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in <strong>vetrina</strong><br />
48 — in <strong>vetrina</strong><br />
Un convegno<br />
sul «caso “Russie!”»<br />
Ospite d’onore<br />
Peter Greenaway<br />
di Marco Del Monte*<br />
<strong>In</strong>trodotto da Stefano JacovIello dell’Università<br />
di Siena e seguito da un intervento sul cinema sperimentale<br />
delle origini fatto da Marco Müller, Peter<br />
Greenaway ha animato la quarta e conclusiva sessione del<br />
convegno «Far comprendere Far vedere. Cinema, fruizione,<br />
multimedialità. Il caso “Russie!”».<br />
Il regista e artista gallese ha esposto le motivazioni alla<br />
base di un suo ambizioso progetto: selezionare nove<br />
dipinti essenziali della storia della pittura occidentale<br />
in base a specifiche caratteristiche «cinematiche» per<br />
dare vita ad altrettanti video da proiettare direttamente<br />
sulle opere. L’idea è di guardare i capolavori dal Rinascimento<br />
in poi «through the eyes of 21 st century cinema»<br />
instaurando un dialogo tra i linguaggi del cinema<br />
e della pittura. Tre finora i video realizzati e riproposti<br />
al pubblico dell’Auditorium Santa Margherita, che ha<br />
potuto riconoscere direttamente l’importanza dei giochi<br />
di messa in luce e di primi piani della Ronda di notte<br />
di Rembrandt, l’animosità d’interazione tra i personaggi<br />
che si materializza all’interno della costruzione spaziale<br />
prospettico-rinascimentale offerta dal Cenacolo di<br />
Leonardo o, ancora, la maestria del Veronese nel dar<br />
vita alla rappresentazione di un attento spaccato socioculturale<br />
dell’epoca nelle Nozze di Cana.<br />
Il convegno ha approfondito i rapporti tra il cinema<br />
e le arti figurative in relazione a un suo utilizzo in<br />
contesti espositivi e museali. Rappresenta un momento<br />
di riflessione successivo al lavoro di ricerca compiuto<br />
nell’organizzare la mostra «Russie! Memoria/Mistificazione/Immaginario.<br />
Arte russa del ‘900 dalle collezioni<br />
Morgante e Sandretti» (<strong>Venezia</strong> Ca’ Foscari –<br />
Ca’ Giustinian dei Vescovi, 22 aprile – 25 luglio) dove<br />
sono state utilizzate testimonianze cinematografiche<br />
d’autore e documentarie al fianco di opere di pittura,<br />
grafica e scultura per fornire uno spaccato della<br />
produzione artistica dell’esperienza comunista sovietica<br />
e post-sovietica.<br />
La prima sessione, incentrata sul «caso Russie!», ha affrontato<br />
il problema della funzionalità e l’utilizzo del<br />
cinema sotto il duplice aspetto massmediatico<br />
e artistico. La seconda sessione ha portato<br />
nuovi contributi agli studi dei rapporti<br />
con le arti figurative del cinema di<br />
grandi autori quali Pasolini, Tarkovskij<br />
e Kubrick. La terza sessione ha seguito<br />
invece diverse direzioni di sviluppo:<br />
una più speculativa e teorica sull’approccio<br />
cinematografico all’opera<br />
d’arte; una di resoconto di diverse<br />
ricerche nate in seno alle<br />
iniziative dell’università e del<br />
dipartimento.<br />
*Coordinatore del convegno<br />
Peter Greenaway.<br />
Verso un’inchiesta<br />
sul teatro pubblico<br />
di Leonardo Mello<br />
da molto tempo <strong>In</strong> redazione si stava valutando<br />
l’opportunità di dar vita a una nuova «inchiesta»<br />
corale, che avesse come oggetto il teatro pubblico<br />
italiano, cioè quelle istituzioni, dedicate alla musica e<br />
alla prosa, che contano su un finanziamento statale per<br />
dare vita ai propri cartelloni.<br />
<strong>In</strong> un periodo di crisi come questo,<br />
le fondazioni liriche e i teatri<br />
stabili si trovano in un’oggettiva<br />
condizione di difficoltà,<br />
alle prese con la riduzione<br />
dei contributi governativi<br />
e alla ricerca spasmodica,<br />
e del tutto giustificata,<br />
di fondi per poter sopravvivere.<br />
Questi elementi,<br />
uniti ad altri parimenti importanti,<br />
