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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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L’ultima vittima, l’undicesima, è un giovane che non si è mai occupato di politica, Cinzio<br />

Belletti, manovale delle Ferrovie. La squadraccia lo preleva in stazione trascinandolo in<br />

piazza Boldrini. «Ma che cosa ho fatto?», chiede Belletti, stupito. Uno dei militi lo<br />

addossa a un muro e gli altri gli sparano. Poi gli assassini depredano le vittime perfino<br />

delle loro scarpe. Le case di Belletti e degli Hanau vengono svaligiate; ai parenti che<br />

chiedono notizie i militi dicano: «Non vi preoccupate, tornano presto».<br />

Ferrara, ormai, conosce la strage; la notizia del massacro è penetrata con l’eco delle<br />

sparatorie, nelle case dove nessuno ha dormito. Alla luce livida del nuovo mattino di<br />

pioggia i corpi delle vittime sono ancora stesi ai piedi del Castello, i militi bivaccano<br />

attorno ai cadaveri fumando e scherzando e il questore invia alla magistratura un<br />

rapporto in cui dice: «Sono stati trovati undici cadaveri di sconosciuti; si ignorano<br />

completamente cause ed autori di queste morti». Il luogo della strage rimane deserto<br />

finché, alle 9, alcuni scolari compaiono in via Roma diretti alle elementari. Appena i<br />

bambini scorgono il mucchio dei cadaveri e le chiazze di sangue tentano di allontanarsi<br />

ma i fascisti li inseguono e li obbligano a passare davanti ai fucilati: «Li dovete vedere<br />

anche voi», urlano, «tutta Ferrara deve vederli».<br />

Più tardi i fascisti dovranno sparare come pazzi, lungo corso Porta Reno e via Mayr, per<br />

obbligare i cittadini, con la minaccia delle armi, ad assistere ai funerali di Ghisellini.<br />

Giuseppe Mayda<br />

«Mi permette di amare Clara?»<br />

«Parla il duce»<br />

Clara Petacci, Claretta, incontra per la prima volta Ben sulla strada che porta al mare di<br />

Roma: lui corre sulla sua Alfetta rossa, lei, invasata, lo insegue sulla sua Lancia Asturia.<br />

È fidanzata con un ufficiale d’aviazione e sta per sposarsi, ma fin da bambina delira per<br />

il capo, è una fanciulletta quando tira un sasso ad un muratore che, sentendo ragliare<br />

un asino, commenta: «Parla il duce».<br />

Il capo del governo frena, e Claretta, emozionata, esordisce: «Duce, è da tanto tempo<br />

che aspettavo questo momento». Due giorni dopo arriva una telefonata: «Sono quel<br />

signore della via di Ostia; se volete venire da me a Palazzo Venezia, domani sera alle<br />

sette c’è il passi».<br />

Lei, ovviamente, corre: e lo sa la mamma, e il moroso, e il padre, il professor<br />

Francesco, archiatra pontificio. Per un paio d’anni il rapporto è platonico: lui la riceve<br />

nel salone del Mappamondo, e le suona anche il violino. Ha anche abbandoni poetici:<br />

«Senti la primavera? Io la sento molto in questa città, dove malgrado tutto vivo solo».<br />

Poi lei si separa dal marito e le cose cambiano. Il duce si rivolge alla madre della<br />

ragazza, la religiosissima signora Giuseppina, e arditamente chiede: «Mi permette di<br />

amare Clara?». Risposta: «Mi conforta l’idea di saperla accanto ad un uomo come voi».<br />

Claretta è convinta di averlo conquistato con «la docilità umile e grata», ma il<br />

commendator Navarra, l’usciere che introduce le visitatrici, commenta: «Ho saputo che<br />

quello che attirava il duce era soprattutto il petto». Ha calcolato che, dal 1932 in poi,<br />

siano transitate da Palazzo Venezia almeno quattrocento disponibili camerate, ma<br />

Claretta è una che conta: è di eccellente famiglia, suona discretamente il piano, il<br />

violino e l’arpa, scrive racconti, e soprattutto, pazientemente lo ammira, e adora «quel<br />

corpo perfetto di gladiatore».<br />

Ci sono, tra i due, trent’anni di differenza, ma lei non ci fa caso, e aspetta la telefonata<br />

di ogni sera, poco prima della mezzanotte: Pia, la cuoca, prepara allora spuntini leggeri,<br />

a base di prosciutto cotto, pomodori ripieni al forno, verdura e frutta.

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