SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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Intendo che tutto il mio patrimonio – quello che almeno rimarrà attraverso la bufera che sconvolge la mia povera cara Patria – venga ripartito in misura eguale tra i miei tre figli Fabrizio, Raimonda, Marzio Ciano. A mia moglie, oltre a quanto spetta per legge, dispongo che venga lasciata in proprietà la villa di Capri. Desidero che la tutela dei miei figli minori venga assunta da mio zio Gino Ciano; in caso di sua morte o impedimento pregherei il mio amico Zenone Benini di voler dare ai miei tre bambini le sue paterne cure. Il mio patrimonio, allo stato degli atti, consiste: 1) cinque edifici in Roma; 2) un lotto di terreno edificabile in Roma; 3) due appartamenti (via A. Sedri 9) in Roma; 4) la proprietà immobiliare e industriale del giornale «Il Telegrafo», della quale però un quarto – dico un quarto – per accordi tra noi intervenuti, spetta al signor Umberto Rodinis. Niente altro io posseggo, tranne oggetti mobili situati nelle mie abitazioni e che verranno divisi tra i miei figli. Galeazzo Ciano Verona, 7 gennaio 1944. P.S. – Desidero essere sepolto a Livorno, vicino a mio padre. Galeazzo Ciano Lettera alla moglie e ai figli Edda adorata, adorati bambini, il dolore di staccarmi da voi è troppo forte perché io possa trovare le parole che in queste ore estreme io vorrei dirvi. Conoscete il mio amore per voi: adesso si moltiplica all’infinito e, al di là della mia vita terrena, resterà intorno a voi per proteggervi e consolarvi. So di non avere mai macchiato il mio onore, e il nome che vi lascio potrete sempre e davanti a tutti portarlo a testa alta. La giustizia di Dio e quella del tempo – che non possono mai ingannarsi – mi assisteranno e vi assisteranno. Edda cara: tu sei buona, forte e generosa. Ti affido le nostre tre creature e sono certo che le guiderai sulla via della virtù. È nel loro nome, per il loro domani, che tu devi farti coraggio e superare queste ore di angoscia. È una prova dura quella che il cielo ti ha riservato, ma abbi fede e pensa che se in vita ho potuto, a volte, esserti lontano, adesso sarò con te, accanto a te, sempre. E voi, bambini adorati, siate buoni. Amate la mamma e la nonna Ina, che vi vuole tanto bene e che troverà in voi il conforto al suo grande dolore. Nell’affetto tenace tra voi, nello studio, nell’amore alla Patria, nella fede in Dio dovete cercare i motivi e i sostegni delle vostre giovani vite, che il vostro papà benedice con tutto l’animo suo. Addio, Edda cara. Addio Ciccino, Dindina, Marzio. Vi stringo al cuore con tenerezza infinita e prego Iddio perché dia a voi ogni bene. Vi bacia con tanto amore il vostro per sempre Papà Lettera al re Maestà, Mi voglia permettere, giunto all’ora estrema della mia vita, di levare un pensiero devoto alla Maestà Vostra. Se nell’agosto scorso scomparvi da Roma, fu perché i tedeschi avendomi fatto credere all’imminenza di gravi pericoli per i miei figli, col pretesto di condurmi in Spagna, si impadronirono di me e mi condussero prigioniero in Baviera. Adesso, da tre mesi, sono nel carcere di Verona, sempre affidato alla martorizzante custodia delle SS, e attendo un giudizio che non è altro che un premeditato assassinio. Vostra Maestà conosce da lungo tempo le mie idee e la mia fede, così come io posso testimoniare davanti a Dio e agli uomini, l’eroica lotta da Lei sostenuta per impedire quell’errore e quel crimine che è stata la nostra guerra a fianco dei tedeschi. Né sulla Monarchia, né sul popolo, né sullo stesso governo può cadere la minima colpa del
