SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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20.05.2013 Views

L’avvicinarsi dei convogli d’assalto, che avvenne in condizioni atmosferiche perfette, passò inosservato, soprattutto perché, dopo il bombardamento degli aeroporti di Perugia, nessun ricognitore tedesco a lungo raggio era in grado di decollare. A mezzanotte le navi d’assalto assunsero una posizione d’attesa su un mare liscio come un olio, mentre la foschia limitava la visibilità a 300 metri. Dopo essere rimaste in stato d’allarme per le tre notti precedenti, le poche truppe che difendevano le posizioni costiere riposavano nei loro alloggiamenti, e, a parte uno o due cannoni, le difese erano sguarnite. Gli sbarchi raggiunsero quindi la completa sorpresa tattica. Durante l’avvicinamento gli spazzamine incontrarono molte difficoltà nel dragare i passaggi, e non riuscirono a portare completamente a termine il loro compito. Sulla spiaggia «Peter» occorsero due ore per rimuovere le mine e permettere ai DUKW di arenarsi. Alle ore 8 il porto era stato catturato intatto, e nel tardo pomeriggio sia le navi sia i mezzi da sbarco potevano entrarvi a scaricare i cannoni e l’equipaggiamento pesante. Per mezzogiorno le tre forze si erano riunite e avevano preso saldo possesso della spiaggia, e per la mezzanotte del 22 gennaio più di 36.000 uomini e circa 3000 veicoli erano stati sbarcati. Le perdite del 6° Corpo ammontavano a circa 150 uomini. La Luftwaffe aveva reagito con ritardo, e i primi attacchi aerei furono sferrati alle ore 9 da 5 o 6 bombardieri in picchiata Messerschmitt. Questa prima ondata, e quelle che seguirono, affondarono una LCI e incendiarono alcuni veicoli. Durante il D-Day la Luftwaffe effettuò in tutto 50 missioni sopra la testa di sbarco. Ad una quarantina di chilometri più avanti, quasi direttamente verso nord, sorgevano i Colli Albani, il cui possesso avrebbe tagliato tutte le comunicazioni stradali e ferroviarie che si spingevano a sud, verso il fronte di Cassino. Il nodo ferroviario di Campoleone sorgeva a poco più di mezza strada da questo obiettivo. Il rifiuto di Kesselring a sguarnire Cassino di fronte alla minaccia alle sue retrovie, tuttavia, fece svanire ogni speranza di un rapido congiungimento tra le due ali della 5ª Armata. Il terreno che si stendeva immediatamente davanti al fronte del 6° Corpo era suolo di bonifica […]. Immediatamente a nord di Anzio e di Nettuno, si stendeva una zona paludosa. coperta da cespugli e rari alberi, inframmezzata da nudi campi aperti. L’attraversava la strada Anzio-Carroceto e Aprilia. moderna cittadina soprannominata la «fabbrica» a circa 17 chilometri da Anzio; poi c’era Campoleone, sette chilometri più avanti, e Albano sulla strada n. 7, ad una quarantina di chilometri. Su questa strada, ad una decina di chilometri da Anzio, sorgeva un cavalcavia su cui passava la strada proveniente da Padiglione, che si congiungeva poi con la costiera, vicino alla foce del Moletta. In quel terreno piatto, il cavalcavia e la scarpata ferroviaria della stazione di Campoleone costituivano posti di osservazione sui campi intorno. A nord del cavalcavia il terreno diveniva più ondulato e si innalzava gradatamente verso i Colli Albani e le pendici occidentali dei monti Lepini che dominano Cisterna. Verso est, la zona bonificata era delimitata dal canale principale Mussolini che si scaricava in mare. Costruito per drenare la parte settentrionale delle paludi Pontine, una sua diramazione occidentale scorreva da un punto situato a est della «fabbrica» e poi faceva una curva andando a riunirsi con il canale principale ad una decina di chilometri all’interno. Questa diramazione non costituiva un ostacolo, ma il canale Mussolini era largo una cinquantina di metri, le sue rive erano ripide e, attraversando il terreno paludoso, offriva una certa protezione contro un’avanzata tedesca da quel fianco. […] Verso la sera del 23 gennaio la testa di sbarco era saldamente stabilita su un fronte di circa 40 chilometri. Sulla destra le posizioni seguivano il canale Mussolini e la sua diramazione occidentale fino al Padiglione, e poi attraversavano il cavalcavia e proseguivano verso il Moletta e la costa. L’unica resistenza era venuta da elementi della

