SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
quattro punte, camion nemici, edifici ed equipaggiamenti bellici sono assaltati nelle zone periferiche della città, si compiono attentati contro ufficiali superiori nazisti e fascisti. La tensione, nella capitale, è allo stremo. La mattina del 9 marzo la studentessa universitaria Carla Capponi incendia, da sola, un camion tedesco a rimorchio che, carico di fusti di benzina e diretto al fronte di Cassino, sosta in via Claudia, presso il Colosseo. Lo stesso giorno il comando tedesco di Roma comunica che «per atti di violenza» sono stati condannati a morte e fucilati dieci patrioti, fra i quali Giorgio Labò, genovese, che verrà poi decorato della medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Il 10 marzo un corteo di fascisti, labari e gagliardetti in testa, attraversa via Tomacelli, di ritorno dalla Casa del Mutilato in Prati dove la RSI ha avuto l’impudenza di commemorare l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini. Il corteo avanza cantando e pretendendo il saluto dai pochi passanti, ma gruppi di partigiani, appostati, lo attaccano con bombe di mortaio e colpi di mitra dalle finestre e dalla strada. È per questo motivo che di lì a due settimane, il 23 marzo, i fascisti decidono che l’anniversario della fondazione dei fasci verrà celebrato al riparo, senza grosse manifestazioni pubbliche e cortei nelle strade, limitandosi ad una cerimonia nei locali, ben protetti dalla milizia e dalla GNR, del ministero delle Corporazioni in via Veneto. Ma l’obiettivo dei partigiani, per il 23 marzo, è un altro. Da qualche tempo un gappista, Mario Fiorentini, che abita in una vecchia casa d’affitto in via Capo Le Case 18, di fronte a via Due Macelli e all’angolo di quel quartiere di Roma compreso fra la scalinata di piazza di Spagna, la Fontana di Trevi e via Veneto, ha notato che ogni giorno alle 14 una colonna di SS, circa 150 uomini, proveniente dalla via Flaminia e diretta alle caserme di Castro Pretorio, dov’è di stanza, imbocca piazza di Spagna, supera l’American Express e il Collegio vaticano di Propaganda Fide, attraversa via Capo Le Case e sparisce oltre la galleria del Tritone in una delle stradine sulla sinistra che salgono a Palazzo Barbenini, via Rasella. Giorgio Amendola, allora rappresentante del partito comunista nella giunta militare del CLN, pensa che quello può essere un obiettivo e ne informa i GAP (Gruppi d’azione partigiana) comunisti: «Avevo trasmesso l’indicazione del passaggio del plotone a Cicalini», racconterà più tardi l’esponente comunista, «con la proposta di compiere, contro questo plotone di gendarmi, una rapida azione di attacco. Poi, come sempre, non volli entrare nei particolari dell’esecuzione dell’operazione». L’attentato di via Rasella Chi è che compie materialmente l’attentato? Il drappello di «gappisti» è al comando di Carlo Salinari e comprende Rosario Bentivegna e Carla Capponi (i quali porteranno a termine la fabbricazione e la collocazione della bomba), Franco Calamandrei, Mario Fiorentini, Franco Ferri, Raul Falcioni, Francesco Curreli, Silvio Serra, Fernando Vitaliano, Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi (che più tardi, arrestato dalla banda Koch, tradirà e denuncerà i compagni) e forse qualche altro. L’ordigno viene preparato da un giovane fisico, Giulio Cortini, e dalla moglie, nella cantina della loro casa di via Marco Aurelio, protetti dalla complicità del portiere dello stabile, Duilio Grigion. La cassetta metallica che contiene la bomba (dodici chili di tritolo) è stata fornita dagli operai delle Officine del Gas. Carla Capponi e Bentivegna, insonni, seguono il lavoro. La cassetta con l’ordigno viene collocata in un sacco assieme ad altri sei chili di tritolo sciolti, mescolati a pezzi di tubi di ferro provvisti a loro volta di carica esplosiva. È inteso che all’operazione parteciperanno gappisti delle squadre «Pisacane», «Garibaldi», «Sozzi» e «Gramsci». I partigiani sono anche in possesso di alcune bombe da mortaio
