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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Alla stessa ora Kappler, all’hotel Excelsior, fa il suo rapporto a Wolff comunicandogli che<br />

«l’ordine di procedere a rappresaglie è stato eseguito oggi […] sopprimendo con armi<br />

da fuoco 335 persone» e il generale SS risponde che 335 esecuzioni non sono<br />

sufficienti: il popolo romano «non merita un trattamento di favore».<br />

Le versioni dei giornali<br />

In serata, però, la voce terribile del massacro incomincia a circolare nella capitale,<br />

penetra nelle case addormentate, nei rarissimi locali dove si adunano clandestinamente<br />

uomini e donne, arriva perfino nelle carceri. Come testimonierà il partigiano Andrea De<br />

Gasperis del Partito d’Azione, detenuto a quell’epoca a Regina Coeli, il terzo braccio è<br />

immerso da diverse ore nel buio quando un singhiozzo lacerante si leva da una cella con<br />

un grido allucinante: «Assassini! Tutti li hanno ammazzati! Tutti!». Anche a Mussolini<br />

giunge l’eco della strage. «Mio marito è furioso per i fatti di Roma», scrive sua moglie<br />

Rachele, che a forza di domande indirette lo ha indotto a dire quello che pensa. «Ciò<br />

che è accaduto è terribile», confida Mussolini, «credono di trattare gli italiani come i<br />

polacchi […]. Non ho fatto in tempo ad impedirlo ma solo a protestare. Perché tanta<br />

esasperazione di odio? Quello sciagurato che ha lanciato la bomba uccidendo una<br />

trentina di soldati tedeschi, provocando la tremenda sciagura, alla quale si è sottratto,<br />

non ha spostato con questo di una linea le sorti della guerra. I tedeschi, dal canto loro,<br />

con la spietata rappresaglia non potranno certamente impedire che si ripetano simili<br />

gesta».<br />

L’ultimo atto tedesco della strage è il comunicato da dare alla stampa e conoscendo i<br />

conflitti all’interno del CLN e l’opposizione dei monarchici alle attività dei partiti di<br />

sinistra, Kappler e i suoi consiglieri decidono di attribuire l’operazione di via Rasella ai<br />

«comunisti badogliani», accusa del tutto semplicistica perché sono caduti fianco a fianco<br />

sia i badogliani Montezemolo e Fenulli che i comunisti Valerio Fiorentini e Gioacchino<br />

Gesmundo, sia gli azionisti Pilo Albertelli, responsabile militare del partito, che Armando<br />

Bussi, organizzatore di squadre. Il comunicato – in cui fra l’altro si parla, indirettamente,<br />

di 320 fucilati, mentre le vittime sono state 335 – viene trasmesso dall’agenzia di<br />

stampa Stefani alle 10.55 del mattino di sabato 25 e il Messaggero lo pubblica nella sua<br />

prima edizione, che è nelle edicole a mezzogiorno. Sull’Osservatore Romano compare il<br />

comunicato accompagnato da un commento anonimo in cui, fra l’altro, si parla dei<br />

«colpevoli sfuggiti all’arresto», insinuando l’accusa – destinata a trovare poi radici – che<br />

gli attentatori, costituendosi ai tedeschi, avrebbero evitato la strage (accusa «infame e<br />

inconsistente», commenta Giorgio Bocca nella Storia dell’Italia partigiana, perché gli<br />

autori dell’attentato non erano stati né avvertiti della rappresaglia né invitati ad evitarla<br />

col sacrificio personale).<br />

A questi primi annunci seguono. da lunedì 27 marzo, gli articoli di Umberto Guglielmotti,<br />

direttore de Il Giornale d’Italia, che fa risalire la responsabilità dell’attentato di via<br />

Rasella alle vittime delle Ardeatine (scrive infatti che costoro «in mano alla giustizia.<br />

erano in realtà direttamente o indirettamente responsabili dell’attacco») e di Bruno<br />

Spampanato, direttore de Il Messaggero, il quale afferma nell’articolo di fondo Chiare<br />

parole ai romani, che «i criminali, poi passati per le armi, avevano bombe ed esplosivi in<br />

casa invece che idee in testa». Infine l’agenzia Stefani, diffonde una breve notizia per<br />

accreditare la menzogna secondo la quale la bomba di via Rasella ha ucciso civili italiani<br />

e non SS: Donne e fanciulli ammazzati il 23 marzo nell’attacco di via Rasella, dice il<br />

titolo.

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