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Global Jihad: temi, piste di diffusione e il fenomeno del reducismo ...

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All’inizio degli anni ’90 si è così assistito a una trasformazione <strong>del</strong> pensiero islamico<br />

ra<strong>di</strong>cale che per alcuni anni non è stato percepito nella sua interezza in Occidente: vi<br />

è stata una ra<strong>di</strong>calizzazione dei movimenti islamisti, e una loro crescente<br />

frammentazione. L’aumento <strong>del</strong>le violenze e la crescente ra<strong>di</strong>calità <strong>del</strong>le posizioni ha<br />

finito per favorire <strong>il</strong> frazionamento <strong>di</strong> questi movimenti, e ne ha ridotto <strong>il</strong> sostegno<br />

popolare, in particolare presso <strong>il</strong> ceto me<strong>di</strong>o tra<strong>di</strong>zionale. Afghanistan, Kashmir,<br />

Cecenia sono <strong>di</strong>venuti dei centri <strong>di</strong> training per cellule terroristiche, per singoli<br />

combattenti in nome <strong>del</strong>l’islam; si sono formati gruppi para-m<strong>il</strong>itari dotati <strong>di</strong> un’alta<br />

mob<strong>il</strong>ità nelle <strong>di</strong>verse “aree calde” internazionali (dal Me<strong>di</strong>o Oriente, al Maghreb, dal<br />

Sudan alla Bosnia, al Sud-est asiatico), grazie a un network <strong>di</strong> movimenti e<br />

organizzazioni clandestine sempre più ramificato (al-Qa’ida ne è l’esempio più<br />

famoso). Il <strong>fenomeno</strong> <strong>del</strong> <strong>reducismo</strong> <strong>di</strong> combattenti mujahed<strong>di</strong>n, i quali ritornavano<br />

nei propri paesi dopo aver combattuto i «nemici <strong>del</strong>l’islam» in Afghanistan, Sudan,<br />

Kashmir, Cecenia, ex Jugoslavia, Algeria, etc. ha favorito l’emergere <strong>di</strong> gruppi<br />

islamisti e jiha<strong>di</strong>sti spesso non legati ai tra<strong>di</strong>zionali movimenti islamico ra<strong>di</strong>cali più<br />

strutturali, o comunque non controllab<strong>il</strong>i.<br />

La spirale <strong>di</strong> violenze, la fuga verso posizioni sempre più massimaliste, <strong>il</strong> clamore<br />

<strong>del</strong>le azioni <strong>di</strong> alcuni gruppi m<strong>il</strong>itanti (come gli attentati <strong>del</strong> settembre 2001 a<br />

Washington e New York) ha enfatizzato oltre misura la loro azione e <strong>il</strong> loro peso<br />

effettivo all’interno <strong>del</strong> Dar al-islam. In realtà proprio queste tendenze sembrano aver<br />

ridotto la capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>del</strong>l’islamismo ra<strong>di</strong>cale, e ne hanno favorito una<br />

<strong>di</strong>varicazione fra movimenti islamisti politici e gruppi jiha<strong>di</strong>sti.<br />

Per quanto spesso ambigui nei loro rapporti con l’uso <strong>del</strong>la violenza e nel<br />

condannare gli attacchi terroristici, gruppi come i Fratelli Musulmani in Egitto e in<br />

Giordania, gli elementi più moderati <strong>del</strong> FIS, i partiti islamici pakistani – sol per fare<br />

alcuni esempi –hanno un’agenda che è essenzialmente sociale e politica, molto più<br />

secolarizzata <strong>di</strong> quanto la loro retorica e la loro ideologia potrebbe lasciar intendere.<br />

Da questi movimenti sono usciti gruppi sempre più ra<strong>di</strong>cali e violenti, che hanno<br />

finito per indebolire i gruppi islamisti che perseguono i loro obiettivi rifiutando <strong>il</strong><br />

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