Brixia da 45 millimetri, trasformate in modo che una sigaretta accesa basti a farle deflagrare: domani, concludono, i GAP ricorderanno in maniera clamorosa i venticinque anni della nascita del fascismo. La tattica prescelta è questa. La maggiore carica esplosiva (i 12 chili di tritolo) sarà collocata in un carrettino della nettezza urbana (lo rubano, di notte, in un deposito nei dintorni del Colosseo); Bentivegna, travestito da spazzino, lo condurrà fino in via Rasella: ad un segnale che farà Calamandrei (l’agitare di un berretto) e che indicherà l’arrivo della colonna di SS il finto spazzino accenderà la pipa e con essa innescherà la bomba. Poi si allontanerà a passi rapidi mentre arriverà Carla Capponi con un impermeabile bianco: la giovane glielo getterà sulle spalle perché Bentivegna possa nascondere l’azzurro della divisa di netturbino e, insieme, tenteranno di fuggire. In quel momento avverrà l’esplosione. Alle 14 in punto del 23 marzo Carla Capponi è ferma, in via del Tritone, dinanzi alle vetrine del Messaggero e finge di leggere attentamente la copia del giornale che vi è esposta. La studentessa, in realtà, secondo il piano stabilito, attende un cenno del gappista Pasquale Balsamo; dopo averlo ricevuto andrà in via Rasella per far capire a Calamandrei che il plotone delle SS sta giungendo e che la bomba, dentro al carretto della nettezza urbana, deve essere innescata. Ma in questo giorno la proverbiale puntualità tedesca viene meno; i gendarmi tarderanno per un’ora e mezza. Carla Capponi, che ha per mano l’impermeabile destinato a Bentivegna (e che spicca particolarmente e si nota subito perché la giornata è di sole e calda: a mezzogiorno il termometro segna 28,1 gradi), passa minuti e minuti di angoscia, nell’attesa. Due poliziotti italiani che montano la guardia all’ingresso del Messaggero la vedono passeggiare su e giù nervosamente; uno, probabilmente con intenzioni galanti, le si avvicina. «Signorina», le dice, «non è regolare rimanere qui fermi, davanti alla sede di un giornale». «Chi sta aspettando?», chiede l’altro, «ha dei documenti di identità?». La studentessa esita, dentro la sua borsetta c’è una pistola carica: poi capisce che uno degli agenti desidera soltanto corteggiarla, sorride timidamente e accetta l’approccio, pur morendo di paura in cuor suo (lo dirà allo scrittore Robert Katz che si servirà anche di questa testimonianza nel suo libro Morte a Roma, precisa ricostruzione della strage delle Fosse Ardeatine). I minuti passano lentissimi e non c’è ancora nessun indizio dell’avvicinarsi della colonna SS. Bentivegna, partito verso le 13 da via Marco Aurelio col suo carretto della spazzatura (dopo avervi messo dentro la grossa bomba), sta compiendo la traversata dei colli di Roma per scendere al Tritone. Arrivato in via Rasella da via Quattro Fontane, guidando con difficoltà nella ripida discesa, vede la strada completamente sgombra al punto di poter scorgere via del Traforo e, sullo sfondo, il palazzo di Montecitorio. Lentamente, con cura, Bentivegna sistema il suo carretto accanto ad un camion all’altezza del n. 156, proprio davanti all’ingresso di Palazzo Tittoni dove – nel 1922, subito dopo la marcia su Roma – Mussolini aveva affittato un appartamento di cinque stanze. Bentivegna comincia a spazzare la strada gettando occhiate qua e là, ma è preoccupato del ritardo di Carla Capponi e di Franco Calamandrei. Racconterà alcuni anni dopo: «Un’ora e mezza. Ormai è chiaro che l’azione è fallita. I tedeschi hanno cambiato itinerario. Meglio rinunciare. […] Pasquale Balsamo mi passa vicino, sussurrandomi: “Se tra dieci minuti non arrivano, ripiegare… ”. Già; e il tritolo, adesso, dove lo metto?». Giù, al Messaggero, Carla Capponi è riuscita a liberarsi dell’agente galante (ha avuto la fortuna di incontrare un’amica della madre e le due donne si sono messe a discorrere fittamente, allontanandosi di qualche passo) ma, improvvisamente, Bentivegna, nel silenzio della via ancora deserta per l’ora di pranzo, ode, distante eppure chiarissimo, un
