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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Andrea, l’uomo che si è assunta la responsabilità del nostro piccolo gruppo, è di quelli<br />

che non lasciano ad altri nessun compito che sia spiacevole, difficile e pericoloso. Si<br />

prende perciò l’incarico di esplorare a piedi il terreno accidentato e di guidarci nelle<br />

tenebre attraverso le macerie. Con una lampada celata nel palmo e tenuta dietro il<br />

dorso, ci conduce attraverso labirinti di vie scavate ed ingombre, tra scheletri di case<br />

vagamente profilantesi contro il ciclo ora stellato. Anzio, come Salerno in settembre, è<br />

una città morta. Quel po’ che s’intravede ha l’aspetto di rada occupazione militare tra le<br />

rovine. […]<br />

Per il calendario non è ormai più il 26 gennaio; per noi è ancora la continuazione di quel<br />

giorno, non ancora conchiuso. Andiamo alla ricerca nel buio, guidati da vaghe<br />

informazioni e da più vaghe e per me incomprensibili scritte a pallidi puntini luminosi, di<br />

un ipotetico centro di accoglienza che dovrebbe essere stato organizzato in qualche<br />

luogo, lungo quell’arteria maestra dell’attacco verso Roma. Andrea si dà da fare a<br />

svegliare qua e là dove c’è un lume o un’insegna, quanti ufficiali e soldati può per avere<br />

informazioni e consigli. Tutti gliene danno, naturalmente; ma nessuno sa nulla di esatto.<br />

Per una buona ora continuiamo perciò a correre su e giù per la via Anziate tra autocarri<br />

e «tanks» che minacciano di schiacciarci, alla ricerca dell’impossibile o almeno del<br />

temporaneamente introvabile. Sta il fatto che abbiamo ancora un’opinione falsa,<br />

eccessivamente ottimistica, della testa di sbarco di Nettunia. Siamo nello stato d’animo<br />

di chi giunto alla stazione di una città ignota si accomoda in un «taxi» e si fa portare<br />

all’albergo di cui ha letto il nome sulla guida o in margine dell’orario. Impariamo invece<br />

che occorrerà riposare alla meglio nell’automobile che ha l’inconveniente di essere<br />

aperta, ingombra e stretta. Comincio a persuadermi che qui si deve soffrire e senza<br />

lamenti. V’è chi pernotta in ben altre angustie delle nostre.[…]<br />

Riusciamo ad avvicinarci con le automobili attraverso la terra smossa e impantanata al<br />

benefico ostello. La grande tenda è rischiarata appena da uno stoppino acceso che<br />

pesca l’olio da una piccola latta. Vi sono forse quindici casse di viveri ammonticchiate<br />

nel mezzo. Nell’angolo più lontano dall’ingresso cinque-sei distesi a terra su cucce<br />

improvvisate. Domandiamo loro se hanno del tè caldo, risorsa pregiata in tutte le difficili<br />

circostanze. Naturalmente rispondono di no, e aggiungono che non possono preparare<br />

nulla a quell’ora. Ci rendiamo conto, un po’ a fatica, che sono le tre del mattino. Ci<br />

decidiamo a stenderci sopra teli da tenda e coperte a terra, per riposarci come e quanto<br />

è possibile. […]<br />

Brontolii più tenui di cannonate lontane e qualche raro scoppio vicino accompagnano il<br />

mio dormiveglia; odo anche il muggito di aeroplani bassi. Pure riesco a dormire<br />

abbastanza sì che la mattina alle sette, quando una luce livida entra dalla porta e<br />

quando alcuni uomini di fatica si portano via le casse accatastate dietro le nostre teste,<br />

e che ci servivano da parete, mi alzo riposato e ben disposto. Bizzarrie del nostro fisico:<br />

se avessi dormito solo due o tre ore nel mio letto, invece che su questa terra umida,<br />

sarei certo indolenzito, affranto e di pessimo umore.<br />

Un espediente insolito<br />

Sulle spiagge di Anzio la lotta tra i tedeschi e le forze di sbarco alleate<br />

conosce anche episodi bizzarri<br />

Nel febbraio 1944 William H. Stoneman spedì articoli su articoli al Daily News di Chicago<br />

per descrivere la difficile situazione delle truppe alleate ad Anzio. Il 24 febbraio trasmise<br />

da Napoli questo breve servizio.

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