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Oplepo: scrittura à contrainte e letteratura potenziale - Paolo Albani

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III. 6 La <strong>contrainte</strong> tra tradizione, ri-uso e invenzione.<br />

Nello sperimentare forme, strutture e restrizioni, l’<strong>Oplepo</strong> attinge a piene<br />

mani al patrimonio poetico tradizionale, ricchissimo in schemi compositivi<br />

da riutilizzare e aggiornare. Si tratta, infatti, di riprese che sono sempre<br />

accompagnate da un surplus di regole rispetto alle strutture originali.<br />

A Ruggero Campagnoli, ad esempio,<br />

è parso interessante innestare il palindromo, una restrizione semplice e<br />

vertiginosa, su una struttura da una parte acquisita fino al banale, per la sua<br />

forte permanenza plurisecolare nell’occidente poetico, d’altra parte<br />

oplepianamente archetipale: il sonetto. 52<br />

Così nascono i suoi Deliri edipici (plaquette N. 4), la cui lettura diventa una<br />

vera e propria vertigine sonora, al limite del delirio verbale. Ecco la prima<br />

quartina del primo sonetto, dedicato alla figura materna:<br />

A mamma torca su salita d’ossa<br />

I’ (tira!) monosoma l’uso d’Eva.<br />

I timori con ale egre solleva,<br />

amaro napello mi d<strong>à</strong> la mossa. 53<br />

Ancora ad opera di Campagnoli è un’altra forma che coniuga sonetto e<br />

restrizione oplepiana: è il “sonetto monovocalico latente”, sperimentato<br />

nella sesta plaquette della raccolta, dal titolo Vocalizzi Zulu. Si tratta di<br />

52 RUGGERO CAMPAGNOLI, Deliri edipici. Sonetti palindromici, Biblioteca Oplepiana N. 4,<br />

in OPLEPO, La Biblioteca Oplepiana, cit., p. 66.<br />

53 Ibidem.<br />

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