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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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incoraggiamenti. Scoprirà a sue spese che, proprio come una flotta ha bisogno della<br />

presenza di un ammiraglio, la guerra nel deserto non può essere diretta da lontano.<br />

Churchill vuole l’Operazione Crusader<br />

Appena giunto al Cairo, Auchinleck si mette all’opera per organizzare quella che di lì a<br />

poco diverrà la famosa 8ª Armata. Tempestato quasi quotidianamente dai messaggi del<br />

Primo Ministro, che vorrebbe una pronta ripresa delle operazioni nel deserto, si difende<br />

chiedendo tempo e rinforzi. Comincia un lungo braccio di ferro, tra Churchill che spinge<br />

all’azione e il suo generale che resiste, attirandosi l’accusa di mancare d’iniziativa, di<br />

idee, di energia. L’incomprensione tra i due uomini cresce ad ogni nuovo scambio di<br />

messaggi. La faccia di Churchill si allunga sempre più. La decisione di Auchinleck di<br />

rinviare ogni operazione contro Rommel, prima di tre mesi poi di quattro mesi e mezzo,<br />

provoca il suo brusco richiamo a Londra. «Trascorse un lungo week-end con me ai<br />

Chequers», scriverà Churchill. «Via via che potemmo conoscere meglio questo valoroso<br />

soldato, dalla cui capacità dipendevano ora in tanta parte le nostre sorti, e via via che<br />

egli si familiarizzò con le alte sfere della macchina bellica britannica e vide come essa<br />

funzionasse tranquillamente e senza intoppi, crebbe la fiducia reciproca. Non riuscimmo<br />

tuttavia a indurlo a scostarsi dalla decisione di fruire di una lunga tregua per preparare<br />

un’offensiva ben studiata per il 1° novembre. Questa avrebbe dovuto chiamarsi<br />

Crusader e sarebbe stata la più grande operazione da noi intrapresa fino a quel<br />

momento».<br />

Non maggiore è l’armonia nell’altro campo. Il 12 luglio Gariboldi, col quale Rommel<br />

cominciava a intendersi, viene bruscamente sostituito dal generale Ettore Bastico, un<br />

militare autoritario e aggressivo. Bastico («Bombastico» per Rommel e i suoi più stretti<br />

collaboratori) vorrebbe muovere all’attacco dell’Egitto senza preoccuparsi di Tobruk,<br />

mentre il comandante dell’Afrikakorps, forte dell’appoggio di Hitler e Mussolini, esige<br />

che la sacca venga eliminata prima di riprendere l’avanzata verso il Cairo. Tobruk,<br />

infatti, rappresenta una minaccia mortale alle spalle delle forze dell’Asse: una sortita dei<br />

suoi «topi» potrebbe, in qualsiasi momento, spezzare il sottile cordone ombelicale che<br />

ne consente i rifornimenti. In ogni caso, concordano a fine agosto Keitel e Cavallero,<br />

nessun attacco sarà possibile prima del 15 settembre. Secondo gli Stati Maggiori<br />

tedesco e italiano, «per il prossimo avvenire non c’è alcuna prospettiva di un’offensiva<br />

dalla Libia contro il canale di Suez. Anche nel caso che si conquistasse Tobruk in<br />

autunno, l’equilibrio delle forze non la permetterebbe. Ciò vale anche per un attacco con<br />

obiettivi limitati, poiché ogni avanzata verso est peggiora la nostra situazione logistica<br />

già tesa e migliora quella britannica». In questa situazione un deciso attacco inglese<br />

avrebbe buone probabilità di successo, anche perché gli assedianti non sono affatto<br />

riusciti ad impedire il potenziamento della guarnigione di Tobruk. Ma il comandante<br />

delle forze britanniche nel Medio Oriente non si lascia distogliere dalla sua tattica<br />

temporeggiatrice. E Churchill non avrà torto a concludere che «il ritardo di quattro mesi<br />

e mezzo caldeggiato dal generale Auchinleck nell’impegnare il nemico nel deserto fu<br />

insieme un errore e una disgrazia».<br />

Ciascuno dei due avversari vorrebbe sapere cosa bolle nella pentola dell’altro.<br />

«Aumentano le notizie circa la prossima offensiva inglese in Libia», scrive Ciano nel suo<br />

Diario il 22 luglio. Gli italiani sono abbastanza pessimisti. Negli ambienti della Marina,<br />

germanofobi per tradizione, già in settembre si comincia a ventilare la possibilità di<br />

rinunciare alla Libia prima di esservi costretti dalla carenza di naviglio mercantile.

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