monsignore, il facchino e il<br />

guardapiazza: per ricordarci solo che tutti erano uguali <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> legge, che contro<br />

tutti pesavano uguali in<strong>di</strong>zii e che questi in<strong>di</strong>zii in nostra coscienza erano sufficienti e<br />

gravi. A tutti era dunque dovuto eguale trattamento; e se ci siamo ricordati che fra i<br />

15 L. Sciascia, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 12<br />

16 Ibidem, p. 13<br />

17 Ibidem, p. 103<br />

16


colpiti vi era un Senatore <strong>del</strong> Regno, ciò fu soltanto per rispettarne le prerogative nei<br />

limiti più stretti consentiti dallo Statuto…” 18 . La c<strong>la</strong>sse <strong>di</strong>rigente siciliana appare però<br />

ambigua, irresponsabile e doppiogiochista e quin<strong>di</strong> tale <strong>di</strong>chiarazione non sarà<br />

sufficiente per permettergli <strong>di</strong> condannare l’illustre colpevole. Il caso si “risolverà” così<br />

con <strong>la</strong> condanna dei soli esecutori materiali. Lo stesso procuratore Giacosa verrà<br />

rimproverato da Crispi per i mo<strong>di</strong> in cui l’istruttoria era stata condotta e per il fatto che<br />

vi fossero state coinvolte persone <strong>del</strong><strong>la</strong> cui innocenza si rendeva garante.<br />

Prima <strong>del</strong><strong>la</strong> stesura <strong>di</strong> questo racconto inchiesta Sciascia stu<strong>di</strong>a le carte conservate dagli<br />

ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Giacosa e conduce ricerche d’archivio a Palermo e a Roma ricavandone <strong>la</strong><br />

convinzione <strong>del</strong><strong>la</strong> colpevolezza <strong>di</strong> Sant’Elia che avrebbe or<strong>di</strong>to <strong>la</strong> congiura per suscitare<br />

l’in<strong>di</strong>gnazione popo<strong>la</strong>re contro lo stato sabaudo incapace <strong>di</strong> tute<strong>la</strong>re <strong>la</strong> quiete pubblica e<br />

dunque per rinfoco<strong>la</strong>re nostalgie borboniche. Nei problemi <strong>del</strong> magistrato Giacosa<br />

Sciascia legge le eterne <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia italiana a farsi strada fra le fitte reti<br />

tessute dal Potere allo scopo <strong>di</strong> occultare i suoi crimini.<br />

L’analisi <strong>del</strong>l’opera: L’AFFAIRE MORO<br />

Nel 1978 appare contemporaneamente in Italia per Sellerio ed in Francia per Grasset,<br />

tradotto da Jean-Noel Schifano. Nel<strong>la</strong> ristampa <strong>del</strong> 1983 verrà pubblicata in appen<strong>di</strong>ce<br />

anche <strong>la</strong> Re<strong>la</strong>zione <strong>di</strong> minoranza presentata dal deputato Leonardo Sciascia.<br />

Scritto pochi mesi dopo il sequestro (16 marzo) e l’assassinio (9 maggio 1978) <strong>di</strong> Aldo<br />

Moro ad opera <strong>del</strong>le Brigate rosse suscita feroci contestazioni, tanto che Sciascia viene<br />

persino accusato <strong>di</strong> connivenza con le Brigate rosse.<br />

18 Ibidem, p. 74<br />

17


Nel titolo appare ispirato a Voltaire (“L’affaire Ca<strong>la</strong>s”) e a Zo<strong>la</strong> (“L’affaire Dreyfus”),<br />

ma in realtà è vicino agli scrittori francesi solo per <strong>la</strong> superficiale coincidenza <strong>di</strong><br />

militanza politica dal<strong>la</strong> parte <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione e <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia.<br />

Questo pamphlet si configura come un <strong>di</strong>scorso contro il “partito <strong>del</strong><strong>la</strong> fermezza” (<strong>la</strong><br />

DC) che, rifiutando le trattative con le Brigate Rosse ha abbandonato il suo esponente<br />

più illustre al suo destino <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> “vittima sacrificale” <strong>di</strong> un intero regime politico.<br />

Sciascia inoltre, pur essendo contro <strong>la</strong> lotta armata, non esita ad esprimere scarsa fiducia<br />

in uno Stato che non sa sconfiggere i fenomeni mafiosi né sa proteggere chi vi si<br />

oppone.<br />

Per ricostruire <strong>la</strong> vicenda in tutte le sue implicazioni Sciascia analizza le lettere <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

prigionia <strong>di</strong> Moro, con rigore da filologo. Egli compie un’azione preliminare che lo<br />

pone in una posizione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cale contestazione rispetto al<strong>la</strong> verità <strong>di</strong>vulgata da chi è al<br />

<strong>potere</strong>: quelle lettere sono veritiere, non sono state estorte dai terroristi, contengono<br />

l’autentico pensiero <strong>di</strong> Moro forse anche qualche messaggio “cifrato” che il prigioniero<br />

cercava <strong>di</strong> far arrivare a chi lo potesse intendere. Moro, nel tentativo d i comunicare con<br />

i suoi colleghi e amici <strong>di</strong> partito, è costretto a “<strong>di</strong>re col linguaggio <strong>del</strong> non<strong>di</strong>re” 19 , a<br />

“farsi capire adoperando gli stessi strumenti che aveva adottato e sperimentato per<br />

non farsi capire” 20 . I politici italiani non riconoscono però quel linguaggio e si<br />

affrettano a sostenere che le lettere <strong>di</strong> Moro dal<strong>la</strong> “prigione <strong>del</strong> popolo” sono opera <strong>di</strong><br />

un uomo drogato e non in sé stesso. Per questo celebrano da subito il funerale <strong>del</strong><br />

grande statista che fu, per negargli <strong>di</strong>gnità e verità durante <strong>la</strong> sua prigionia.<br />

L’altro livello <strong>di</strong> comunicazione presente nel testo è quello tra Moro e le BR: se Moro<br />

non fosse stato l’abile politicante che era dal<strong>la</strong> “prigione <strong>del</strong> popolo” non sarebbe uscita<br />

una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e il rapimento non sarebbe durato tanto a lungo. Moro sa <strong>di</strong>alogare con<br />

le BR e questo gli permette <strong>di</strong> comunicare con l’esterno in re<strong>la</strong>tiva libertà, per questo<br />

19 L. Sciascia, “L’affaire Moro”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 17<br />

20 Ibidem<br />

18


Sciascia affida a quelle lettere una così grande importanza. L’obiettivo <strong>del</strong> presidente<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> DC non è solo quello <strong>di</strong> muovere le trattative per il ri<strong>la</strong>scio, quanto <strong>di</strong> essere<br />

ritrovato dal<strong>la</strong> forze <strong>di</strong> polizia, <strong>di</strong> guadagnare il tempo che occorreva a chi era preposto<br />

al<strong>la</strong> sua ricerca, ma nessuno in quei giorni seppe davvero leggere le sue lettere. La frase<br />

che quin<strong>di</strong> permette <strong>di</strong> comprendere L’Affaire Moro è contenuta in uno degli ultimi<br />

messaggi al<strong>la</strong> moglie: “è incre<strong>di</strong>bile a quale punto sia giunta <strong>la</strong> confusione <strong>del</strong>le<br />

lingue” 21 .<br />

Sciascia accusa <strong>la</strong> Democrazia Cristiana <strong>di</strong> mancanza <strong>di</strong> pietà e riconoscenza verso colui<br />

che aveva assunto su <strong>di</strong> sé <strong>la</strong> <strong>di</strong>fesa e <strong>la</strong> responsabilità <strong>di</strong> tutto un partito. La pietà<br />

<strong>del</strong>l’autore per Moro non nasce dal<strong>la</strong> simpatia per il politico quanto da un sentimento <strong>di</strong><br />

affetto verso un uomo solo e tra<strong>di</strong>to. Lo scrittore infatti “non mira a scoprire il perché<br />

<strong>del</strong>l’evento, ma come esso sia stato vissuto dal protagonista e dai personaggi <strong>di</strong><br />

contorno” 22 .<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione <strong>di</strong> Sciascia questa può essere considerata l’opera in<br />

cui culmina <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a <strong>del</strong> Potere iniziata con “Il Contesto” e “Todo Modo”.<br />

LINGUA E STILE<br />

Sciascia si è molto ispirato per <strong>la</strong> lingua che utilizza agli scrittori <strong>del</strong> gruppo de “La<br />

Ronda”, una rivista che appare nel 1919. In partico<strong>la</strong>re, fa riferimento ad essi per i<br />

criteri <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne, chiarezza e semplicità. Tuttavia il suo grande maestro <strong>di</strong> scrittura<br />

rimane Manzoni, che ritiene essere “il più grande scrittore italiano” 23 .<br />

21 Ibidem, p. 145<br />

22 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 45<br />

23 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 77.<br />

19


Nel<strong>la</strong> stesura dei suoi romanzi, Sciascia afferma <strong>di</strong> non aver mai avuto problemi <strong>di</strong><br />

stile 1 . Il problema principale semmai era rappresentato dall’uso <strong>di</strong> “sicilianismi” ed<br />

espressioni <strong>di</strong>alettali: essi erano molto presenti nel<strong>la</strong> sintassi <strong>del</strong>le prime <strong>opere</strong>, perché<br />

visti come uno strumento per giungere al realismo. Progressivamente si fanno più rari,<br />

fino ad arrivare a testi come “Todo Modo” dove sono assenti.<br />

Sciascia descrive questo suo progressivo <strong>di</strong>stacco dalle espressioni tipiche siciliane<br />

come un parallelo al suo sentirsi siciliano: all’allontanamento psicologico, intellettuale e<br />

sentimentale dalle cose siciliane corrisponde un allontanamento dal<strong>la</strong> sua lingua e dal<br />

suo <strong>di</strong>aletto.<br />

Da stu<strong>di</strong> critici effettuati, specie dopo l’interessamento <strong>di</strong> Pasolini allo stile <strong>di</strong> Sciascia,<br />

emergono alcuni tratti <strong>di</strong>stintivi <strong>del</strong><strong>la</strong> sua sintassi. Egli ricorre spesso a iperbati, ellissi,<br />

paranomasie; usa pochi articoli ma molti segni <strong>di</strong> interpunzione per frammentare <strong>la</strong><br />

frase; preferisce frasi nominali e proposizioni finali introdotte dal<strong>la</strong> “a”.<br />

Un’inversione <strong>di</strong> tendenza si ha negli anni ’70 e ’80, quando alle proposizioni<br />

coor<strong>di</strong>nate egli preferisce l’uso <strong>del</strong><strong>la</strong> subor<strong>di</strong>nazione.<br />

La maggior parte dei testi è ricca <strong>di</strong> citazioni, implicite ed esplicite, che hanno spesso<br />

una funzione <strong>di</strong> interazione con il lettore, e possono rappresentare ad esempio<br />

riempimenti <strong>di</strong> vuoti o concetti su cui <strong>di</strong>scutere (come avviene in “Todo Modo”).<br />

Fanno parte <strong>del</strong>lo stile <strong>di</strong> Sciascia le componenti ironiche, satiriche e umoristiche, non<br />

per niente egli è stato vincitore <strong>del</strong> premio “Forte dei Marmi” per <strong>la</strong> satira politica nel<br />

1980. Anche qui lo scrittore <strong>di</strong> riferimento è Manzoni, in partico<strong>la</strong>re per quanto riguarda<br />

l’ironia. Sciascia utilizza un tipo partico<strong>la</strong>re <strong>di</strong> ironia che si accanisce contro i<br />

prepotenti, gli intolleranti e coloro che manovrano illegittimamente il Potere, basti<br />

pensare ad esempio il personaggio <strong>di</strong> don Gaetano in “Todo Modo”.<br />

20


LE TEMATICHE<br />

“L’omici<strong>di</strong>o in Sciascia”<br />

Sciascia è interessato all’indagine e al<strong>la</strong> descrizione <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> <strong>potere</strong> declinato<br />

<strong>nelle</strong> varie forme <strong>di</strong> criminalità organizzata, mafia siciliana e omici<strong>di</strong>o. Non si limita ad<br />

affermare che il sistema democratico in realtà maschera una forma <strong>di</strong> <strong>potere</strong> tiranno (il<br />

fascismo) <strong>di</strong> cui <strong>la</strong> mafia è l’espressione più pericolosa e perversa, ma denuncia nei suoi<br />

testi le complicità tra criminalità mafiosa, c<strong>la</strong>ssi politiche, magistratura, esercito e clero.<br />

Gli omici<strong>di</strong> narrati non hanno mai moventi soggettivi o in<strong>di</strong>viduali ma sono un intreccio<br />

<strong>di</strong> cause più complesse da ricercare <strong>nelle</strong> strutture sociali, culturali, politiche ed<br />

economiche. Di conseguenza, l’omicida non è più necessariamente un soggetto ma<strong>la</strong>to<br />

che compie atti devianti, ma qualcuno che opera a livello <strong>del</strong><strong>la</strong> collettività con<br />

comportamenti sociali complessi.<br />

Interessante è anche notare che in gran parte dei romanzi <strong>di</strong> Sciascia vengono presentati<br />

non uno ma una serie <strong>di</strong> <strong>del</strong>itti, e vi è anche una certa ripetitività <strong>di</strong> alcuni numeri: tre<br />

sono i <strong>del</strong>itti ne “Il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> civetta” e in “A ciascuno il suo”, tre<strong>di</strong>ci sono invece le<br />

vittime all’inizio de “I pugna<strong>la</strong>tori” e nell’intera opera “Il Contesto”.<br />

La narrazione è un insieme <strong>di</strong> elementi reali, simbolici ed immaginari: proprio questo<br />

conferisce alle storie narrate un carattere realistico nel quale si può cogliere <strong>la</strong> <strong>di</strong>namica<br />

<strong>del</strong>l’atto omicida. La narrazione è quin<strong>di</strong> il mezzo per arrivare al<strong>la</strong> conoscenza <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

realtà. Spesso questo intreccio <strong>di</strong> elementi comporta una maggior <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lettura ed<br />

interpretazione dei romanzi <strong>di</strong> Sciascia, che possono essere scomposti e analizzati su più<br />

livelli.<br />

“La Sicilia come metafora”<br />

21


La Sicilia con <strong>la</strong> sua vita sociale dominata dal<strong>la</strong> presenza <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia rappresenta per<br />

Sciascia, oltre che il legame con una tra<strong>di</strong>zione, anche <strong>la</strong> metafora <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> essere<br />

e <strong>di</strong> vivere. La sua iso<strong>la</strong> <strong>di</strong>venta l’immagine esemp<strong>la</strong>re <strong>del</strong>le tendenze più perverse non<br />

solo <strong>del</strong>l’intera realtà italiana, ma anche <strong>di</strong> un mondo che somiglia ad una trappo<strong>la</strong>, in<br />

cui <strong>la</strong> ragione, negata da poteri e complicità <strong>di</strong> ogni tipo, è costretta a cercare se stessa, a<br />

<strong>di</strong>fendere <strong>la</strong> sua funzione <strong>di</strong> giustizia e <strong>di</strong> verità.<br />

Le <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Sciascia prendono vita nel<strong>la</strong> solitaria provincia agrigentina, dove, a partire<br />

dall’Ottocento, le miniere <strong>di</strong> zolfo avevano trasformato oltre al paesaggio anche le<br />

con<strong>di</strong>zioni economiche e culturali: <strong>la</strong> zolfara costituiva una nuova struttura economica<br />

che andava a sovrapporsi a quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> feudo portando l’uomo siciliano dal<strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne <strong>del</strong><strong>la</strong> vita conta<strong>di</strong>na ad una forma <strong>di</strong> vita aggregata e solidale. Questo,<br />

insieme al <strong>potere</strong> democristiano <strong>del</strong> dopoguerra e al<strong>la</strong> mafia permettono allo scrittore <strong>di</strong><br />

affermare che <strong>la</strong> “sicilitu<strong>di</strong>ne” 24 è un modo d’essere non naturale, ma risultante “da<br />

partico<strong>la</strong>ri vicissitu<strong>di</strong>ni storiche e dal<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rità degli istituti” 25 .<br />

L’autore allude quin<strong>di</strong> al<strong>la</strong> Sicilia come ad “un <strong>la</strong>birinto <strong>di</strong> vetro, dove si resta<br />

prigionieri, vedendo tutto, ma senza vedere le pareti che rinchiudono; e si è prigionieri<br />

<strong>di</strong> simboli <strong>di</strong> morte, <strong>di</strong> una realtà luttuosa. Ecco perché, per Sciascia, è bene amare <strong>la</strong><br />

Sicilia, ma anche mantenerne una <strong>di</strong>stanza almeno mentale” 26 . In un’intervista<br />

concessa a Tom Baldwin nel 1979 lo scrittore <strong>di</strong>ceva infatti <strong>di</strong> par<strong>la</strong>re “dei mali<br />

siciliani non perché li o<strong>di</strong>o, ma perché li porto dentro <strong>di</strong> me, e vorrei liberarmene” 27 .<br />

