SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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ebrei che hanno passato la selezione, torneranno quindici uomini e otto donne. Di fronte a questo quadro allucinante della «soluzione finale» in Italia occorre chiedersi quante e quali sono state le responsabilità, dirette e indirette, nello sterminio che, della discriminazione prima, e della persecuzione poi, è stata la logica, sebbene terribile, conseguenza. L’ambiguità di Mussolini di fronte al problema ebraico Non sembra oggi accettabile che il fenomeno possa semplicemente ricondursi alla campagna antisemita de La vita italiana di Preziosi (l’immagine della «banca ebraica», dell’ebreo «usuraio» e dell’ebreo «anticristiano e massone»). Certamente, negli angoli più oscuri dell’irrazionalismo culturale italiano, valorizzati dal fascismo, fermentava da tempo una predisposizione all’antisemitismo: si trattava di un prolungamento dell’interventismo nazionalista del primo conflitto mondiale, del desiderio di assurde «purificazioni», della volontà dei «bagni di sangue» e dei giudizi intorno alla guerra come «igiene del mondo». D’Annunzio, e poi i Papini, i Prezzolini, i Preziosi erano divenuti alfieri di queste correnti e ben presto cominciarono a puntare con sempre maggiore decisione contro il «marxismo corruttore», oltre che contro le «razze inferiori» e contro gli ebrei che «intaccano il monolitismo» del popolo italiano. In secondo luogo, all’interno stesso del fascismo, accanto a correnti orientate verso la costituzione di un regime di liberalismo ultraconservatore, esistevano altre tendenze molto più accese, ad esempio quella impersonata da Farinacci, assai rapidamente affascinato dalla durezza nazista nei confronti degli ebrei su scala addirittura mondiale. La svolta imperialista del fascismo, l’alleanza politica e militare con la Germania (prima nella guerra d’Etiopia, poi in quella di Spagna) nonché la necessità di stornare l’opinione pubblica dai problemi della stretta economica e dai pesanti sacrifici per il riarmo, inducono Mussolini – che nei confronti degli ebrei, personalmente, è stato per vent’anni estremamente ambiguo – ad impostare, sulle premesse che abbiamo testé elencate, la propria politica antisemita, pur conoscendone con terribile precisione quale ne sarà l’atto ultimo. Quando Mussolini sosterrà, nell’estate 1944, che gli ebrei, per lui «sono uomini come tutti gli altri; anzi, sotto certi aspetti, migliori degli altri. Ma a un dato momento Hitler mi fece il seguente ragionamento: “Voi siete il mio maestro perché la vostra dottrina è la mia, siete il mio alleato come io sono il vostro. Se in Italia gli ebrei continuano ad essere rispettati e onorati, voi sconfessate indirettamente di fronte al mondo la mia opera principale”. La base delle alleanze sono le reciproche concessioni e non è possibile cedere solamente quello che fa piacere. Tuttavia ho abbaiato molto, perché il rumore giungesse alla Cancelleria, ma ho morsicato poco», dirà una menzogna: a quell’epoca, e da almeno due anni, egli sa già in ogni dettaglio quale sorte tocca all’ebreo deportato, così come testimoniano due documenti conservati all’archivio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. Il primo, su carta intestata «Ministero degli Affari Esteri – Gabinetto» e datato Roma 21 agosto 1942 – XX, è un «appunto per il Duce». Dice: «Bismarck ha dato comunicazione di un telegramma con il quale questa Ambasciata di Germania viene richiesta di provocare istruzioni alle competenti Autorità Militari italiane in Croazia affinché anche nelle zone di nostra occupazione possano essere attuati i provvedimenti divisati da parte germanica e croata per un trasferimento in massa degli ebrei di Croazia nei territori orientali. Bismarck ha affermato che si tratterebbe di varie migliaia di persone ed ha
