SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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prima che il grosso della 5ª Armata avesse potuto far qualcosa per accorrere in loro aiuto». Churchill, che pur non potendo fare a meno di loro aveva sempre diffidato dei militari più ortodossi, accuserà Lucas di avere fatto fallire l’operazione. Il comandante del corpo di spedizione, che non aveva saputo sfruttare la sorpresa, era evidentemente afflitto dal «complesso di Salerno», cioè dall’idea che «per prima cosa occorra respingere l’immancabile contrattacco nemico». L’idea non è poi così peregrina, per un comandante militare, ma in quella circostanza ci voleva un capro espiatorio per placare il primo ministro e la testa di Lucas saltò. Gli avrebbe reso giustizia il suo successore, generale Lucian Truscott, pubblicando dopo la guerra una cronaca dei fatti che rappresenta la versione forse più equilibrata dei discussi avvenimenti di quei giorni. «Immagino che gli strateghi da tavolino si rammaricheranno della grande occasione perduta ad Anzio, quando un novello Napoleone avrebbe attaccato i Colli Albani, distrutto le vie di rifornimento tedesche e galoppato su Roma», ironizza Truscott. E aggiunge: «Chi la pensa così non capisce nulla dei problemi militari che l’operazione comportava». Perché? Perché per impedire al nemico d’intralciare le operazioni alleate in riva al mare bisognava fare proprio quello che aveva fatto il povero Lucas: consolidare la testa di sbarco. Nella situazione del 24 gennaio, afferma Truscott, «una temeraria avanzata per la conquista dei colli laziali, con i mezzi allora disponibili, si sarebbe conclusa sicuramente con un disastro, forse con la completa distruzione delle forze sbarcate». «Bisogna ammettere», aggiunge il generale americano, «che la concezione strategica iniziale era errata sotto due aspetti: da un lato sopravvalutava l’effetto che lo sbarco avrebbe avuto sull’alto comando tedesco; dall’altro sottovalutava la capacità dei tedeschi di contrattaccare». Il comando alleato si aspettava, o almeno sperava, che lo sbarco potesse provocare una frettolosa ritirata tedesca dal fronte di Cassino. I capi della spedizione, conoscendo il valore del nemico, erano di tutt’altro parere. «Senza avere prima stabilito una solida base per difendere le spiagge», conclude Truscott, «spingersi verso i colli laziali sarebbe stata una pura follia». Lo stesso Alexander doveva poi ricredersi. Il comandante del Gruppo di armate del Mediterraneo, che verso la metà di febbraio aveva spedito al capo dello stato maggiore generale imperiale un telegramma in cui si dichiarava «insoddisfatto» di Lucas, riconoscerà dopo la guerra, da quell’uomo leale che era, di avere ritenuto, al tempo dello sbarco, che Lucas si sbagliasse, ma di essere poi giunto, riconsiderando la situazione, a concludere che aveva fatto bene a consolidarsi e ad aspettare. «Non c’è dubbio», scrive Majdalany, «che il generale Lucas, uomo troppo prudente, non era il comandante adatto per dirigere una spedizione che richiedeva una condotta dinamica. […] D’altro canto bisogna dire, a favore dello sfortunato generale, che quella sua eccessiva preoccupazione per i rifornimenti, tanto criticata, si rivelò utilissima quando i tedeschi cominciarono davvero a sferrare, l’uno dopo l’altro, i loro tremendi contrattacchi». Il contrattacco di Kesselring Abbiamo visto come alla vigilia dello sbarco di Anzio il controspionaggio tedesco commettesse un errore clamoroso escludendo la possibilità di un’operazione di tal fatta proprio nel momento in cui essa prendeva il via. Se vogliamo essere obiettivi, dobbiamo però riconoscere che anche i servizi d’informazione alleati non furono all’altezza della situazione e anzi si resero responsabili dell’atmosfera d’ingiustificato ottimismo che