Tra le altre numerose affermazioni che si riferiscono al rapporto letterario tra lo scrittore<br />

e <strong>la</strong> sua terra, ve ne è una che appare partico<strong>la</strong>rmente chiarificatrice e che Sciascia<br />

scriveva nel 1967 con riferimento all’opera che lo aveva rive<strong>la</strong>to: “È stato detto che<br />

nel<strong>la</strong> Parrocchie <strong>di</strong> Regalpetra sono contenuti tutti i temi che ho poi, in altri libri,<br />

24 Citato in M. Onofri, “Storia <strong>di</strong> Sciascia”, Laterza, Bari 1994, p. 140<br />

25 Ibidem<br />

26 G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 204<br />

27 Citato in G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1999 p. 203<br />

22


variamente svolto. E l’ho detto anch’io. […] Tutti i miei libri in effetti ne fanno uno. Un<br />

libro sul<strong>la</strong> Sicilia che tocca i punti dolenti <strong>del</strong> passato e <strong>del</strong> presente e che viene ad<br />

artico<strong>la</strong>rsi come <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> una lunga sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione” 28 . La conferma <strong>di</strong><br />

questa tesi <strong>la</strong> troviamo anche ne I Pugna<strong>la</strong>tori quando, per descrivere lo stato d’animo<br />

<strong>del</strong> magistrato Giacosa, l’autore scrive: “Credeva <strong>di</strong> dovere <strong>la</strong> sua sconfitta, <strong>la</strong> sconfitta<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> legge, <strong>la</strong> sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia, al<strong>la</strong> Sicilia: alle abitu<strong>di</strong>ni, le tra<strong>di</strong>zioni, l’indole,<br />

lo spirito <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>sgraziato paese assai più amma<strong>la</strong>to <strong>di</strong> quanto si presuma. Lo<br />

doveva invece all’Italia” 29 .<br />

“Il Potere corrotto”<br />

Le scelte polemiche <strong>di</strong> Sciascia e i suoi interventi controcorrente si fondano sul<strong>la</strong> sua<br />

educazione <strong>la</strong>ica lontana dagli intrighi e dalle tattiche <strong>del</strong><strong>la</strong> vita politica, perciò <strong>la</strong> sua<br />

aspirazione ad una realtà lucidamente razionale e ad una vita sociale libera dall’inganno<br />

e dal<strong>la</strong> <strong>violenza</strong> lo ha portato a mettere in luce tutta <strong>la</strong> carica negativa <strong>di</strong> quel Potere che<br />

fa leva su intrecci perversi che rendono cieca <strong>la</strong> stessa ragione. Attraverso personaggi<br />

che cercano <strong>la</strong> verità indagando su eventi e situazioni partico<strong>la</strong>ri sia <strong>del</strong> presente che <strong>del</strong><br />

passato egli <strong>di</strong>mostra <strong>la</strong> <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione e <strong>del</strong><strong>la</strong> verità che sono<br />

spesso nascoste dalle trame <strong>del</strong><strong>la</strong> vita sociale e da poteri apparenti e occulti.<br />

La mafia si configura quin<strong>di</strong> come espressione <strong>del</strong><strong>la</strong> società corrotta e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

degenerazione <strong>del</strong> Potere e <strong>di</strong>venta garanzia <strong>del</strong><strong>la</strong> conservazione <strong>del</strong> dominio <strong>nelle</strong> mani<br />

<strong>di</strong> chi lo detiene da sempre.<br />

Sciascia vede <strong>la</strong> realtà italiana degli anni Ottanta dominata da poteri trasversali, forme<br />

mafiose e complicità che portano l’ingiustizia in ogni momento <strong>del</strong><strong>la</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana e<br />

vedono <strong>la</strong> sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> ragione che deve comunque continuare a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> no al male e<br />

28 Citato in M. Onofri, “Nel nome dei padri – Nuovi stu<strong>di</strong> <strong>sciascia</strong>ni”, La Vita Felice, Mi<strong>la</strong>no 1998 p. 11<br />

29 L. Sciascia, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no 2003, p. 97<br />

23


alle menzogne dei poteri manifesti ed occulti. Inoltre, l’impegno che c’è nei suoi libri<br />

“spinge il lettore a schierarsi dal<strong>la</strong> parte degli oppressi, da chi ha sete <strong>di</strong> giustizia e che<br />

lotta per un <strong>di</strong>ritto nuovo” 30 .<br />

Secondo Sciascia i poliziotti “incarnano semplicemente <strong>la</strong> legge, senza <strong>la</strong> quale una<br />

società non può vivere. La loro sfortuna è proprio che questa legge non riescono ad<br />

applicar<strong>la</strong>” 31 . Ne è un esempio l’ispettore Rogas. Egli deve risolvere “un arduo<br />

problema etico: è lecito assicurare al<strong>la</strong> legge i criminali che ad essa attentano, quando<br />

si tratta <strong>del</strong><strong>la</strong> legge <strong>di</strong> uno stato non più fondato sul <strong>di</strong>ritto e <strong>la</strong> giustizia? Bisogna<br />

servire uno Stato ormai governato da un’associazione a <strong>del</strong>inquere o <strong>di</strong>chiarargli<br />

guerra?” 32 . Il risultato è <strong>la</strong> sua identificazione con l’assassino che si trasforma in<br />

vittima innocente <strong>di</strong> uno Stato criminale.<br />

Ritroviamo <strong>la</strong> giustizia sconfitta anche ne “I Pugna<strong>la</strong>tori” dove nonostante gli in<strong>di</strong>zi il<br />

Principe <strong>di</strong> Sant’Elia mantiene i propri privilegi e scontano <strong>la</strong> pena <strong>di</strong> morte solo alcuni<br />

<strong>del</strong>inquenti mercenari, misere reclute <strong>del</strong><strong>la</strong> congrega dei pugna<strong>la</strong>tori.<br />

Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />

ANTONIO TABUCCHI<br />

(“Piazza d’Italia” e “Sostiene Pereira”)<br />

Antonio Tabucchi nasce a Pisa il 24 settembre 1943 e viene allevato dai nonni in un<br />

borgo <strong>nelle</strong> vicinanze <strong>del</strong><strong>la</strong> città toscana.<br />

Durante gli anni <strong>del</strong>l’università intraprende numerosi viaggi in Europa.<br />

30 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 85<br />

31 L. Sciascia e M. Padovani, “La Sicilia come metafora”, Mondatori, Mi<strong>la</strong>no 1979, p. 67<br />

32 M. Onofri, “Storia <strong>di</strong> Sciascia”, Laterza, Bari 1994, p. 155<br />

24


Proprio durante uno <strong>di</strong> questi suoi spostamenti viene a contatto con l’opera <strong>del</strong> genio<br />

portoghese <strong>di</strong> Fernando Pessoa (1888-1935), il quale non simpatizzò mai per i regimi<br />

totalitari e, anzi, spesso, assunse posizioni più aperte e coraggiose. Conosce Lisbona e<br />

sviluppa per questa città e per il Portogallo una vera e propria passione che segnerà gran<br />

parte <strong>del</strong><strong>la</strong> sua opera. Si <strong>la</strong>urea, inoltre, con una tesi sul “Surrealismo in Portogallo”.<br />

Ha curato <strong>la</strong> traduzione in italiano <strong>di</strong> molte <strong>opere</strong> <strong>di</strong> Pessoa e su questo grande autore ha<br />

anche scritto un libro <strong>di</strong> saggi e una comme<strong>di</strong>a teatrale..<br />

Si perfeziona al<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Normale Superiore <strong>di</strong> Pisa negli anni ’70 e nel 1973 è<br />

chiamato presso <strong>la</strong> cattedra <strong>di</strong> Lingua e Letteratura Portoghese a Bologna.<br />

Nel 1973 scrive il suo primo romanzo, “Piazza d’Italia” (pubblicato solo nel 1975<br />

presso Bompiani), che rappresenta, insieme a “Il piccolo naviglio” (Mondadori,<br />

1978), il primo approccio al testo come luogo <strong>di</strong> incontro-scontro tra scrittura e storia.<br />

“Piazza d’Italia” rimane comunque un tentativo ben riuscito <strong>di</strong> (ri)scrivere <strong>la</strong> Storia<br />

dal<strong>la</strong> prospettiva dei perdenti, attraverso il racconto epico degli avvenimenti che lungo<br />

l’arco <strong>di</strong> tre generazioni segnano le vite degli appartenenti ad una famiglia toscana <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione anarchica.<br />

L’autore qui sembra muovere i suoi primi passi nel solco <strong>del</strong>l’insegnamento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

scrittori italiani, quali Giovanni Verga, Federico De Roberto, Giuseppe Tomasi Di<br />

Lampedusa, Beppe Fenoglio e contemporanei, tra i quali, Vincenzo Consolo.<br />

Nel 1978 insegna, inoltre, all’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova.<br />

Del 1981 è “Il gioco <strong>del</strong> rovescio e altri racconti” (Il Saggiatore), seguito da “Donna<br />

<strong>di</strong> Porto Pim” (Sellerio, 1983). Questi due testi sono entrambi collegati al<strong>la</strong> materia <strong>del</strong><br />

gioco narratologico e <strong>del</strong> rapporto fra testo ed extratesto che permettono all’autore <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre <strong>del</strong><strong>la</strong> scrittura come strumento <strong>di</strong> creatività con cui creare un effetto <strong>di</strong><br />

25


prospettiva a tratti <strong>di</strong>storta, comunque insolita, che rappresenti l’intreccio fra letteratura<br />

e vita.<br />

Il 1984 è l’anno <strong>del</strong> primo romanzo importante, intito<strong>la</strong>to “Notturno in<strong>di</strong>ano”, da cui<br />

nel 1989 è stato tratto anche un film. Il protagonista è un uomo al<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> un amico<br />

scomparso in In<strong>di</strong>a, ma in realtà è al<strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> propria identità.<br />

Nel 1985 pubblica “Piccoli equivoci senza importanza” (Feltrinelli) e, nel 1986 “Il filo<br />

<strong>del</strong>l’orizzonte”.<br />

Tutti i personaggi protagonisti <strong>di</strong> queste storie sono accomunati dal fatto <strong>di</strong> essere al<strong>la</strong><br />

ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> loro vera essenza, <strong>del</strong>le proprie tracce in un nostalgico passato che li<br />

gui<strong>di</strong>no attraverso un futuro, spesso quasi inconsapevole, cammino verso <strong>la</strong> maturità e<br />

<strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> se stessi che non è mai approdo sicuro e garantito. Anche <strong>di</strong> questo<br />

romanzo esiste una trasposizione cinematografica.<br />

Il 1987 è l’anno <strong>di</strong> pubblicazione de “I vo<strong>la</strong>tili <strong>del</strong> Beato Angelico” (Sellerio) e<br />

“Pessoana minima” (Imprensa Nacional, Lisboa). Sempre nello stesso anno l’autore<br />

riceve in Francia il premio per il miglior romanzo straniero (“Notturno in<strong>di</strong>ano”).<br />

Al<strong>la</strong> fine degli anni ’80 molte sono le onorificenze che gli vengono conferite dal mondo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> cultura francese, ma soprattutto portoghese.<br />

Nel 1990 pubblica “Un baule pieno <strong>di</strong> gente. Scritti su Fernando Pessoa” (Feltrinelli)<br />

e nel 1991 “L’Angelo nero” (Feltrinelli).<br />

Le <strong>opere</strong> <strong>di</strong> questo decennio segnano una svolta nell’universo narrativo <strong>del</strong>l’autore: egli<br />

si allontana dal<strong>la</strong> questione <strong>del</strong><strong>la</strong> riscrittura <strong>del</strong><strong>la</strong> storia per addentrarsi in testi e<br />

26


tematiche autoriflessivi nei quali il lettore viene coinvolto in veri e propri giochi<br />

metanarrativi che vanno a destabilizzare <strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zionale idea <strong>del</strong>lo scrivere e <strong>del</strong> ruolo<br />

stesso <strong>del</strong>l’autore in re<strong>la</strong>zione al lettore.<br />

Nel 1992 scrive in portoghese “Requiem”, poi tradotto in italiano, è un <strong>di</strong>scorso<br />

polifonico sul<strong>la</strong> società contemporanea. L’incontro con un famoso poeta <strong>di</strong>viene lo<br />

spunto per il confronto tra moderno e post moderno (Feltrinelli, vincitore <strong>del</strong> Premio<br />

P.E.N. Club italiano).<br />

Il 1994 è l’anno più importante <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>di</strong> Tabucchi.<br />

E’ l’anno de “Gli ultimi tre giorni <strong>di</strong> Fernando Pessoa” (Sellerio), ma soprattutto <strong>del</strong><br />

romanzo che lo ha reso celebre: “Sostiene Pereira” (Feltrinelli).<br />

Vince, così, il Premio Super Campiello, <strong>del</strong> Premio Scanno e <strong>del</strong> Premio Jean Monnet<br />

per <strong>la</strong> Letteratura Europea. Con queste <strong>opere</strong> l’autore manifesta il suo rinnovato<br />

interesse per <strong>la</strong> materia storica che si era manifestato già <strong>nelle</strong> <strong>opere</strong> degli inizi.<br />

Il protagonista <strong>di</strong>venta il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà <strong>di</strong> informazione per gli<br />

oppositori politici <strong>di</strong> tutti i regimi antidemocratici.<br />

In Italia, in partico<strong>la</strong>re, durante <strong>la</strong> campagna elettorale <strong>di</strong> quel periodo, intorno a questo<br />

libro si aggrega l’opposizione contro il magnate <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione Silvio Berlusconi.<br />

Il regista Roberto Faenza ne trae il film omonimo nel 1995, in cui affida <strong>la</strong> parte <strong>di</strong><br />

Pereira a Marcello Mastroianni.<br />

Nel 1997 scrive”La testa perduta <strong>di</strong> Damasceno Monteiro”, basato su una storia <strong>di</strong><br />

cronaca realmente accaduta.<br />

27


Nel 1999 scrive “Gli zingari e il Rinascimento” (Sipiel) e “Una camicia piena <strong>di</strong><br />

macchie. Conversazioni <strong>di</strong> A.T. con Anteos Chrysostomi<strong>di</strong>s” (Agra, Atene).<br />

La missione <strong>di</strong> ogni intellettuale e <strong>di</strong> ogni scrittore è <strong>di</strong> instil<strong>la</strong>re i dubbi circa <strong>la</strong><br />

perfezione, perché <strong>la</strong> perfezione genera ideologie, <strong>di</strong>ttatori e idee totalitariste.<br />

Tabucchi è attratto dai personaggi tormentati e pieni <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, non sta mai dal<strong>la</strong><br />

parte <strong>del</strong>l’Autorità. La capacità <strong>di</strong> dubitare è molto importante: bisogna dubitare <strong>del</strong>le<br />

religioni fondamentaliste che non ammettono dubbi, <strong>di</strong> ogni forma estetica <strong>di</strong><br />

perfezione. Esistono comunque dei valori fondamentali sui quali non è possibile<br />

equivocare: come l’affermazione “Tratta il prossimo tuo come te stesso” o <strong>la</strong><br />

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nei suoi romanzi il sentimento e lo sdegno<br />

trovano il modo <strong>di</strong> esprimersi e fanno appello ad un pubblico più vasto, oltre i limiti<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> lingua e i confini nazionali.<br />

I suoi romanzi sono da sempre tradotti in tutto il territorio europeo.<br />

Nel 2001 è <strong>la</strong> volta <strong>di</strong> “Si sta facendo sempre più tar<strong>di</strong>”, un romanzo episto<strong>la</strong>re. Lo<br />

stesso Tabucchi lo definisce come un insieme <strong>di</strong> “<strong>di</strong>scorsi autoreferenziali”, tentativi <strong>di</strong><br />

spiegare a se stessi qualcosa che si è capito in ritardo.<br />

Per questo libro gli viene attribuito il Premio France Culture 2002 per <strong>la</strong> letteratura<br />

straniera.<br />

Nel 2003 appare in libreria “Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori”, sette testi <strong>di</strong><br />

poetica , per <strong>la</strong> maggior parte ine<strong>di</strong>ti o ine<strong>di</strong>ti in Italia, che illuminano l’ispirazione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

scrittura <strong>del</strong>l’autore.<br />

28


Antonio Tabucchi vive per sei mesi all’anno a Lisbona, dove scrive, insieme al<strong>la</strong> moglie<br />

che lì è nata e ai due figli.<br />

Passa il resto <strong>del</strong>l’anno in Toscana e insegna Lingua e Letteratura Portoghese<br />

all’Università <strong>di</strong> Siena.<br />

Egli costituisce un caso a sé nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana <strong>di</strong> oggi, dal momento<br />

che non è solo scrittore, ma anche critico, filologo, traduttore, professore <strong>di</strong> lingua e<br />

letteratura portoghese, autore <strong>di</strong> elzeviri e pamphlet polemici per <strong>la</strong> stampa italiana ed<br />

estera, <strong>di</strong> libri-inchiesta e <strong>di</strong> saggi teorici. A tutt’oggi si occupa <strong>del</strong>le pagine culturali <strong>del</strong><br />

