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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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piacere”. […] Dico e affermo che se ho sbagliato sono pronto a pagare ma giuro di<br />

avere sempre servito il fascismo e il Duce nel quale ho creduto, credo e sempre<br />

crederò».<br />

Cianetti sarà l’unico ad avere salva la vita.<br />

Giuseppe Mayda<br />

Emilio De Bono, quadrumviro del regime<br />

Esattamente sessant’anni prima era arrivato a Verona, diciottenne sottotenente dei<br />

bersaglieri, per svolgervi il servizio di prima nomina. Ora vi era tornato per morirvi. Ma<br />

non la morte gloriosa in battaglia né quella del vecchio soldato stanco, accompagnata<br />

dalle note solenni e commoventi del silenzio fuori ordinanza. Nella mattina gelida dell’11<br />

gennaio 1944 Emilio De Bono moriva fucilato alla schiena come un traditore.<br />

Era nato a Cassano d’Adda il 19 marzo del 1866. Da quel borgo agricolo (che aveva<br />

dato i natali a un altro militare destinato ad entrare nella storia, il generale Giuseppe<br />

Perrucchetti creatore degli Alpini) De Bono era uscito ragazzo per frequentare la scuola<br />

militare di Milano e poi l’Accademia di Modena. Tenente ventiduenne, riceve il battesimo<br />

del fuoco in Eritrea, poi la sua è la solita vita di guarnigione col grado di tenente<br />

colonnello. Quando scoppia il conflitto mondiale, De Bono ha già 49 anni, è colonnello e<br />

comanda il 15° Reggi mento bersaglieri.<br />

Piccolo, asciutto, scattante, ha coraggio da vendere; nonostante il grado elevato, è<br />

sempre in prima linea.<br />

Nella marcia su Roma Mussolin gli dà il comando di una delle colonne e lo nomina<br />

quadrumviro, insieme con Balbo, De Vecchi e Bianchi. Poi, conquistato il potere, gli<br />

affida contemporaneamente il comando della Milizia e la direzione della polizia. Vada<br />

per la prima carica, ma la seconda non è proprio fatta per lui: il 10 giugno1924 Giacomo<br />

Matteotti viene rapito dai fascisti e sei giorni dopo De Bono dà le dimissioni da<br />

entrambe le cariche. L’uragano è piombato sul suo capo senza che egli ne avesse il<br />

minimo sentore: quattordici anni dopo, il 3 marzo del 1938, parlando a cuore aperto<br />

con Galeazzo Ciano, giurerà che non ne sapeva nulla. E c’è da credergli, perché era<br />

onesto, sprovveduto, leale e privo di senso politico e di capacità critica.<br />

«Un vecchio frenetico e fregnone»<br />

Uscito per il rotto della cuffia dalla vicenda Matteotti e divenuto senatore, nel 1935 è<br />

comandante supremo in Africa Orientale. Il 3 ottobre comincia l’avanzata, conquista<br />

Adua, Axum, Macallè, ma poi si ferma. Pover’uomo: non è né un geniale stratega né un<br />

abile tattico: è ancora il comandante di reggimento fermo al 1915. Lo sostituisce<br />

Badoglio che – magari aiutandosi con l’impiego dei gas – vince la guerra d’Etiopia. De<br />

Bono riceve il contentino del maresciallato e vivacchia a Roma fino a quel fatale 25<br />

luglio 1943 e relativa seduta del Gran Consiglio.<br />

Ha 77 anni, è piuttosto sordo e si addormenta facilmente. Per questo non voleva<br />

nemmeno partecipare, ma ce l’hanno trascinato quasi a forza i congiurati. Esce dal<br />

torpore, durante la seduta, solo per difendere le forze armate e lo Stato Maggiore dalle<br />

accuse di alcuni oratori. Poi vota a favore dell’ordine del giorno Grandi, sicuro che<br />

Mussolini è d’accordo, e se ne torna a Cassano. Non ha timori perché, effettivamente,<br />

non ha nemici. È vero che Mussolini (è Ciano che lo dice) lo ha definito «vecchio<br />

frenetico e fregnone», ma nessuno lo ha mai odiato né disprezzato, anche se una volta<br />

ha definito Starace «sinistro buffone» o in un’altra occasione ha difeso, con Balbo e<br />

Federzoni, gli ebrei. Anzi Bottai, che è un cervello fino, esprime un giudizio molto

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