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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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giudici, uno per ciascuna potenza vincitrice: Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica<br />

e Francia. Si elencavano in esso questi tipi di delitti da colpire: 1) delitti contro la pace<br />

(pianificazione, preparazione, scatenamento di guerre di aggressione); 2) delitti di<br />

guerra (cioè violazione delle leggi o regole di guerra); 3) delitti contro l’umanità<br />

(uccisioni, stragi, deportazione, riduzione in schiavitù e atti efferati commessi contro i<br />

civili).<br />

L’articolo 7 dell’atto precisava che «la posizione ufficiale degli imputati, sia che fossero<br />

capi di Stato o membri responsabili di ministeri, non esclude o limita la loro<br />

responsabilità». Gli imputati non potevano cioè invocare il fatto che i loro crimini fossero<br />

dipesi dalla carica che occupavano e non dalla loro volontà.<br />

L’avvocato Otto Stahmer, il leader della difesa, lanciò subito la sua tesi principale. Egli<br />

sosteneva l’auspicabilità di una legge internazionale che punisse gli uomini rei di<br />

scatenare guerre ingiuste. Ma siccome tale legge non esisteva, disse che non si<br />

potevano processare gli imputati. Nulla poena sine lege: ogni uomo ha diritto ad essere<br />

processato solo in base ad una legge preesistente.<br />

Il giudice della corte suprema degli Stati Uniti Robert H. Jackson, un pubblico<br />

accusatore di statura storica, replicò che quel tribunale non incarnava una volontà<br />

astratta bensì «il pratico sforzo di quattro potentissime nazioni, appoggiate da altre<br />

sessanta, di creare una legge internazionale capace di far fronte alla più mortale fra le<br />

minacce della nostra età, la guerra di aggressione». Il sentimento di giustizia del genere<br />

umano esigeva che non ci si arrestasse alla punizione di crimini mediocri di piccoli<br />

uomini, ma si colpissero quei grandi che facevano uso della loro potenza per scatenare<br />

mali che non avrebbero risparmiato alcun focolare umano.<br />

Al di là del discorso generale sulla guerra (che si concluse con l’affermazione del giudice<br />

Jackson, nel rapporto a Roosevelt, che a Norimberga era stato affermato un principio<br />

fondamentale, cioè che il «preparare, provocare o condurre una guerra di aggressione o<br />

cospirare con altri a tal fine è un delitto contro la società internazionale e che il<br />

perseguire, opprimere o fare violenza a individui o a minoranze per motivi politici,<br />

razziali e religiosi, e sterminare, mettere in schiavitù e deportare le popolazioni vinte<br />

sono veri e propri delitti internazionali, e che gli individui sono responsabili di tali<br />

delitti»), vi era il problema specifico della responsabilità dei militari. Il militare può<br />

decidere di non ubbidire agli ordini? E quale criterio ha per decidere se l’ordine che ha<br />

ricevuto sia giusto o iniquo? Fu il problema che sorse per il maresciallo Keitel, per il<br />

generale Jodl, bracci destri di Hitler (che finirono impiccati), per gli ammiragli Raeder e<br />

Dönitz (condannati rispettivamente all’ergastolo e a dieci anni).<br />

Solo una volta i militari di Hitler furono clamorosamente scagionati a Norimberga. Al<br />

Grand’ammiraglio Dönitz era stata contestata una sua ordinanza per cui «è proibito ogni<br />

salvataggio degli equipaggi delle navi colate a picco: cioè ripescare i naufraghi. È<br />

necessario essere implacabili, ricordare che il nemico bombarda le nostre città». Il<br />

difensore di Dönitz esibì una dichiarazione giurata dell’ammiraglio americano Nimitz,<br />

secondo cui gli alleati sui mari si comportano allo stesso modo. «La Germania», disse<br />

l’avvocato Kranzbühler, «usava gli stessi metodi del nemico». «È a verità», confermò<br />

Dönitz, «Non ho nulla da rimproverarmi. Sono in pace con la mia coscienza». Dönitz<br />

ebbe dalla corte soltanto dieci anni di reclusione. La difesa sostenne per tutti i «signori<br />

della guerra» la tesi dell’obbedienza cieca. «Il senso di obbedienza di Keitel era tale»,<br />

disse l’avvocato Nelte, «che egli non si pose mai il problema di rifiutare l’esecuzione di<br />

un ordine seppure esso colpiva il diritto delle genti e dell’umanità». Però per Keitel e<br />

Jodl la corte decise: impiccagione.<br />

La sentenza di Norimberga condanna anche la Gestapo, la SD di Heydrich e Kappler, le<br />

SS come organizzazioni criminali. In esse non si ravvisava un carattere militare, bensì

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