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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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pochissimo da vivere: il «boia degli ebrei italiani» muore infatti a Berlino il 17 dicembre<br />

1972, a 64 anni.<br />

Giuseppe Mayda<br />

La razzia di Roma del 16 ottobre 1943<br />

Nel gergo della Gestapo, Eichmann lo chiamava «Samstagschlag» «sorpresa del<br />

sabato», il colpo sferrato agli ebrei proprio nel giorno della settimana che, per tradizione<br />

religiosa, essi dedicano al riposo. A Trieste la prima deportazione di ebrei avviene il 9<br />

ottobre 1943, sabato e giorno di Kippur; la prima razzia di ebrei nel tempio israelitico di<br />

Firenze avverrà il sabato 6 novembre successivo e si ripeterà, ancora un sabato, il 27<br />

novembre. Ora, nell’alba piovosa di quest’altro sabato, 16 ottobre 1943, i tedeschi a<br />

Roma circondano l’ex ghetto fra il Portico d’Ottavia, via Arenula, via della Reginella, via<br />

Santa Maria del Pianto, via Catalana, Lungotevere Cenci, piazza Mattei, via Tribuna di<br />

Campitelli, via Sant’Angelo in Pescheria, via dei Funari, piazza Santa Elena, via dei<br />

Falegnami, piazza Costaguti, via del Progresso e piazza Cenci, penetrano nelle modeste<br />

case di Rione Campitelli e dei vicini quartieri di Regola e di Trastevere e arrestano 1259<br />

ebrei di ogni età e condizione: 363 uomini (l’11,04%) e 896 donne e bimbi (88,96%)<br />

rinchiudendoli in una scuola militare nell’attesa di deportarli allo sterminio.<br />

Più tardi, dopo un meticoloso esame delle carte di identità e di altri documenti di<br />

riconoscimento, le SS rimettono in libertà 252 persone: coniugi e tigli di matrimoni<br />

misti, i coinquilini e il personale di servizio ritenuti «ariani» e gli ebrei stranieri (uno è<br />

della Città del Vaticano). Il lunedì 18, 1007 deportati – compresa una donna cattolica<br />

che, per non abbandonare un orfanello ebreo affidato alle sue cure, vuole<br />

volontariamente seguire la sorte del gruppo – sono caricati su un treno merci per il loro<br />

ultimo viaggio, quello con destinazione Auschwitz. Nessuno dei bimbi si salverà;<br />

torneranno soltanto 14 uomini e una donna.<br />

Il medico viennese dottor Otto Wolcken – che, prigioniero ad Auschwitz, annotava<br />

statistiche segrete sull’arrivo dei treni dei deportati – ha testimoniato che venerdì 22<br />

ottobre 1943 entrarono nel campo di sterminio 617 uomini di Roma e di questo nucleo<br />

468 furono immediatamente gassati.<br />

L’indomani, 23 ottobre, vi è la selezione di altri due gruppi; del primo vengono<br />

immatricolate 47 donne, del secondo 48 uomini.<br />

All’alba arrivano i camion neri delle SS<br />

Il rastrellamento del 16 ottobre 1943 ha inizio alle 5.30 del mattino. Pattuglie composte<br />

da due a sei militi SS giungono alle case segnalate per prelevare gli abitanti. Alle vittime<br />

viene presentato un biglietto dattiloscritto, in due lingue, che dice: «1) Insieme alla<br />

vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti; 2)<br />

Bisogna portare con sé: viveri per almeno otto giorni, tessere annonarie, carte di<br />

identità e bicchieri; 3) Si può portare via una valigetta con effetti e biancheria<br />

personale, coperte ecc., denari e gioielli; 4) Chiudere a chiave l’appartamento e<br />

prendere la chiave con sé; 5) Ammalati, anche casi gravissimi, non possono per nessun<br />

motivo rimanere indietro. Infermeria si trova nel campo; 6) Venti minuti dopo la<br />

presentazione di questo biglietto la famiglia deve essere pronta per la partenza».<br />

Bimbi seminudi, vecchi cascanti, donne scarmigliate e discinte, malati, neonati, ragazze,<br />

tutti senza eccezione, vengono spinti giù per le scale, a colpi di calcio di fucile<br />

accompagnati dalle incitazioni, raus, raus, caricati sui neri camion militari, sotto la

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