lasciato comprendere che tali provvedimenti tenderebbero, in pratica, alla loro dispersione ed eliminazione. L’ufficio competente fa presente che segnalazioni della R. Legazione a Zagabria inducono a ritenere che, per desiderio germanico, che trova consenziente il Governo ustascia, la questione della liquidazione degli ebrei in Croazia starebbe ormai entrando in una fase risolutiva. Si sottopone, Duce, quanto precede per le Vostre decisioni». Nella parte superiore del foglio, a matita blu, sono scritte tre parole di pugno del duce: «Nulla osta – Mussolini». Il secondo documento, che si fa risalire all’autunno 1942, è intestato «Ministero degli Affari Esteri – Gabinetto A.P. – Croazia», ed è un generico «appunto». Dice: «Il generale Pieche riferisce risultargli che gli ebrei croati della zona di occupazione tedesca deportati nei territori orientali sono stati eliminati mediante l’impiego di gas tossico nel treno in cui erano rinchiusi». Sopra questo documento è tracciato un circoletto a matita blu seguito da tre parole: «Visto dal Duce». Le leggi razziali rimangono in vigore È da ritenere quindi che ai massimi dirigenti della crepuscolare repubblica di Salò dovesse essere ben chiaro che il destino degli ebrei italiani, se ulteriormente discriminati e perseguitati, non avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso da quello dei loro correligionari croati. Già la stessa creazione nel 1942, a Trieste, Ancona, Milano e Firenze, dei sinistri «Centri per lo studio del problema ebraico», appare, più che un dichiarato strumento di propaganda antisemita e di penetrazione ideologica, una vera e propria base operativa per l’identificazione e la localizzazione degli ebrei italiani sicché, dopo l’8 settembre, con l’occupazione nazista, i nominativi e i documenti anagrafici raccolti «a scopo di studio» da questi Centri diventano la condanna a morte per centinaia e centinaia di israeliti (ma bisogna aggiungere, per dovere di giustizia, anche le responsabilità di Vittorio Emanuele III e di Badoglio: il primo che, bigio e ambiguo come sempre, non accetta il suggerimento di Dino Grandi, nella notte del 25 luglio 1943, di sopprimere «motu proprio» le leggi razziali; il secondo che, durante i 45 giorni del suo governo, non fa distruggere gli elenchi degli ebrei conservati nelle questure e, pur incaricando il ministro Guardasigilli di «eliminare dal Codice i tratti caratteristici dell’ideologia fascista», dimentica il «tratto caratteristico» più infame e ignobile, quello razzista, sicché non vengono dichiarati nulli i cinque decreti legge, le quattro leggi e i sei articoli introdotti nel Codice civile nel 1939 in cui si compendiava la legge razziale). Ma con la Costituente di Verona la politica antisemita del fascismo di Salò subisce una spinta determinante e aberrante verso una legislazione spietata, quale – come sottolinea Eucardio Momigliano – «non si registrò mai in alcun rapporto fra le nazioni». Taluni storici hanno ritenuto, e ritengono tuttora che, con l’approvazione di quel nefasto punto 7 il quale, come s’è visto, dichiarava gli ebrei «nemici», l’intenzione di Mussolini e dei moderati (Buffarini Guidi, ad esempio), fosse quella di «concentrare sino alla fine della guerra tutti gli ebrei […] e di rinviare la soluzione della questione a guerra finita». Il figlio del ministro Buffarini Guidi, Glauco, pubblicando nel 1970 alcuni documenti inediti dell’archivio del padre, afferma che suo padre si era deciso a diramare l’«Ordine di polizia numero 5» soltanto «per evitare che gli ebrei potessero essere rastrellati dai tedeschi». A riprova di questo assunto, Glauco Buffarini Guidi cita due fatti: 1) una decina di giorni dopo la diramazione della circolare, il 10 dicembre 1943, il provvedimento restrittivo riguardante gli israeliti viene attenuato con l’esclusione dall’internamento degli ebrei
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lasciato comprendere che tali provvedimenti tenderebbero, in pratica, alla loro<br />
dispersione ed eliminazione. L’ufficio competente fa presente che segnalazioni della R.<br />