come ad esempio la modificazione<br />
delle pratiche di fruizione da parte<br />
dei nuovi pubblici, hanno certamente<br />
delle ripercussioni – nella diversità<br />
degli ambiti e delle singole situazioni<br />
particolari – su queste<br />
importanti realtà culturali,<br />
e forse aprono anche<br />
una serie di interrogativi<br />
sulla loro funzione, che in<br />
passato è certamente stata<br />
rilevante. Ecco allora che,<br />
rotti gli indugi, abbiamo cominciato<br />
a predisporre l’inserto<br />
speciale, che di tanto in tanto compare<br />
sulle nostre pagine (qui si vogliono<br />
citare almeno quelli relativi alla riforma dei Conservatori<br />
e alle evoluzioni del concetto di regia lirica).<br />
Il quesito che stiamo predisponendo ora cercherà dunque<br />
di sollecitare analisi e proposte proprio a partire<br />
dalla concezione che esperti e addetti ai lavori hanno<br />
del teatro pubblico al giorno d'oggi.<br />
E per cominciare ad avvicinarci a questa spinosa tematica<br />
abbiamo chiesto a un’indiscussa autorità in<br />
campo musicale come Quirino Principe di regalarci<br />
una sua riflessione. L’illustre studioso, con una forte<br />
vis polemica, ha delineato uno scenario profondamente<br />
negativo, e ha evocato una sorta di chiamata alle armi<br />
che unisca tutti gli amanti della musica e del teatro.<br />
L’articolo, che potete leggere alla pagina a fianco, farà<br />
sicuramente discutere, e questo, ai fini della nostra futura<br />
inchiesta, non può essere che un positivo punto di<br />
partenza.<br />
L’invito a esprimersi su questo argomento, anche al di là<br />
del singolo dossier, è naturalmente esteso a tutti i nostri<br />
lettori, che speriamo ci scrivano numerosi per animare il<br />
dibattito su una questione – da qualunque angolazione la<br />
si guardi – che interessa e riguarda da vicino tutti noi. ◼<br />
Gli interni della Fenice e del Goldoni.
verso un'inchiesta sul teatro pubblico<br />
Oltre l’orlo<br />
della catastrofe<br />
Considerazioni sparse<br />
sul teatro italiano di Quirino Principe<br />
Uno fra glI errorI più rovinosi è il privilegio<br />
accordato alle analisi storicotecnico-sociologico-economiche<br />
applicate a situazioni di disagio<br />
o di crisi, mentre si ignora o<br />
quasi l’unica analisi attendibile<br />
e illuminante, quella di natura<br />
ontologica e archetipica.<br />
Per esempio: perché in Italia<br />
la vita del teatro, e in particolare<br />
del teatro d’opera dove si<br />
è oltre l’orlo della catastrofe,<br />
è malata, boccheggiante, in<br />
coma? Mancano le risorse?<br />
La colpa è degli sprechi ? Lo<br />
Stato che, «sorry», vorrebbe,<br />
ma non può poiché prima in<br />
ordine di priorità vengono le<br />
pensioni, la sanità, la santa e<br />
santificante esenzione dal pagamento<br />
dell’IcI a vantaggio di quella<br />
organizzazione di santi uomini virtuosi<br />
e disinteressati che è la Chiesa Cattolica, le<br />
case per gli immigrati nostri fratelli che ci hanno<br />
invasi e coperti di paccottiglia taroccata al fine preciso<br />
di arricchire la nostra esangue cultura occidentale e di divenire<br />
i nostri benefattori cogliendo le arance e i pomodori<br />
che-è-un-lavoro-che-gli-italiani-non-vogliono-più-fare?<br />
Balle. E che siano balle sesquipedali, oltre che maleodoranti<br />
poiché la menzogna è di per sé fetida, lo sanno perfettamente<br />
anche coloro che le proclamano. Le risorse?<br />
Ce n’è in abbondanza. Lo dimostra l’opulenza dello stato<br />
sociale dei commessi di Camera e Senato, ciascuno dei<br />
quali, ritirandosi in quiescenza, gode di una pensione che<br />
è otto volte la pensione di un insegnante di liceo il quale,<br />
di solito, sa leggere e scrivere e far di conto. Qualcuno, da<br />
uno scranno ministeriale, osa parlare di «sprechi» da parte<br />
dei sovrintendenti dei teatri d’opera? Che dire delle auto<br />
blu di cui godono non soltanto ministri e magistrati «a<br />
rischio di vita» ma anche solennissimi fessi astutamente<br />
