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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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dovevano solo permettere agli Alleati di giocarla nel modo migliore. Per un attimo si<br />

ebbe l’impressione che il colpo potesse riuscire, ma l’illusione durò poco.<br />

L’attacco inglese sul Garigliano e quello francese a nord di Cassino procurano agli Alleati<br />

qualche modesto vantaggio territoriale ma non il grande successo sperato: lo<br />

sfondamento della Linea Gustav. Von Senger, fermato Juin con le riserve della 14ª<br />

Armata, chiede a Kesselring di far intervenire le due divisioni Panzergrenadieren<br />

schierate a sud di Roma (la 29ª e la 90ª) per contrastare la minaccia del 10° Corpo<br />

d’armata britannico. Kesselring, che non ha mai smesso di aspettarsi uno sbarco nelle<br />

retrovie, acconsente a malincuore. L’arrivo delle due divisioni tedesche lanciate al<br />

contrattacco è accolto dagli Alleati con notevole soddisfazione. Si direbbe che la<br />

strategia di Alexander abbia funzionato: se tutto andrà bene, non ci saranno truppe a<br />

sud di Roma per contrastare gli sbarchi di Anzio.<br />

Il 20 gennaio, secondo i piani, gli americani del 2° Corpo d’armata tentano la traversata<br />

del Rapido a sud di Cassino, per irrompere nella valle del Liri e congiungersi alla testa di<br />

sbarco. Due giorni e due notti sotto un martellante fuoco nemico trasformano l’azione in<br />

un disastro. La 36ª Divisione perde quasi duemila uomini. Dall’inchiesta promossa dai<br />

reduci alla fine della guerra Clark uscirà completamente scagionato, ma non c’è dubbio<br />

che in tale occasione molti errori vennero commessi. Particolarmente gravi furono le<br />

conseguenze nel quadro del piano generale, perché nelle prime ore del 22 gennaio,<br />

mentre la battaglia sul Rapido stava concludendosi con una pesante sconfitta per gli<br />

Alleati, una flotta di circa duecentocinquanta navi gettava le ancore al largo di Anzio.<br />

«Il feldmaresciallo Kesselring», ha confidato Westphal a Liddell Hart dopo la guerra,<br />

«insisteva continuamente sulla necessità di ottenere il più spesso possibile precise<br />

valutazioni del traffico marittimo nel porto di Napoli, con l’ausilio della ricognizione<br />

aerea: era evidente, infatti, che qualsiasi nuova operazione di sbarco sulla costa<br />

tirrenica sarebbe partita di lì». Solo raramente, per qualche mese, gli aerei tedeschi<br />

riescono a spingersi fino a Napoli, e quando questo accade o il maltempo o la difesa<br />

antiaerea sventano i loro tentativi di scattare qualche buona fotografia del porto.<br />

Bisogna arrivare ai primi di gennaio perché l’aeronautica tedesca riesca a compiere con<br />

successo una ricognizione nel cielo di Napoli. «Nelle fotografie», racconta ancora<br />

Westphal, «trovammo indizi che facevano pensare alla probabilità di uno sbarco<br />

imminente». È il momento in cui Kesselring prende la sua prima contromisura: dal<br />

versante adriatico trasferisce sotto Roma la 29ª e la 90ª Divisione Panzergrenadieren.<br />

La «sorpresa» di Anzio<br />

I tedeschi sanno, dunque, che nel porto di Napoli c’è parecchio naviglio sospetto, ma<br />

sperano di ottenere notizie più precise sulle mosse del nemico dai propri servizi segreti.<br />

«Il 21 gennaio l’ammiraglio Canaris fece una visita al comando del gruppo d’armate»,<br />

scrive Westphal nelle sue memorie, «dove venne insistentemente sollecitato a<br />

comunicare tutte le informazioni in suo possesso circa eventuali propositi nemici di<br />

eseguire uno sbarco. In particolare, volevamo essere informati sulle posizioni delle<br />

portaerei, delle navi da battaglia e dei mezzi da sbarco. Canaris non fu in grado di<br />

fornirci dettagli, ma ritenne che non ci fosse alcun motivo per temere uno sbarco<br />

nell’immediato futuro. Questo era il suo punto di vista. In quel periodo non soltanto la<br />

ricognizione aerea ma anche il controspionaggio tedesco erano quasi completamente<br />

inattivi. Poche ore dopo la partenza di Canaris il nemico sbarcò ad Anzio».

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