SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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20.05.2013 Views

l’ingresso trionfale che farà nella capitale egiziana in sella al suo cavallo bianco, il duce salta su un aereo e vola in Libia. Vi resta quasi un mese, dormendo in una casetta di Beda Littoria riparata da centinaia di sacchetti di sabbia, mentre l’offensiva di Rommel si esaurisce e si spegne contro l’ultima linea difensiva britannica ad ovest del Nilo, tra El-Alamein e la depressione di El- Qattara. Per ammazzare il tempo Mussolini va a caccia di pernici sull’altopiano cirenaico col fucile mitragliatore o sfida al tiro a segno il giovane segretario del partito fascista, Aldo Vidussoni, che l’ha accompagnato fin lì. Al suo ritorno a Roma, il 20 luglio, ostenta sicurezza e buonumore. È talmente convinto che in due o tre settimane si arriverà al canale di Suez che dice a tutti che ha lasciato in Libia le valige. Dentro di sé, invece, è furibondo: dopo il viaggio in Albania dell’anno prima, è la seconda volta che i militari lo hanno esposto alla brutta figura di andare al fronte in un momento poco felice. Che dire poi di Rommel, che in tre settimane non ha trovato il tempo di andarlo a salutare? In effetti, dopo una serie di attacchi e contrattacchi, intorno alla linea di El-Alamein, la situazione si è stabilizzata. Per la prima volta dall’inizio della guerra esiste nel deserto un fronte vero e proprio. Da ambo le parti si costruiscono fortini, si scavano trincee e camminamenti, si tirano chilometri di filo spinato, si piazzano migliaia e migliaia di mine. Il caldo è atroce e il clima poco salubre. Ai primi di agosto Rommel si ammala. È l’unico ufficiale tedesco sopra i quarant’anni che abbia resistito a diciotto mesi d’Africa. Ma il medico vorrebbe mandarlo in Europa, per un po’ di meritato riposo. Pochi giorni dopo Lucie Rommel scrive al marito: «I notiziari di oggi dicono che il tuo avversario Auchinleck è stato esonerato dal comando e sostituito con un certo generale Montgomery». È vero. Un altro terremoto ha sconvolto i vertici delle forze armate britanniche. Il comando del Medio Oriente è stato assunto dal generale Harold Alexander. Quello dell’8ª Armata da Montgomery, che arriva al Cairo il 12 agosto. David Irving lo descrive così: «Basso, segaligno, Bernard Law Montgomery ha un profilo da uccello da preda, parla con una voce stridula e nasale, antipatica e gracchiante. Ha le gambe bianchicce e la faccia arrossata. Tuttavia per molti versi somiglia a Rommel: entrambi sono tipi solitari che contano più nemici che amici tra i generali loro commilitoni; entrambi sono alteri e arroganti, militari di carriera privi di particolari qualità intellettuali; entrambi si rivelano ufficiali recalcitranti e goffi quando sono agli ordini di qualcun altro, per diventare magnifici comandanti, pieni di fantasia e di originalità, quando a decidere sono loro; nessuno dei due fuma o beve liquori, ed entrambi condividono l’amore per gli sport invernali e la perfetta forma fisica». Tra questi due uomini, si disputerà l’ultima fase della campagna d’Africa. Uno scontro impari, non soltanto perché il Panzergruppe è ormai molto più debole dell’avversario (nella battaglia di Alam el-Halfa, il 30 agosto, i tedeschi possono schierare solo 203 carri contro i 767 degli inglesi) ma anche perché Monty, come lo chiamano familiarmente i suoi uomini, ha un ottimo servizio informazioni ed è sempre al corrente, in anticipo, delle mosse che intende fare il nemico. Il 19 settembre arriva finalmente nel Nord Africa il sostituto di Rommel. È il generale Georg Stumme, un uomo grosso, simpatico, esperto di guerra corazzata. Quattro giorni dopo, lasciate a Stumme precise istruzioni, Rommel può finalmente andare in licenza. Il 24 ottobre squilla improvvisamente il telefono nella villa sulle montagne austriache dove Rommel trascorre la licenza insieme alla moglie Lucie. È il suo aiutante che chiama da Roma: «L’offensiva di Montgomery è cominciata la notte scorsa! E il generale Stumme è scomparso senza lasciare traccia». Poco dopo dal ricevitore esce la voce di Hitler in persona: «Cattive notizie dall’Africa, caro Rommel. Pare che nessuno sappia che cosa è successo a Stumme». L’ipotesi più probabile è che l’ufficiale, recatosi al

