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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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poi ho aperto una scatola tedesca di carne, che ha molto sugo; per stasera, mi bastano<br />

due fette di pane biscottato col formaggio. Da tempo sono diventato astemio, solo per il<br />

primo dell’anno bevo un bicchiere di spumante. No, non leggo mai i giornali; ogni tanto<br />

Raeder, che segue la stampa, mi informa di certi aspetti della politica, e qualche<br />

iniziativa mi sorprende. Io credo che l’Europa debba unirsi, se vuole salvarsi. No, non<br />

sono un nazionalista anche se penso che ogni Paese ha il suo carattere, che va<br />

rispettato».<br />

Chiedo: «Qual è la sua principale occupazione, oltre alla lettura e alla corrispondenza?».<br />

«I bambini spastici, immobilizzati negli arti. Ho inventato delle macchine per insegnargli<br />

a leggere. Mi dà una certa soddisfazione non sentirmi del tutte inutile. Mi sembra di<br />

essere un parassita della società. Il mondo è ipocrita, non fa niente per far vivere questi<br />

infelici fuori dalla biologia. È comodo dichiararli non educabili. Io ho creato una serie di<br />

mezzi didattici, che in Germania si chiamano Kappler-Geräte, e compilo speciali testi di<br />

istruzione, uso le immagini che ritaglio dalle riviste, e un linguaggio semplice, che<br />

possono capire. Qualche titolo? La nostra terra, Miracoli quotidiani della natura, Che<br />

cosa l’uomo ha imparato dagli animali, che cosa gli resta da imparare. Se noi fossimo<br />

capaci di comportarci come il delfino coi suoi simili, raggiungeremmo l’ideale etico».<br />

«Signor Kappler, dove si trovava nell’aprile del 1945?».<br />

«Nei giorni della resa totale ero a Bolzano. Fu il crollo di tutto. Anche chi, fino a poco<br />

tempo prima, era cieco, cominciava a vedere. Come stato d’animo, pareva che qualcuno<br />

ti sparasse alla nuca. La disfatta, il crollo. Cominciarono i suicidi. Ricordo un giovane<br />

ufficiale delle SS che aveva perduto un occhio in combattimento, e aveva mezzo piede<br />

artificiale, e si tirò un colpo di pistola. Per Himmler, chi si toglieva di mezzo non era<br />

degno della sepoltura con gli onori che competono ad un soldato. Una specie di<br />

scomunica, come quella della Chiesa. Io mi sono battuto, in questi casi, perché la<br />

cerimonia avesse il suo decoro. E poi che cosa ha fatto il capo? Ha preso le pillole di<br />

cianuro. In me è nato un profondo disgusto. Capisce a che cosa serviva la “Mensur”, il<br />

duello studentesco? Era una educazione all’autocontrollo, a sapere incassare, a restare<br />

diritto. Un corsetto, un busto morale che ti veniva messo per insegnarti a rimanere<br />

coerente con te stesso, con le idee in cui credi».<br />

«Qualcuno ha detto: “Il destino di un uomo è il suo carattere”».<br />

«Non mi sono mai ribellato alla mia sorte, signor Biagi. Sono grato a Dio che mi ha<br />

permesso di maturarmi. Ognuno è più completo, se riesce con l’età a guardare dentro<br />

se stesso. Mi capisca: non sono contento di stare qui dentro per tutta la vita; non mi<br />

considero innocente in senso religioso e morale. Sull’aspetto legale, invece, avrei da<br />

discutere.<br />

Le leggi di guerra sono, di per se stesse, disumane e crudeli. la guerra è feroce, è<br />

indegna dell’umanità, ma esiste. Io ho rispetto per i morti, per chiunque sia caduto per<br />

il suo ideale. Ma non capisco quelli che davanti alle Fosse Ardeatine vanno a fare i<br />

discorsi; io porterei fiori, se potessi, e mi inginocchierei pensoso a meditare».<br />

«Come è stato catturato?».<br />

«Nessuno mi ha tratto in arresto. Un camerata mi disse: “Gli inglesi hanno un elenco di<br />

quelli che cercano, c’è anche il tuo nome”. Mi presentai ad un capitano della Military<br />

Police: “È vero che sta dando la caccia a Kappler? Eccolo davanti a lei”. Era un po’<br />

sorpreso, perplesso. Restammo d’accordo che mi sarei trovato due giorni dopo<br />

all’aeroporto, ad una certa ora, e da lì mi avrebbero condotto per l’interrogatorio a<br />

Firenze. “Ci sarà?”, mi chiese il capitano. “Senz’altro”. E me ne andai. Guidai poi io<br />

stesso la macchina fino al campo d’aviazione, c’era un bimotore sulla pista che<br />

aspettava, caricò anche altri ufficiali, ritrovai anzi un amico che non vedevo da tempo. A<br />

Firenze mi portarono in una villetta, dove le camere erano state trasformate in celle. “Mi

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