saliti sulla barca dell’arroganza e del<br />
privilegio? E che dire, a proposito dell’esenzione<br />
dall’IcI a vantaggio di Santa Madre<br />
Chiesa, dell’immensa, incommensurabile<br />
portata di tale beneficio in termini di denaro?<br />
Quanta cultura si potrebbe sostenere<br />
con risorse se i biancovestiti e verdevestiti<br />
e rossovestiti facessero il loro dovere<br />
di contribuenti cittadini di quello Stato<br />
italiano sulle cui scuole di Stato essi sputano?<br />
Quanti Istituti del Restauro potrebbero<br />
continuare a vivere e formare i giovani<br />
a una professione nella quale l’Italia ha posseduto<br />
finora (e d’ora in poi…???) il primato as-<br />
in <strong>vetrina</strong> — 49<br />
soluto nel mondo?<br />
La musica, il teatro, il teatro d’opera sono oltre l’orlo del<br />
coma, boccheggiano, tirano le cuoia per una ragione molto<br />
semplice e chiara. I poteri pubblici odIano a morte il<br />
teatro, la musica, il teatro d’opera. I complessi d’inferiorità<br />
si traducono sempre in rancore. Così agì Hitler con gli<br />
ebrei, avvertendo confusamente (e rodendosi il fegato) che<br />
la presenza ebraica non soltanto in Germania e in Austria<br />
ma in tutto l’Occidente rappresentava il più alto livello di<br />
cultura, d’intelligenza e di creatività. Oggi la condizione<br />
della musica e del teatro nel nostro paese è simile<br />
(se non peggiore) a quella degli ebrei in Italia<br />
dopo il 1938 e sino al termine della guerra<br />
e del fascismo. Se alla musica, al teatro<br />
e all’opera fosse data la possibilità<br />
di vivere, se i ministri non<br />
salissero sullo sgabello arringando<br />
la folla e sputando sui<br />
fannulloni e parassiti che siamo<br />
noi, non si creda che tutto<br />
questo sottrarrebbe risorse alle<br />
cose serie, ai vecchieeeeetti,<br />
al malaaaaaati, ai nostri frateeeeeeeeeeeeeeelli.<br />
Balle balle,<br />
balle! Si rilegga il capitolo<br />
29 della Vita di Solone di Plutarco:<br />
Tespi, a metà del VI secolo<br />
a. C., presenta in Atene la<br />
sua Alcesti: il primo spettacolo<br />
teatrale in Occidente, e dunque<br />
sul pianeta. Quel cretino di Solone,<br />
fiancheggiato da gendarmi e scherani del<br />
potere statale, lui archetipo di altri infiniti cretini<br />
che in futuro avrebbero svolto il suo stesso mestiere,<br />
alla fine dello spettacolo convocò il sottoproletario<br />
Tespi che si era travestito da narratore, da Alcesti (con parrucca<br />
e abiti femminili), da Admeto, da Eracle, da Apollo,<br />
da Thanatos, e in tono infuriato gli domandò: «Non ti vergogni,<br />
tu, di avere mentito per ore ai bravi cittadini ateniesi<br />
dicendo di essere persone diverse da quello che sei?» E<br />
poi battendo lo scettro a terra con tanta violenza da romperlo,<br />
Solone urlò: «Finora stiamo scherzando con queste<br />
sciocchezze, ma quando la frode s’impadronirà di cose serie<br />
come il commercio e gli affari?» Cari lettori, vediamo<br />
se avete intuito di chi Solone sia stato specificamente l’archetipo,<br />
con quest’ultima uscita?<br />
Ma sì: il teatro è odiato dal potere. Il potere non può tollerare<br />
che esista lo specchio, il doppio: che esista una realtà<br />
parallela e alternativa al di fuori di quella che il<br />
potere amministra, e che esso riempie di pattume<br />
per ripianare il proprio complesso d’inferiorità<br />
nei confronti della cultura. Non esiste<br />
né deve esistere possibilità di dialogo tra la<br />
cultura e il potere, tra il teatro e la musica<br />
da un lato e i potenti dall’altro.<br />
I poteri pubblici odiano a morte, si diceva,<br />
il teatro, la musica, la cultura. Sappiano che<br />
la cultura, la musica, il teatro, ricambiano<br />
cordialissimamente quell’odio. Cari amici<br />
donne e uomini di teatro e di musica, impariamo<br />
a odiare. Dichiariamo guerra!!!◼<br />
<strong>In</strong> alto: Il carro di Tespi. Al centro: Solone.<br />
in <strong>vetrina</strong>