fronte, sia caduto in un’imboscata. In sua assenza il comando del Panzergruppe è stato assunto dal generale von Thoma, il nuovo comandante dell’Afrikakorps. Solo il giorno dopo, durante il trasbordo da un aereo all’altro, Rommel saprà qualcosa di più preciso. «La salma del generale Stumme è stata rinvenuta durante una nuova ricognizione del terreno», dice il messaggio consegnatogli all’aeroporto di Creta. «La causa del decesso è da attribuirsi a infarto». Montgomery vince la battaglia La sera del 25 ottobre, quando Rommel risale sul veicolo del comando, la battaglia di El-Alamein infuria già da quarantott’ore. Non essendovi fianchi scoperti da aggirare, l’unica speranza degli inglesi è di sfondare le linee avversarie. Ma i tedeschi resistono accanitamente e per cinque giorni non accade nulla. A Londra, dove freme d’impazienza, Churchill se la prende col generale Alan Brooke, capo di Stato Maggiore Generale imperiale: «Perché il suo Monty ci ha detto che tutto sarebbe finito in sette giorni, se intendeva battersi senza nessun impegno? Possibile che non abbiamo un solo generale capace di vincere almeno una battaglia?». Forse Montgomery è stato troppo ottimista nelle sue previsioni, ma la verità è che il nemico sta per cedere. Il 29 ottobre Rommel segna sulla carta la nuova linea sulla quale intende ripiegare. La mattina del 2 novembre Monty sfonda. Informato da von Thoma che l’Afrikakorps è rimasto con una trentina di carri armati, quella sera Rommel decide di iniziare la ritirata. Ricorderà lo stesso von Thoma dopo la guerra: «Quando fu chiaro che non potevamo sperare di arginare lo sfondamento decidemmo di ripiegare, in due tempi, su una linea presso Daba, ottanta chilometri più ad ovest. La mossa avrebbe potuto salvarci. La prima fase del ripiegamento avrebbe dovuto cominciare la notte del 3 novembre. Il movimento, anzi, era già cominciato quando arrivò per radio l’ordine di Hitler». Il messaggio del Führer è per Rommel. Dice: «Nella sua situazione non deve esserci altro proposito che quello di tenere duro, di non cedere neppure un metro di terreno e di gettare nella mischia ogni cannone e ogni combattente disponibile. […] Per grande che sia la sua superiorità numerica, il nemico dev’essere certamente al limite delle proprie forze. Non sarebbe la prima volta nella storia che la volontà di potenza trionfa sopra i più forti battaglioni di un avversario. Alle sue truppe lei può dunque indicare un’unica strada: la strada che conduce alla vittoria o alla morte». Gli ordini del Führer non si discutono. Obbediente fino all’ultimo, Rommel chiama von Thoma e gli ingiunge di resistere. «Con ventiquattro carri?» risponde sbalordito il comandante dell’Afrikakorps. Rommel alza le spalle. Gli ordini sono ordini. Poi prende la penna e scrive alla moglie Lucie: «Non posso più, o almeno non oso più credere in un risultato positivo. Quello che sarà di noi lo sa soltanto Dio. Addio a te e al ragazzo… ». Mette nella busta tutti i soldi che ha risparmiato, venticinquemila lire italiane, e l’affida al suo aiutante in partenza per la Prussia Orientale con altri documenti da salvare. La mattina del 4 novembre arriva il feldmaresciallo Kesselring. È venuto con l’intenzione d’insistere perché Rommel rispetti la volontà di Hitler, ma quando scopre che l’Afrikakorps è rimasto con soli ventidue carri da battaglia cambia idea e consiglia a Rommel di mettersi subito in contatto radio con Hitler: «Gli dica che con le sue forze decimate, e davanti a un nemico strapotente, la linea non può essere tenuta, e che l’unica speranza di conservare almeno una parte del Nord Africa consiste in una ritirata strategica».

l’ingresso trionfale che farà nella capitale egiziana in sella al suo cavallo bianco, il duce<br />

salta su un aereo e vola in Libia.<br />

Vi resta quasi un mese, dormendo in una casetta di Beda Littoria riparata da centinaia<br />

di sacchetti di sabbia, mentre l’offensiva di Rommel si esaurisce e si spegne contro<br />

l’ultima linea difensiva britannica ad ovest del Nilo, tra El-Alamein e la depressione di El-<br />

