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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Ben soffre d’ulcera. Claretta gli scrive lettere infuocate, con dediche travolgenti:<br />

«Perché il tuo amore sia sempre fresco e si conservi ad ogni sorger d’alba e ad ogni<br />

nascer di stella, perché non sperda nell’aria malsana la fragranza e il profumo soave,<br />

perché nella sublime poesia del creato canti sempre il suo inno di vita e di gioia, e<br />

perché il mio bellissimo e dolcissimo Ben ami sempre più fortemente, teneramente,<br />

devotamente la sua piccola che l’adora».<br />

Ben ha anche qualche altro pensiero, e nel 1942 tenta di rompere, ma lei minaccia il<br />

suicidio, e non se ne fa nulla. In casa Petacci, per non favorire il pettegolezzo degli<br />

indiscreti, lo chiamano «Papù». Ma la gente sa, e alla favorita arrivano centinaia di<br />

lettere, richieste di aiuti, suppliche, che cominciano: «Fata benefica», «Vergine del gran<br />

cuore», «Benedetta donna Clara».<br />

Mussolini le ha fatto assegnare, dal Ministero degli Interni, una certa cifra da destinare<br />

alle opere di bene, ma esige una rigorosa amministrazione. Troveranno, infatti, oltre<br />

settemila ricevute.<br />

Non si sente colpevole per quella relazione: «Anche Garibaldi, Mazzini, Cavour,<br />

Napoleone hanno avuto donne», si giustifica. «Cosa si pretende da me? Nella mia vita<br />

ho rinunciato abbastanza».<br />

Ha molta cura della sua persona: equitazione, scherma, nuoto, sci. Racconta Rachele:<br />

«Faceva ogni giorno la doccia, e al ritorno dalle cavalcate nel parco si frizionava a lungo<br />

con acqua di colonia».<br />

Per gli appuntamenti, c’è una porta di servizio in via degli Astalli, e un appartamento<br />

trasformato in garçonniere, dove restano documenti delle imprese amatorie del capo,<br />

forcine, nastri e giarrettiere. Claretta dispone di quindici vestaglie, regalatele da<br />

Mussolini va lì, si cambia e aspetta. Talvolta per ore e ore, e per vederlo per qualche<br />

minuto. Sulla spalliera del letto c’è una macchia d’unto: il segno della sua testa.<br />

Innamorata e onesta<br />

Clara ha una sorella più piccola, Myriam, che vuol fare del cinema. La battezzano subito<br />

«Eleonora Duce». Sceglie, come nome d’arte, Myriam di San Servolo, che è il posto<br />

dove si trova il manicomio di Venezia. Esordisce con Le vie del cuore, regia di<br />

Mastrocinque. Vorrebbe per partner, Fosco Giachetti, ma il burbero attore risponde:<br />

«Prima di fare un film con me deve imparare a recitare». Non è proprio un granché, ma<br />

la critica la tratta benissimo.<br />

C’è anche un fratello, medico, il dottor Marcello, che ha una spiccata attitudine per gli<br />

affari. «Fa più male al fascismo lui di quindici battaglie perdute», commenta al capo<br />

dell’OVRA, la polizia segreta. E Ciano annota nel suo diario: «La famiglia Petacci<br />

interviene a destra, protegge a sinistra, minaccia in alto, intriga in basso, e mangia in<br />

tutti i punti cardinali». Escluso Marcello, non è vero: e Claretta è di certo disinteressata,<br />

e non riceve neppure regali. Il professore ha ottenuto appena una collaborazione<br />

scientifica al Messaggero ma sono cose che accadono anche in democrazia.<br />

Claretta è innamorata ed onesta, e neppure stupida: sente che il ciclone che li<br />

sconvolgerà sta arrivando, ma inutilmente: «Glielo ho detto che è circondato da<br />

traditori. Ma non c’è niente da fare: è un fesso».<br />

Quando arriva il 25 luglio lo studio di Petacci viene devastato e Clara finisce nelle carceri<br />

di Novara. Ma non tradisce il suo duce, e si comporta con dignità.<br />

Lo segue anche sulle rive del Garda. «Detesto i laghi», confessa Benito. «Sono uno<br />

stupido compromesso tra i fiumi e il mare». E c’è lo scontro con Donna Rachele, a Villa<br />

Fiordaliso. La Chellina, come la chiamavano in Romagna, è gelosa; ma teme soprattutto<br />

che il marito venga ingannato. Vede, anche nell’amante, una che può tradire. Indossa

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