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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Documenti e testimonianze<br />

Harold G. Alexander, un «militare nato»<br />

Nato nel 1891 nella Contea di Tyrone, in Irlanda, Harold George Alexander sarà<br />

considerato, tra i maggiori capi militari alleati del conflitto, il più «grigio», di fronte ad<br />

altre personalità prorompenti, come Montgomery o Patton. Alexander infatti si<br />

distinguerà sempre per la sua freddezza, la sua mancanza di comunicatività; eppure<br />

tutti dovranno riconoscere le sue notevoli capacità militari.<br />

Uscito dall’accademia militare di Sandhurst nel 1911, Alexander partecipa alla Prima<br />

Guerra Mondiale combattendo sul fronte francese, e facendo valere fin da allora le sue<br />

qualità di «militare nato». Nel 1919 è tra gli ufficiali inglesi che combattono nell’esercito<br />

lettone antibolscevico: un’avventura che dura fino all’anno seguente. Poi Alexander,<br />

come molti militari dopo il primo conflitto mondiale, sparisce nell’anonimato, un<br />

anonimato che è ancora tuffato nei fasti, seppur decadenti ormai, dell’Impero<br />

britannico: come tutti gli ufficiali di carriera inglesi è in India dove, nel 1937 e nel 1938<br />

è al comando di una brigata di truppe coloniali.<br />

Allo scoppio del conflitto del 1939 ad Alexander è affidato il comando di una divisione di<br />

fanteria, poi del 1° Corpo d’armata britannico in Francia. È tra i protagonisti della difesa<br />

di Dunkerque, ed egli stesso s’imbarca con le ultime truppe che lasciano il suolo<br />

francese.<br />

Alla fine del 1940 gli è affidato il compito di addestrare i reparti che dovranno opporsi ai<br />

tedeschi nel caso di sbarco in Inghilterra. Alexander assume il comando diretto di tutta<br />

la zona meridionale della Gran Bretagna, quella più direttamente minacciata, e in pochi<br />

mesi di duro lavoro riesce a ricostituire una forza capace di dare filo da torcere a<br />

chiunque pensi di mettere piede sui litorali inglesi.<br />

Alexander diventa così, grazie alle sue qualità e al suo autocontrollo, una delle tipiche<br />

figure di generali inglesi che, durante la lunga «traversata del deserto» negli anni dei<br />

trionfi dell’Asse, preparano con ostinazione, e con perizia, la rivincita del leone<br />

britannico. Come già gli è successo a Dunkerque, è coinvolto direttamente nelle<br />

sconfitte del campo alleato: nel marzo del 1942 è alla testa del Corpo di spedizione<br />

britannico in Birmania, ma la sua capacità non è tale da rovesciare a favore della causa<br />

alleata una situazione che vede i giapponesi nella fase della loro maggiore espansione<br />

nel sud-est asiatico.<br />

E in questo periodo, pur contrassegnato da continue sconfitte, Alexander fa valere in<br />

più d’una occasione le sue doti, nascoste a prima vista dal suo scostante carattere<br />

precluso al facile legame con gli altri. Lo apprezza nonostante questa «scorza» (o forse<br />

proprio per questa) il generale americano Stilwell, ben noto per la sua irascibilità e per<br />

la estrema difficoltà di rapporti con gli Alleati (specie con Chiang Kai-shek, di cui pure è<br />

uno dei più ascoltati consiglieri): ebbene, proprio StiiweIi, con il suo corpo di spedizione<br />

cino-americano, accetta di mettersi agli ordini di Alexander.<br />

Sulle sue spalle il peso della campagna d’Italia<br />

Ma ben presto, essendo per il momento preclusa ogni possibilità di controffensiva sul<br />

fronte asiatico, il generale inglese è richiamato su teatri bellici più propizi all’azione; non<br />

prima di avere salvato la maggior parte dell’Armata anglo-indiana che, dalla Birmania, si<br />

ritira in India, con una marcia di 1600 chilometri che diventerà leggendaria.

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