- Page 451 and 452: ufficiali di marina, colpevoli sola
- Page 453 and 454: Ai tedeschi gli va bene la Decima M
- Page 455 and 456: divisioni. Per il 20 è previsto l
- Page 457 and 458: Rahn è tra i primi ad incontrare M
- Page 459 and 460: Così l’8 settembre lo vede tra i
- Page 461 and 462: L’ultima vittima, l’undicesima,
- Page 463 and 464: una giacca quadrettata, e ha un imp
- Page 465 and 466: presidenza del Consiglio dei Minist
- Page 467 and 468: dal carcere ha partecipato alla vit
- Page 469 and 470: Hofer e Rainer erano austriaci. Per
- Page 471 and 472: territorio del Reich e della Poloni
- Page 473 and 474: Per vent’anni il re non ha protes
- Page 475 and 476: Le «Transportlisten» compilate da
- Page 477 and 478: lasciato comprendere che tali provv
- Page 479 and 480: comandante del campo di concentrame
- Page 481 and 482: «comuni»: l’ora d’aria in cor
- Page 483 and 484: Documenti e testimonianze Giovanni
- Page 485 and 486: trasferito al RSHA di Berlino e ass
- Page 487 and 488: fredda acquerugiola autunnale, fago
- Page 489 and 490: Gli ebrei vengono condotti dalla Lu
- Page 491 and 492: esempio, dalla Chiesa cattolica, ma
- Page 493 and 494: citarli come testimoni in processi
- Page 495 and 496: La Brigata è inviata in linea alla
- Page 497 and 498: civile tedesca e là, pertanto, non
- Page 499 and 500: imbo di dodici mesi, Bruno Farber,
- Page 501: Capitolo settantatreesimo Le Fosse
- Page 505 and 506: vedova ottuagenaria del senatore fa
- Page 507 and 508: ministro, alloggiato all’Excelsio
- Page 509 and 510: preciso quadro operativo falliscono
- Page 511 and 512: Il 27 marzo Radio Londra diffonde s
- Page 513 and 514: consigliato seriamente di incollars
- Page 515 and 516: Rossano Brazzi che è in clandestin
- Page 517 and 518: poi ho aperto una scatola tedesca d
- Page 519 and 520: «Frau Beetz, quella bellissima sig
- Page 521 and 522: «In via Rasella, dove il grosso or
- Page 523 and 524: Kappler può invocare l’obbedienz
- Page 525 and 526: La mia camera è di m. 1,30 per 2,6
- Page 527 and 528: si recò in Via Quattro Fontane, do
- Page 529 and 530: Colpevole, ma quanto? Nel dopoguerr
- Page 531 and 532: giudici, uno per ciascuna potenza v
- Page 533 and 534: Capitolo settantaquattresimo Il pro
- Page 535 and 536: L’avvocato Perani, patrono di Got
- Page 537 and 538: Seduta del Gran Consiglio. Arrivai
- Page 539 and 540: Alle 10.05 gli accusati vengono con
- Page 541 and 542: «Giustizia è fatta» Quando Ciano
- Page 543 and 544: la riunione del Gran Consiglio. dic
- Page 545 and 546: positivo sul buon senso e sulla pro
- Page 547 and 548: Giuseppe Bottai, il gerarca «che s
- Page 549 and 550: due funzionari e un centurione, si
- Page 551 and 552: procuratore della repubblica, dotto
Brixia da 45 millimetri, trasformate in modo che una sigaretta accesa basti a farle<br />
deflagrare: domani, concludono, i GAP ricorderanno in maniera clamorosa i venticinque<br />
anni della nascita del fascismo.<br />
La tattica prescelta è questa. La maggiore carica esplosiva (i 12 chili di tritolo) sarà<br />
collocata in un carrettino della nettezza urbana (lo rubano, di notte, in un deposito nei<br />
dintorni del Colosseo); Bentivegna, travestito da spazzino, lo condurrà fino in via<br />