divisione Hermann Göring, lungo il canale Mussolini. Benché le spiagge britanniche fossero ormai abbandonate, lo scarico dei cannoni e dell’equipaggiamento pesante procedeva rapidamente, poiché era possibile scaricare, grazie all’uso del porto, otto LST e un certo numero di mezzi da sbarco al giorno. Le navi tipo Liberty venivano ora scaricate utilizzando le LST come chiatte e alcuni dei 400 DUKW disponibili. Al crepuscolo del 23 gennaio una delle navi ospedale e un cacciatorpediniere colarono a picco durante un attacco aereo. Nonostante le cattive condizioni del mare il 24 e il 26 gennaio, gli sbarchi degli autocarri precaricati continuavano velocemente. Per il 29 gennaio il 6° Corpo era riuscito a far sbarcare circa 70.000 uomini con 508 cannoni, 237 carri e 27.000 tonnellate di rifornimenti. Ormai la testa di sbarco e il porto venivano presi sotto un preciso fuoco di artiglieria dei cannoni tedeschi che erano stati avvicinati tutto attorno al perimetro, e gli attacchi della Luftwaffe divenivano sempre più violenti. Due gruppi di Ju.88 erano giunti dalla Grecia e da Creta, ed altri erano stati fatti rientrare dagli attacchi su Londra. portando così la forza totale tedesca di apparecchi da bombardamento in grado di raggiungere Anzio a circa 200 aerei. Verso la sera del 29 gennaio oltre 100 bombardieri affondarono un incrociatore e una nave tipo Liberty. Il giorno seguente la 15ª Forza aerea attaccò con notevole successo i campi della Luftwaffe nella zona di Udine. Una forza di bombardieri americani eseguì un avvicinamento normale ad alta quota, e la rete radar tedesca la individuò. Quando i caccia si preparavano a decollare per intercettarla, una formazione di P47, che aveva attraversato l’Adriatico a bassa quota per evitare i radar e arrivare prima dei bombardieri, passò all’attacco conseguendo una sorpresa completa. Circa 40 aerei tedeschi vennero distrutti e andarono perduti due P47. Poi i bombardieri americani sganciarono 29.000 spezzoni, distruggendo al suolo un numero anche maggiore di aerei. In tutto gli alleati perdettero sei bombardieri e tre caccia. In seguito all’operazione si calcolò che circa 140 aerei tedeschi erano stati distrutti in volo o a terra. Questo successo alleato ridusse le incursioni aeree contro la testa di ponte; non altrettanta fortuna ebbero i tentativi di bloccare l’arrivo di rinforzi. I bombardieri continuarono i loro attacchi contro le comunicazioni stradali e ferroviarie, ottenendo tuttavia risultati di scarso rilievo, date anche le cattive condizioni atmosferiche che, tra il 24 gennaio e il 4 febbraio, impedirono del tutto o ostacolarono seriamente i voli. Sbarcare in un incubo L’esperienza unica dello sbarco, di notte, in terra nemica, senza alcuna certezza per l’indomani Alberto Tarchiani, nato a Roma nel 1881 e futuro ambasciatore italiano a Washington nel 1945, era stato costretto all’esilio dalla sua opposizione al regime fascista e, con Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Cianca, aveva fondato il movimento di Giustizia e Libertà, da cui uscì poi il Partito d’Azione. Tornato in Italia nel 1943 assieme all’esercito americano, Tarchiani, già giornalista del Corriere della Sera, ottiene la promessa dalle autorità americane che gli sarà consentito di varcare le linee e unirsi al movimento partigiano. È cosi che, nel gennaio 1944, Tarchiani si imbarca su una nave che fa parte della flotta d’invasione per l’operazione «Shingle» e la sera del 25 mette piede, assieme ad un gruppo di compagni, sulla costa di Anzio. Di quella straordinaria esperienza Alberto Tarchiani terrà un diario, che Mondadori pubblicherà nel 1947 con il titolo Il mio diario di Anzio . Eccone un brano .

