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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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francese di battersi. Per quanto lo riguarda, ha già preso le sue decisioni: occupazione<br />

totale della Francia, sbarco in Corsica, testa di ponte in Tunisia.<br />

Il viaggio di Laval è stato un’agonia. «Nelle lunghe ore attraverso la Foresta Nera una<br />

domanda mi rimbalzava di continuo nella mente: quali sarebbero state le rappresaglie<br />

tedesche?». Il presidente del Consiglio teme il peggio. I tedeschi gli permetteranno di<br />

tornare in Francia? Per paura che Hitler gli riservi la stessa sorte di Schuschnigg, Laval<br />

si è fatto cucire nel cappotto una fiala di cianuro di potassio. È la stessa di cui si servirà<br />

quattro anni dopo, nel tentativo di sfuggire al plotone d’esecuzione.<br />

La mattina del 10 novembre Clark, Darlan e Juin si riuniscono ad Algeri. Il generale<br />

americano chiede che venga firmato un armistizio valido per tutta l’Africa del Nord.<br />

Darlan tergiversa, poi risponde che non può prendere nessuna decisione senza<br />

conoscere le intenzioni del maresciallo Pétain. «Ciò che pensa il maresciallo mi è del<br />

tutto indifferente», esplode Clark; «lei sa bene che da quarantott’ore Vichy ha rotto le<br />

relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Se non vuole firmare, c’è Giraud che è pronto a<br />

farlo.» «L’esercito non riconosce Giraud», ribatte stizzito Darlan; «se non firmo io, non<br />

firmerà nessuno». «Bene, allora io la sbatto dentro», scatta Clark; «è la mia ultima<br />

parola». «Faccia come crede, io me ne infischio», esclama Darlan. Le cose, forse,<br />

rimarrebbero a questo punto se Juin, facendo balenare all’ammiraglio il pericolo di una<br />

sconfessione dell’armistizio di Algeri da parte di Pétain e di una sua sostituzione con<br />

Giraud, non riuscisse a convincerlo a firmare.<br />

Nello stesso momento, a Berchtesgaden, Laval sta facendo anticamera dal Führer.<br />

Passa l’ambasciatore Abetz e, senza dire una parola, gli allunga un pezzo di carta. È la<br />

notizia dell’armistizio concluso in Africa da Darlan. Laval accusa il colpo. Prima telefona<br />

a Vichy, chiedendo di non prendere nessuna decisione in sua assenza, poi partecipa a<br />

una riunione dove non ha più niente da dire. «Con la sua cravatta bianca e l’abito di<br />

taglio paesano da francese medio», appare a Ciano «molto disorientato». Parla del<br />

viaggio e della dormita che ha fatto in automobile, ma i suoi discorsi cadono nel vuoto.<br />

Hitler lo tratta con fredda cortesia. Il colloquio dura pochissimo. Non volendo<br />

compromettersi con una decisione qualsiasi, è lo stesso Laval a consigliare i suoi<br />

interlocutori (Hitler, Göring, Ribbentrop e Ciano) di metterlo davanti al fatto compiuto.<br />

«Il poveretto non immaginava neppure», annoterà Ciano tornando in Italia, «di fronte a<br />

quale fatto compiuto stavano per metterlo i tedeschi!». Nessuno, infatti, gli ha parlato<br />

dell’azione che si sta preparando.<br />

Le decisioni di Hitler, Laval le conoscerà il giorno dopo. Sono le otto del mattino, e il<br />

presidente del consiglio sta per ripartire per Vichy, quando Ribbentrop lo informa che la<br />

Wehrmacht sta procedendo all’occupazione della Francia meridionale.

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