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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Tirreno, Anzio, 26 gennaio.<br />

Ho dormito molto e sofferto il dormiveglia penoso di chi è cullato scompostamente<br />

contro la sua volontà. Ad un certo punto ho udito il fragore precipitoso della catena<br />

dell’ancora che scorreva lungo il fianco della nave verso il fondo. Ora so, perché sono<br />

bene sveglio, che il motore tace. Siamo certo arrivati. […]<br />

Il mare si fa più impetuoso; il vento imperversa. Mi dicono che non si potrà sbarcare e<br />

neppure avvicinarsi alla riva o entrare nell’angusto porto di Anzio. Occorre rimanere al<br />

largo, aspettare, subire la danza malevola del bateau ivre e verosimilmente qualche<br />

altra ingiuria aerea o subacquea. Sento scrosciare tormentosa la pioggia – forse anche<br />

la grandine – sulla tolda obliqua. Il cielo d’Anzio ci ha riservata un’ingiuriosa<br />

accoglienza. […]<br />

Le luci del giorno, nonostante la tempesta, portano con loro attacchi aerei diretti, a<br />

serie, contro il nostro convoglio. È un crepitare e rombare continuo di cannoni,<br />

sopraffatto ogni tanto dal boato formidabile delle bombe che pare piombino in mare a<br />

pochi metri da noi o da altre navi. S’ode il grandinare dei frammenti e della mitraglia sui<br />

fianchi o sulla coperta. Il fragore degli aeroplani che si scagliano a picco contro la tolda<br />

per colpirla è assordante. Nessuno sa, ogni volta, se vi sia scampo; non v’è rifugio da<br />

un colpo in pieno; specie per il nostro barcone semicarico di munizioni. A bordo v’è un<br />

certo rimescolio, ma nessun segno di panico. I cannonieri crivellano l’aria. Uno si vanta<br />

di avere colpito un cacciabombardiere nemico che cade in fiamme. Una nave che fuma<br />

troppo e sembra pericolare è allontanata dalle altre. Non se ne sa più nulla. [..]<br />

I portelli dei compartimenti stagni della nave sono chiusi e in teoria non dovrei poter<br />

uscire all’aperto neppure in caso di sinistro. In pratica, con un po’ d’industria e di<br />

fortuna, potrei farlo se non fossi colpito direttamente e non si sfondasse proprio questo<br />

fianco della nave. Galleggiamo sopra un mare agitato e sotto il fuoco; o le due<br />

tempeste si placheranno, o avremo la malasorte. […]<br />

Alle dieci di sera mi dicono che si entra in porto e si sbarcherà presto. La nave scuote<br />

infatti già molto meno e gliene sono grato; tanto più che debbo mettere in ordine un<br />

sacco assai pesante e malcomodo. Ma non tardo ad accorgermi che non v’è urgenza;<br />

prima di toccare terra avremo altre lunghe aspettative. Le guerre moderne si<br />

combattono specialmente aspettando. Chi aspetta di più, vince.<br />

Nell’ozio fastidioso dell’attesa penso alla stranezza di sbarcare su una costa ignota (sono<br />

stato ad Anzio due volte quasi trent’anni fa) e certo devastata, in piena notte, in piena<br />

guerra. Dove si potrà andare? In cerca di che e di chi? I miei compagni debbono sapere<br />

di più e meglio di me. Specialmente Andrea, che ha tanta affettuosa cura di tutti noi.<br />

Ma è sempre permesso dubitare benevolmente; è il segno della capacità ragionativa<br />

dell’uomo esperto e memore.<br />

Il porto, protetto dalle tenebre che gli aeroplani nemici sembra non intendano violare<br />

per il momento coi loro paracadute illuminanti, ci accoglie come un asilo di pace. Non so<br />

se io ne goda o ne soffra, dopo tanto sussulto fisico e morale; poiché questa calma<br />

piatta sembra allungare ancora di più le tre ore che dobbiamo passare a bordo.<br />

Si esce infatti dalla nave sulle automobili stracariche e barcollanti, dopo l’una. Il cetaceo<br />

meccanico ha adagiato il muso a terra, com’è suo costume, in una apposita breccia<br />

scavata nella banchina; ha spalancato le sue labbra laterali, abbassata la controporta<br />

interna, che avanza come una lingua e serve da passerella di sbarco. Siamo i primi ad<br />

uscire perché più vicini all’apertura quadrangolare che sbocca nel buio punteggiato da<br />

incerte e fuggevoli luci; lampadine velate che si accendono qua e là a tratti, come<br />

grosse lucciole rossastre. Le automobili, che debbono trainare anche i rimorchi,<br />

superano con grandi sforzi di motori la sussultante passerella e il piano della breccia,<br />

scosceso, sassoso e fangoso. […]

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