divisione Hermann Göring, lungo il canale Mussolini. Benché le spiagge britanniche<br />

fossero ormai abbandonate, lo scarico dei cannoni e dell’equipaggiamento pesante<br />

procedeva rapidamente, poiché era possibile scaricare, grazie all’uso del porto, otto LST<br />

e un certo numero di mezzi da sbarco al giorno. Le navi tipo Liberty venivano ora<br />

scaricate utilizzando le LST come chiatte e alcuni dei 400 DUKW disponibili. Al<br />

crepuscolo del 23 gennaio una delle navi ospedale e un cacciatorpediniere colarono a<br />

picco durante un attacco aereo. Nonostante le cattive condizioni del mare il 24 e il 26<br />

gennaio, gli sbarchi degli autocarri precaricati continuavano velocemente. Per il 29<br />

gennaio il 6° Corpo era riuscito a far sbarcare circa 70.000 uomini con 508 cannoni, 237<br />

carri e 27.000 tonnellate di rifornimenti. Ormai la testa di sbarco e il porto venivano<br />

presi sotto un preciso fuoco di artiglieria dei cannoni tedeschi che erano stati avvicinati<br />

tutto attorno al perimetro, e gli attacchi della Luftwaffe divenivano sempre più violenti.<br />

Due gruppi di Ju.88 erano giunti dalla Grecia e da Creta, ed altri erano stati fatti<br />

rientrare dagli attacchi su Londra. portando così la forza totale tedesca di apparecchi da<br />

bombardamento in grado di raggiungere Anzio a circa 200 aerei. Verso la sera del 29<br />

gennaio oltre 100 bombardieri affondarono un incrociatore e una nave tipo Liberty. Il<br />

giorno seguente la 15ª Forza aerea attaccò con notevole successo i campi della<br />

Luftwaffe nella zona di Udine. Una forza di bombardieri americani eseguì un<br />

avvicinamento normale ad alta quota, e la rete radar tedesca la individuò. Quando i<br />

caccia si preparavano a decollare per intercettarla, una formazione di P47, che aveva<br />

attraversato l’Adriatico a bassa quota per evitare i radar e arrivare prima dei<br />

bombardieri, passò all’attacco conseguendo una sorpresa completa. Circa 40 aerei<br />

tedeschi vennero distrutti e andarono perduti due P47. Poi i bombardieri americani<br />

sganciarono 29.000 spezzoni, distruggendo al suolo un numero anche maggiore di<br />

aerei. In tutto gli alleati perdettero sei bombardieri e tre caccia. In seguito<br />

all’operazione si calcolò che circa 140 aerei tedeschi erano stati distrutti in volo o a<br />

terra. Questo successo alleato ridusse le incursioni aeree contro la testa di ponte; non<br />

altrettanta fortuna ebbero i tentativi di bloccare l’arrivo di rinforzi. I bombardieri<br />

continuarono i loro attacchi contro le comunicazioni stradali e ferroviarie, ottenendo<br />

tuttavia risultati di scarso rilievo, date anche le cattive condizioni atmosferiche che, tra il<br />

24 gennaio e il 4 febbraio, impedirono del tutto o ostacolarono seriamente i voli.<br />

Sbarcare in un incubo<br />

L’esperienza unica dello sbarco, di notte, in terra nemica,<br />

senza alcuna certezza per l’indomani<br />

Alberto Tarchiani, nato a Roma nel 1881 e futuro ambasciatore italiano a Washington<br />

nel 1945, era stato costretto all’esilio dalla sua opposizione al regime fascista e, con<br />

Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Cianca, aveva fondato il movimento di Giustizia e<br />

Libertà, da cui uscì poi il Partito d’Azione. Tornato in Italia nel 1943 assieme all’esercito<br />

americano, Tarchiani, già giornalista del Corriere della Sera, ottiene la promessa dalle<br />

autorità americane che gli sarà consentito di varcare le linee e unirsi al movimento<br />

partigiano. È cosi che, nel gennaio 1944, Tarchiani si imbarca su una nave che fa parte<br />

della flotta d’invasione per l’operazione «Shingle» e la sera del 25 mette piede, assieme<br />

ad un gruppo di compagni, sulla costa di Anzio. Di quella straordinaria esperienza<br />

Alberto Tarchiani terrà un diario, che Mondadori pubblicherà nel 1947 con il titolo Il mio<br />

diario di Anzio . Eccone un brano<br />

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