SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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Cominciò additando alla Stampa l’identità dell’Unità, un foglio clandestino, che recentemente aveva pubblicato otto serie, come «l’Organo centrale del partito comunista italiano». In questa edizione i criminali dell’attacco di Via Rasella sono additati come nobili eroi e martiri della rigenerazione del paese. Il colonnello osservò che, dato che questi misfatti criminali potevano essere ripetuti da elementi comunisti, sarebbe stato consigliabile che i romani cooperassero con le forze tedesche per prevenire e sopprimere qualsiasi manifestazione sospetta. Deplorò l’atteggiamento essenzialmente passivo della gente, dicendo che un tale atteggiamento, se continuato, avrebbe costretto i tedeschi ad usare metodi molto severi. Il colonnello poi ritornò a parlare del massacro di Via Rasella spiegando che quei soldati tedeschi mentre passavano per la strada erano stati assaliti dalla gente e abbattuti da bombe a mano… la rabbia dei criminali crebbe a tal punto che usando dei revolver e fucili spararono dall’alto e seminarono la morte tra i giovani soldati del Reich decimando e mutilando i loro corpi orribilmente. Gli uomini che si trovavano nel centro furono tutti uccisi. Gli altri alle estremità per la maggior parte furono feriti. Gli autori del misfatto non sono stati presi. La polizia sta ancora investigando; questo si dimostra in particolar modo difficile perché la popolazione non collabora. In seguito a questo attacco 320 prigionieri politici sono stati presi dalle prigioni di Regina Coeli (questi erano stati già accusati, giudicati ed avuto la sentenza, come per esempio il Prof. Gesmundo che quando era stato preso si trovava in possesso di quattrocento chiodi, che seguendo gli ordini clandestini, dovevano essere sparsi lungo la Via Appia per impedire il passaggio di convogli di macchine tedesche che allora sarebbero state prese a colpi di fucile da elementi patrioti nascosti nelle vicinanze) e portati vicino a S. Sebastiano dove furono uccisi uno per uno e portati nella grotta la cui entrata fu poi fatta saltare dalla dinamite, per seppellire i corpi. Alla fine del suo discorso, il Colonnello invitò i direttori dei giornali a pubblicare le sue dichiarazioni. Gli fu risposto che sarebbe stato meglio sospendere la pubblicazione di tali notizie poiché non era il momento più adatto per riaccendere nel cuore dei romani, specialmente durante il tempo pasquale, il loro appena sopito dolore. Sommario dell’incidente del 23 marzo 1944 Dalle allegate dichiarazioni ed altre relazioni il sommario della versione dell’incidente del 23 marzo 1944 così si presenta: 1) si era osservato che una colonna della polizia tedesca passava regolarmente lungo la via Rasella, e nei due giorni precedenti il 23 marzo la località era stata ben studiata dalla GAP (Gruppo dell’Azione patriottica del Comitato di liberazione nazionale) ed era stato completato un piano per sincronizzarlo con il tempo che la colonna impiegava per passare. 2) alle 14 del 23 marzo 1944 una cassa di acciaio degli utensili caricata con 12 chili di esplosivo fu messa su un carro di uno spazzino. Intorno furono sistemati altri sei kg d’esplosivo, mescolati (o messi in infusione?). Doveva scoppiare per accensione con un fuso di circa un minuto. Il carretto fu collocato nel centro della strada. Come parte dei preparativi un servizio di osservazione fu messo lungo la strada dove la colonna doveva passare per giungere a via Rasella. Quando i tedeschi si furono inoltrati di poche yards (3 piedi e 36 pollici!) lungo la via Rasella un compagno si tolse il cappello. Questo era il segnale accordato per accendere il fuso. Un altro compagno, travestito da spazzino, accese il fuso e mise il cappello sul carretto per segnalare che tutto era in ordine; che l’esplosione si sarebbe avuta in un minuto e che gli altri compagni stabiliti per l’attacco diretto si potevano preparare. Allora egli