Legazione a Zagabria inducono a ritenere che, per desiderio germanico, che trova<br />
consenziente il Governo ustascia, la questione della liquidazione degli ebrei in Croazia<br />
starebbe ormai entrando in una fase risolutiva. Si sottopone, Duce, quanto precede per<br />
le Vostre decisioni». Nella parte superiore del foglio, a matita blu, sono scritte tre parole<br />
di pugno del duce: «Nulla osta – Mussolini».<br />
Il secondo documento, che si fa risalire all’autunno 1942, è intestato «Ministero degli<br />
Affari Esteri – Gabinetto A.P. – Croazia», ed è un generico «appunto». Dice: «Il<br />
generale Pieche riferisce risultargli che gli ebrei croati della zona di occupazione tedesca<br />
deportati nei territori orientali sono stati eliminati mediante l’impiego di gas tossico nel<br />
treno in cui erano rinchiusi». Sopra questo documento è tracciato un circoletto a matita<br />
blu seguito da tre parole: «Visto dal Duce».<br />
Le leggi razziali rimangono in vigore<br />
È da ritenere quindi che ai massimi dirigenti della crepuscolare repubblica di Salò<br />
dovesse essere ben chiaro che il destino degli ebrei italiani, se ulteriormente discriminati<br />
e perseguitati, non avrebbe potuto essere sostanzialmente diverso da quello dei loro<br />
correligionari croati. Già la stessa creazione nel 1942, a Trieste, Ancona, Milano e<br />
Firenze, dei sinistri «Centri per lo studio del problema ebraico», appare, più che un<br />
dichiarato strumento di propaganda antisemita e di penetrazione ideologica, una vera e<br />
propria base operativa per l’identificazione e la localizzazione degli ebrei italiani sicché,<br />
dopo l’8 settembre, con l’occupazione nazista, i nominativi e i documenti anagrafici<br />
raccolti «a scopo di studio» da questi Centri diventano la condanna a morte per<br />
centinaia e centinaia di israeliti (ma bisogna aggiungere, per dovere di giustizia, anche<br />
le responsabilità di Vittorio Emanuele III e di Badoglio: il primo che, bigio e ambiguo<br />
come sempre, non accetta il suggerimento di Dino Grandi, nella notte del 25 luglio<br />
1943, di sopprimere «motu proprio» le leggi razziali; il secondo che, durante i 45 giorni<br />
del suo governo, non fa distruggere gli elenchi degli ebrei conservati nelle questure e,<br />
pur incaricando il ministro Guardasigilli di «eliminare dal Codice i tratti caratteristici<br />
dell’ideologia fascista», dimentica il «tratto caratteristico» più infame e ignobile, quello<br />
razzista, sicché non vengono dichiarati nulli i cinque decreti legge, le quattro leggi e i<br />
sei articoli introdotti nel Codice civile nel 1939 in cui si compendiava la legge razziale).<br />
Ma con la Costituente di Verona la politica antisemita del fascismo di Salò subisce una<br />
spinta determinante e aberrante verso una legislazione spietata, quale – come<br />
sottolinea Eucardio Momigliano – «non si registrò mai in alcun rapporto fra le nazioni».<br />
Taluni storici hanno ritenuto, e ritengono tuttora che, con l’approvazione di quel nefasto<br />
punto 7 il quale, come s’è visto, dichiarava gli ebrei «nemici», l’intenzione di Mussolini e<br />
dei moderati (Buffarini Guidi, ad esempio), fosse quella di «concentrare sino alla fine<br />
della guerra tutti gli ebrei […] e di rinviare la soluzione della questione a guerra finita».<br />
Il figlio del ministro Buffarini Guidi, Glauco, pubblicando nel 1970 alcuni documenti<br />
inediti dell’archivio del padre, afferma che suo padre si era deciso a diramare l’«Ordine<br />
di polizia numero 5» soltanto «per evitare che gli ebrei potessero essere rastrellati dai<br />
tedeschi».<br />
A riprova di questo assunto, Glauco Buffarini Guidi cita due fatti: 1) una decina di giorni<br />
dopo la diramazione della circolare, il 10 dicembre 1943, il provvedimento restrittivo<br />
riguardante gli israeliti viene attenuato con l’esclusione dall’internamento degli ebrei