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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Il memoriale di Ciano conclude: «Ecco quanto ho creduto di dover riassumere, e, se si<br />

deve parlare di difesa, questa è già nella narrazione dei fatti. Che il voto del Gran<br />

Consiglio sia stato un errore lo ammetto e gli errori pesano sugli uomini e sui popoli ma<br />

respingo la parola tradimento con disprezzo. Tradimento presuppone interesse, e quale<br />

razza di tradimento è mai codesto che dà, a chi lo perpetrò, soltanto persecuzione,<br />

esilio e galera? Il mio passato di fascista e di soldato, il mio nome e la mia fede di<br />

italiano mi danno diritto di guardare chiunque negli occhi, sicuro di non avere mai e per<br />

nessuna ragione commesso azione indegna».<br />

Quando il presidente gli dà la parola, Ciano parla a voce alta e chiara, anche se in<br />

qualche momento l’emozione e la stizza gli incrinano talvolta le parole.<br />

«Respingo categoricamente e sdegnosamente le accuse che mi vengono contestate»,<br />

dice con fermezza. «Esse suonano offesa a tutto il mio passato di cittadino, di soldato e<br />

soprattutto di fascista. Non ho mai frequentato ambienti politici e conventicole<br />

parlamentari. Ho trattato sempre direttamente con il Duce e mai per interposte<br />

persone. Se il Duce mi avesse interpellato circa la riunione del Gran Consiglio, lo avrei<br />

sconsigliato perché in quel momento non era prudente detta convocazione per le<br />

ripercussioni internazionali che avrebbe potuto avere. Ripeto che io non ho inteso<br />

tradire né la causa né il Duce. Col mio voto intendevo solo agganciare la Corona e farla<br />

intervenire in guerra perché era rimasta estranea durante tutto il conflitto».<br />

Dal pubblico di facinorosi si levarono violente proteste. Una voce urlò: «Non è vero!<br />

Traditore!» e da quel momento le parole di Ciano vennero sempre commentate con<br />

mormorii e grida di «A morte! A morte!».<br />

Pubblico Accusatore: «Come mai vi curaste, di vostra iniziativa, di parlare al Duce della<br />

riunione del Gran Consiglio?».<br />

Ciano: «Non essendo più ministro degli Esteri non avevo facoltà di avvicinare facilmente<br />

il capo del governo. Del resto devo aggiungere che io ho sempre trattato il Duce come<br />

capo del governo e perciò ad una certa distanza».<br />

Il giudice Franz Pagliani: « Che cosa avete fatto per Mussolini quando veniste a sapere<br />

del suo arresto? Voi che gli dovevate gratitudine per avervi elevato a cariche somme<br />

ancorché giovanissimo e soprattutto sapendolo nonno dei vostri figli e padre di vostra<br />

moglie?».<br />

Ciano: «Sospettato, sorvegliato, anzi guardato a vista come ero, mi trovai<br />

nell’impossibilità assoluta di agire in suo favore. Ricordo, anzi, che il mio telefono, fin<br />

dal pomeriggio del 25 luglio, era stato isolato. Dirò di più: temevo, io stesso, da un<br />

momento all’altro, di essere arrestato da Badoglio. Non parliamo poi dei giornalisti che<br />

si scatenarono contro di me fin dal 26 luglio. In tali condizioni che potevo quindi fare?».<br />

Presidente: «Che ne dite del dilemma posto dal Duce e cioè che se il Gran Consiglio<br />

avesse votato l’ordine del giorno Grandi egli avrebbe potuto trovarsi in una situazione<br />

insostenibile facendo sorgere il suo caso personale perché lui (sono le sue parole) non<br />

era solito restare in paradiso a dispetto dei santi?».<br />

Ciano: «Devo dire che non l’ho ritenuto un vero e proprio dilemma perché la posizione<br />

del Duce, per me, era fuori discussione».<br />

Per il resto il processo non ha storia. Domenica 9 gennaio – seconda udienza – viene<br />

data lettura del «memoriale Cavallero», mutilato della parte che riguarda e<br />

compromette Farinacci, e questo documento che parla vagamente di complotti attorno<br />

a Mussolini è l’unica «prova» portata dall’accusa. Poi parla il p.g. Fortunato che invoca<br />

la condanna a morte dei 19 imputati e include la requisitoria citando le parole di<br />

Robespierre e di Danton alla Convenzione: «Così ho gettato le vostre teste alla storia<br />

d’Italia, fosse anche la mia, purché l’Italia viva».

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