si recò in Via Quattro Fontane, dove una compagna lo attendeva e gli diede un impermeabile per nascondere l’uniforme da spazzino. Aveva appena girato l’angolo della suddetta strada quando ebbe luogo l’esplosione. In quel momento la colonna tedesca si trovava proprio di fronte al carretto. I nazisti della retroguardia si ritrovarono verso la parte più bassa della strada, ma in Via del Boccaccio nel punto che conduce a Via dei Giardini essi furono attaccati da bombe a mano. Queste erano bombe da mortaio «85» modificate con un fuso di 4-5 secondi. 3) Quelli caricati da questo secondo attacco si ritirarono in buon ordine ed evidentemente sfuggirono seri incidenti. 4) L’uomo travestito da spazzino municipale che accese il fuso era Rosario Bentivegna, uno studente universitario di ventitré anni e membro della GAP. 5) Subito dopo arrivarono sulla scena alti ufficiali con soldati della «Nembo», «Barbarigo», battaglioni «Roma o Morte», soldati della squadra del Luogotenente Koch e della milizia, agenti di PS, della Reale Guardia di Finanza e della PAI. 6) Alcuni dei presenti erano: Generale Maeltzer del Comando tedesco di Roma, Dollmann Colonnello delle SS., Köller Luogotenente delle SS, Matxke Maresciallo delle SS, Luogotenente Rauch delle SS, Col. Kappler, Maggiore Hass, Cap. Schütz, Cap. Clemens, Cap. Priebke, Maresciallo Bodensterh, Maresciallo Wesemann, Generale Presti del comando della città aperta di Roma, Generale Catardi, il Questore Caruso, il Vice Capo della Polizia Cerruti, il Segretario del Partito Pizzirani col suo segretario Serafini, il generale della Milizia Ortona, il capitano del Battaglione Nembo Alvino, il luogotenente De Mauro delle SS italiane, l’agente della questura e delle SS Bernasconi, il luogotenente Molesani e il geometra Brega (entrambi addetti alla Federazione fascista di Roma), il comandante del comando divisionale della Polizia, Col. Radogna, il Magg. Albanesi e il Cap. Gandolo della polizia, il Magg. Zambardino dell’esercito, il comandante del G.R. Palnici, il Comm. Pastori, il Luogot. Barbera, il Commissario Borolo, il Cav. Carmelo e il Magg. Cremonesi (vero nome Mario Imola). 7) Vi erano trentadue morti tedeschi adagiati in fila da un lato della strada e due morti italiani, un uomo e un bambino di circa 10 o 12 anni. Di questi poco o niente si erano preoccupati per un considerevole periodo di tempo. 8) Soldati tedeschi, fascisti e militari della Barbarigo e della Nembo entrarono nelle case di via Rasella conducendo fuori donne e bambini che, con l’accompagnamento di botte e di altre forme di brutalità, furono allineati contro le inferriate del Palazzo Barberini con le braccia in alto sotto la minaccia dei fucili per lungo tempo. Coloro che passavano subivano lo stesso destino. Il generale Presti dichiarava che lui e il generale Catardi protestavano contro tale trattamento di gente innocente, ma le loro parole causarono solo indignazione. Il colonnello Dollmann era il più eccitato, e il generale Maeltzer ferocemente arrabbiato percosse la faccia di un uomo ammalato che aveva pregato nella sua debolezza di poter abbassare le braccia. Alcune persone tentarono di difendersi con armi nascoste, ma quelli trovati in possesso furono immediatamente uccisi. La feroce reazione durò per più di un’ora, vi furono spari intermittenti a casaccio, le finestre, le porte e i mobili delle case furono spezzati, e frantumati specialmente dai soldati tedeschi. Caruso e Cerruti li lasciarono fare. In serata protetti dall’oscurità cominciò il saccheggio di tutte le case di Via Rasella, da parte dei soldati tedeschi, fascisti e di alcuni agenti di PS. Il Generale Presti dichiara che, informato del fatto, telefonò alla Polizia tedesca chiedendo che desse ordine di proibire ciò e che egli personalmente mandò due suoi ufficiali e venti guardie della PAI che arrestarono alcuni soldati della milizia e del battaglione Barbarigo e cinque agenti di PS che egli denunziò al Tribunale per mezzo della Questura. Egli pure
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si recò in Via Quattro Fontane, dove una compagna lo attendeva e gli diede un<br />
impermeabile per nascondere l’uniforme da spazzino. Aveva appena girato l’angolo<br />