dominò i preparativi dell’attacco alla Linea Gustav e dello sbarco sulle spiagge di Anzio redigendo rapporti che non rispecchiavano la realtà. Eccone uno, per esempio, compilato il 16 gennaio, il giorno prima dell’offensiva sul Garigliano, dal servizio informazioni della 5ª Armata: «Negli ultimi giorni abbiamo raccolto indicazioni che ci permettono di ritenere che la forza nemica sul fronte della 5ª Armata è in declino per le perdite subite, per la stanchezza e per un possibile abbassamento del morale. Altra causa, indubbiamente, sono stati i recenti, continui attacchi delle forze alleate. Da ciò possiamo dedurre che il nemico non dispone di fresche riserve, mentre quelle che ha sono scarse e logore. […] Considerando, quindi, l’indebolimento delle sue forze, è dubbio che il nemico, nel caso di un nostro attacco coordinato, riesca a tenere la linea difensiva organizzata attraverso Cassino. Poiché questo attacco dev’essere sferrato prima di Shingle [il nome convenzionale dello sbarco di Anzio], è da ritenere probabile che questa ulteriore minaccia lo costringerà a ritirarsi dalla sua posizione difensiva, una volta che abbia valutato l’ampiezza dell’operazione». Con questo viatico, piuttosto incoraggiante, prese il via una complessa operazione bellica i cui obiettivi, falliti in un primo momento, sarebbero stati raggiunti solo quattro mesi dopo, e al costo di perdite elevatissime. Sull’andamento della battaglia lungo il perimetro della testa di sbarco non c’è molto da dire. Attacchi e contrattacchi si susseguono per tutto il mese di febbraio, con gravi perdite da ambo le parti. Nella battaglia di Anzio sono individuabili tre fasi: il contenimento della testa di sbarco e due controffensive tedesche. Gli attacchi simultanei sul fronte di Cassino, benché intesi dagli Alleati come azioni di sfondamento, non furono altro che operazioni di alleggerimento intraprese per salvare il 6° Corpo d’armata dall’annientamento. In otto giorni da quello dello sbarco Kesselring circonda e contiene la sacca. L’offensiva alleata del 30 gennaio si esaurisce rapidamente senza che gli obiettivi vengano raggiunti. L’iniziativa passa ai tedeschi. Il 3 febbraio von Mackensen contrattacca nel settore di Campoleone e rioccupa Aprilia e Carroceto. La prima grande controffensiva tedesca, lanciata con estremo vigore verso la metà di febbraio su un fronte assai ristretto per ordine dello stesso Hitler, costringe una parte delle forze alleate a retrocedere sull’ultima linea difensiva ma non riesce ad aprirvi una breccia nemmeno con l’aiuto di «Golia»: una nuova arma segreta consistente in un piccolo carro armato carico di esplosivo e telecomandato che dovrebbe praticare larghi squarci nei cordoni difensivi nemici. Ma anche ai tedeschi l’attacco è costato perdite gravissime e la mattina seguente von Mackensen non insiste nell’azione: Kesselring ha deciso di sospendere l’offensiva. Hitler, deluso, ordina un secondo attacco per la fine del mese. Forze corazzate tedesche passano alla controffensiva il 29 febbraio, ma gli americani si difendono senza cedere un metro di terreno. L’obiettivo, le spiagge di Anzio sulle quali gli Alleati hanno ammonticchiato cataste di materiale, è solo a dodici chilometri ma rimane irraggiungibile. La seconda offensiva tedesca finisce in pochi giorni. Ecco come Westphal ne spiega il fallimento: «La direzione dell’attacco da nord a sud non sorprese l’avversario. Le riserve di munizioni non furono sufficienti per controbattere l’artiglieria nemica, molto superiore alla nostra. I numerosi carri armati disponibili non poterono essere impiegati con efficacia. A causa del terreno paludoso erano obbligati a tenersi sulle strade e sulle dighe, costituendo così un ottimo bersaglio. La superiorità aerea degli Alleati non poteva essere annullata nemmeno per qualche ora […] infine, l’ammassamento delle truppe d’assalto ordinato dal comando supremo si dimostrò molto svantaggioso. Fallì così un’impresa che era stata iniziata con grandi speranze e con mezzi eccezionalmente abbondanti, quali da parte tedesca non si vedevano dai tempi della conquista di Sebastopoli».