“Corriere <strong>del</strong><strong>la</strong> Sera” e <strong>di</strong> “El Paìs”, dove i suoi articoli appaiono rego<strong>la</strong>rmente nel<strong>la</strong><br />

sezione letteraria.<br />

L’analisi <strong>del</strong>l’opera:<br />

PIAZZA D’ITALIA<br />

Scritto nel 1973, ma pubblicato solo nel 1975 presso l’e<strong>di</strong>tore Bompiani, “Piazza<br />

d’Italia” è il primo romanzo <strong>di</strong> Tabucchi e rappresenta appieno quello che il primo tipo<br />

<strong>di</strong> approccio che l’autore ha avuto con l’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> scrittura. F<strong>la</strong>via Brizio-Skow lo<br />

29


definisce come “esempio <strong>di</strong> meta-narrativa storiografica” 33 , ovvero, una storia<br />

raccontata da un microstorico che ricrea una memoria collettiva <strong>del</strong><strong>la</strong> quale non esiste<br />

traccia nei testi ufficiali.<br />

A) La trama e i personaggi<br />

“Piazza d’Italia” è <strong>la</strong> storia-favo<strong>la</strong> <strong>di</strong> una comunità <strong>del</strong><strong>la</strong> Maremma toscana (si noti <strong>la</strong><br />

vicinanza con i luoghi cari all’infanzia <strong>del</strong>l’autore) dall’epoca <strong>del</strong> Granducato alle<br />

tensioni socio-politiche <strong>del</strong>l’imme<strong>di</strong>ato secondo dopoguerra, vista attraverso <strong>la</strong> lente <strong>di</strong><br />

una famiglia <strong>di</strong> anarchici toscani, nel<strong>la</strong> quale viene tramandato il nome-simbolo <strong>di</strong><br />

Garibaldo.<br />

Nel sottotitolo, “Favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re in tre tempi, un epilogo e un appen<strong>di</strong>ce”, si chiarisce<br />

già che l’intento <strong>del</strong>l’autore è quello <strong>di</strong> giocare, o quantomeno, manipo<strong>la</strong>re in maniera<br />

creativa i piani e i fotogrammi <strong>del</strong> racconto.<br />

In partico<strong>la</strong>re qui interessa <strong>la</strong> definizione <strong>di</strong> “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re” 34 che funge un po’ da<br />

etichetta per quello che è il romanzo in analisi.<br />

La famiglia toscana non ha un cognome, (in “Sostiene Pereira” il protagonista, al<br />

contrario, ha un cognome, ma non un nome) quasi a voler marcare una volta <strong>di</strong> più<br />

l’apparente anonimità <strong>di</strong> queste figure secondarie. Esse vivono le loro microstorie<br />

personali e per il pensiero dominante non trovano posto, se non marginale e <strong>di</strong> poco<br />

prestigio, mentre <strong>la</strong> Storia, quel<strong>la</strong> dei gran<strong>di</strong>, quel<strong>la</strong> dei testi ufficiali fa il suo corso,<br />

travolgendo tutto e tutti.<br />

Plinio, capostipite <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia, partecipa al<strong>la</strong> Spe<strong>di</strong>zione dei Mille con Garibal<strong>di</strong> e, in<br />

seguito, al<strong>la</strong> Breccia <strong>di</strong> Porta Pia. Durante <strong>la</strong> battaglia, a Roma, viene gravemente ferito<br />

ad un piede. Dopo l’amputazione, Plinio getta il piede al <strong>di</strong> là dei giar<strong>di</strong>ni vaticani e,<br />

33 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, “Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”, Cosenza, Pellegrini<br />

E<strong>di</strong>tore, 2002.<br />

34 F. Brizio-Skov, ibidem, p.36.<br />

30


compiuto il gesto, spe<strong>di</strong>sce una cartolina al<strong>la</strong> moglie, in cui scrive : “Ho preso a calci<br />

Pio IX”. Questo è il primo atto <strong>di</strong> eversione <strong>di</strong> una lunga serie nel racconto e che lega i<br />

caratteri indomabili degli appartenenti al<strong>la</strong> stessa stirpe <strong>di</strong> indomiti citta<strong>di</strong>ni insofferenti<br />

al giogo dei potenti e al gioco dei loro soprusi. Del<strong>la</strong> sua vita non sappiamo molto,<br />

soltanto che viene ferito a morte da un guar<strong>di</strong>acaccia regio e muore a trent’anni a causa<br />

<strong>di</strong> una fo<strong>la</strong>ga. Plinio, tuttavia, prima <strong>di</strong> morire, riesce a spiegare a suo figlio alcuni<br />

concetti basi<strong>la</strong>ri <strong>del</strong>l’esistenza e <strong>la</strong> sua lezione <strong>di</strong> vita è semplice, par<strong>la</strong> <strong>di</strong> uguaglianza,<br />

l’acqua e il grano sono <strong>di</strong> tutti come le fo<strong>la</strong>ghe, e le guar<strong>di</strong>e regie servono per<br />

ammazzare che se ne accorge. Questa lezione Plinio l’ ha imparata da suo padre, quando<br />

da ragazzino aveva visto abbattere <strong>la</strong> statua <strong>del</strong> Granduca <strong>di</strong> Toscana e aveva visto<br />

erigerne una nuova e gli era stato spiegato che il re era il “nuovo padrone” 35 . Plinio<br />

crede nell’uguaglianza e per questo si arruo<strong>la</strong> con Garibal<strong>di</strong>, fa il bracconiere per<br />

procurarsi da mangiare: <strong>la</strong> sua scelta nasce da una situazione socio-economica <strong>di</strong>sperata,<br />

unica alternativa a chi possiede tutto e fa leggi ingiuste. Plinio, dapprima crede <strong>di</strong> poter<br />

cambiare <strong>la</strong> realtà, ma poi è costretto a ritornare sui propri passi, rimanendone vittima.<br />

L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Plinio passa a suo figlio Garibaldo, che cresciuto in una miseria ancora più<br />

nera <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> padre, appunto perché senza genitore, giovanissimo mette in pratica,<br />

quasi inconsciamente, i dettami <strong>del</strong> padre. Quando i fratelli Quarto e Volturno (anche<br />

questi, si noti, nomi emblematici) partono per <strong>la</strong> guerra d’Africa (1887) Garibaldo si<br />

spara ad un piede, rifiutandosi <strong>di</strong> andare a morire per “questi stronzi che stanno in<br />

panciolle”. Come suo padre è bracconiere, ma <strong>di</strong> sensi così acuti che sa sempre quando<br />

il guar<strong>di</strong>acaccia si apposta per sparargli e, infatti, riesce a ucciderlo e per questo è<br />

costretto al<strong>la</strong> fuga prima a Parigi e poi in America. Quando Garibaldo torna fa in tempo<br />

a sposarsi e ad avere un figlio prima <strong>di</strong> morire ucciso dai bastoni <strong>del</strong>le guar<strong>di</strong>e regie<br />

durante l’assalto al granaio municipale (1899). Anche Garibaldo come il padre crede<br />

nel<strong>la</strong> giustizia sociale e tenta <strong>di</strong> realizzar<strong>la</strong>, ma paga <strong>la</strong> ribellione con <strong>la</strong> morte.<br />

35 A. Tabucchi, “Piazza d’Italia”, Mi<strong>la</strong>no, Feltrinelli, 2005.<br />

31


Non è <strong>di</strong>versa <strong>la</strong> sorte per suo figlio, anche lui chiamato Garibaldo, al<strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre.<br />

Le tre generazioni <strong>di</strong> Plinio, Garibaldo e Garibaldo si tramandano geneticamente e<br />

attraverso il nome <strong>la</strong> sete <strong>di</strong> giustizia sociale che li conduce al<strong>la</strong> ribellione e all’o<strong>di</strong>o<br />

contro i padroni, al rifiuto istintivo <strong>del</strong> male.<br />

Il caso <strong>di</strong> Garibaldo figlio è più complesso rispetto a quello dei suoi progenitori poiché<br />

<strong>la</strong> sua vita abbraccia tutto il secondo e il terzo tempo <strong>del</strong> romanzo, <strong>di</strong>panandosi durante<br />

uno dei momenti più convulsi <strong>del</strong><strong>la</strong> storia contemporanea: <strong>la</strong> prima metà <strong>del</strong> Novecento.<br />

Gli sconvolgimenti storici <strong>di</strong> questo periodo <strong>la</strong>sciano una traccia profonda in coloro che<br />

li subiscono: in Garibaldo, nel<strong>la</strong> sua famiglia, negli amici, nel paese. Garibaldo<br />

abbandona <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> rifiutare anche e soprattutto <strong>la</strong> Cultura<br />

ufficiale, il suo paternalismo, l’ubbi<strong>di</strong>enza al re e <strong>la</strong> sottomissione a chi comanda. E <strong>la</strong><br />

trincea <strong>del</strong><strong>la</strong> Grande Guerra gli impartisce lo stesso insegnamento. Con l’avvento <strong>del</strong><br />

Fascismo, Garibaldo continua a commettere atti eversivi agli occhi <strong>del</strong>le autorità, anche<br />

se in teoria punisce una <strong>violenza</strong> ingiusta compiuta dal<strong>la</strong> stessa autorità. Egli agisce da<br />

in<strong>di</strong>vidualista e anarchico, ma capisce, ad un certo punto, che è meglio organizzare le<br />

forze contro il nemico comune. E si <strong>la</strong>ncia nell’esperienza <strong>del</strong><strong>la</strong> Resistenza, abbandona<br />

l’anarchismo e abbraccia il comunismo. Nel dopoguerra, nonostante <strong>la</strong> repubblica<br />

democratica e il governo De Gasperi <strong>la</strong> situazione non sembra essere molto mutata<br />

rispetto ai tempi passati. Solo <strong>la</strong> statua nel<strong>la</strong> piazza è cambiata: non è più quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

Mussolini, ma quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Democrazia. Chi organizza gli scioperi, viene licenziato<br />

dal<strong>la</strong> fabbrica, chi si ribel<strong>la</strong> viene punito come quando c’era <strong>la</strong> monarchia.<br />

Infatti, durante una riunione <strong>di</strong> <strong>la</strong>voratori, <strong>la</strong> polizia massacra senza ragione Guidone,<br />

vecchio amico <strong>di</strong> Garibaldo. Il sopruso spinge Garibaldo a salire sul monumento <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Piazza e a denunciare l’assassinio <strong>del</strong>l’amico, affermando che le poche lire <strong>di</strong> aumento<br />

promesse non servono a <strong>la</strong>vare il mal fatto, perché “<strong>la</strong> morte non si compra” 36 . Come<br />

36 A.Tabucchi, ibidem, p. 143.<br />

32


isposta il questore fa sparare a Garibaldo che muore e ci riporta, così, al<strong>la</strong> scena<br />

iniziale.<br />

Per quanto concerne, quin<strong>di</strong>, lo specifico <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia in questa sede, sarà utile ricordare<br />

che nessuna spiegazione viene mai data per chiarire i moltissimi riferimenti storici,<br />

spesso marginali, fulminei con cui sono spesso punteggiate le pagine <strong>del</strong> racconto.<br />

Nell’incipit <strong>del</strong> romanzo, che in realtà (come si vedrà, più avanti, nel<strong>la</strong> parte <strong>di</strong> analisi<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> struttura narrativa) sarebbe <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> storia, si apprende in maniera insolita che<br />

vige <strong>la</strong> Repubblica, ma <strong>la</strong> ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> scomparsa <strong>del</strong><strong>la</strong> Monarchia non viene neppure<br />

accennata.<br />

B) La struttura e <strong>la</strong> tecnica narrativa<br />

Il cinema ha avuto un’importanza fondamentale nel<strong>la</strong> formazione culturale <strong>di</strong> Antonio<br />

Tabucchi autore e scrittore. In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> pubblicazione <strong>del</strong>le “Lezioni <strong>di</strong><br />

montaggio” <strong>di</strong> Sergej Eisenstein ha determinato <strong>la</strong> struttura <strong>di</strong> “Piazza d’Italia” 37 .<br />

Il romanzo, dapprincipio scritto in forma tra<strong>di</strong>zionale, viene, dopo <strong>la</strong> lettura <strong>di</strong><br />

Eisenstein, <strong>di</strong>viso in “sequenze”, e poi rior<strong>di</strong>nato secondo le c<strong>la</strong>ssificazioni <strong>del</strong> teorico<br />

russo, come una successione <strong>di</strong> fotogrammi cinematografici. Altra influenza dal cinema<br />

viene anche dal film <strong>di</strong> Anghelopulos, “Le Voyage des comè<strong>di</strong>ens” (in Italia <strong>di</strong>stribuito<br />

con il titolo “La recita”). Il film <strong>del</strong> regista greco è una riflessione epico-storica sul<strong>la</strong><br />

Grecia tra il 1939 e il 1952 e Tabucchi sostiene <strong>di</strong> aver voluto lo stesso risultato in<br />

Piazza d’Italia che, sostanzialmente, si configura come una narrazione-riflessione epica<br />

sul<strong>la</strong> storia d’Italia.<br />

37 F. Brizio-Skov, “A.T. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”.<br />

33


Il montaggio filmico balza subito agli occhi <strong>del</strong> lettore a partire dal riferimento a “tre<br />

tempi, un epilogo e un’appen<strong>di</strong>ce” che affianca il romanzo anche all’idea <strong>del</strong><br />

frammento teatrale-lirico.<br />

Formalmente i “tre tempi” equivalgono a tre atti teatrali che sono frammentati, a loro<br />

volta, in tanti (nel Primo tempo sono 30, nel Secondo 51, nel Terzo 15) brevi capitoletti<br />

numerati come una successione <strong>di</strong> sequenze cinematografiche, appunto. Il romanzo è,<br />

quin<strong>di</strong>, anche una sorta <strong>di</strong> paro<strong>di</strong>a, sia <strong>del</strong><strong>la</strong> storia evemenenziale (in altre parole, quel<strong>la</strong><br />

dei testi ufficiali), sia <strong>del</strong><strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> creare un vero e proprio percorso <strong>di</strong> racconto<br />

organico e lineare. Il racconto e <strong>la</strong> stessa Storia vengono atomizzati, dando una<br />

parvenza <strong>di</strong> linearità su cui prevale, però, <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>rità <strong>del</strong><strong>la</strong> struttura complessiva<br />

<strong>del</strong>l’opera, creando non pochi problemi al lettore che spesso, tra nomi uguali e fluttuare<br />

dei piani temporali, rischia <strong>di</strong> rimanere spaesato.<br />

Si comincia, infatti, con l’ Epilogo e seguono innumerevoli rovesciamenti cronologico-<br />

temporali con morti che precedono nascite, conclusioni che vengono prima <strong>di</strong> inizi in<br />

uno stravolgimento <strong>di</strong> senso <strong>del</strong><strong>la</strong> storia politico-sociale-ideologica e <strong>del</strong> narrare stesso.<br />

E’ come se anche qui l’autore volesse trasmettere l’idea <strong>del</strong>l’eversione, <strong>del</strong> fuggire dai<br />

canoni prestabiliti per <strong>la</strong>nciarsi per un gioco creativo con il lettore, <strong>di</strong> una “rivoluzione<br />

narrativa”, insomma. Dall’ Epilogo si parte con una narrazione che sembra un lungo<br />

f<strong>la</strong>shback filmico il cui effetto viene portato avanti, grazie al modo in cui i capitoletti<br />

sono incatenati fra loro, alcuni <strong>di</strong> essi sono, ad<strong>di</strong>rittura, narrati in contemporanea, come<br />

accade nel montaggio cinematografico, per dare l’effetto <strong>di</strong> ubiquità e temporaneità<br />

proprio <strong>del</strong> cinema. Si prenda ad esempio, <strong>la</strong> <strong>di</strong>citura che accompagna il titolo<br />

<strong>del</strong>l’ultimo capitoletto (intito<strong>la</strong>to “ La morte non si compra”): “due quadri dati in uno,<br />

in ragione <strong>del</strong>l’essere contemporanei” 38 . In questo ultimo frammento, in cui anche <strong>la</strong><br />

<strong>di</strong>stinzione tipografica fra carattere normale e corsivo ha un suo preciso referente <strong>di</strong><br />

significato, il testo che segue in corsivo narra <strong>di</strong> quello che succede sul<strong>la</strong> piazza <strong>di</strong><br />

38 A.T., ibidem, p143.<br />

34


Borgo, quello in caratteri normali tratta <strong>del</strong>l’incontro che avviene a casa <strong>di</strong> Asmara<br />

contemporaneamente a ciò che accade sul<strong>la</strong> piazza.<br />

Al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> libro c’è l’ “Appen<strong>di</strong>ce” che narra <strong>la</strong> morte <strong>del</strong><strong>la</strong> Zelmira, ma, come lo<br />

stesso narratore sottolinea, questa morte si colloca “oltre <strong>la</strong> fine <strong>di</strong> questa storia”, ovvero<br />

anni dopo ciò che è avvenuto al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> Terzo tempo.<br />

C) Lo stile<br />

L’analisi dei titoli, <strong>del</strong>le definizioni date come presentazione all’opera può risultare, nel<br />

caso <strong>di</strong> “Piazza d’Italia”, illuminante.<br />

Si parte dal titolo, Piazza d’Italia, appunto. La piazza è, per eccellenza, il luogo aperto,<br />

