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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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All’inizio di novembre, mentre cominciano ad arrivare i primi rapporti sul disastro di<br />

Rommel a El-Alamein, gli agenti tedeschi dislocati intorno a Gibilterra notano che il<br />

porto brulica di navi. Nessuno, da principio, riesce a spiegarsi il motivo di<br />

quell’assembramento. Hitler è incline a supporre che si tratti di un grosso convoglio di<br />

rifornimenti protetto da una robusta scorta e destinato a Malta. Valutando le stesse<br />

informazioni, Ciano arriva ad una diversa conclusione. «Ciò fa pensare», scrive il 4<br />

novembre, «alla possibilità di uno sbarco in Marocco». Il giorno dopo l’OKW riceve<br />

nuove informazioni: forze navali britanniche sono uscite da Gibilterra e procedono verso<br />

est. Il 6 novembre si svolge tra Göring e Kesselring un colloquio telefonico che non<br />

sfugge all’attento Cavallero.<br />

«Secondo i nostri calcoli», dice il comandante in capo dell’aviazione tedesca, «tra<br />

quaranta o cinquanta ore il convoglio sarà nel raggio d’azione dei nostri aerei. Perciò<br />

ogni cosa dovrà essere a posto». «Signor maresciallo», risponde il comandante del<br />

settore sud, «e se il convoglio tentasse uno sbarco in Africa?». «Per me», dice Göring,<br />

«tenterà lo sbarco in Corsica, in Sardegna, a Derna o a Tripoli». E Kesselring: «È più<br />

probabile un porto del Nord Africa». Ma Göring è testardo: «Sì, ma non nel Nord Africa<br />

francese». Kesselring, allora: «Se attraversa il canale di Sicilia, avrò tutto il tempo che<br />

voglio». Göring: «Se non punterà sulla Sardegna, attraverserà certamente il canale,<br />

dove gli italiani non hanno minato le acque. Bisogna dirglielo chiaramente».<br />

Queste, dunque, le ipotesi dell’aviazione tedesca. E la marina? Tra le possibili mete del<br />

convoglio la marina tedesca mette al primo posto la Tripolitania, al secondo l’Italia o le<br />

sue isole, e solo all’ultimo il Nord Africa francese. Per non parlare di Malta verso la quale<br />

forse, sotto sotto, tutti sperano a questo punto che il convoglio si stia dirigendo. Nella<br />

tarda mattinata del 7 novembre, dodici ore prima che le truppe anglo-americane<br />

comincino a sbarcare nel Nord Africa, Hitler distoglie l’attenzione dai problemi di<br />

Rommel in Egitto e della 6ª Armata a Stalingrado per occuparsi degli ultimi rapporti da<br />

Gibilterra. Le notizie sono queste: le forze navali salpate dalla base britannica si sono<br />

unite nel Mediterraneo ad una grossa flotta di trasporti e navi da guerra proveniente<br />

dall’Atlantico. Tutti insieme navigano verso est.<br />

Tra il Führer e gli ufficiali dello stato maggiore si svolge una lunga discussione. A che<br />

mirano gli anglo-americani? Qual è l’obiettivo della flotta che sta solcando il<br />

Mediterraneo? Le unità in navigazione sono molte, ma le truppe trasportate non<br />

sembrano particolarmente numerose. Secondo l’ammiraglio Theodor Krancke, ufficiale<br />

di collegamento della marina presso l’OKW, dovrebbe trattarsi al massimo di un paio di<br />

divisioni. D’accordo. Ma dove vanno? E soprattutto che ci vanno a fare? Hitler ora è<br />

propenso a credere che il nemico, con quattro o cinque divisioni, voglia tentare uno<br />

sbarco a Tripoli o a Bengasi per prendere Rommel alle spalle. Ordina che la Luftwaffe<br />

del Mediterraneo sia immediatamente rafforzata, ma gli rispondono che «per il<br />

momento» la cosa è impossibile. Allora avverte Rundstedt, il comandante in capo del<br />

settore occidentale, di tenersi pronto per l’Operazione Antonio: l’occupazione della<br />

Francia di Vichy.<br />

Le contromisure prese dall’Asse per impedire lo sbarco alleato sono praticamente<br />

inesistenti. I pochi sommergibili presenti nel Mediterraneo vengono inviati in ritardo<br />

contro il convoglio, che perderà una sola nave. Il comando degli U-Boote ordina il<br />

concentramento dei suoi mezzi intorno allo stretto di Gibilterra ma i battelli, attaccati<br />

dagli aerei che decollano dalle piste della rocca, infliggono pochi danni e subiscono gravi<br />

perdite. Nulla può fare la flotta italiana, vincolata alla scorta dei convogli per l’Africa del<br />

Nord e sempre a corto di carburante. Scarsissimo sarà anche l’aiuto della 2ª Luftflotte,<br />

impegnata nel deserto per proteggere la ritirata di Rommel. «Per tali motivi», conclude<br />

Walter Warlimont, «il Nord Africa francese rimase libero da ogni misura difensiva da

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