Rasella: ad un segnale che farà Calamandrei (l’agitare di un berretto) e che indicherà<br />
l’arrivo della colonna di SS il finto spazzino accenderà la pipa e con essa innescherà la<br />
bomba. Poi si allontanerà a passi rapidi mentre arriverà Carla Capponi con un<br />
impermeabile bianco: la giovane glielo getterà sulle spalle perché Bentivegna possa<br />
nascondere l’azzurro della divisa di netturbino e, insieme, tenteranno di fuggire. In quel<br />
momento avverrà l’esplosione.<br />
Alle 14 in punto del 23 marzo Carla Capponi è ferma, in via del Tritone, dinanzi alle<br />
vetrine del Messaggero e finge di leggere attentamente la copia del giornale che vi è<br />
esposta. La studentessa, in realtà, secondo il piano stabilito, attende un cenno del<br />
gappista Pasquale Balsamo; dopo averlo ricevuto andrà in via Rasella per far capire a<br />
Calamandrei che il plotone delle SS sta giungendo e che la bomba, dentro al carretto<br />
della nettezza urbana, deve essere innescata. Ma in questo giorno la proverbiale<br />
puntualità tedesca viene meno; i gendarmi tarderanno per un’ora e mezza.<br />
Carla Capponi, che ha per mano l’impermeabile destinato a Bentivegna (e che spicca<br />
particolarmente e si nota subito perché la giornata è di sole e calda: a mezzogiorno il<br />
termometro segna 28,1 gradi), passa minuti e minuti di angoscia, nell’attesa. Due<br />
poliziotti italiani che montano la guardia all’ingresso del Messaggero la vedono<br />
passeggiare su e giù nervosamente; uno, probabilmente con intenzioni galanti, le si<br />
avvicina. «Signorina», le dice, «non è regolare rimanere qui fermi, davanti alla sede di<br />
un giornale». «Chi sta aspettando?», chiede l’altro, «ha dei documenti di identità?». La<br />
studentessa esita, dentro la sua borsetta c’è una pistola carica: poi capisce che uno<br />
degli agenti desidera soltanto corteggiarla, sorride timidamente e accetta l’approccio,<br />
pur morendo di paura in cuor suo (lo dirà allo scrittore Robert Katz che si servirà anche<br />
di questa testimonianza nel suo libro Morte a Roma, precisa ricostruzione della strage<br />
delle Fosse Ardeatine).<br />
I minuti passano lentissimi e non c’è ancora nessun indizio dell’avvicinarsi della colonna<br />
SS. Bentivegna, partito verso le 13 da via Marco Aurelio col suo carretto della<br />
spazzatura (dopo avervi messo dentro la grossa bomba), sta compiendo la traversata<br />
dei colli di Roma per scendere al Tritone. Arrivato in via Rasella da via Quattro Fontane,<br />
guidando con difficoltà nella ripida discesa, vede la strada completamente sgombra al<br />
punto di poter scorgere via del Traforo e, sullo sfondo, il palazzo di Montecitorio.<br />
Lentamente, con cura, Bentivegna sistema il suo carretto accanto ad un camion<br />
all’altezza del n. 156, proprio davanti all’ingresso di Palazzo Tittoni dove – nel 1922,<br />
subito dopo la marcia su Roma – Mussolini aveva affittato un appartamento di cinque<br />
stanze. Bentivegna comincia a spazzare la strada gettando occhiate qua e là, ma è<br />
preoccupato del ritardo di Carla Capponi e di Franco Calamandrei. Racconterà alcuni<br />
anni dopo: «Un’ora e mezza. Ormai è chiaro che l’azione è fallita. I tedeschi hanno<br />
cambiato itinerario. Meglio rinunciare. […] Pasquale Balsamo mi passa vicino,<br />
sussurrandomi: “Se tra dieci minuti non arrivano, ripiegare… ”. Già; e il tritolo, adesso,<br />
dove lo metto?».<br />
Giù, al Messaggero, Carla Capponi è riuscita a liberarsi dell’agente galante (ha avuto la<br />
fortuna di incontrare un’amica della madre e le due donne si sono messe a discorrere<br />
fittamente, allontanandosi di qualche passo) ma, improvvisamente, Bentivegna, nel<br />
silenzio della via ancora deserta per l’ora di pranzo, ode, distante eppure chiarissimo, un