<strong>del</strong> rituale, <strong>del</strong>l’incontro-scontro fra le <strong>di</strong>verse voci, i potenti, da un <strong>la</strong>to, i perdenti,<br />

dall’altro, il palcoscenico dove Tabucchi mette in scena <strong>la</strong> paro<strong>di</strong>a <strong>del</strong><strong>la</strong> storia. E’ allo<br />

stesso tempo il luogo <strong>del</strong><strong>la</strong> molteplicità dei componenti <strong>del</strong><strong>la</strong> picco<strong>la</strong> comunità e l’unità<br />

<strong>del</strong> borgo che, non a caso, si chiama proprio “Borgo”, il punto focale dove si catalizza <strong>la</strong><br />

narrazione, il luogo <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà, così come <strong>la</strong> pagina bianca è il territorio ribelle<br />

<strong>del</strong>l’estro creativo <strong>del</strong>l’autore. La narrazione è portata avanti con un carattere<br />

anedottico, episo<strong>di</strong>ca con toni da parabo<strong>la</strong> morale e talvolta ironico-grotteschi.<br />

In secondo luogo, sotto il titolo <strong>del</strong> romanzo si legge “Favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re […]”.<br />

Ne consegue che il romanzo, oltre ad essere una riflessione sul<strong>la</strong> storia d’Italia, ha anche<br />

i caratteri <strong>di</strong> una “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re”.<br />

Cosa vuole trasmettere l’autore con questa “sub-definizione” <strong>del</strong> proprio <strong>la</strong>voro?<br />

La favo<strong>la</strong> (o fiaba) è tra<strong>di</strong>zionalmente il racconto in cui l’inverosimile è <strong>la</strong> norma,<br />

rientrano perfettamente nei parametri <strong>di</strong> una mondo dove le regole <strong>del</strong> reale sono<br />

sovvertite. In Piazza d’Italia, appunto, molti <strong>di</strong> questi elementi inspiegabili sono ca<strong>la</strong>ti<br />

nell’universo quoti<strong>di</strong>ano, creando l’effetto <strong>di</strong> sorpresa per il lettore.<br />

35


Non bisogna, però, tra<strong>la</strong>sciare l’aggettivo “popo<strong>la</strong>re”. Il romanzo in analisi, infatti, deve<br />

essere letto come un vero e proprio racconto popo<strong>la</strong>re, ovvero, come un resoconto orale<br />

<strong>del</strong>le gesta <strong>di</strong> un gruppo che in situazioni <strong>di</strong>fficili si rivolge a quelle pratiche arcaiche<br />

alle quali sin dall’inizio l’umanità si è appel<strong>la</strong>ta per bisogno: maghi, profezie, miracoli,<br />

ovvero al<strong>la</strong> cultura <strong>del</strong>le ra<strong>di</strong>ci popo<strong>la</strong>re. I protagonisti qui sono tutti appartenenti al<br />

mondo conta<strong>di</strong>no-sottoproletario e non ricevono aiuto né dal<strong>la</strong> Cultura ufficiale, né<br />

dal<strong>la</strong> Storia, né dal<strong>la</strong> Religione. La loro unica risorsa rimane <strong>la</strong> vecchia Zelmira, che<br />

<strong>di</strong>vina il destino dei protagonisti, ma in ultima analisi <strong>la</strong>scia a loro il compito <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

decifrazione.<br />

Ovviamente una “favo<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>re in tre tempi, un epilogo e un’appen<strong>di</strong>ce” ha bisogno,<br />

per definizione, <strong>di</strong> un narratore (popo<strong>la</strong>re) che adegui il tono e lo stile al<strong>la</strong> materia<br />

trattata. Quin<strong>di</strong>, il profilo <strong>del</strong> narratore sarà onnisciente, impersonale, portavoce <strong>di</strong> una<br />

comunità, il quale racconta le gesta <strong>di</strong> una famiglia e <strong>di</strong> un vil<strong>la</strong>ggio con un linguaggio<br />

colorito, rustico, spigliato, tipico <strong>del</strong><strong>la</strong> tra<strong>di</strong>zione orale ed epico nel senso che narra le<br />

gesta, le avventure, le vite <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne intrecciata <strong>di</strong> personaggi che formano un<br />

paese. Si immagina che l’osservatore sia attento, magari da sempre seduto in piazza<br />

dove tutto si vive e da dove tutto si vede, al centro <strong>del</strong> micro-universo <strong>di</strong> Borgo. Borgo è<br />

il paese prescelto dal narratore, ma potrebbe anche essere il nome generico sotto il quale<br />

si nasconde <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> molti altri vil<strong>la</strong>ggi italiani durante il periodo che va dal 1860 al<br />

secondo dopoguerra.<br />

Il racconto in questione ha, quin<strong>di</strong>, carattere spiccatamente orale per il linguaggio<br />

utilizzato e poiché <strong>la</strong> Storia d’Italia è narrata per accenni.<br />

Per quanto riguarda il primo basti uno sguardo all’incipit <strong>del</strong> romanzo che narra <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

morte <strong>di</strong> Garibaldo figlio sul<strong>la</strong> piazza <strong>di</strong> Borgo. Si trovano espressioni come “quel<br />

giorno da chio<strong>di</strong>”, che deriva dal<strong>la</strong> sovrapposizione <strong>di</strong> “roba da chio<strong>di</strong>” e “giorno da<br />

cani”, ma non figura nel <strong>di</strong>zionario <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua italiana. Anche gli aggettivi<br />

“capocchioso” e “squaccheroso” non compaiono, così come il sostantivo “bacinìo”.<br />

36


L’aggettivo “ghiacciato”, essendo unito al verbo “rimase”, viene inteso come<br />

“stampato, impresso, fino al<strong>la</strong> morte”. Tra le altre, “fare fagotto” è un’espressione<br />

corrente, ma accostata al sostantivo “re” crea una caduta <strong>di</strong> tono.<br />

Il narratore inserisce questi accostamenti creativi in un <strong>di</strong>scorso narrativo in cui prevale<br />

il passato remoto, insieme a vocaboli forbiti e spesso poetici.<br />

Spesso, inoltre, ricorre all’ellissi e alle invenzioni per punteggiare e snellire <strong>la</strong><br />

narrazione. L’impressione che ne deriva, quin<strong>di</strong>, è quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> accostamento al<strong>la</strong> brevità<br />

<strong>del</strong> par<strong>la</strong>re orale coinciso e <strong>di</strong>namico. Quando i personaggi <strong>di</strong>alogano usano sovente un<br />

linguaggio gergale fortemente colorito e quando scrivono <strong>la</strong> loro sintassi sembra<br />

manipo<strong>la</strong>ta quasi a sentire <strong>la</strong> loro voce. Infine, già nell’incipit <strong>del</strong> romanzo bisogna<br />

sottolineare come siano già presenti in poche righe una quantità <strong>di</strong> gesti, movimenti,<br />

dettagli e partico<strong>la</strong>ri ambientali che creano un effetto filmico, visivo, cromatico.<br />

.<br />

37


L’analisi <strong>del</strong>l’opera: SOSTIENE PEREIRA<br />

Pubblicato nel 1994 presso Feltrinelli nel<strong>la</strong> col<strong>la</strong>na “I Narratori”, “Sostiene Pereira”<br />

può essere considerato un romanzo che rappresenta <strong>la</strong> crescita <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza civile,<br />

una sorta <strong>di</strong> bildungsroman che <strong>del</strong>l’evoluzione personale <strong>del</strong> protagonista, al<strong>la</strong> ricerca<br />

<strong>di</strong> valori fondamentale cancel<strong>la</strong>ti dalle <strong>di</strong>ttature, fa il proprio filo conduttore.<br />

A) La trama e il contesto<br />

La vicenda narrata è ambientata nel<strong>la</strong> città portoghese <strong>di</strong> Lisbona, nell’estate <strong>del</strong> 1938,<br />

durante <strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura sa<strong>la</strong>zarista e le prime battute <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra civile spagno<strong>la</strong>.<br />

Questi sono i due eventi storici, precisi e ben circoscritti, che fanno da sfondo al<strong>la</strong> storia<br />

<strong>del</strong> protagonista, il giornalista Pereira, portata avanti come una sorta <strong>di</strong> confessione.<br />

Pereira è testimone, allo stesso tempo, <strong>del</strong><strong>la</strong> propria travagliata maturazione personale e<br />

<strong>di</strong> un momento altrettanto tragico per le sorti <strong>del</strong>l’Europa tutta.<br />

Brevemente si <strong>del</strong>inea <strong>di</strong> seguito un breve profilo storico per orientare il lettore.<br />

La storia <strong>del</strong> Portogallo e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Spagna tra le due guerre mon<strong>di</strong>ali presentano fra<br />

loro numerose analogie, con <strong>la</strong> <strong>di</strong>fferenza che manca al primo l’esperienza <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra<br />

civile che ha insanguinato, invece, <strong>la</strong> restante parte <strong>del</strong><strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> iberica.<br />

38


Il Portogallo <strong>di</strong> Pereira è quello degli anni ’30, arretrato e con una forte presenza e<br />

influenza <strong>del</strong>le forze armate che si prestavano ad essere efficace strumento <strong>di</strong> lotta per le<br />

<strong>di</strong>verse fazioni; fattori, questi, che spianarono <strong>la</strong> strada all’instaurarsi <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura,<br />

sull’esempio <strong>del</strong>le altre esperienze <strong>di</strong> fascismi già col<strong>la</strong>udate, come quel<strong>la</strong> tedesca e<br />

italiana. A partire dal 1910, complice una situazione politica poco stabile e una<br />

repubblica par<strong>la</strong>mentare sostanzialmente debole e incapace <strong>di</strong> bi<strong>la</strong>nciare gli interessi<br />

<strong>del</strong>le <strong>di</strong>verse c<strong>la</strong>ssi, prese avvio una fase altalenante <strong>di</strong> regimi più o meno apertamente<br />

autoritari che si alternarono al <strong>potere</strong>, favorendo <strong>di</strong> volta in volta gli interessi dei gran<strong>di</strong><br />

proprietari e dei gran<strong>di</strong> commercianti, e sfruttando anche le fortune <strong>del</strong>l’impero<br />

coloniale immenso <strong>di</strong> cui il paese deteneva il dominio. Nel 1926 con un colpo <strong>di</strong> stato<br />

venne abolito il regime par<strong>la</strong>mentare e cominciò, così, l’ascesa al <strong>potere</strong> <strong>di</strong> Antonio De<br />

Oliveira Sa<strong>la</strong>zar (1889-1970).<br />

Cattolico, autoritario, e grande ammiratore <strong>di</strong> Mussolini, Sa<strong>la</strong>zar fece varare nel marzo<br />

1933 una costituzione clerico-<strong>di</strong>ttatoriale e anti-par<strong>la</strong>mentare, con una carta corporativa<br />

nettamente ispirata dal sistema economico-autarchico fascista. Come in altre <strong>di</strong>ttature<br />

europee il regime sa<strong>la</strong>zarista si impegnò nel<strong>la</strong> costituzione <strong>di</strong> organizzazioni <strong>di</strong> massa,<br />

per irreggimentare e inquadrare <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione secondo moduli militari e nazionalistici<br />

oppressivi. Allo scoppio <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra civile spagno<strong>la</strong> il <strong>di</strong>ttatore portoghese si schierò al<br />

fianco dei franchisti, rimanendo, comunque, in una posizione <strong>di</strong> sommaria neutralità<br />

durante il secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale, attento come era a non pregiu<strong>di</strong>care i rapporti <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zionale alleanza con <strong>la</strong> potenza inglese. Al<strong>la</strong> fine degli anni ’60 con <strong>la</strong> “rivoluzione<br />

dei garofani” si pose fine a questa esperienza politica. Sa<strong>la</strong>zar morì dopo pochi anni.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> Spagna, si ricorda che <strong>la</strong> guerra civile scoppiò nel 1936 tra le<br />

forze repubblicane, al <strong>potere</strong> dal febbraio <strong>del</strong>lo stesso anno con una coalizione <strong>di</strong><br />

sinistra <strong>del</strong> Fronte popo<strong>la</strong>re, e i nazionalisti <strong>del</strong>l’opposizione <strong>di</strong> centro-destra. Sostenuti<br />

dal clero e dal grosso <strong>del</strong>l’esercito, i ribelli capeggiati dal generale Francisco Franco<br />

(1892-1975) si sollevarono in Marocco e da lì si al<strong>la</strong>rgò il contesto <strong>del</strong>le ostilità.<br />

39


Lo scontro assunse da subito le connotazioni <strong>di</strong> un conflitto internazionale: le forze <strong>di</strong><br />

destra, fasciste e nazionaliste, ottennero l’appoggio <strong>del</strong><strong>la</strong> Germania e <strong>del</strong>l’Italia, mentre<br />

i repubblicani furono sostenuti dall’U.R.S.S. e dalle “brigate internazionali” formate dai<br />

volontari antifascisti <strong>di</strong> tutta Europa. Al<strong>la</strong> fine dallo scontro, nel marzo <strong>del</strong> 1939, i<br />

nazionalisti <strong>di</strong> Franco trionfarono e prese inizio <strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura <strong>del</strong> “cau<strong>di</strong>llo”, come fu<br />

soprannominato quest’ultimo, che terminò solo negli anni ’70.<br />

L’estate <strong>del</strong> 1938, quin<strong>di</strong>, quel<strong>la</strong> in cui <strong>la</strong> testimonianza <strong>di</strong> Pereira ci viene presentata è<br />

un’estate rovente, sia per il clima geo-politico internazionale, sia per quello<br />

“meteorologico”. Sin dalle prime righe, infatti, l’autore, il quale denota una partico<strong>la</strong>re<br />

attenzione e finezza nel descrivere scene paesaggistiche vivide e che quasi sembrano<br />

poter prendere vita davanti agli occhi <strong>del</strong> lettore, ci presenta un’ estiva Lisbona avvolta<br />

da un’aura <strong>di</strong> luce e calore che sarà un motivo ricorrente fino all’ultima pagina.<br />

Si prenda, come esempio, l’incipit <strong>del</strong>l’opera (che, inoltre, presenta già il sintagma<br />

“sostiene Pereira” che verrà iterato durante tutto il racconto-confessione): “Sostiene<br />

Pereira <strong>di</strong> averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate,<br />

soleggiata e venti<strong>la</strong>ta, e Lisbona sfavil<strong>la</strong>va.” 39<br />

Pereira, <strong>di</strong> cui si non si conosce il nome, è un anziano giornalista, responsabile e unico<br />

redattore <strong>del</strong><strong>la</strong> pagina culturale <strong>del</strong> quoti<strong>di</strong>ano locale “Lisboa”.<br />

Una nota sul<strong>la</strong> scelta <strong>del</strong> nome. Tabucchi ci informa che in portoghese “pereira”<br />

significa “albero <strong>del</strong> pero” e, come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome <strong>di</strong><br />

origine ebraica. “Con questo volli subito rendere omaggio ad un popolo che ha <strong>la</strong>sciato<br />

una grande traccia <strong>nelle</strong> civiltà portoghese e che ha subito le gran<strong>di</strong> ingiustizie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Storia” 40 , egli aggiunge nel<strong>la</strong> Nota in postfazione al testo <strong>del</strong> 1994. Pereira, quin<strong>di</strong>,<br />

<strong>di</strong>scende da un popolo contro cui si accanirono le gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>ttature <strong>del</strong> passato e verso <strong>di</strong><br />

lui il lettore, ma prima ancora l’autore stesso, non può non provare un sentimento <strong>di</strong><br />

39 A.T. “S.P.”, p.7.<br />

40 A.T., “S.P.”, p.213.<br />

40


genuina vicinanza e ancor più <strong>di</strong> compassione vera e propria. Il giornalista <strong>di</strong>viene, così,<br />

emblema <strong>di</strong> una società che è caduta nel baratro e che da esso vuole risalire per alzare<br />

gli occhi al cielo e scrutare quel valore per il quale tutti gli uomini hanno sempre<br />

combattuto e sempre combatteranno e, vale a <strong>di</strong>re, <strong>la</strong> libertà.<br />

Egli porta avanti un’esistenza anonima e tranquil<strong>la</strong>, lontano dal presente tormentato <strong>del</strong><br />

Portogallo e <strong>del</strong>l’Europa che lo circonda, completamente assorbito <strong>del</strong> passato <strong>di</strong> cui è<br />

geloso custode, così come lo è <strong>del</strong> ritratto <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie defunta con cui spesso si ritrova<br />

a par<strong>la</strong>re e <strong>del</strong>le sue riflessioni sull’anima a e sul<strong>la</strong> morte. Anche <strong>la</strong> presentazione <strong>del</strong>le<br />

sue caratteristiche fisiche ispira al lettore da subito simpatia: è grasso, corpulento,<br />

tormentato dai <strong>di</strong>sturbi car<strong>di</strong>aci.<br />

Un giorno, però, mentre legge un articolo pubblicato su una rivista letteraria, è attratto<br />

proprio da una riflessione sul<strong>la</strong> morte pubblicata da un giovane, Francesco Monteiro<br />

