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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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quello di bande poliziesche al servizio del regime dei demoni. Non a caso diverso fu il<br />

trattamento riservato al comando supremo della Wehrmacht e allo stato maggiore,<br />

considerati organi costituzionali.<br />

Molti però sostennero anche allora che le tesi di Norimberga erano sbagliate. Il 24 luglio<br />

1947 Benedetto Croce pronunciò alla Costituente un discorso contro la sentenza. Il<br />

filosofo napoletano faceva osservare che il tribunale era costituito dai vincitori e che<br />

rappresentava uno strumento di rappresaglia piuttosto che di giustizia. Ci si poteva<br />

chiedere allora perché non venissero processati, sullo stesso piano, i crimini di guerra<br />

dei vincitori: per esempio lo sterminio atomico di Hiroshima e Nagasaki.<br />

Il filosofo Jacques Merleau Ponty fu invece favorevole all’operato dei giudici di<br />

Norimberga: «Nello spirito dei magistrati che hanno preparato quello statuto,<br />

soprattutto da parte degli americani, si trattava evidentemente di far progredire il diritto<br />

internazionale per creare un precedente partendo da una situazione storica nuova».<br />

Bisogna dire che il giudizio di Norimberga fu un’affermazione del diritto naturale, della<br />

legge non scritta, che vieta il compimento di atti contro l’umanità: in base a tale legge<br />

preesistente al diritto furono processati i criminali nazisti. Ma il discorso sulla<br />

responsabilità dei militari, anche alla luce dei principi del diritto naturale, è assai vasto,<br />

e su Kappler poi si può dibattere all’infinito. Non a caso la prima corte che lo giudicò lo<br />

condannò per avere sacrificato i dieci ebrei dell’ultima ora e le cinque vittime in più, e<br />

non per la rappresaglia in sé.<br />

Il tema è di quelli destinati a durare: si è riproposto nel Vietnam (soprattutto l’episodio<br />

di My Lai e il processo al tenente Calley), nel Medio Oriente, in varie situazioni dei nostri<br />

giorni. Nel 1967 si riunì ad Essen un congresso di eminenti giuristi tedeschi per<br />

riesaminare i processi svoltisi nella Germania federale negli ultimi dieci-quindici anni e<br />

per invitare a porre fine al trattamento di «inopportuna clemenza» verso i criminali<br />

nazisti. I giuristi rilevarono che quei crimini «vennero puniti con pene evidentemente<br />

miti». E analizzarono il fatto che nella Germania di Hitler era d’obbligo ubbidire<br />

ciecamente, senza discutere. Eppure, dissero i giuristi, «dall’analisi dei fatti noti risulta<br />

che lo stato di necessità o di necessità putativa [quando una persona e convinta di non<br />

poter sottrarsi al dover fare una cosa], che presuppone una idea di minaccia della vita,<br />

solo di rado è stato provato».<br />

Insomma, secondo i saggi di Essen, bastava dire di no, discutere, ritardare, sabotare.<br />

Ma anche un militare poteva farlo?<br />

Kappler poteva farlo?<br />

La commissione ha risposto eloquentemente che «è agente del delitto (e non soltanto<br />

complice): 1) chi ha ucciso senza ordine concreto; 2) chi ha fatto più di quello che gli<br />

era stato ordinato; 3) chi, avendo elevata funzione di comando, con poteri autonomi<br />

oppure discrezionali, ha ordinato uccisioni». Molto chiaro: e si applica benissimo a<br />

Kappler.

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