della suddetta strada quando ebbe luogo l’esplosione. In quel momento la colonna<br />
tedesca si trovava proprio di fronte al carretto. I nazisti della retroguardia si<br />
ritrovarono verso la parte più bassa della strada, ma in Via del Boccaccio nel punto<br />
che conduce a Via dei Giardini essi furono attaccati da bombe a mano. Queste erano<br />
bombe da mortaio «85» modificate con un fuso di 4-5 secondi.<br />
3) Quelli caricati da questo secondo attacco si ritirarono in buon ordine ed<br />
evidentemente sfuggirono seri incidenti.<br />
4) L’uomo travestito da spazzino municipale che accese il fuso era Rosario Bentivegna,<br />
uno studente universitario di ventitré anni e membro della GAP.<br />
5) Subito dopo arrivarono sulla scena alti ufficiali con soldati della «Nembo»,<br />
«Barbarigo», battaglioni «Roma o Morte», soldati della squadra del Luogotenente<br />
Koch e della milizia, agenti di PS, della Reale Guardia di Finanza e della PAI.<br />
6) Alcuni dei presenti erano: Generale Maeltzer del Comando tedesco di Roma,<br />
Dollmann Colonnello delle SS., Köller Luogotenente delle SS, Matxke Maresciallo<br />
delle SS, Luogotenente Rauch delle SS, Col. Kappler, Maggiore Hass, Cap. Schütz,<br />
Cap. Clemens, Cap. Priebke, Maresciallo Bodensterh, Maresciallo Wesemann,<br />
Generale Presti del comando della città aperta di Roma, Generale Catardi, il<br />
Questore Caruso, il Vice Capo della Polizia Cerruti, il Segretario del Partito Pizzirani<br />
col suo segretario Serafini, il generale della Milizia Ortona, il capitano del Battaglione<br />
Nembo Alvino, il luogotenente De Mauro delle SS italiane, l’agente della questura e<br />
delle SS Bernasconi, il luogotenente Molesani e il geometra Brega (entrambi addetti<br />
alla Federazione fascista di Roma), il comandante del comando divisionale della<br />
Polizia, Col. Radogna, il Magg. Albanesi e il Cap. Gandolo della polizia, il Magg.<br />
Zambardino dell’esercito, il comandante del G.R. Palnici, il Comm. Pastori, il Luogot.<br />
Barbera, il Commissario Borolo, il Cav. Carmelo e il Magg. Cremonesi (vero nome<br />
Mario Imola).<br />
7) Vi erano trentadue morti tedeschi adagiati in fila da un lato della strada e due morti<br />
italiani, un uomo e un bambino di circa 10 o 12 anni. Di questi poco o niente si<br />
erano preoccupati per un considerevole periodo di tempo.<br />
8) Soldati tedeschi, fascisti e militari della Barbarigo e della Nembo entrarono nelle case<br />
di via Rasella conducendo fuori donne e bambini che, con l’accompagnamento di<br />
botte e di altre forme di brutalità, furono allineati contro le inferriate del Palazzo<br />
Barberini con le braccia in alto sotto la minaccia dei fucili per lungo tempo. Coloro<br />
che passavano subivano lo stesso destino. Il generale Presti dichiarava che lui e il<br />
generale Catardi protestavano contro tale trattamento di gente innocente, ma le loro<br />
parole causarono solo indignazione. Il colonnello Dollmann era il più eccitato, e il<br />
generale Maeltzer ferocemente arrabbiato percosse la faccia di un uomo ammalato<br />
che aveva pregato nella sua debolezza di poter abbassare le braccia. Alcune persone<br />
tentarono di difendersi con armi nascoste, ma quelli trovati in possesso furono<br />
immediatamente uccisi. La feroce reazione durò per più di un’ora, vi furono spari<br />
intermittenti a casaccio, le finestre, le porte e i mobili delle case furono spezzati, e<br />
frantumati specialmente dai soldati tedeschi. Caruso e Cerruti li lasciarono fare. In<br />
serata protetti dall’oscurità cominciò il saccheggio di tutte le case di Via Rasella, da<br />
parte dei soldati tedeschi, fascisti e di alcuni agenti di PS. Il Generale Presti dichiara<br />
che, informato del fatto, telefonò alla Polizia tedesca chiedendo che desse ordine di<br />
proibire ciò e che egli personalmente mandò due suoi ufficiali e venti guardie della<br />
PAI che arrestarono alcuni soldati della milizia e del battaglione Barbarigo e cinque<br />
agenti di PS che egli denunziò al Tribunale per mezzo della Questura. Egli pure