Rossi, con il quale si mette subito in contatto. E’ l’inizio <strong>del</strong><strong>la</strong> svolta che porterà il<br />

protagonista ad intraprendere il proprio cammino <strong>di</strong> maturazione e al raggiungimento<br />

finale <strong>del</strong><strong>la</strong> consapevolezza <strong>del</strong> proprio ruolo e dei propri doveri <strong>di</strong> intellettuale e, ancor<br />

prima, <strong>di</strong> uomo.<br />

Pereira concede da subito fiducia al giovane e gli offre, così, una col<strong>la</strong>borazione <strong>di</strong><br />

<strong>la</strong>voro, affidandogli il compito <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere per il “Lisboa” i cosiddetti “coccodrilli”,<br />

necrologi anticipati <strong>di</strong> scrittori famosi. Il primo <strong>del</strong><strong>la</strong> lista è quello <strong>di</strong> Garcìa Lorca che<br />

Pereira ritiene impubblicabile a causa <strong>del</strong>le tesi sovversive e passibili <strong>di</strong> censura che<br />

Monteiro Rossi presenta, <strong>di</strong>ce, seguendo le ragioni <strong>del</strong> cuore.<br />

Anche altri necrologi sono bol<strong>la</strong>ti come improponibili per lo stesso motivo, eppure<br />

Pereira continua a dare fiducia al giovane. Pereira, in seguito, si allontana qualche<br />

giorno da Lisbona per recarsi a Coimbra dove con un amico, il professor Silva, <strong>di</strong>scute<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> pericolosa situazione politica che l’Europa sta attraversando e si anima contro i<br />

regimi polizieschi e <strong>la</strong> mancanza <strong>di</strong> libertà. L’altro incontro-folgorazione è quello che fa<br />

durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno, quando un’ebrea tedesca lo esorta a onorare <strong>la</strong> propria<br />

41


professione/fede <strong>di</strong> intellettuale, il quale deve avere il coraggio <strong>di</strong> denunciare l’illegalità<br />

<strong>del</strong> regime e i pericoli che incombono sul continente europeo.<br />

Tornato a Lisbona si fa sempre più coinvolgere <strong>nelle</strong> vicende pericolose <strong>di</strong> sovversivi e<br />

dall’attivismo <strong>di</strong> Monteiro Rossi e <strong>del</strong><strong>la</strong> sua fidanzata Marta. Un’altra “fuga” da Lisbona<br />

è quel<strong>la</strong> per ricoverarsi nel<strong>la</strong> clinica <strong>di</strong> Parede. Prima ancora, però, incontra due<br />

importanti intellettuali in procinto <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciare il Portogallo, a causa <strong>del</strong> clima <strong>di</strong> censura<br />

poliziesca,ma li esorta comunque a rimanere. Nel<strong>la</strong> clinica <strong>di</strong> Parede, Pereira confessa al<br />

dottor Cardoso <strong>di</strong> pentirsi <strong>di</strong> come ha vissuto fino a quel momento, par<strong>la</strong> <strong>di</strong> M.Rossi e<br />

Marta e si chiede se i due abbiano fatto bene a prendere <strong>la</strong> strada <strong>del</strong>l’eversione.<br />

I due giovani, infatti, sono insieme allo stesso Pereira, i personaggi più significativi <strong>di</strong><br />

tutto il sistema-opera. Marta rappresenta <strong>la</strong> fiera, democratica degli anni ’30 <strong>di</strong><br />

ispirazione marxista e socialista, ma non ha il carattere <strong>del</strong><strong>la</strong> grande rivoluzionaria. M.<br />

Rossi è visto da Pereira come il figlio, timido e riservato, che non ha mai avuto, ha un<br />

ruolo che appare <strong>di</strong> burattino passivo nel<strong>la</strong> mani <strong>di</strong> Marta e sarà al<strong>la</strong> fine <strong>la</strong> vittima<br />

sacrificale <strong>di</strong> un ideale spiccatamente politico e <strong>del</strong><strong>la</strong> causa per <strong>la</strong> quale decide <strong>di</strong><br />

battersi.<br />

Dopo aver ascoltato dal dottore <strong>la</strong> teoria <strong>del</strong><strong>la</strong> “confederazione <strong>del</strong>le anime”(secondo <strong>la</strong><br />

quale l’uomo possiede non una ma più anime, anche in contrasto fra loro, e può<br />

accadere che ad un certo punto <strong>del</strong><strong>la</strong> vita un’anima prenda il posto <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> che fino a<br />

quel momento è stata egemone) Pereira segue il consiglio che gli viene dato e decide <strong>di</strong><br />

fuggire dal Portogallo. Tornato a Lisbona trova che molti intellettuali hanno cominciato<br />

a fare denuncia e a prendere posizione, mentre il suo telefono è stato messo sotto<br />

controllo, così come <strong>la</strong> sua attività <strong>di</strong> giornalista e intellettuale. Pubblica comunque <strong>la</strong><br />

traduzione <strong>di</strong> un racconto patriottico <strong>di</strong> Daudet e questo segna il culmine <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi<br />

esistenziale profonda cui segue, finalmente, una sorta <strong>di</strong> “conversione” e il<br />

raggiungimento <strong>del</strong><strong>la</strong> propria coscienza <strong>di</strong> impegno civile attivo.<br />

42


Nel<strong>la</strong> parte finale è <strong>la</strong> Storia ad entrare con irruenza nel<strong>la</strong> scena e ad intrecciarsi con le<br />

singole storie dei protagonisti. Tre uomini <strong>del</strong><strong>la</strong> polizia entrano a casa <strong>di</strong> Pereira e<br />

uccidono brutalmente M. Rossi che lì si è rifugiato. E’, infine, il dolore per questo<br />

episo<strong>di</strong>o a portare al<strong>la</strong> struggente trasformazione <strong>di</strong> Pereira in “uomo nuovo”, è il suo<br />

ritorno al<strong>la</strong> vita, o meglio ancora, <strong>la</strong> sua scoperta <strong>del</strong>le vera vita.<br />

Tornato a casa, Pereira prende un passaporto falso e il ritratto <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie, con cui<br />

spesso si ritrova a par<strong>la</strong>re, quin<strong>di</strong>, fugge in Francia.<br />

Nel 1995 il romanzo ha avuto una trasposizione cinematografica, per <strong>la</strong> regia <strong>di</strong> Roberto<br />

Faenza e, fra gli altri interpreti, Marcello Mastroianni. Antonio Tabucchi ha col<strong>la</strong>borato<br />

ai <strong>di</strong>aloghi.<br />

B) La struttura e le tecniche narrative<br />

Il romanzo è sud<strong>di</strong>viso in venticinque capitoli ed è corredato da una “Nota”, nel<strong>la</strong> quale<br />

l’autore racconta come l’ ha concepito.<br />

Tutto il romanzo è costruito come il lungo verbale <strong>di</strong> deposizione che affida al lettore <strong>la</strong><br />

“testimonianza” <strong>di</strong> Pereira: non a caso al titolo si accompagna un sottotitolo, “Una<br />

testimonianza”. Il sintagma “sostiene Pereira”, insieme ad altri come “Pereira<br />

sostiene”, “pare che” iterati con un ritmo ossessionante durante tutto l’arco <strong>del</strong> racconto<br />

danno ancora <strong>di</strong> più l’impressione <strong>di</strong> leggere il documento che attesta <strong>la</strong><br />

crisi/conversione <strong>del</strong> protagonista, il quale, però, rimane l’unico in grado <strong>di</strong> fare da<br />

filtro, <strong>di</strong> decidere quali sono le informazioni che ci vuole dare e su quali, invece, vuole<br />

essere reticente. Allo stesso tempo si trasmette l’idea <strong>del</strong> dubbio e <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività <strong>di</strong><br />

quanto viene documentato. L’universo <strong>del</strong> lettore si configura, così, come<br />

automaticamente limitato: non si <strong>di</strong>mentica mai che <strong>la</strong> storia è il resoconto testuale <strong>di</strong><br />

ciò che Pereira ha detto. Si può <strong>di</strong>re che fin dall’inizio ci si trova davanti a due<br />

43


interrogativi: cosa sostiene Pereira e a chi affida le memorie sul<strong>la</strong> sua personale<br />

esperienza <strong>di</strong> maturazione.<br />

Chi narra <strong>la</strong> storia è un “recorder” che riporta oggettivamente ciò che Pereira decide <strong>di</strong><br />

confessare nel<strong>la</strong> forma <strong>di</strong> un lungo <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto che dura quanto lo svolgersi <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

trama <strong>del</strong> racconto. Questo ha principalmente due effetti: innanzitutto, possiamo<br />

attenerci, esclusivamente, a quanto trascrive l’unica voce narrante e, comunque, il<br />

racconto risulta, per ovvi motivi, limitato temporalmente. Non si sa quando <strong>la</strong> storia sia<br />

stata narrata e quanto tempo sia passato dagli avvenimenti al<strong>la</strong> loro registrazione; si<br />

deduce so<strong>la</strong>mente che gli eventi narrati si sono verificati nel 1938, nell’arco temporale<br />

<strong>di</strong> un mese <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>del</strong> protagonista.<br />

Come molte altre <strong>opere</strong> <strong>del</strong>l’autore, anche questa ha avuto una sua trasposizione<br />

cinematografica. Questa partico<strong>la</strong>rità è dovuta al mo<strong>del</strong>lo narrativo tipico che si<br />

presenta come una costante <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> produzione <strong>tabucchi</strong>ana. I capitoli, che sono<br />

numerosi e piuttosto brevi, seguono lo schema dei fotogrammi cinematografici<br />

giustapposti al<strong>la</strong> maniera <strong>di</strong> Eisenstein, <strong>di</strong> cui si è già <strong>di</strong>scusso nell’analisi <strong>di</strong> “Piazza<br />

d’Italia”.<br />

C) Lo stile<br />

Portare avanti il racconto come <strong>la</strong> trascrizione fe<strong>del</strong>e <strong>di</strong> una testimonianza implica, <strong>di</strong><br />

conseguenza, un orientamento stilistico <strong>del</strong> tutto partico<strong>la</strong>re.<br />

Il tono, quin<strong>di</strong>, dovrà dare il più possibile l’impressione <strong>di</strong> oggettività e realismo.<br />

Il linguaggio si presenta semplice, <strong>di</strong>sadorno e legata al<strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong> quoti<strong>di</strong>ano e <strong>la</strong><br />

costruzione è impostata prevalentemente su uno schema paratattico. Il sintagma<br />

44


“sostiene Pereira”, <strong>nelle</strong> sue <strong>di</strong>verse declinazioni, accompagna <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le<br />

proposizioni principali, ostaco<strong>la</strong>ndo il libero fluire <strong>del</strong> racconto.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> <strong>di</strong>mensione temporale, si nota <strong>la</strong> prevalenza <strong>del</strong>l’uso <strong>del</strong> passato<br />

remoto, il tempo tipico <strong>del</strong> racconto.<br />

Pereira è un personaggio molto abitu<strong>di</strong>nario: le azioni che compie sono quasi sempre le<br />

medesime, così come le sue reazioni (inquietu<strong>di</strong>ne che si manifesta con <strong>la</strong> sudorazione e<br />

l’affanno) sono preve<strong>di</strong>bili. I luoghi <strong>del</strong>le sue frequentazioni sono sempre gli stessi per<br />

cui l’ambientazione è fatta soprattutto <strong>di</strong> interni (<strong>la</strong> casa <strong>di</strong> Pereira, l’ufficio) e gli<br />

esterni occorrono quando il racconto raggiunge un livello <strong>di</strong> tensione tale per cui è come<br />

se servisse una valvo<strong>la</strong> <strong>di</strong> sfogo: per cui ecco Pereira al Cafè Orquidea a prendere <strong>la</strong><br />

solita limonata con l’omelette oppure partire per andare a ri<strong>la</strong>ssarsi alle terme fuori<br />

Lisbona. I viaggi <strong>di</strong>vengono metafora <strong>del</strong> cammino <strong>di</strong> maturazione <strong>del</strong> personaggio e<br />

non a caso cominciano quando incontra Monteiro Rossi e ha <strong>la</strong> sua prima folgorazione.<br />

D) Nuclei tematici<br />

• Il <strong>potere</strong> violento e <strong>la</strong> giustizia<br />

In entrambi i testi analizzati <strong>la</strong> connotazione <strong>del</strong> <strong>potere</strong> tracciata dall’autore sicuramente<br />

presenta caratteristiche <strong>di</strong> forte negatività e sfiducia. Potere <strong>di</strong>venta, così, sinonimo <strong>di</strong><br />

ingiustizia. I ribelli, i perseguitati, i sovversivi non hanno altra scelta se non quel<strong>la</strong> <strong>di</strong><br />

unire le forze e opporsi ai soprusi e alle angherie <strong>di</strong> coloro che sono al <strong>potere</strong>.<br />

La riscrittura <strong>di</strong> oltre un secolo <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia d’Italia da <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> intravedere<br />

l’assenza <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia nel<strong>la</strong> società italiana, così come nel Portogallo sa<strong>la</strong>zarista <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

prima metà <strong>del</strong> Novecento. Questa critica ad una giustizia che pare non arrivare mai è<br />

una costante sia <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione narrativa sia <strong>del</strong><strong>la</strong> saggistica <strong>di</strong> Tabucchi.<br />

45


Denunciare l’ingiustizia e l’oppressione è compito <strong>del</strong>l’intellettuale che non può<br />

sottrarsi ai propri doveri <strong>di</strong> guida per <strong>la</strong> società.<br />

• La riflessione sul<strong>la</strong> Storia e il suo rapporto con <strong>la</strong> letteratura<br />

Quasi tutta <strong>la</strong> produzione letteraria <strong>tabucchi</strong>ana ruota attorno a due assi fondamentali: <strong>la</strong><br />

Storia e <strong>la</strong> Letteratura. La scrittura rappresenta per l’autore il modo per rivedere a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo <strong>la</strong> Storia, attraverso dei testi che sappiano rive<strong>la</strong>re quello che <strong>la</strong><br />

cultura ufficiale dal<strong>la</strong> sua prospettiva “alta” ha sempre taciuto. In “Piazza d’Italia” è <strong>la</strong><br />

voce <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> anarchici a farsi sentire, coloro che sono sempre stati esclusi e<br />

oppressi per tre generazioni provano a lottare per i loro ideali e arrivano a morire per<br />

essi. La storia dei perdenti, degli anti-eroi e degli emarginati viene messa in primo piano<br />

e viene a costituire un percorso parallelo e contrario <strong>di</strong> riflessione. Un anonimo<br />

giornalista <strong>di</strong> provincia è, invece, il protagonista <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi esistenziale <strong>di</strong> “Sostiene<br />

Pereira”. Non si tratta più solo <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi <strong>di</strong> un singolo, va in scena il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

crisi <strong>del</strong>l’intellettuale d’oggi. “Testi che par<strong>la</strong>no <strong>del</strong> 1938 e <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura <strong>di</strong> Sa<strong>la</strong>zar,<br />

ma in realtà par<strong>la</strong>no <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi <strong>del</strong>l’intellettuale d’oggi, <strong>del</strong>l’indecisione <strong>del</strong>l’uomo <strong>di</strong><br />

cultura intrappo<strong>la</strong>to tra ideologie forti e pensiero debole, tra vecchi valori e fine <strong>del</strong>le<br />

gran<strong>di</strong> ideologie, testi che narrano <strong>di</strong> come <strong>la</strong> Letteratura abbia a che fare con <strong>la</strong> storia<br />

e <strong>di</strong> come <strong>la</strong> Storia sia legata al<strong>la</strong> Letteratura” 41 .<br />

• La metafora <strong>del</strong> passato <strong>di</strong>venta me<strong>di</strong>tazione sul presente<br />

L’esempio più rilevante <strong>di</strong> quanto questo nucleo sia importante si ritrova nel romanzo<br />

<strong>del</strong> 1975 e nel<strong>la</strong> sua riflessione sul<strong>la</strong> Storia d’Italia. Ciò che accade nel periodo<br />

risorgimentale si ripete, in maniera pressoché identica, durante <strong>la</strong> Grande Guerra, nel<br />

periodo <strong>del</strong> regime fascista e, in ultimo, nel secondo dopoguerra, quando ormai <strong>la</strong><br />

41 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, “Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”, Cosenza, Pellegrini<br />

E<strong>di</strong>tore, 2002.<br />

46


Repubblica si è affermata. In “Sostiene Pereira” è presentato il simbolo<br />

<strong>del</strong>l’intellettuale in crisi che nei momenti <strong>di</strong> degenerazione <strong>del</strong> <strong>potere</strong> deve rendersi<br />

conto <strong>di</strong> quale sia <strong>la</strong> sua missione nel<strong>la</strong> società e non sottrarsi.<br />

• Il gioco letterario e il gusto <strong>del</strong> rovescio<br />

L’idea <strong>di</strong> ribellione è, in parte, insita anche <strong>nelle</strong> scelte formali <strong>del</strong>l’autore, a partire dal<br />

fatto che egli narra <strong>la</strong> Storia vista dal punto <strong>di</strong> vista degli oppressi. Per Tabucchi il testo<br />

è un’area <strong>di</strong> sperimentazione creativa dei mo<strong>del</strong>li ra<strong>di</strong>cati nel<strong>la</strong> pratica letteraria. Si<br />

pensi a come utilizza lo schema <strong>del</strong> romanzo storico in “Piazza d’Italia”, ma anche in<br />

