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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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esempio, dalla Chiesa cattolica, mancano quelli di altre confessioni, dai quaccheri ai<br />

protestanti (in Piemonte i valdesi hanno ospitato nelle loro valli decine e decine di<br />

famiglie di ebrei e in un tempio di Roma hanno accolto a lungo il professor Ugo Della<br />

Seta che, ad ogni perquisizione fascista, viene nascosto nel mantice dell’organo).<br />

Non si sa neppure quanti sono gli ebrei all’epoca della repubblica di Salò. Secondo il<br />

censimento del 1938, si trattava di 45.351 ebrei italiani e 9742 ebrei stranieri,<br />

specialmente profughi dai Balcani e dalla Francia.<br />

Queste cifre fluttuano durante la guerra. Nel 1941, ad esempio, dei 10.000 ebrei<br />

stranieri ne rimangono circa 7000 e altri 6000 ebrei italiani emigrano all’estero ma, a<br />

complicare i calcoli, parte dei 28.600 ebrei libici, dei 4732 dell’Egeo e dei 193 dell’Eritrea<br />

vengono costretti dagli eventi bellici a trasferirsi sul territorio metropolitano. Nel<br />

complesso la proporzione degli ebrei nella popolazione italiana, è di circa l’uno e un<br />

quarto per mille – mentre in Germania è dell’uno per cento – e quasi tutti residenti nel<br />

Nord e nel Centro Italia.<br />

Alcuni funzionari distruggono i registri degli ebrei<br />

Se la deportazione degli ebrei italiani non ha le proporzioni tragiche di altri Paesi<br />

europei, questo è dunque dovuto al fatto che da noi l’assimilazione è stata una realtà.<br />

In Italia, inoltre, l’antisemitismo non è un’ideologia, qualcosa in cui si possa credere,<br />

come avviene in tutte le nazioni di lingua tedesca, o un mito o un pretesto come in<br />

Francia. Questo, in Italia, non accade soprattutto perché «il genocidio», scrive Léon<br />

Poliakov, «non può essere commesso senza un assoluto consenso collettivo». Da noi,<br />

malgrado la caccia all’ebreo dilaghi e giusti i bandi di Salò e gli interventi nazisti,<br />

migliaia di israeliti vengono nascosti, protetti, aiutati e fatti espatriare e, dopo la guerra,<br />

le Comunità israelitiche assegnano 23 medaglie d’oro, di cui sette alla memoria, e<br />

centinaia di diplomi di benemerenza a coloro che hanno soccorso gli ebrei pagando<br />

talvolta con la propria vita: Peppino Candiani, un giovane dell’Azione Cattolica di<br />

Crescenzago, muore nel 1944 aiutando un ebreo lituano ad attraversare il confine con<br />

la Svizzera sul fiume Tresa; Odoardo Focherini, trentaseienne, padre di sette figli,<br />

amministratore del giornale bolognese L’Avvenire d’Italia e che dal 1940 si è adoperato<br />

a procurare asilo in case religiose, travestimenti e salvacondotti ad ebrei sfuggiti ai<br />

«pogrom» polacchi, viene arrestato l’11 marzo 1944 mentre organizza la fuga di un<br />

israelita da campo di concentramento di Fossoli, e, deportato in Germania, vi muore<br />

pochi mesi dopo alla vigilia di Natale.<br />

La solidarietà verso i perseguitati, vede l’impegno di uomini di ogni ceto e condizione,<br />

civili e militari, che ricoprono talvolta anche cariche pubbliche e che di queste cariche<br />

non esitano a servirsi proprio per soccorrere le vittime, come i carabinieri che il 5 aprile<br />

1944 salvano dalla morte i 17 bimbi dell’orfanotrofio israelitico di Livorno, o il dottor<br />

Angelo De Fiore, della questura di Roma, che fornisce documenti falsi agli ebrei della<br />

capitale, o un altro funzionario di polizia, il dottor Giovanni Palatucci, dirigente<br />

dell’Ufficio Stranieri alla questura di Fiume, che distrugge il registro degli ebrei e dà<br />

ordine all’anagrafe di non rilasciare alcuna indicazione su cittadini di origine israelita<br />

senza il suo consenso (scoperto nel 1944, i nazifascisti deportano Palatucci in Germania<br />

e là muore: una città in Israele, dopo la guerra, ha intestato una strada al suo nome).<br />

Così si comprende perché, già nel dicembre 1943, il ministero degli Esteri tedesco ha<br />

scritto al capo della Gestapo, Müller: «In considerazione del poco zelo mostrato dai<br />

funzionari italiani nel mettere in atto i provvedimenti antiebraici raccomandati dal Duce,<br />

noi del ministero degli Esteri riteniamo urgente e necessario che l’adempimento di tali<br />

provvedimenti […] sia controllato da funzionari tedeschi».

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