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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Alle 10.05 gli accusati vengono condotti in una saletta attigua all’aula ad attendervi la<br />

sentenza.<br />

Ciano è l’unico che non si illude sul verdetto. Ha sperato di salvarsi quando, giorni<br />

prima, sua moglie – trattando con i servizi segreti tedeschi tramite Frau Beetz – è stata<br />

sul punto di ottenergli la libertà, mediante la fuga, in cambio della consegna dei Diari,<br />

ma poi Hitler, avvertito, è intervenuto personalmente proibendo il baratto.<br />

«Ieri mi facevo delle illusioni, ora non spero più», dice Ciano al giudice Cersosimo. «Mi<br />

è stato riferito quali sono gli umori nei nostri confronti e, se non ci condanna a morte il<br />

tribunale, saranno poi i più accesi e scalmanati fascisti a farci fuori». Cianetti e Marinelli<br />

passano dalla fiducia all’abbattimento; soltanto De Bono è ancora tranquillo: «Il<br />

processo è terminato», dice maliziosamente; «adesso si aspetta l’imbeccata di<br />

Mussolini». Ma l’ottimismo del vecchio maresciallo dura poco; il suggerimento Mussolini<br />

lo ha già dato da mesi e, con estrema rapidità, i giudici passano al verdetto, che è<br />

pronunciato in una atmosfera demenziale.<br />

La mattina di lunedì 10 gennaio 1944, e per qualche ora, Verona appare come una città<br />

in stato d’assedio; carri armati sono in movimento davanti all’Arena, cordoni di fascisti<br />

presidiano gli imbocchi del Ponte Scaligero e del Ponte della Pietra, pattuglie percorrono<br />

le strade lungo l’Adige. Queste eccezionali misure di sicurezza sono state prese da<br />

Pavolini proprio in vista della conclusione del processo contro Ciano.<br />

In camera di consiglio gli otto giudici e il presidente discutono attorno ad un tavolo<br />

coperto di panno nero, con al centro tre portacenere e una rozza scatoletta piena di<br />

palline bianche e nere per le votazioni: pallina bianca, la vita; pallina nera, la morte.<br />

Montagna, amico di De Bono, Mittica, Riva e Casalinovo sono orientati per una certa<br />

indulgenza; Vecchini, Vezzalini, Gaddi e Pagliani pretendono la massima severità; Riggio<br />

è incerto. Montagna propone di dividere gli imputati fra quelli che hanno tradito<br />

veramente e quelli che, senza rendersi conto del significato politico dell’ordine del<br />

giorno Grandi, lo hanno votato. Vezzalini protesta: «Per me», dice, «c’è una sola<br />

distinzione da fare: fucilare i primi alla schiena e gli altri al petto».<br />

È subito esaminato il caso di Cianetti che ottiene cinque palline bianche e quattro nere:<br />

è salvo. Ma quando anche De Bono ha cinque palline bianche, Vezzalini torna a<br />

insorgere urlando minaccioso: «Colleghi, voi state tradendo il fascismo! […] Propongo<br />

una nuova votazione per De Bono». Intimorito, Riggio muta opinione e depone nell’urna<br />

la pallina nera, perché (dirà poi a Montagna) «come fascista e squadrista ho il dovere di<br />

condannare a morte». Così è anche per gli altri: su Ciano, invece, la votazione è<br />

unanime: fucilazione.<br />

Alle 13.40 un lungo trillo di campanello annuncia il Tribunale. Gli imputati escono dalla<br />

saletta d’attesa e, dopo un attimo di silenzio, il presidente legge in fretta e a voce<br />

bassissima il dispositivo della sentenza. Alle prime battute di Vecchini, i difensori<br />

comprendono all’istante che è la responsabilità piena, senza attenuanti di sorta. La<br />

morte è per tutti, presenti e contumaci, con la sola eccezione di Cianetti, condannato a<br />

trent’anni di reclusione. Gli accusati, pallidissimi, non fiatano. De Bono, che non ha<br />

capito, si volge ansioso a Ciano: «Che cosa hanno deciso?». L’ex ministro degli Esteri<br />

indica Cianetti: «Solo lui si salva, per noi è finita» e si fa il segno della croce. Marinelli, a<br />

voce alta, chiede: «E per me?». «La morte, come per noi», risponde Ciano. Marinelli<br />

sviene.<br />

Niente «grazia» per i condannati

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