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dominò i preparativi dell’attacco alla Linea Gustav e dello sbarco sulle spiagge di Anzio<br />
redigendo rapporti che non rispecchiavano la realtà. Eccone uno, per esempio,<br />
compilato il 16 gennaio, il giorno prima dell’offensiva sul Garigliano, dal servizio<br />
informazioni della 5ª Armata: «Negli ultimi giorni abbiamo raccolto indicazioni che ci<br />
permettono di ritenere che la forza nemica sul fronte della 5ª Armata è in declino per le<br />
perdite subite, per la stanchezza e per un possibile abbassamento del morale. Altra<br />
causa, indubbiamente, sono stati i recenti, continui attacchi delle forze alleate. Da ciò<br />
possiamo dedurre che il nemico non dispone di fresche riserve, mentre quelle che ha<br />
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difensiva organizzata attraverso Cassino. Poiché questo attacco dev’essere sferrato<br />
prima di Shingle [il nome convenzionale dello sbarco di Anzio], è da ritenere probabile<br />
che questa ulteriore minaccia lo costringerà a ritirarsi dalla sua posizione difensiva, una<br />
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incoraggiante, prese il via una complessa operazione bellica i cui obiettivi, falliti in un<br />
primo momento, sarebbero stati raggiunti solo quattro mesi dopo, e al costo di perdite<br />
elevatissime.<br />
Sull’andamento della battaglia lungo il perimetro della testa di sbarco non c’è molto da<br />
dire. Attacchi e contrattacchi si susseguono per tutto il mese di febbraio, con gravi<br />
perdite da ambo le parti. Nella battaglia di Anzio sono individuabili tre fasi: il<br />
contenimento della testa di sbarco e due controffensive tedesche. Gli attacchi simultanei<br />
sul fronte di Cassino, benché intesi dagli Alleati come azioni di sfondamento, non furono<br />
altro che operazioni di alleggerimento intraprese per salvare il 6° Corpo d’armata<br />
dall’annientamento. In otto giorni da quello dello sbarco Kesselring circonda e contiene<br />
la sacca. L’offensiva alleata del 30 gennaio si esaurisce rapidamente senza che gli<br />
obiettivi vengano raggiunti. L’iniziativa passa ai tedeschi. Il 3 febbraio von Mackensen<br />
contrattacca nel settore di Campoleone e rioccupa Aprilia e Carroceto. La prima grande<br />
controffensiva tedesca, lanciata con estremo vigore verso la metà di febbraio su un<br />
fronte assai ristretto per ordine dello stesso Hitler, costringe una parte delle forze<br />
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nemmeno con l’aiuto di «Golia»: una nuova arma segreta consistente in un piccolo<br />
carro armato carico di esplosivo e telecomandato che dovrebbe praticare larghi squarci<br />
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Ma anche ai tedeschi l’attacco è costato perdite gravissime e la mattina seguente von<br />
Mackensen non insiste nell’azione: Kesselring ha deciso di sospendere l’offensiva. Hitler,<br />
deluso, ordina un secondo attacco per la fine del mese. Forze corazzate tedesche<br />
passano alla controffensiva il 29 febbraio, ma gli americani si difendono senza cedere<br />
un metro di terreno. L’obiettivo, le spiagge di Anzio sulle quali gli Alleati hanno<br />
ammonticchiato cataste di materiale, è solo a dodici chilometri ma rimane<br />
irraggiungibile. La seconda offensiva tedesca finisce in pochi giorni. Ecco come<br />
Westphal ne spiega il fallimento: «La direzione dell’attacco da nord a sud non sorprese<br />
l’avversario. Le riserve di munizioni non furono sufficienti per controbattere l’artiglieria<br />
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essere impiegati con efficacia. A causa del terreno paludoso erano obbligati a tenersi<br />
sulle strade e sulle dighe, costituendo così un ottimo bersaglio. La superiorità aerea<br />
degli Alleati non poteva essere annullata nemmeno per qualche ora […] infine,<br />
l’ammassamento delle truppe d’assalto ordinato dal comando supremo si dimostrò<br />
molto svantaggioso. Fallì così un’impresa che era stata iniziata con grandi speranze e<br />
con mezzi eccezionalmente abbondanti, quali da parte tedesca non si vedevano dai<br />
tempi della conquista di Sebastopoli».