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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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ministro, alloggiato all’Excelsior, dormiva ancora quando alle 8 del mattino Caruso bussò<br />

alla sua porta. Il questore riferì la richiesta di Kappler, che in un primo tempo era stata<br />

di 80 detenuti, scesa poi a cinquanta, «Mi rimetto a voi, eccellenza», disse Caruso. E<br />

Buffarini Guidi replicò: «Che posso fare? Sei costretto a darglieli. Altrimenti chissà che<br />

cosa potrebbe succedere. Sì, sì, daglieli». E Caruso, sollevato, interpretò queste parole<br />

come un ordine.<br />

La lunga notte di Kappler è dunque finita; la sua lista è completa; dentro ci sono tanto<br />

l’ex sottosegretario di Stato fascista Finzi e il diplomatico Filippo Grenet quanto un<br />

sacerdote, don Pietro Pappagallo, cappellano delle Suore del Bambino Gesù, il generale<br />

Dardano Fenulli, che ha combattuto contro i tedeschi nel settembre 1943 alla Piramide<br />

Cestia, quanto il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, uno dei capi della<br />

Resistenza a Roma, il tenente colonnello dei carabinieri Giovanni Frigiani che aveva<br />

arrestato Mussolini il 25 luglio 1943, quanto il capitano Aladino Govoni,<br />

trentacinquenne, figlio del poeta ferrarese Corrado Govoni.<br />

La lista degli ostaggi si allunga<br />

Ma la consegna dei prigionieri italiani avviene nel caos. Dapprima telefonano dalla<br />

questura un certo numero di nomi all’ufficio matricola di Regina Coeli, poi promettono di<br />

mandare l’elenco scritto. Quando l’elenco giunge, molti dei nomi sono stati cambiati,<br />

alcuni detenuti hanno già riacquistato la libertà. Inoltre, prima dell’arrivo dell’elenco<br />

scritto, Kappler invia al carcere di Roma un suo ufficiale con l’ordine di portarsi via<br />

cinquanta detenuti; l’ufficiale tedesco, vedendo che il personale italiano di custodia<br />

tarda ad obbedire, finisce per aprire le celle a caso trascinando via chi c’è dentro. Così,<br />

alle Ardeatine, verranno uccise 335 vittime, 5 di più della cifra stabilita dall’inumana<br />

rappresaglia (ma, come dirà Kappler, «ormai erano là, certo fu un errore… »).<br />

A mezzogiorno Kappler raduna i suoi dodici ufficiali e sessanta sottufficiali e annuncia il<br />

piano e i termini dell’esecuzione. Aggiunge, con «un terribile lampo negli occhi», che<br />

chiunque si rifiuterà di eseguire gli ordini verrà messo sotto accusa dinanzi al tribunale<br />

delle SS ed equiparato alla stessa situazione degli ostaggi, cioè portato davanti ad un<br />

plotone di esecuzione. A Roma le fucilazioni avvengono, di solito, a Forte Bravetta, ma<br />

Kappler scarta questo luogo perché «la consuetudine italiana voleva che ogni vittima<br />

fosse legata ad una sedia e a noi mancava il tempo per tutte queste formalità» (l’ordine<br />

del Führer, infatti, deve essere eseguito entro le 24 ore dal momento che è stato<br />

emanato e, quindi, prima delle 20 di quella sera). Il capitano Köhler suggerisce un<br />

labirinto di gallerie lungo la via Ardeatina, fra le antiche catacombe cristiane site fuori<br />

della Porta di San Sebastiano, poco oltre il punto dove, secondo la leggenda, Gesù<br />

apparve all’apostolo Pietro che fuggiva da Roma e che gli domandò: «Quo vadis,<br />

Domine?». I tedeschi hanno scoperto da poco questo posto perché alcuni reparti<br />

sbandati dell’esercito italiano vi avevano nascosto automezzi e carburante.<br />

Si consuma una delle più spaventose stragi della guerra<br />

Kappler è soddisfatto della scelta e decide anche di non portarci un confessore perché –<br />

nella sua ossessione della puntualità – ha disposto che ogni esecuzione non possa<br />

prendere più di un minuto e immagina che i condannati, accalcandosi attorno al<br />

sacerdote, farebbero perdere tempo. Così da Regina Coeli e da via Tasso, nelle prime

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