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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo quarantottesimo<br />

El-Alamein<br />

La guerra nel deserto è come la guerra sul mare. Ogni automezzo, camion o panzer che<br />

sia, si comporta come l’unità di una flotta, ogni autocolonna è una squadra navale. Il<br />

deserto non si occupa, come non si occupa il mare. Vi si viaggia con l’aiuto della<br />

bussola, facendo rotta da un fortino all’altro tra le dune o per carovaniere abbandonate.<br />

Quando si avvista il nemico, si manovra per avvicinarsi come può manovrare una nave,<br />

cercando la migliore posizione per colpirlo. Non esistono né trincee né fronte.<br />

Nell’estate del 1941 un isolotto irto di cannoni si erge ai limiti di questo mare di sabbia.<br />

È Tobruk, la spina che Rommel non è riuscito a togliersi dal fianco, né con gli attacchi a<br />

testa bassa di aprile né col migliaio di pesanti incursioni aeree dei tre mesi successivi.<br />

Bombardati giorno e notte, tormentati dal caldo e dalle mosche, nutriti solo di scatolette<br />

fatte arrivare fortunosamente via mare da Alessandria e da Marsa Matruh, i «topi di<br />

Tobruk» hanno resistito. La città e i sessanta chilometri del suo perimetro difensivo<br />

sono presidiati dalla 9ª Divisione australiana e da reparti di carri armati, artiglieria e<br />

fanteria britannici, tutti agli ordini del generale Leslie Morshead. Piano piano, intorno<br />

all’isolotto, le acque si sono calmate, e ora le forze dell’Asse stringono il nemico in un<br />

cerchio impenetrabile. Il grosso dell’esercito britannico non è lontano. Appena 160<br />

chilometri lo separano dalla guarnigione assediata, ma tra le sue posizioni e le tane dei<br />

«topi di Tobruk» è schierato l’Afrikakorps. Dal campo di El Adem, in cinque minuti di<br />

volo, gli aerei tedeschi possono sganciare le loro bombe sulle bianche rovine della città.<br />

La guerra di movimento si è trasformata in guerra di posizione.<br />

A metà maggio l’armata del deserto tenta di schiodare le forze di Rommel dal confine<br />

tra la Cirenaica e l’Egitto prima dell’arrivo della 15ª Panzerdivision. Sollum, la Ridotta<br />

Capuzzo, Sidi Azeiz e il Passo di Halfaya cambiano di mano due volte in pochi giorni, ma<br />

le forze britanniche sono respinte dai tedeschi e il tentativo fallisce. A metà giugno,<br />

piegandosi alle insistenze di Churchill, Wavell dà il via all’Operazione Battleaxe (ascia di<br />

guerra), che si conclude con un altro insuccesso. Per il primo ministro britannico, che<br />

dall’offensiva si aspettava la liberazione di Tobruk e un ripiegamento del nemico oltre<br />

Bengasi, è un brutto colpo. Irritato dallo scarso entusiasmo con cui il comandante in<br />

capo delle forze del Medio Oriente ha risposto alle sue sollecitazioni, Churchill decide di<br />

sostituirlo.<br />

Il nuovo comandante in capo delle forze britanniche nel Medio Oriente si chiama Claude<br />

Auchinleck e viene dall’India. Nato ad Aldershot, sacrario del militarismo inglese, è un<br />

uomo affabile e prestante. Ha cinquantotto anni, ma ne dimostra dieci di meno. Così lo<br />

descrive Alan Moorehead: «Aveva due cordiali occhi azzurri, folti capelli rossicci e un<br />

viso forte ed energico, sottolineato dai soliti baffetti militareschi. Era alto, distinto, dai<br />

modi semplici e sbrigativi. Portava i calzoncini corti, senza giubba: la divisa ormai<br />

universalmente adottata dagli ufficiali. Non si dava arie». Ingegno vivace, amabile<br />

conversatore, Auchinleck sembra essere un generale moderno, pronto a vagliare tutte<br />

le proposte e ad esplorare ogni possibilità. Ha due difetti: è troppo riservato e non sa<br />

scegliersi i collaboratori. Dal comando del Cairo, dove s’installa ai primi di luglio, crede<br />

di poter controllare la situazione nel deserto, sempre molto fluida e soggetta a repentini<br />

mutamenti, galvanizzando i suoi uomini con un getto continuo di consigli e di

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