“Sostiene Pereira”. Ci sono temi che sono insoliti per questo genere, i livelli linguistici<br />

talvolta si contaminano trasversalmente e comunque ogni singolo testo vive in un<br />

rapporto <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> e connessioni con altri e allo stesso tempo con se stesso<br />

(intertestualità e intratestualità <strong>del</strong>l’opera <strong>tabucchi</strong>ana). 42<br />

I testi <strong>di</strong> questo autore sono decisamente interrogativi inquietano e <strong>di</strong>alogano con il<br />

lettore che è l’unico a poter rispondere. Talvolta si ha l’impressione <strong>di</strong> essere ca<strong>la</strong>ti<br />

dentro ad un rebus, un <strong>la</strong>birinto che riflette <strong>la</strong> realtà controversa e sfuggente che<br />

Tabucchi ritrae. E’ proprio il compito <strong>del</strong>l’intellettuale quello <strong>di</strong> coltivare e instil<strong>la</strong>re il<br />

dubbio, <strong>di</strong> tenere vive le coscienze e non tranquillizzarle.<br />

• I problemi <strong>del</strong>l’io e <strong>la</strong> frammentazione <strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>viduo<br />

I personaggi che prendono vita <strong>nelle</strong> pagine <strong>del</strong> racconto sono i simboli<br />

<strong>del</strong>l’inquietu<strong>di</strong>ne e <strong>del</strong>l’insicurezza. Seguendo il precetto per cui <strong>la</strong> funzione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

letteratura e, quin<strong>di</strong>, <strong>del</strong>l’intellettuale sarebbe quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> porre quesiti e insinuare il<br />

42 F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, ibidem.<br />

47


dubbio anche Tabucchi porta in scena l’io con le sue debolezze e <strong>la</strong> sua<br />

frammentazione. In “Piazza d’Italia” <strong>la</strong> <strong>di</strong>sintegrazione <strong>del</strong>l’identità è portata alle<br />

estreme conseguenze con l’utilizzo <strong>del</strong>lo stesso nome (Garibaldo) sia per il padre sia per<br />

il figlio e poiché i protagonisti affrontano avvenimenti ed esperienze simili generazione<br />

dopo generazione. Per fare un esempio, durante <strong>la</strong> Breccia <strong>di</strong> Porta Pia Plinio subisce<br />

una menomazione ad un piede e non può più essere utile all’esercito; Garibaldo, anni<br />

dopo, si spara ad un piede per non andare a combattere come militare in leva e non<br />

essere al servizio <strong>di</strong> quegli stessi potenti che “se ne stanno in panciolle”. 43 Non a caso, il<br />

capitoletto dal quale è tratta questa frase si intito<strong>la</strong> “Come suo padre” e suggerisce<br />

l’idea <strong>del</strong><strong>la</strong> continuità: passano gli anni, ma <strong>la</strong> libertà rimane il valore in cui credere e<br />

per cui sacrificare anche <strong>la</strong> vita, attraverso <strong>la</strong> lotta contro il dominio e <strong>la</strong> tirannide dei<br />

potenti.<br />

• Il sogno e il <strong>di</strong>sincanto<br />

Nel primo romanzo <strong>di</strong> Tabucchi, Monteiro Rossi muore, “colpevole” <strong>di</strong> aver sperato in<br />

un mondo migliore, dove non sentire solo <strong>la</strong> voce dei potenti, ma poter vedere affermata<br />

<strong>la</strong> libertà <strong>di</strong> espressione e <strong>di</strong> pensiero. Al<strong>la</strong> sua morte il sogno che gli ha scaldato il<br />

cuore e lo ha guidato in una battaglia persa in partenza si infrange contro <strong>la</strong> muraglia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Storia che gli è ostile. Allo stesso tempo, però, è come se avvenisse il passaggio<br />

<strong>del</strong> testimone tra lui e Pereira: quando tutto sembra perduto il giornalista <strong>di</strong>viene<br />

consapevole <strong>di</strong> quanto sia importante in quel dato momento storico il suo ruolo <strong>di</strong><br />

intellettuale nel<strong>la</strong> società e allora decide <strong>di</strong> impegnarsi nel concreto, offrendo una nuova<br />

possibilità al<strong>la</strong> speranza.<br />

Lo stesso si vale per “Piazza d’Italia”: sebbene gli eventi <strong>del</strong> passato siano monito e<br />

insegnamento che sono sempre i potenti a trionfare e che è impossibile per i più deboli<br />

43 A.Tabucchi, Piazza d’Italia, p.28.<br />

48


affermare i valori in cui credono, il sogno continua. Gli ostacoli sono tanti, ma vale <strong>la</strong><br />

pena affrontarli e credere anche nell’utopia, almeno finché ci sarà un solo testardo<br />

“Garibaldo”, pronto a sacrificarsi per far entrare le microstorie quoti<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> una<br />

moltitu<strong>di</strong>ne muta nel<strong>la</strong> Storia.<br />

49


Cenni biografici e <strong>opere</strong><br />

VINCENZO CONSOLO<br />

( “ Lo Spasimo <strong>di</strong> Palermo”)<br />

Vincenzo Consolo nasce in Sicilia a Sant’ Agata <strong>di</strong> Militello in provincia <strong>di</strong> Messina nel<br />

1933.<br />

Dopo aver conseguito <strong>la</strong> maturità c<strong>la</strong>ssica, nel 1952 si trasferisce a Mi<strong>la</strong>no iscrivendosi<br />

al<strong>la</strong> facoltà <strong>di</strong> Giurisprudenza <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattolica.<br />

Gli stu<strong>di</strong> sono interrotti dopo 3 anni a causa <strong>del</strong> servizio militare svolto a Roma.<br />

Quin<strong>di</strong> si trasferisce a Messina dove si <strong>la</strong>urea in Giurisprudenza con una tesi <strong>di</strong><br />

Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto sul<strong>la</strong> crisi dei <strong>di</strong>ritti <strong>del</strong><strong>la</strong> persona umana. Questo stu<strong>di</strong>o segnerà <strong>la</strong><br />

sua visione <strong>del</strong> mondo e <strong>del</strong><strong>la</strong> vita. Svolge per un breve periodo il tirocinio presso lo<br />

stu<strong>di</strong>o notarile, ma abbandonerà questa strada per de<strong>di</strong>carsi all’ insegnamento.<br />

Dal 1958 infatti, insegna educazione civica e cultura generale <strong>nelle</strong> scuole agrarie <strong>di</strong><br />

alcuni paesi.<br />

Dopo aver vinto un concorso in Rai si trasferisce definitivamente a Mi<strong>la</strong>no nel 1968.<br />

50


Col<strong>la</strong>bora con vari quoti<strong>di</strong>ani e riviste, anche siciliani, e per <strong>di</strong>versi anni è consulente<br />

presso <strong>la</strong> casa e<strong>di</strong>trice Einau<strong>di</strong>.<br />

Attualmente vive a Mi<strong>la</strong>no.<br />

L’ esor<strong>di</strong>o letterario è <strong>del</strong> 1963 con il romanzo “ La ferita <strong>del</strong>l’ aprile” pubblicato<br />

presso Mondatori nel<strong>la</strong> col<strong>la</strong>na “ Il Tornasole”. Si tratta <strong>di</strong> un romanzo corale in cui l’<br />

autentica protagonista è <strong>la</strong> con<strong>di</strong>zione dei conta<strong>di</strong>ni e dei pescatori siciliani nel secondo<br />

dopoguerra.<br />

Lo sfondo è quello <strong>del</strong>le elezioni regionali <strong>del</strong> ’47 e le elezioni <strong>del</strong> ’48 e <strong>del</strong>le lotte tra il<br />

movimento in<strong>di</strong>pendentista siciliano forte <strong>del</strong>l’ appoggio mafioso e l’ opposizione dei<br />

conta<strong>di</strong>ni.<br />

Il protagonista è infatti un ban<strong>di</strong>to, Giuliano, assoldato dagli agrari in<strong>di</strong>pendentisti per<br />

sparare sui conta<strong>di</strong>ni radunati per festeggiare il 1 Maggio.<br />

Sono qui presenti i temi privilegiati <strong>del</strong>l’ autore <strong>la</strong> storia e <strong>la</strong> Sicilia. Nello stile segue<br />

una linea sperimentale e <strong>di</strong> tipo espressivo.<br />

Il primo romanzo non ha successo e passano 13 anni prima <strong>del</strong><strong>la</strong> pubblicazione <strong>del</strong> suo<br />

secondo libro.<br />

E’ “ Il sorriso <strong>del</strong>l’ ignoto marinaio” pubblicato nel 1976 che lo rive<strong>la</strong> come un caso<br />

letterario.<br />

Lo sfondo <strong>del</strong> libro è ancora una volta storico. E’ ambientato tra il 1852 ed il 1860,<br />

ovvero all’ epoca <strong>del</strong>lo sbarco <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> in Sicilia.<br />

La stesura viene interrotta dopo i primi 3 capitoli per poi riprendere anni dopo su<br />

pressione <strong>di</strong> molti e<strong>di</strong>tori tra cui Einau<strong>di</strong>.<br />

Tra questi due momenti Consolo conosce, seguendo un processo per il quoti<strong>di</strong>ano<br />

siciliano “ L’Ora”, un giu<strong>di</strong>ce, Ciaccio Montalto. Di questo riceve le confidenze , <strong>la</strong><br />

<strong>di</strong>ffidenza verso i propri superiori. Il giu<strong>di</strong>ce verrà ucciso dal<strong>la</strong> mafia.<br />

51


Nel 1985 scrive “ Lunaria” una favo<strong>la</strong> teatrale, testo <strong>di</strong>alogato in cui si rievoca il mito<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> caduta <strong>del</strong><strong>la</strong> Luna.<br />

Del 1987 è un nuovo romanzo “ Retablo”: tre storie <strong>di</strong>verse che si intrecciano.<br />

1988 “ Le pietre <strong>di</strong> Pantalica” sono una raccolta <strong>di</strong> racconti e prose memorialistiche.<br />

1992 “ Nottetempo casa per casa” è il romanzo con cui vincerà il premio strega. E’ un<br />

ritorno al filone storico. Par<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita <strong>del</strong> fascismo negli anni ’20 tra Cefalù e<br />

Palermo il tutto visto attraverso le vicende <strong>di</strong> una famiglia, <strong>la</strong> famiglia Marano.<br />

1994 “ L’ Olivo e l’ olivastro” è il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> un ritorno in Sicilia, dei drammi <strong>del</strong>l’<br />

emigrazione e <strong>del</strong><strong>la</strong> propria storia familiare.<br />

1998 L’ ultimo romanzo: “ Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”<br />

L’ analisi <strong>del</strong>l’ opera: LO SPASIMO DI PALERMO<br />

L’ opera viene pubblicata per <strong>la</strong> prima volta presso Mondatori nel 1998. Vince il premio<br />

Brancati- Zafferana nel 1999 e il Premio F<strong>la</strong>iano sempre nel 1999.<br />

A) Trama e personaggi<br />

52


Si tratta <strong>di</strong> un romanzo fortemente autobiografico.<br />

“I ricor<strong>di</strong> più vivi<strong>di</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> mia infanzia sono <strong>del</strong> periodo <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, quando al<br />

momento <strong>del</strong>lo sbarco degli americani in Sicilia cominciano i mitragliamenti, i<br />

bombardamenti e quin<strong>di</strong> <strong>la</strong> paura.. Sentivamo i mitragliamenti <strong>di</strong> notte, le incursioni....<br />

Finalmente mio padre si convinse e ci trasferimmo in campagna .... Ci furono però dei<br />

bombardamenti anche in campagna perché le bombe venivano sganciate al<strong>la</strong> cieca” 44 .<br />

Tutti questi ricor<strong>di</strong> vengono trasferiti in modo fe<strong>del</strong>e all’ interno <strong>del</strong>le prime pagine <strong>del</strong><br />

romanzo. Quest’ opera costituisce l’ ultima <strong>di</strong> tre gran<strong>di</strong> tappe nel percorso letterario<br />

<strong>del</strong>lo scrittore.<br />

Prima tappa è “ Il sorriso <strong>del</strong>l’ ignoto marinaio” che muove dai mutamenti <strong>del</strong>l’ Italia<br />

al momento <strong>del</strong>l’ unità.<br />

La seconda, con “Nottetempo casa per casa”, racconta degli anni precedenti l’ avvento<br />

<strong>del</strong> fascismo e <strong>la</strong> terza, con “Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”, entra nell’oggi.<br />

Al centro <strong>del</strong> racconto è <strong>la</strong> drammatica fase <strong>del</strong><strong>la</strong> storia siciliana che culmina con l’<br />

assassinio <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce Paolo Borsellino.<br />

Ve<strong>di</strong>amo più nel dettaglio i contenuti ed i personaggi <strong>del</strong> romanzo.<br />

Il protagonista è Gioacchino Martinez, un famoso scrittore che si trova a Parigi per far<br />

visita al figlio che vive qui con <strong>la</strong> propria compagna.<br />

Dopo il suo arrivo in un piccolo albergo si apre una lunga parentesi sul<strong>la</strong> sua vita e in<br />

partico<strong>la</strong>re sul<strong>la</strong> sua infanzia. Il primo ricordo è quello <strong>di</strong> un film proiettato nell’<br />

oratorio frequentato da ragazzo ed interrotto per sempre dai bombardamenti aerei.<br />

Siamo infatti nel<strong>la</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. Scopriamo che il protagonista non ha più<br />

<strong>la</strong> madre, morta tempo prima, e che viene affidato alle cure <strong>di</strong> una domestica, Aurelia. Il<br />

44 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />

www.italialibri.it, 2001<br />

53


apporto con il padre è molto <strong>di</strong>fficile e si incrina sempre <strong>di</strong> più dopo <strong>la</strong> scoperta, da<br />

parte <strong>di</strong> Chino, <strong>del</strong><strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zione con una donna sposata chiamata “<strong>la</strong> siracusana”.<br />

Questa donna ha una figlia, Lucia.<br />

I bombardamenti proseguono e dopo parecchie insistenze, ma soprattutto <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong><br />

ma<strong>la</strong>ttia <strong>del</strong> figlio, il padre decide <strong>di</strong> trasferirsi in campagna in un paese <strong>di</strong> nome<br />

Rasselemi.<br />

Qui lo seguirà anche <strong>la</strong> siracusana.<br />

La pace termina ben presto anche qui, gli alleati proseguono nei loro bombardamenti.<br />

Il padre <strong>di</strong> Chino viene ucciso dopo aver aiutato un <strong>di</strong>sertore tedesco a fuggire. Muore<br />

anche <strong>la</strong> siracusana: le strade dei due amici a questo punto si separano. Lucia segue il<br />

padre a Messina mentre il ragazzo resta in questo paese insieme ad Aurelia ormai<br />

sempre più in <strong>di</strong>fficoltà. In generale quelli tra i personaggi sono dei rapporti <strong>di</strong>fficili che<br />

vengono a poco a poco troncati: quello con <strong>la</strong> madre ed il padre morti, quello con <strong>la</strong><br />

maestra o con Lucia che si trasferiscono entrambe, per arrivare poi a quello<br />

problematico con il figlio.<br />

“ ... tutti, tutti per cui aveva amore, confidenza, morivano o se n’andavano lontano” 45 .<br />

Rapporti interrotti così come lo sono tutte le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita: <strong>la</strong><br />

fuga in campagna lontano dal<strong>la</strong> guerra, il matrimonio ed i trasferimenti prima a Palermo<br />

e poi a Mi<strong>la</strong>no.<br />

“Gioacchino ricorda <strong>la</strong> sua infanzia in Sicilia, negli anni <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a<br />

infantile, rimossa, che ha segnato <strong>la</strong> sua vita e un altro trauma, tanto più piccolo ma<br />

non meno ossessivo: un film visto all’ oratorio, Judex, dove le avventure <strong>di</strong> un<br />

giustiziere vengono improvvisamente interrotte dalle incursioni belliche. Situazione <strong>di</strong><br />

simbolica <strong>di</strong> una vita muti<strong>la</strong>ta essa stessa, troncata in due dal<strong>la</strong> fuga da una Sicilia<br />

feroce e dal<strong>la</strong> <strong>del</strong>usione per una Mi<strong>la</strong>no che ha tra<strong>di</strong>to l’ utopia”. 46<br />

45 V. Consolo, “ Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori, 1998, p. 27. Da qui in avanti in<strong>di</strong>cato con<br />

<strong>la</strong> sig<strong>la</strong> SP.<br />

46 Ibidem, quarta <strong>di</strong> copertina.<br />

54


Il ricordo si interrompe ed il racconto ritorna al presente con l’ incontro tra Gioacchino<br />

ed il figlio, un incontro che rive<strong>la</strong> tutte le <strong>di</strong>fficoltà che esistono nel loro rapporto, ma<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> cui ragione verrà data spiegazione più avanti.<br />

Sempre a Parigi trova in un cinema <strong>la</strong> locan<strong>di</strong>na <strong>del</strong> film <strong>del</strong><strong>la</strong> sua infanzia.<br />

Egli rive<strong>la</strong> al figlio il suo proposito <strong>di</strong> tornare in Sicilia per affrontare alcuni fantasmi<br />