dolore che attanaglia oggi la Patria. Un uomo, un uomo solo, Mussolini, per torpide ambizioni personali, «per sete di gloria militare», usando le sue autentiche parole, ha premeditatamente condotto il Paese nel baratro. Ho disposto che non appena possibile, dopo la mia morte, vengano resi pubblici un mio diario e una documentazione che getteranno molta luce di verità su tanti fatti sconosciuti. Credo così di rendere un estremo servigio alla Patria. Maestà: io mi preparo al giudizio supremo, con lo spirito sereno e la coscienza pura: so di avere servito con lealtà, onore e disinteresse. Il resto non fu che menzogna dovuta, in gran parte, a quelli stessi che oggi mi traggono a morte. E non si mentisce quando si sta per entrare nell’ombra. Maestà: mi permetto di chiedere la sua alta protezione per la mia famiglia, e chiudo la mia vita con la fede che l’Italia ritroverà ancora una volta la via della fortuna e della gloria sotto il segno della Vostra Augusta Casa. Devotissimo, Ciano Lettera a Churchill Verona, 23 dicembre 1943 Signor Churchill, Non vi sorprendete se, avvicinandosi l’ora della mia morte, mi rivolgo a Voi che ho profondamente ammirato come campione di una crociata, quantunque una volta Vi siate espresso ingiustamente nei miei riguardi. Non fui mai complice di Mussolini nel delitto, contro il nostro Paese e contro l’umanità, di combattere a fianco dei tedeschi. In realtà è vero il contrario, e se lo scorso agosto sparii da Roma fu perché i tedeschi mi avevano convinto che i miei bambini erano in imminente pericolo. Dopo essersi impegnati a portarli in Spagna, essi deportarono me e i miei familiari in Baviera. Ora, da quasi tre mesi mi trovo nelle prigioni di Verona, abbandonato al barbaro trattamento delle SS. La mia fine è prossima; sono stato informato che tra pochi giorni sarà decisa la mia morte, la quale non sarà per me che una liberazione da questo quotidiano martirio. Ed io preferisco morire piuttosto che assistere alla vergogna e alla irreparabile rovina di un’Italia dominata dagli Unni. Il delitto che io sto per espiare è quello di essere stato testimone, con mio grande disgusto, della fredda, crudele e cinica preparazione di questa guerra da parte di Hitler e dei tedeschi. Io fui il solo straniero che potesse vedere da vicino quell’odiosa banda di criminali mentre essa si preparava a gettare il mondo in una sanguinosa guerra. Ora, in conformità della legge dei gangsters, essi hanno deciso di sopprimere un pericoloso testimone. Ma hanno sbagliato i loro calcoli perché, già da gran tempo, io ho messo al sicuro un mio diario e vari documenti che proveranno, più di quanto io stesso non possa fare, i delitti commessi da coloro con cui più tardi quel tragico e vile fantoccio di Mussolini, per vanità e in dispregio di tutti i valori morali, credette di associarsi. Ho già disposto che al più presto possibile, dopo la mia morte, questi documenti, dell’esistenza dei quali Sir Percy Loraine era al corrente, e fin dal tempo della sua missione a Roma, siano messi a disposizione della stampa alleata. Forse quello che vi offro oggi è poco, ma questo e la mia vita sono tutto ciò che posso offrire alla causa della libertà e della giustizia, nel trionfo della quale fanaticamente credo. Tale mia testimonianza dovrebbe essere fatta conoscere affinché il mondo possa sapere odiare e ricordare, e quelli che dovranno giudicare il futuro non ignorino il fatto che la sventura dell’Italia non deve attribuirsi al suo popolo ma al vergognoso comportamento di un uomo. Sinceramente vostro. G. Ciano
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Intendo che tutto il mio patrimonio – quello che almeno rimarrà attraverso la bufera che<br />
