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Oplepo: scrittura à contrainte e letteratura potenziale - Paolo Albani

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esterni; il loro considerare l’ispirazione come una funzione puramente<br />

neurologica, e quindi sostanzialmente egualitaria (chiunque, attraverso i<br />

metodi della <strong>scrittura</strong> automatica, può essere ispirato), in contrasto con<br />

l’impostazione romantica, non è sufficiente agli Oplepiani per accettare<br />

l’ipotesi surrealista. L’assenza di consapevolezza, che per André Breton<br />

assicura al poeta la massima libert<strong>à</strong>, è per Queneau una «modalit<strong>à</strong><br />

selvaggia» 9 fonte di ignoranza. Quest’ultimo, infatti, sostiene che<br />

Il tragico greco che scrive una tragedia seguendo le unit<strong>à</strong> di tempo, di<br />

luogo e di azione ed obbedisce a regole rigide ed arbitrarie, ma a lui<br />

perfettamente note, è molto più libero di colui che si crede libero perché<br />

ignora le regole a cui obbedisce. 10<br />

La visione romantica che per secoli, e ancora nel Novecento, influenza i<br />

concetti di ispirazione e libert<strong>à</strong> creativa viene, quindi, totalmente rovesciata.<br />

Il punto su cui insistono gli Oplepiani è, infatti, che in un normale atto<br />

creativo esistono sempre e comunque delle costrizioni a cui l’artista si<br />

piega, spesso inconsapevolmente: in <strong>letteratura</strong> si tratta non solo di tutto il<br />

bagaglio grammaticale, sintattico e lessicale della lingua, ma anche dei<br />

generi e degli stili codificati dalla tradizione, del canone di riferimento, del<br />

pubblico ipotetico a cui l’autore inevitabilmente guarda cimentandosi nella<br />

<strong>scrittura</strong>. Partendo, dunque, dall’assunto che anche nell’ispirazione intesa<br />

comunemente esistono vincoli e costrizioni, Raffaele Aragona, membro<br />

fondatore dell’<strong>Oplepo</strong>, dichiara che<br />

9 Ivi, p.17.<br />

10 RAYMOND QUENEAU, Che cos’è l’arte?, in ID., Segni, cifre, lettere e altri saggi, trad. it.<br />

di Giovanni Bogliolo, Torino, Einaudi, 1981, p. 207.<br />

10

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