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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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comandante del campo di concentramento di Fossoli, da dove partono i convogli per la<br />

Germania, l’arrivo di 827 ebrei, di cui 500 da Firenze, 163 da Venezia, 51 da Milano, 37<br />

da Aosta, 30 da Varese, 14 da Forlì, 14 da Rieti, 10 da Ancona e 3 da Torino).<br />

Dal campo di Mantova vengono deportati direttamente in Alta Slesia parecchi ebrei che<br />

hanno oltrepassato il limite di età fissato dalla seconda (e già citata) circolare di<br />

Buffarini Guidi: Luciano Castelbolognesi di 76 anni; Beatrice Finzi di 77 anni; Edvige<br />

Sommer di 71; Paride Sinigaglia di 76; Ebe Melli di 72. La scelta degli internati da<br />

deportare è compiuta da un maresciallo, un brigadiere e due agenti della locale<br />

questura. Il trasporto per la Germania parte il 5 aprile 1944: l’ebreo più anziano è una<br />

donna, Vittoria Foà, nata a Cortemaggiore il 16 agosto 1860 e che quindi ha 84 anni; il<br />

più giovane è una ragazza quindicenne, Luisa Levi, di Samuele, nata a Mantova il 10<br />

novembre 1929. Come testimonianza di quella razzia di innocenti, anche secondo le<br />

circolari di Buffarini Guidi ci è rimasto soltanto il registro del campo di concentramento<br />

di Mantova; accanto ad ognuno dei nomi degli ebrei deportati il documento reca una<br />

semplice ma sinistra parola: «Trasferito».<br />

L’internamento degli ebrei italiani deciso il 1° dicembre 1943 non è, quindi, la «politica<br />

del minor male razziale», come affermano ancora oggi alcuni autori, ma una vera e<br />

propria persecuzione programmata. Il «boia delle Ardeatine», Kappler, testimoniando al<br />

processo contro Eichmann, dirà che a Roma le autorità fasciste «avevano dato ordine<br />

alla polizia, agli iscritti al partito e persino ai civili, di arrestare tutti gli ebrei che<br />

potessero trovare»; una sentenza emessa nel 1947 dalla Corte d’Assise di Roma contro<br />

imputati italiani stabilirà che, durante l’occupazione nazista, esistevano nella capitale sei<br />

bande che si occupavano «sia della cattura degli ebrei che del sequestro dei loro beni»<br />

e che i componenti di queste squadre venivano ricompensati con un premio in denaro<br />

per ciascun israelita catturato: 5000 lire ogni uomo; 2000 lire ogni donna; 1000 lire ogni<br />

bambino (una israelita emiliana, Ada Basevi Cesana, madre del più giovane partigiano<br />

d’Italia, il tredicenne Franco Cesana, caduto in combattimento, ha testimoniato: «Un<br />

giorno dell’autunno 1943, contro il portone esterno della mia casa, i fascisti affissero un<br />

manifesto dove c’era scritto che si ricercava la famiglia Cesana e chi avesse dato<br />

informazioni utili sarebbe stato premiato con 20.000 lire. Ricordo che a quell’epoca<br />

davano 5000 lire per ogni ebreo catturato… »).<br />

Strumenti per questa «caccia all’ebreo» sono – a Roma come del resto in qualsiasi altro<br />

capoluogo italiano – gli elenchi nominativi degli israeliti. Compilati già nel 1938-1939,<br />

all’epoca dell’applicazione delle leggi razziali e conservati negli uffici anagrafe e nelle<br />

questure, vengono aggiornati in continuazione: quello di Milano, ritrovato nel 1967, era<br />

a stampa e conteneva 7482 nominativi completi di paternità, generalità della madre,<br />

luogo e data di nascita, stato civile, residenza, professione, richiami sui parenti ed<br />

eventuali mutamenti d’indirizzo. Proprio grazie a queste liste dettagliate, dopo la<br />

«grande razzia» di Roma del 16 ottobre 1943, i fascisti della capitale riescono ad<br />

arrestare e deportare alla morte, in otto mesi, altri 1086 ebrei, escludendo da questa<br />

cifra i 75 (o 78) assassinati dalle SS alle Fosse Ardeatine: un «record» che supera di<br />

gran lunga quello della stessa Gestapo perché compiuto senza i mezzi, in uomini e<br />

denaro, di cui disponevano invece i tedeschi e «lavorando» in condizioni molto più<br />

difficili.<br />

Fossoli, l’«anticamera» per Auschwitz

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