<strong>del</strong> passato.<br />

Durante il viaggio in treno che lo porterà fino a Napoli, proseguono le memorie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

sua giovinezza.<br />

Dopo un periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà seguito al<strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre, Chino troverà una nuova<br />

figura paterna nello zio Mauro, il quale lo porterà con se a Palermo. In questa città<br />

ricompare anche <strong>la</strong> figura <strong>di</strong> Lucia che compie qui i suoi stu<strong>di</strong>. I due si sposano ed<br />

hanno un figlio cui danno appunto il nome <strong>del</strong>lo zio che nel frattempo era morto.<br />

La quiete viene nuovamente turbata, questa volta dal<strong>la</strong> mafia.<br />

Siamo negli anni <strong>del</strong>le gare d’ appalto, <strong>del</strong><strong>la</strong> specu<strong>la</strong>zione e<strong>di</strong>lizia a Palermo e <strong>del</strong><br />

consolidarsi <strong>del</strong> rapporto tra Cosa Nostra e <strong>la</strong> politica. La casetta in cui il tuttofare<br />

Giuffrè viveva con <strong>la</strong> moglie Cristina e <strong>la</strong> figlia viene fatta saltare in aria, avvertimento<br />

circa l’ estendersi degli interessi mafiosi anche in quell’ area. Martinez vende tutto e si<br />

trasferisce in un’ altra zona <strong>del</strong><strong>la</strong> città. La moglie Lucia però si amma<strong>la</strong> non riuscendo a<br />

sostenere <strong>la</strong> situazione. Decidono dunque <strong>di</strong> <strong>la</strong>sciare Palermo per Mi<strong>la</strong>no.<br />

Qui Mauro si iscrive all’ Università ma iniziano per lui una serie <strong>di</strong> problemi giu<strong>di</strong>ziari<br />

legati al<strong>la</strong> vicinanza con gli ambienti <strong>del</strong> terrorismo. Viene arrestato e messo in carcere<br />

per due anni. La madre nel frattempo muore.<br />

Fuori dal carcere vivrà da esule a Parigi.<br />

Si ritorna al presente; il viaggio è quasi terminato e non c’ è alcun rimpianto nel <strong>la</strong>sciare<br />

una città che ha <strong>del</strong>uso tutte le aspettative.<br />

Arriviamo a questo punto al<strong>la</strong> conclusione. A Palermo Martinez fa 2 incontri.<br />

55


Il primo è con <strong>la</strong> famiglia <strong>del</strong> suo vecchio <strong>di</strong>pendente Giuffrè, presso cui <strong>di</strong>morerà nel<br />

tempo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua permanenza. Si inserisce un nuovo personaggio Damiano, genero <strong>di</strong><br />

Giuffrè, uomo <strong>di</strong>pinto come uno sfaccendato tutt’ altro che onesto.<br />

Il secondo incontro avviene per caso: è con il procuratore aggiunto Paolo Borsellino. La<br />

madre <strong>del</strong> magistrato abita nel<strong>la</strong> stessa via <strong>del</strong>lo scrittore ed egli l’ ha vista più volte<br />

attendere il figlio al<strong>la</strong> finestra. Borsellino gli offrirà persino un passaggio sul<strong>la</strong> sua auto<br />

blindata.<br />

Il romanzo si chiude con una lettera che l’ anziano scrive al figlio. In essa esprime il<br />

senso <strong>di</strong> colpa per <strong>la</strong> morte <strong>del</strong><strong>la</strong> moglie, per le <strong>di</strong>savventure <strong>del</strong> figlio e rive<strong>la</strong> il dubbio<br />

<strong>di</strong> esser stato <strong>la</strong> causa <strong>del</strong>l’assassinio <strong>di</strong> suo padre, rive<strong>la</strong>ndo alle SS il nascon<strong>di</strong>glio <strong>del</strong><br />

fuggiasco. Ma anche questo estremo tentativo <strong>di</strong> comunicare viene interrotto da una<br />

chiamata. Capisce che Damiano ha intenzione <strong>di</strong> uccidere Borsellino. Pochi secon<strong>di</strong><br />

dopo <strong>la</strong> telefonata un’ esplosione pone fine al<strong>la</strong> vita <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce ed al racconto.<br />

B) Struttura e tecniche narrative<br />

“ Ho visto e ho visto, in Sicilia e a Mi<strong>la</strong>no, dov’ ero intanto anch’ io emigrato, e ho<br />

sentito il bisogno e insieme il dovere <strong>di</strong> scrivere, <strong>di</strong> narrare <strong>del</strong> mio tempo, <strong>di</strong> altro<br />

luogo: degli uomini infine, dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> questa nostra recente storia. Ho narrato con<br />

una scelta consapevole <strong>di</strong> contenuti e <strong>di</strong> stile . Contenuti storico- sociali, stile<br />

sperimentale ed espressionista”. 47<br />

Visti i contenuti, <strong>la</strong> scelta <strong>del</strong> genere ricade per Consolo sul romanzo storico, <strong>di</strong> cui<br />

apprezza l’ attitu<strong>di</strong>ne critica e demistificatrice. 48<br />

47 V. Consolo, “ Come una <strong>la</strong>stra memoriale”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p .7<br />

48 M. Onori, “ Nel magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />

Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 62<br />

56


Esso è in<strong>di</strong>cato come “ l’unica forma narrativa possibile per rappresentare<br />

metaforicamente il presente, le sue istanze e le sue problematiche culturali”. 49<br />

“Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo” è un romanzo storico che usa <strong>la</strong> metafora <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria <strong>del</strong>lo<br />

scrittore Gioachino Martinez.<br />

Si tratta però <strong>di</strong> una tipologia che si <strong>di</strong>scosta dal genere co<strong>di</strong>ficato da Scott e Manzoni:<br />

non ci sono sezioni o capitoli storici, ma una rete <strong>di</strong> eventi che filtrano attraverso le<br />

esperienze dei personaggi: <strong>la</strong> II guerra mon<strong>di</strong>ale vista attraverso gli occhi <strong>del</strong>lo scrittore<br />

bambino, le rivolte studentesche e il terrorismo che hanno toccato Mauro ed infine il<br />

fenomeno mafioso che si palesa agli occhi <strong>del</strong> protagonista con due esplosioni nel<strong>la</strong> sua<br />

casa <strong>di</strong> Palermo e nel<strong>la</strong> strage <strong>di</strong> via D’ Amelio.<br />

Grazie allo strumento <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria Consolo costruisce un romanzo storico in cui però<br />

i moduli canonici vengono meno.<br />

Al filone principale <strong>del</strong> racconto , ovvero il viaggio <strong>di</strong> ritorno verso Palermo <strong>del</strong>l’<br />

anziano scrittore, si uniscono numerose parentesi: ricor<strong>di</strong>, pensieri e sogni <strong>di</strong><br />

Gioacchino- Chino.<br />

Questo determina un continuo gioco <strong>di</strong> an<strong>di</strong>rivieni, spesso <strong>di</strong>fficile da seguire, tra il<br />

presente e gli anni andati.<br />

Il f<strong>la</strong>shback permette all’ autore <strong>di</strong> ripercorrere cinquant’anni <strong>di</strong> storia filtrandoli<br />

attraverso il vissuto <strong>del</strong> protagonista. 50<br />

Il tentativo <strong>di</strong> scavare nel passato, <strong>di</strong> partire dal remoto si riflette anche sui luoghi <strong>del</strong><br />

romanzo.<br />

In una intervista <strong>del</strong> 2001 ri<strong>la</strong>sciata ad Italialibri, rispondendo ad una domanda sui<br />

luoghi dei suoi romanzi ed il loro significato, Consolo afferma:<br />

“ C’ è questo ipogeo, c’è <strong>la</strong> visione <strong>del</strong>l’ ipogeo continuamente e credo che sia dovuto<br />

al fatto che io cerco <strong>di</strong> partire sempre dalle ra<strong>di</strong>ci più profonde e quin<strong>di</strong> anche le<br />

49 ibidem, p. 78<br />

50 C. Riccar<strong>di</strong>, “ Inganni e follie <strong>del</strong><strong>la</strong> storia: lo stile liricotragico <strong>del</strong><strong>la</strong> narrativa <strong>di</strong> Consolo”, in “ Per<br />

Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 105<br />

57


immagini <strong>di</strong> questi luoghi sotterranei, <strong>di</strong> queste caverne, sono un po’ il corrispettivo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua e <strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà <strong>del</strong><strong>la</strong> storia. Andare sino alle ra<strong>di</strong>ci per<br />

poi risalire verso le zone <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione e <strong>del</strong><strong>la</strong> società”.<br />

Ed infatti le prime scene si svolgono in luoghi <strong>di</strong> questo genere.<br />

Pren<strong>di</strong>amo per esempio l’ albergo iniziale, che sebbene non sia un luogo sotterraneo,<br />

rive<strong>la</strong> tutta <strong>la</strong> sua angustia: “ La <strong>di</strong>xième muse era il nome <strong>del</strong>l’ albergo. L’ angusto<br />

ingresso, il buio corridoio..”. 51<br />

Spostandosi all’ in<strong>di</strong>etro nei ricor<strong>di</strong> troviamo i rifugi antiaerei o le cantine.<br />

Dopo il bombardamento all’ oratorio Chino “tornò affannato nell’ androne, attraversò<br />

il cave<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>scese nel catoio”. 52<br />

E’ significativo anche che cupi, nascosti ed in profon<strong>di</strong>tà siano i luoghi in cui si<br />

consuma <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione fra il padre <strong>di</strong> Gioacchino e <strong>la</strong> siracusana. Quin<strong>di</strong> colpa e<br />

menzogna da cui Chino fugge sempre, in modo antonimico, seguendo il percorso<br />

contrario, verso <strong>la</strong> luce e <strong>la</strong> superficie. E’ <strong>la</strong> fuga da una realtà che non vuole conoscere.<br />

Una tana sarà anche il luogo pre<strong>di</strong>letto dal ragazzo per i suoi giochi e le sue fughe:<br />

“ Corse al marabutto, al rifugio incognito e sepolto dal terriccio”. 53<br />

C) La lingua e lo stile<br />

E’ stata citata <strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà che non è solo spaziale e storica, ma anche<br />

linguistica.<br />

51 SP, p. 11<br />

52 ibidem, p. 16<br />

53 ibidem, p. 19<br />

58


Infatti nel<strong>la</strong> stessa intervista ad Italialibri l’ autore prosegue: “ Nel<strong>la</strong> mia ricerca<br />

linguistica, cerco le parole che vengono da lontananze storiche, da lingue antiche,<br />

greco, <strong>la</strong>tino, arabo e quin<strong>di</strong> c’ è questo bisogno <strong>di</strong> ripartire dal<strong>la</strong> profon<strong>di</strong>tà”.<br />

L a sua scrittura è complessa, allusiva, evocatrice <strong>di</strong> risonanze arcaiche 54 e fornisce il<br />

contro-canto a quelli che all’ interno <strong>del</strong>l’ opera definisce: “ tristi imbonitori, trame,<br />

panie catturanti, gerghi scaduti o lingue invase, smemorate” 55 .<br />

La scrittura <strong>di</strong> tipo comunicativo, cioè “ fiduciosa nel sociale” non ha ragione d’<br />

essere. 56<br />

“ Il linguaggio è ‘ zona <strong>di</strong> guerra’ perché scrivere nello stesso linguaggio in cui scrive<br />

il <strong>potere</strong> vuol già <strong>di</strong>re essere responsabile e connivente <strong>del</strong> <strong>potere</strong> stesso”. 57<br />

Consolo <strong>di</strong>chiara: “ E’ necessario scrivere in una forma non più <strong>di</strong>alogante e<br />

comunicativa, ma spostarsi sempre più verso <strong>la</strong> parte poetica, perché <strong>la</strong> poesia è un<br />

monologo e quin<strong>di</strong> ti riduci nel<strong>la</strong> parte <strong>del</strong> coro dove non puoi che <strong>la</strong>mentare <strong>la</strong><br />

trage<strong>di</strong>a <strong>del</strong> mondo. Per questo <strong>la</strong> mia prosa è organizzata in senso ritmico, come se<br />

fossero dei versi”. 58<br />

Ottiene questo effetto in vari mo<strong>di</strong>.<br />

“Batteva sull’ incu<strong>di</strong>ne, bruciava l’ unghia, ferrava gli asini e le mule il<br />

maniscalco, il <strong>di</strong>sertore, che s’era finto pazzo, doveva ogni mattina fare lo<br />

schiamazzo, recitare <strong>la</strong> sua parte davanti al monumento”. 59<br />

54 P. Carile, “ Testimonianza”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 12<br />

55 SP, p. 12<br />

56 M. R. Cutrufelli, “ Un severo familiare maestro”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p.<br />

18<br />

57 ibidem p. 19<br />

58 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />

www.italialibri.it, 2001<br />

59 SP, p. 17<br />

59


Innanzi tutto è presente l’ inversione <strong>del</strong> soggetto “maniscalco” che viene posto dopo i<br />

due verbi “batteva” e “ bruciava”.<br />

Altro elemento presente nel brano è <strong>la</strong> rima “pazzo/schiamazzo”.<br />

Consolo usa anche <strong>la</strong> posposizione <strong>la</strong>tineggiante <strong>del</strong> possessivo 60 :<br />

“ Chino visse, nel marasma <strong>del</strong> paese, nel<strong>la</strong> casa saccheggiata in ogni<br />

stanza, nel dammuso e nel catoio, il tempo suo più avventuroso” 61 .<br />

Vera costante stilistica è l’ elenco- litania, che trova un grande impiego nel testo:<br />

“Ricominciò a poco a poco a frequentare l’ intrico dei vicoli <strong>di</strong>etro <strong>la</strong> sua casa,<br />

il quartiere tra <strong>la</strong> chiesa e <strong>la</strong> piazza <strong>di</strong> fondachi e <strong>di</strong> antri, casupole col mulo<br />

nel<strong>la</strong> stal<strong>la</strong>, carretti ed aste all’ aria, gabbie <strong>di</strong> animali, buffette <strong>di</strong> scarpari,<br />

forge fumose, fermenti grassi, fioriture d’ untumi, afrori da porte e lucernari,<br />

lippi e maglie tra i ciottoli, ai bor<strong>di</strong> <strong>del</strong>lo scolo”. 62<br />

Oltre a questa soluzione <strong>la</strong> prosa è <strong>di</strong>sseminata <strong>di</strong> versi: Dante, Tasso, Cervantes..<br />

A confermare ulteriormente <strong>la</strong> grande importanza data al<strong>la</strong> poesia vi sono l’ apertura e<br />

<strong>la</strong> chiusura <strong>del</strong> romanzo, affidate rispettivamente ad Eliot e ad un componimento<br />

siciliano.<br />

Questo è un primo in<strong>di</strong>ce <strong>del</strong> plurilinguismo <strong>di</strong> Consolo che mesco<strong>la</strong> l’ italiano par<strong>la</strong>to e<br />

letterario, con termini siciliani ( spesso adattati come “catoio”o “cafisi”), ed anche il<br />

greco <strong>nelle</strong> preghiere.<br />

“Consolo vuole creare un forte scarto fra <strong>la</strong> sua lingua e <strong>la</strong> povertà espressiva e<br />

conoscitiva <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua appiattita dall’ uso quoti<strong>di</strong>ano. Per fare questo egli si<br />

allontana sistematicamente dal lessico <strong>del</strong>l’ italiano comune e quasi cancel<strong>la</strong> il tono<br />

me<strong>di</strong>o, ricorrendo a una pluralità <strong>di</strong> lessici ( soprattutto italiano antico e <strong>di</strong>aletto<br />

60 G. Alvino, “La lingua in Vincenzo Consolo”, in “Italianistica”, 1997, p. 326<br />

61 SP, p. 25<br />

62 ibidem, p. 26<br />

60


siciliano) e a una pluralità <strong>di</strong> registri e <strong>di</strong> toni, in una gamma amplissima che va dal<br />

tragico al domestico- familiare, e dal lirico al triviale volgare”. 63<br />

Si tratta <strong>di</strong> una lingua che passa da Consolo autore a Martinez protagonista <strong>del</strong> romanzo.<br />

Egli ha praticato un tipo <strong>di</strong> scrittura sperimentale che viene però portata alle estreme<br />

conseguenze.<br />

“ Aspira ad una paro<strong>la</strong> ieratica che sia all’ altezza <strong>di</strong> esprimere <strong>la</strong> trage<strong>di</strong>a e<strong>di</strong>pica, d’<br />

un e<strong>di</strong>po sociale e personale”. 64<br />

Martinez è uno scrittore afasico che decide <strong>di</strong> non scrivere in forma narrativa. 65<br />

G. Traina afferma: “ Si nota anche qui il riferimento all’ essere scrittore, al<strong>la</strong> ricerca<br />

<strong>del</strong> racconto, alle parole che non si trovano se non sotto forma precaria o come echi<br />

che porterà Consolo a scrivere ‘Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo’ sotto il segno paradossale e<br />

tragico <strong>del</strong>l’ afasia”. 66<br />

Il linguaggio lirico risponde al mondo <strong>di</strong>sastrato ed è l’ unico in grado <strong>di</strong> raccontarlo.<br />

