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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Per gli americani, il dilemma si riduce alla domanda: bisogna affrontare prima il<br />

Giappone o la Germania? E quando Roosevelt, il 16 luglio, decide che «la disfatta del<br />

Giappone non implica quella della Germania», mentre «la disfatta della Germania<br />

significa la disfatta del Giappone», Churchill capisce di avere vinto la partita. Otto giorni<br />

più tardi l’Operazione Sledgehammer viene definitivamente accantonata e Gymnast<br />

diventa Torch. Marshall e King s’inchinano alla volontà del loro presidente e, annota<br />

Churchill, «l’intesa più completa tornò a regnare fra tutti noi». Fra tutti escluso Stalin,<br />

che arrivò ad accusare gli Alleati di avere mancato alla parola data. Non si può dire che<br />

avesse tutti i torti.<br />

Il 24 luglio l’accordo è raggiunto. Ribattezzata e allargata in modo tale da comprendere<br />

alcuni sbarchi all’interno del Mediterraneo, Torch diventa così la prima operazione<br />

offensiva anglo-americana approvata e diretta dal consiglio unificato dei capi di stato<br />

maggiore alleati. A dirigerla sarà un ufficiale che fino a quel momento, col grado di<br />

colonnello, si è occupato solo di scartoffie. Si chiama Dwight Eisenhower e diventa<br />

generale proprio in vista del nuovo incarico. Dieci anni dopo sarà presidente degli Stati<br />

Uniti.<br />

Verso la fine di agosto, mentre si cerca di concretare gli obiettivi dell’Operazione Torch,<br />

da Washington giunge a Londra una notizia molto preoccupante. Tra gli stati maggiori<br />

alleati si sono manifestate gravi divergenze sul carattere e sulla portata del piano.<br />

Temendo di restare imbottigliati nel Mediterraneo da un possibile intervento spagnolo,<br />

gli americani non vorrebbero impegnarsi in grosse operazioni oltre lo stretto di<br />

Gibilterra. Agli inglesi, appoggiati in questo da Eisenhower, pare invece indispensabile<br />

che gli sbarchi abbiano luogo nel Mediterraneo, il più vicino possibile al confine con la<br />

Tunisia. Il tira e molla dura qualche giorno. Il 5 settembre l’accordo è fatto. Lo sbarco<br />

avrà luogo in tre punti: Casablanca, Orano e Algeri. L’8 settembre Eisenhower ne fissa<br />

la data: «L’8 novembre, sessanta giorni da oggi».<br />

L’«incidente dell’idrovolante»<br />

Commenta Arthur Bryant: «Benché meno suicida di un tentativo d’investire le difese di<br />

Hitler sulla Manica, l’avventura nella quale gli Alleati occidentali avevano riposto le loro<br />

speranze era estremamente pericolosa. Essi dovevano organizzare in convogli,<br />

fronteggiando gli attacchi aerei e quelli sottomarini, più di seicento navi e trasportare<br />

una forza d’assalto di novantamila uomini, più altri duecentomila che sarebbero seguiti<br />

con tutte le armi e l’equipaggiamento. E ciò per millecinquecento miglia di mare<br />

partendo dalla Gran Bretagna e per tremila partendo dall’America. Dovevano poi<br />

sbarcarli su un territorio neutrale, dove non avevano né un porto né un campo<br />

d’aviazione, e che era presidiato da duecentomila soldati francesi, da un contingente di<br />

cinquecento aerei e da una marina potentissima, i cui ufficiali serbavano ancora l’amaro<br />

ricordo dell’attacco britannico di due anni prima».<br />

È a partire da questo momento che i rapporti tra gli americani e i «cinque» cominciano<br />

a guastarsi. Il 22 settembre Roosevelt dà a Murphy istruzioni definitive<br />

sull’atteggiamento da tenere nei loro riguardi: lo sbarco sarà organizzato dagli<br />

americani; non vi parteciperanno le forze di de Gaulle; i francesi manterranno soltanto<br />

la sovranità e l’amministrazione civile. I preparativi dell’operazione procedono nel<br />

massimo segreto, ma il 29 settembre la caduta di un idrovolante Catalina nel tratto di<br />

mare tra Lisbona e Gibilterra e il successivo ritrovamento sulla spiaggia di Cadice dei<br />

cadaveri di alcuni membri dell’equipaggio fanno correre un brivido lungo la schiena degli

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