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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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paracadutisti, ognuno su tre oppure quattro battaglioni, una compagnia armi pesanti<br />

(mortai da 81 e cannoni da 47/32) e una del genio, da un battaglione guastatori, da un<br />

reggimento d’artiglieria.<br />

Parte dell’armamento individuale italiano è già stato descritto parlando della campagna<br />

di Grecia. Resta da parlare del mitra Beretta modello 38, meno pesanti e proclivi a<br />

incepparsi dei Thompson 1928 degli inglesi, ma ancora più ingombranti. Il mitragliatore<br />

Breda M1930 s’inceppava quasi subito perché in teoria ogni cartuccia entrando in canna<br />

si sarebbe dovuta lubrificare automaticamente con una goccia d’olio di balena (animale<br />

notoriamente diffusissimo nel Mediterraneo… ), ben presto divenuto introvabile. La<br />

mitragliatrice Breda 37 era ottima, ma il caricamento a piastre rigide da 30 colpi invece<br />

che a nastri molto più lunghi esponeva troppo il servente al fuoco nemico. La difesa<br />

controcarro era affidata ai fuciloni da 20 Solothurn che perforavano a 400 m 20 mm<br />

d’acciaio inclinato di 15°. Pesava 55 kg ed era dotato di un carrello impiegabile anche<br />

durante il tiro. Serviva solo contro carni leggeri e autoblindo, come la mitragliera<br />

contraerea Breda M1935 da 20 mm. Di fronte a mezzi più pesanti bisognava ricorrere ai<br />

cannone da 47/32 che, stando ai manuali, perforava 30 mm d’acciaio inclinato di 30° a<br />

1600 m. In realtà pare che solo con un impatto perpendicolare attraversasse 40 mm a<br />

750 m. In pratica occorreva colpire i cingoli o le piastre laterali e posteriori, meno<br />

protette. Gli uomini della «Folgore» impararono ben presto a battersi con armi<br />

controcarro di fortuna: bottiglie incendiarie e pensino mine che, lanciate da qualche<br />

metro di distanza contro il corazzato nemico, lo distruggevano assieme alla vita di chi le<br />

impiegava.<br />

Gianfranco Simone<br />

L’8ª Armata britannica<br />

In principio si chiamava British Cyrenaica Force, aveva 30.000 uomini – cioè gli effettivi<br />

della 4ª Divisione indiana e della 7ª Divisione corazzata i cui soldati erano celebri fra<br />

amici e nemici con il soprannome di «Topi dei deserto» – e la comandava Richard<br />

Nugent O’Connor; tra il dicembre dei 1940 e il febbraio del 1941 la British Cyrenaica<br />

Force si avventò, in più riprese, contro le forze di Graziani che si erano installate in<br />

territorio egiziano, le batté, le inseguì fino a Beda Fomm, a sud di Bengasi, e catturò<br />

130.000 prigionieri, 400 carri armati e circa 1200 cannoni.<br />

Poi O’Connor è destinato ad un altro incarico (e più tardi verrà fatto prigioniero dagli<br />

italiani) e la sua avanzata, inspiegabilmente, viene lasciata insabbiare. Nel frattempo,<br />

dalla Germania giunge Rommel a mietere successi nei deserto. Wavell, comandante in<br />

capo per il Medio Oriente, è sostituito da Auchinleck che il 26 settembre 1941<br />

riorganizza le Forze del Deserto Occidentale sotto un nuovo comando – quello del<br />

generale Neil Methuen Ritchie – cui darà il nome di 8ª Armata. Subentrato a sua volta<br />

Montgomery nell’agosto 1942, l’antica British Cyrenaica Force è sottoposta a un radicale<br />

rimaneggiamento.<br />

«Monty» avvia un intenso programma di addestramento per truppe e ufficiali e crea un<br />

corpo di riserva, composto soprattutto di divisioni blindate. Mette fine poi alla tattica dei<br />

colpi isolati – in parte copiati dalle trovate e dai trucchi di Rommel – e ordina di<br />

ricostituire le divisioni regolari (ciascuna di tre brigate per complessivi 17.000 uomini)<br />

che erano state smembrate, sotto Auchinleck, per formare le famose «colonne Jock».<br />

Questi gruppi di combattimento erano stati comandati dal generale Jock Campbell<br />

(«una specie di Francis Drake del deserto» lo definisce lo scrittore e giornalista Alan<br />

Moorehead) poi morto in un incidente d’auto sul ciglione di Sollum.

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