sconvolge la mia povera cara Patria – venga ripartito in misura eguale tra i miei tre figli<br />
Fabrizio, Raimonda, Marzio Ciano. A mia moglie, oltre a quanto spetta per legge,<br />
dispongo che venga lasciata in proprietà la villa di Capri.<br />
Desidero che la tutela dei miei figli minori venga assunta da mio zio Gino Ciano; in caso<br />
di sua morte o impedimento pregherei il mio amico Zenone Benini di voler dare ai miei<br />
tre bambini le sue paterne cure.<br />
Il mio patrimonio, allo stato degli atti, consiste: 1) cinque edifici in Roma; 2) un lotto di<br />
terreno edificabile in Roma; 3) due appartamenti (via A. Sedri 9) in Roma; 4) la<br />
proprietà immobiliare e industriale del giornale «Il Telegrafo», della quale però un<br />
quarto – dico un quarto – per accordi tra noi intervenuti, spetta al signor Umberto<br />
Rodinis. Niente altro io posseggo, tranne oggetti mobili situati nelle mie abitazioni e che<br />
verranno divisi tra i miei figli.<br />
Galeazzo Ciano<br />
Verona, 7 gennaio 1944.<br />
P.S. – Desidero essere sepolto a Livorno, vicino a mio padre. Galeazzo Ciano<br />
Lettera alla moglie e ai figli<br />
Edda adorata, adorati bambini, il dolore di staccarmi da voi è troppo forte perché io<br />
possa trovare le parole che in queste ore estreme io vorrei dirvi. Conoscete il mio amore<br />
per voi: adesso si moltiplica all’infinito e, al di là della mia vita terrena, resterà intorno a<br />
voi per proteggervi e consolarvi. So di non avere mai macchiato il mio onore, e il nome<br />
che vi lascio potrete sempre e davanti a tutti portarlo a testa alta. La giustizia di Dio e<br />
quella del tempo – che non possono mai ingannarsi – mi assisteranno e vi assisteranno.<br />
Edda cara: tu sei buona, forte e generosa. Ti affido le nostre tre creature e sono certo<br />
che le guiderai sulla via della virtù. È nel loro nome, per il loro domani, che tu devi farti<br />
coraggio e superare queste ore di angoscia. È una prova dura quella che il cielo ti ha<br />
riservato, ma abbi fede e pensa che se in vita ho potuto, a volte, esserti lontano,<br />
adesso sarò con te, accanto a te, sempre.<br />
E voi, bambini adorati, siate buoni. Amate la mamma e la nonna Ina, che vi vuole tanto<br />
bene e che troverà in voi il conforto al suo grande dolore. Nell’affetto tenace tra voi,<br />
nello studio, nell’amore alla Patria, nella fede in Dio dovete cercare i motivi e i sostegni<br />
delle vostre giovani vite, che il vostro papà benedice con tutto l’animo suo.<br />
Addio, Edda cara. Addio Ciccino, Dindina, Marzio. Vi stringo al cuore con tenerezza<br />
infinita e prego Iddio perché dia a voi ogni bene.<br />
Vi bacia con tanto amore il vostro per sempre<br />
Papà<br />
Lettera al re<br />
Maestà,<br />
Mi voglia permettere, giunto all’ora estrema della mia vita, di levare un pensiero devoto<br />
alla Maestà Vostra. Se nell’agosto scorso scomparvi da Roma, fu perché i tedeschi<br />
avendomi fatto credere all’imminenza di gravi pericoli per i miei figli, col pretesto di<br />
condurmi in Spagna, si impadronirono di me e mi condussero prigioniero in Baviera.<br />
Adesso, da tre mesi, sono nel carcere di Verona, sempre affidato alla martorizzante<br />
custodia delle SS, e attendo un giudizio che non è altro che un premeditato assassinio.<br />
Vostra Maestà conosce da lungo tempo le mie idee e la mia fede, così come io posso<br />
testimoniare davanti a Dio e agli uomini, l’eroica lotta da Lei sostenuta per impedire<br />
quell’errore e quel crimine che è stata la nostra guerra a fianco dei tedeschi. Né sulla<br />
Monarchia, né sul popolo, né sullo stesso governo può cadere la minima colpa del