Qattara. Per ammazzare il tempo Mussolini va a caccia di pernici sull’altopiano cirenaico<br />

col fucile mitragliatore o sfida al tiro a segno il giovane segretario del partito fascista,<br />

Aldo Vidussoni, che l’ha accompagnato fin lì. Al suo ritorno a Roma, il 20 luglio, ostenta<br />

sicurezza e buonumore. È talmente convinto che in due o tre settimane si arriverà al<br />

canale di Suez che dice a tutti che ha lasciato in Libia le valige. Dentro di sé, invece, è<br />

furibondo: dopo il viaggio in Albania dell’anno prima, è la seconda volta che i militari lo<br />

hanno esposto alla brutta figura di andare al fronte in un momento poco felice. Che dire<br />

poi di Rommel, che in tre settimane non ha trovato il tempo di andarlo a salutare?<br />

In effetti, dopo una serie di attacchi e contrattacchi, intorno alla linea di El-Alamein, la<br />

situazione si è stabilizzata. Per la prima volta dall’inizio della guerra esiste nel deserto<br />

un fronte vero e proprio. Da ambo le parti si costruiscono fortini, si scavano trincee e<br />

camminamenti, si tirano chilometri di filo spinato, si piazzano migliaia e migliaia di mine.<br />

Il caldo è atroce e il clima poco salubre. Ai primi di agosto Rommel si ammala. È l’unico<br />

ufficiale tedesco sopra i quarant’anni che abbia resistito a diciotto mesi d’Africa. Ma il<br />

medico vorrebbe mandarlo in Europa, per un po’ di meritato riposo. Pochi giorni dopo<br />

Lucie Rommel scrive al marito: «I notiziari di oggi dicono che il tuo avversario<br />

Auchinleck è stato esonerato dal comando e sostituito con un certo generale<br />

Montgomery».<br />

È vero. Un altro terremoto ha sconvolto i vertici delle forze armate britanniche. Il<br />

comando del Medio Oriente è stato assunto dal generale Harold Alexander. Quello<br />

dell’8ª Armata da Montgomery, che arriva al Cairo il 12 agosto. David Irving lo descrive<br />

così: «Basso, segaligno, Bernard Law Montgomery ha un profilo da uccello da preda,<br />

parla con una voce stridula e nasale, antipatica e gracchiante. Ha le gambe bianchicce e<br />

la faccia arrossata. Tuttavia per molti versi somiglia a Rommel: entrambi sono tipi<br />

solitari che contano più nemici che amici tra i generali loro commilitoni; entrambi sono<br />

alteri e arroganti, militari di carriera privi di particolari qualità intellettuali; entrambi si<br />

rivelano ufficiali recalcitranti e goffi quando sono agli ordini di qualcun altro, per<br />

diventare magnifici comandanti, pieni di fantasia e di originalità, quando a decidere<br />

sono loro; nessuno dei due fuma o beve liquori, ed entrambi condividono l’amore per gli<br />

sport invernali e la perfetta forma fisica». Tra questi due uomini, si disputerà l’ultima<br />

fase della campagna d’Africa. Uno scontro impari, non soltanto perché il Panzergruppe è<br />

ormai molto più debole dell’avversario (nella battaglia di Alam el-Halfa, il 30 agosto, i<br />

tedeschi possono schierare solo 203 carri contro i 767 degli inglesi) ma anche perché<br />

Monty, come lo chiamano familiarmente i suoi uomini, ha un ottimo servizio<br />

informazioni ed è sempre al corrente, in anticipo, delle mosse che intende fare il<br />

nemico.<br />

Il 19 settembre arriva finalmente nel Nord Africa il sostituto di Rommel. È il generale<br />

Georg Stumme, un uomo grosso, simpatico, esperto di guerra corazzata. Quattro giorni<br />

dopo, lasciate a Stumme precise istruzioni, Rommel può finalmente andare in licenza.<br />

Il 24 ottobre squilla improvvisamente il telefono nella villa sulle montagne austriache<br />

dove Rommel trascorre la licenza insieme alla moglie Lucie. È il suo aiutante che chiama<br />

da Roma: «L’offensiva di Montgomery è cominciata la notte scorsa! E il generale<br />

Stumme è scomparso senza lasciare traccia». Poco dopo dal ricevitore esce la voce di<br />

Hitler in persona: «Cattive notizie dall’Africa, caro Rommel. Pare che nessuno sappia<br />

che cosa è successo a Stumme». L’ipotesi più probabile è che l’ufficiale, recatosi al

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