D) Nuclei tematici<br />

Par<strong>la</strong>ndo <strong>del</strong>le tematiche potrebbe essere utile fare riferimento al titolo <strong>del</strong>l’ opera: “ Lo<br />

Spasimo <strong>di</strong> Palermo”. Esso contiene racchiusi i due temi principali affrontati da<br />

Consolo in quest’ opera:<br />

63 “ Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana. Il novecento”, a cura <strong>di</strong> Enrico Ma<strong>la</strong>to,...., Salerno e<strong>di</strong>trice, vol. IX,<br />

p. 943<br />

64 M. Onori, “ Nel Magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />

Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 66<br />

65 “Intervista con Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in Italialibri,<br />

www.italialibri.it, 2001<br />

66 G. Traina, “ Rilettura <strong>di</strong> Retablo”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 123<br />

61


• “ Palermo”<br />

La Sicilia è al centro <strong>di</strong> tutta <strong>la</strong> produzione consoliana. Ma “ <strong>la</strong> sicilianità <strong>di</strong> Consolo, è<br />

un attaccamento in cui i sentimenti non ve<strong>la</strong>no <strong>la</strong> ragione, che non si trasforma in un<br />

municipalismo da ‘strapaese’, <strong>la</strong> Sicilia, per lui <strong>di</strong>venta <strong>la</strong> metafora <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi<br />

culturale e morale <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra civiltà ma anche un esempio <strong>del</strong><strong>la</strong> lotta <strong>di</strong>uturna <strong>del</strong>l’<br />

uomo con <strong>la</strong> terra, <strong>la</strong> sua terra: amata/o<strong>di</strong>ata, per generare faticosamente <strong>la</strong> storia”. 67<br />

Il rapporto <strong>di</strong> Gioacchino Martinez con <strong>la</strong> sua iso<strong>la</strong> è un rapporto <strong>di</strong> amore e o<strong>di</strong>o:<br />

costretto a scappare, sarà poi ugualmente spinto a tornarvi per tirare le fi<strong>la</strong> <strong>del</strong> suo<br />

passato.<br />

Ma nul<strong>la</strong> è cambiato rispetto agli anni <strong>del</strong><strong>la</strong> sua giovinezza.<br />

“ l’ amata sua, o<strong>di</strong>ata. Intrigo d’ ogni storia, teatro <strong>di</strong> storture, iniquità, <strong>di</strong>vano <strong>di</strong><br />

potenti, [...],loggia <strong>del</strong><strong>la</strong> setta, cortile <strong>del</strong><strong>la</strong> ribellione”. 68<br />

L’ autore manifesta infatti il proprio pessimismo circa <strong>la</strong> possibilità <strong>di</strong> un cambiamento<br />

e lo fa con le parole <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce Borsellino, che in auto insieme a Martinez <strong>di</strong>ce: “ Ho<br />

letto i suoi libri [...]<strong>di</strong>fficili, <strong>di</strong>cono. Di uno mi sono rimaste impresse frasi su Palermo<br />

[...] Palermo è fetida, infetta. In questo luglio fervido esa<strong>la</strong> odore dolciastro <strong>di</strong> sangue<br />

e gelsomino”.<br />

E prosegue: “ Ma non è cambiato nul<strong>la</strong>, creda. Vedrà il prossimo luglio sarà uguale... o<br />

forse peggio”. 69<br />

Il viaggio che avrebbe dovuto segnare un ritorno alle origini, al<strong>la</strong> ricerca <strong>di</strong> pace,<br />

fallisce insieme al boato che decreta <strong>la</strong> morte <strong>del</strong> giu<strong>di</strong>ce.<br />

Allo stesso modo era fallito il trasferimento a Mi<strong>la</strong>no per tentare <strong>di</strong> costruire una vita<br />

“normale”.<br />

Il pessimismo non si circoscrive al<strong>la</strong> so<strong>la</strong> realtà siciliana. Queste le parole con cui il<br />

protagonista da l’ ad<strong>di</strong>o al capoluogo lombardo: “ Nessuna pena, no, nessun rimpianto<br />

67 P. Carile, “ Testimonianza”, in “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 12<br />

68 SP, p. 122<br />

69 ibidem, p. 115<br />

62


al <strong>la</strong>sciare dopo anni quell’ approdo <strong>di</strong> fuga[....]. Illusione infranta, castello rovinato,<br />

sommerso dall’ acque infette, dal<strong>la</strong> melma <strong>del</strong>l’ olona [...]duomo <strong>del</strong> profitto, basilica<br />

<strong>del</strong> fanatismo [...] ”. 70<br />

“ Si tratta ormai <strong>di</strong> due città omologate nell’ orrore, che patiscono una medesima<br />

catastrofe civile”. 71<br />

• “ Spasimo”<br />

Legato a doppio filo con il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> sicilianità e <strong>del</strong> pessimismo circa <strong>la</strong> realtà italiana<br />

in generale è il motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> sofferenza legata al<strong>la</strong> <strong>violenza</strong>.<br />

La <strong>violenza</strong> <strong>del</strong>le vicende storico- politiche, <strong>la</strong> sofferenza <strong>di</strong> Martinez, sul<strong>la</strong> cui vita<br />

essa si ripercuote.<br />

E Consolo ce <strong>la</strong> presenta coniugando<strong>la</strong> principalmente in tre mo<strong>di</strong>.<br />

Il primo è quello <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, <strong>la</strong> seconda guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Le conseguenze sono tremende: oltre al<strong>la</strong> fuga, al<strong>la</strong> paura, allo spettacolo <strong>di</strong> corpi<br />

straziati sulle strade, lo scrittore deve vivere il dramma <strong>del</strong><strong>la</strong> morte <strong>del</strong> padre che gli<br />

causerà un perenne senso <strong>di</strong> colpa.<br />

La <strong>violenza</strong> viene anche rappresentata attraverso il terrorismo, le rivolte studentesche.<br />

Mauro sarà costretto a vivere da esule a Parigi ed il rapporto con il genitore sarà per<br />

sempre compromesso.<br />

Ed infine <strong>la</strong> mafia degli attentati e <strong>del</strong>le intimidazioni. La casa <strong>di</strong> Gioacchino e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

moglie, fino ad allora iso<strong>la</strong> felice, viene inglobata nel “ <strong>del</strong>irio costruttorio”. Sono gli<br />

anni degli appalti e dei “ ka<strong>la</strong>shnikov nei cantieri, spari per le strade”. 72<br />

70 ibidem, p. 91<br />

71 M. Onori, “Nel magma Italiano: considerazioni su Consolo scrittore politico e sperimentale”, in “ Per<br />

Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004, p. 65<br />

72 SP, p. 76<br />

63


La proprietà viene venduta ma rimane, per Martinez, <strong>la</strong> convinzione <strong>del</strong>l’ insensatezza e<br />

il senso <strong>di</strong> sconfitta: “ vendere a un vecchio malmesso e sdentato che a ma<strong>la</strong>pena<br />

sapeva apporre <strong>la</strong> sua firma”. 73<br />

Quin<strong>di</strong> l’ atto finale. Nel<strong>la</strong> lettera che occupa le ultime pagine <strong>del</strong> libro e che è<br />

in<strong>di</strong>rizzata a Mauro, lo scrittore fa un resoconto <strong>di</strong> tutta questa <strong>violenza</strong> e <strong>del</strong>le sue<br />

ragioni: un corpo giu<strong>di</strong>ziario asservito al <strong>potere</strong>, governanti complici, le numerose<br />

cosche. La lotta è impari.<br />

Al momento <strong>del</strong>l’ esplosione <strong>del</strong><strong>la</strong> bomba, il fioraio, che si trova in quel<strong>la</strong> stessa via,<br />

tenta <strong>di</strong> gridare. Il romanzo si conclude con un urlo che però non trova voce.<br />

Conseguenza <strong>di</strong> tutto questo è l’ afasia: impossibile cambiare o scrivere, esattamente<br />

come accade al protagonista che non sa più cosa <strong>di</strong>re dopo il crollo <strong>di</strong> ogni speranza.<br />

“ Non scrivo più, neppure de<strong>di</strong>che [...] . S’ era chiuso nel silenzio, nel dominio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

notizia, invasione <strong>del</strong> resoconto, scomparsa <strong>di</strong> memoria, nell’ assenza o sor<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>l’<br />

u<strong>di</strong>torio, vana era ormai ogni storia, finzione e rimando <strong>del</strong> suo senso <strong>di</strong>ceva e si<br />

<strong>di</strong>ceva. Ma sapeva che suo era il panico, l’ arresto, sua l’ impotenza, l’ afasia, il<br />

<strong>di</strong>sastro era nel<strong>la</strong> sua vita”. 74<br />

CONCLUSIONI<br />

Dall’analisi complessiva il binomio “<strong>potere</strong>-<strong>violenza</strong>” risulta fondamentale per <strong>la</strong><br />

riflessione portata avanti dagli autori considerati. In tutti esso da il via ad una serie <strong>di</strong><br />

73 ibidem, p. 73<br />

74 ibidem, p. 37<br />

64


considerazioni su aspetti col<strong>la</strong>terali: il pessimismo, il ruolo <strong>del</strong>l’intellettuale, il<br />

<strong>di</strong>sincanto e, se esistono, le alternative che si possono prospettare.<br />

Si parte dalle modalità con cui si declina questo primo nucleo.<br />

Il <strong>potere</strong> <strong>di</strong> per sé non è negativo, è il fatto che sia in mani sbagliate a essere denunciato.<br />

Non sono più gli sconfitti, come si è sempre creduto, a non avere capacità, ad essere<br />

inetti. E’ chi detiene il <strong>potere</strong> ad esserlo e per varie ragioni.<br />

Per il fatto che lo conduce all’estremo, non comprendendone le potenzialità (il caso<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>di</strong>ttatura in “Sostiene Pereira”) o perché, possedendolo, decide <strong>di</strong> asservirlo per<br />

interesse (il caso <strong>del</strong><strong>la</strong> mafia in Sciascia e in Consolo) o, ancora, perché, detenendolo,<br />

non è in grado <strong>di</strong> usarlo, per <strong>di</strong>fendersi e per <strong>di</strong>fendere <strong>la</strong> legalità e <strong>la</strong> libertà (il caso <strong>del</strong><br />

terrorismo). Questo è il ritratto <strong>del</strong>lo Stato per Consolo che al proposito <strong>di</strong>ce: “(I<br />

giu<strong>di</strong>ci) sono persone che vogliono ripristinare, contro quello criminale, il <strong>potere</strong> <strong>del</strong>lo<br />

Stato, il rispetto <strong>del</strong>le sue leggi. Sembrano figli, loro, <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sfatto padre, minato da<br />

misterioso male, che si ostinano a far vivere, restituirgli autorità e comando.) 75<br />

In questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vuoto e crisi valoriale sono possibili, quin<strong>di</strong>, tutte le atrocità e le<br />

ingiustizie portate in scena: “Questa città è <strong>di</strong>ventata un campo <strong>di</strong> battaglia, un macello<br />

quoti<strong>di</strong>ano, sparano,fanno esplodere tritolo, straziano vite umane […]” 76 .<br />

Di fronte a questo scenario l’intellettuale deve prendere posizione, deve innalzare <strong>la</strong> sua<br />

voce al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong> coro, dando voce, allo stesso tempo, a chi è già stato bol<strong>la</strong>to come<br />

perdente dal gioco iniquo <strong>del</strong><strong>la</strong> Storia. La denuncia non implica, però, il cambiamento.<br />

Spesso, infatti, questa consapevolezza ritraduce in un <strong>di</strong>sincanto e in una frustrazione<br />

<strong>del</strong>le speranze: tutto sembra rimanere immobile. L’energia iniziale <strong>del</strong>lo s<strong>la</strong>ncio, sia<br />

esso un’indagine o <strong>la</strong> fuga verso qualcosa <strong>di</strong> migliore, si esaurisce.<br />

E’ una ribellione verso nuove forme. Il romanzo si fa, ad esempio, inchiesta per Sciascia<br />

o confessione per Tabucchi, un vero e proprio strumento. Consolo si spinge oltre,<br />

75 S.P., p.129<br />

76 ibidem, p.128<br />

65


facendo <strong>del</strong> testo, un porto franco in cui poter sperimentare, specialmente a livello<br />

linguistico <strong>la</strong> sua personale forma <strong>di</strong> opposizione.<br />

La storia <strong>di</strong> Palermo, è <strong>la</strong> storia <strong>di</strong> Mi<strong>la</strong>no, così come quel<strong>la</strong> <strong>di</strong> Lisbona e <strong>di</strong> qualsiasi<br />

borgo anonimo. Quello che sconcerta il lettore è che non vi è stata giustizia in passato e<br />

non vi è nemmeno nel presente.<br />

Fortunatamente c’è chi non si arrende.<br />

66


Opere narrative<br />

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO<br />

Per Leonardo Sciascia<br />

L. Sciascia, “Il Contesto”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1971<br />

L. Sciascia, “Todo Modo”, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1974<br />

L. Sciascia, “L’affaire Moro”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no, 2003.<br />

L. Sciascia, “I Pugna<strong>la</strong>tori”, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no, 2003.<br />

Critica<br />

67


C. Ambroise, “Invito al<strong>la</strong> lettura <strong>di</strong> Sciascia”, Mursia, Mi<strong>la</strong>no, 1974.<br />

L. Sciascia, “La Sicilia come metafora”, intervista <strong>di</strong> Marcelle Padovani,<br />

Mondadori, Mi<strong>la</strong>no, 1979.<br />

E. Magni, “L’omici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sciascia”, Eldonejo, Padova, 1995.<br />

M. Onofri, “Nel nome dei padri – Nuovi stu<strong>di</strong> <strong>sciascia</strong>ni”, La Vita Felice, Mi<strong>la</strong>no,<br />

1998.<br />

G. Traina, “Leonardo Sciascia”, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1999.<br />

L. Sciascia, “Sciascia: <strong>la</strong> vita e le <strong>opere</strong> in un volume <strong>di</strong> Massimo Onofri”, Einau<strong>di</strong><br />

Tascabili,<br />

2002.<br />

M. Onofri, “Storia <strong>di</strong> Sciascia”, Laterza, Bari, 2004.<br />

Sitografia<br />

www.amici<strong>sciascia</strong>.it<br />

www.giro<strong>di</strong>vite.it/antenati/antenati.htm<br />

www.pergioco.net/Letteratura/Narrativa/Scia0.htm<br />

www.riflessioni.it/enciclope<strong>di</strong>a/<strong>sciascia</strong>.htm<br />

68


Opere narrative<br />

Per Antonio Tabucchi<br />

“Sostiene Pereira”, Mi<strong>la</strong>no , Feltrinelli, 2004.<br />

“Piazza d’Italia”, Mi<strong>la</strong>no, Feltrinelli, 2005.<br />

Critica<br />

69


Curti Luca, “Tabucchi e l’impegno civile” in “Rassegna lucchese. Semestre <strong>di</strong><br />

letteratura”, Lucca, I, 1999.<br />

C<strong>la</strong>u<strong>di</strong>o Pezzin, “Antonio Tabucchi”, Sommacampagna, Cierre E<strong>di</strong>zioni, 2000.<br />

F<strong>la</strong>via Brizio-Skov, “Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipe<strong>la</strong>go narrativo”,<br />

Cosenza, Pellegrini e<strong>di</strong>tore, 2002.<br />

Sitografia<br />

www.<strong>la</strong>repubblica.it<br />

Per Vincenzo Consolo<br />

70


Opere narrative:<br />

“ Lo spasimo <strong>di</strong> Palermo”, Mi<strong>la</strong>no, Mondadori, 1998<br />

Interviste:<br />

“ Intervista a Vincenzo Consolo”, a cura <strong>di</strong> Dora Marraffa e Renato Corpaci, in<br />

Italialibri, www.italialibri.it, 2001<br />

Critica:<br />

Leonardo Sciascia, “Cruciverba”, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1983<br />

Cesare Segre, “Intreccio <strong>di</strong> voci: <strong>la</strong> polifonia nel<strong>la</strong> letteratura <strong>del</strong> Novecento”, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1991<br />

Gualberto Alvino, “ La lingua <strong>di</strong> Vincenzo Consolo”, in “ Italianistica”, 1997<br />

Raccolta <strong>di</strong> saggi “ Per Vincenzo Consolo”, Lecce, Manni, 2004<br />

Antologie per <strong>la</strong> parte generale<br />

G. Ferroni, “Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana. Il Novecento”, Mi<strong>la</strong>no, Einau<strong>di</strong> Scuo<strong>la</strong>,<br />

1991.<br />

G. Manacorda, “Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana contemporanea 1940-1996”, Roma,<br />

E<strong>di</strong>tori Riuniti, 1996.<br />

71


E.Ma<strong>la</strong>to, “Storia <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura italiana. Il ‘900”, vol. IX, Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice,<br />

1999.<br />

C. Segre, C. Martignoni, “Testi nel<strong>la</strong> storia. Il Novecento”, vol. IV, Mi<strong>la</strong>no, E<strong>di</strong>zioni<br />

Sco<strong>la</strong>stiche B.Mondadori, 2001.<br />

C. Riccar<strong>di</strong>, “La memoria letteraria. Il Novecento”, vol. VII , Le Monnier, 2003.<br />

72

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!